Schlegel, August Wilhelm von
Filosofo, critico e letterato (Hannover 1767 - Bonn 1845), promotore ed esponente del Romanticismo tedesco, contribuì in modo decisivo a una nuova lettura e conoscenza di D. in Germania. Tradusse e commentò ampiamente larghe parti della Commedia (specie nelle " Horen " di Schiller; v. inoltre Sämtliche deutsche Werke, a c. di E. Bocking, III, Lipsia 1846-1847), e fin dal 1791 pubblicò un importante studio Ueber die göttliche Komödie; in polemica contro i giudizi correnti sull'opera di D., S. non contesta che la figura e la poesia di D. possano apparire estranee al gusto dell'epoca, tanto più che ciò accade ai suoi stessi connazionali, ormai lontani da quel tempo così denso di sviluppi e di promesse nel quale D. ha vissuto.
Ma la poesia di D. non va considerata soltanto dal punto di vista del " diletto ", bensì va riportata alla personalità viva del poeta, immerso nelle lotte e nelle passioni del suo tempo; perciò, secondo lo S., il miglior commento a D. sarebbe una buona biografia. In base a questa convinzione egli riporta ampi estratti della Vita Nuova, accentuando la continuità anche tematica tra quest'opera e la Commedia. Quanto al carattere allegorico della Commedia, secondo lo S. non va né esagerato né dimenticato; in ogni caso in D. non c'è quel penoso distacco e quella persistente estrinsecità tra concetto e figura sensibile che è il difetto della poesia allegorica, perché le sue creature hanno vita, realtà individuale, indipendentemente dal significato nascosto che devono esprimere.
Nelle lezioni berlinesi del 1802-1803 (Geschichte der romantischen Literatur), lo S. tenta una valutazione globale dell'opera di D., soffermandosi pure sui relativi giudizi del Gravina, di Bouterwek e di Schelling. Anzitutto egli rivendica l'importanza delle altre opere di D., troppo spesso e ingiustamente dimenticate per via della grande celebrità della Commedia, mentre per esempio proprio la Vita Nuova permette di comprendere la natura particolare della contemplazione dantesca, assai superiore anche a quella del Petrarca, e piuttosto affine a quella di certi pittori di soggetti sacri dell'epoca; in D. infatti c'è come una visione diretta di quelle regioni spirituali dell'esistenza in cui, per dirla con Böhme, si realizza la nascita più intima dell'anima, e il suo sguardo penetra direttamente nel mondo celeste che descrive poi con fedeltà e ingenuità quasi infantile.
Perciò, secondo lo S., è completamente errata la tendenza corrente a valorizzare o apprezzare soltanto alcuni passi o episodi particolarmente belli, soprattutto dell'Inferno, mentre occorre comprendere la Commedia nel suo carattere globale di " rappresentazione allegorica cristiana dell'universo "; in tal modo si può cogliere meglio la posizione di D. come " primo grande artista romantico ", ossia come iniziatore di una poesia d'ispirazione teologica destinata a concludersi con Calderòn, che sta a D. come l'autore dell'Apocalisse sta a un profeta dell'Antico Testamento. Anche la struttura metrica e la simmetria delle tre cantiche non va affatto sottovalutata come " un gioco di gusto gotico ", ma è profondamente connessa con la natura stessa della spiritualità dantesca, e corrisponde al fatto che il numero è il simbolo del tempo, e il tempo, a sua volta, è l'evoluzione ideale dell'infinito, rispecchiato appunto nell'ordine della terzina e delle tre cantiche; in questo senso, secondo lo S., nessun poeta è mai riuscito a dare una rappresentazione diretta dell'infinito così poetica quale si trova nella Commedia, dove la poesia e la filosofia, separate nel mondo antico, si compenetrano perfettamente come se l'anello dell'eternità racchiudesse l'opera poetica all'interno della quale il sacro triangolo risplende in una luce inaccessibile.
Bibl. - E. Sulger-Gebing, A.W.S. und D., in Germanische Abhandlungen H. Paul dargebracht, Strasburgo 1902, 99-134; V. Belohoubek, Die von A.W.S. übersetzten Bruchstücke aus der D.C. in ihrem Verhältnisse zur italienischen Vorlage, Troppau 1904-1906; L. Mazzucchetti, A.W.S. und D., in A.W.S. und die italienische Literatur, Zurigo 1917, 35 ss.; A. Farinelli, D. in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, Torino 1922; E. Auerbach, Die Entdeckung Dantes in der Romantik, in " Deutsche Viertel-jahrschrift " VII (1929) 682-692 (ora in Gesammelte Aufsätze zur romanischen Philologie, Berna 1967, 176-183); W.P. Friedrich, Dante's Fame Abroad 1350-1850, Roma 1950, 375-384.