AUGE (Αὔγη, Auge)
Figlia di Aleo, re di Tegea in Arcadia. Questi, avendo appreso dall'oracolo di Delfi che un figlio di A. avrebbe ucciso gli zii, cioè i fratelli della madre, costrinse A. a farsi sacerdotessa di Atena. Ma Eracle, giunto a Tegea, si invaghì della giovane e la fece sua. Da quella unione nacque Telefo, che fu esposto sul monte Partenio. A., posta in un'arca e gettata in mare, giunse miracolosamente in Misia e fu accolta da Teutrante. Telefo, divenuto grande, ritrovò la madre e, dalla Misia, la ricondusse in patria.
Questa leggenda, piuttosto tarda, fu largamente rappresentata nel periodo ellenistico. Nel piccolo fregio dell'altare di Pergamo era narrata la saga di Telefo. Tra le poche lastre conservate ve ne sono alcune riguardanti A., e cioè quella dell'incontro con Eracle, quella di A. che assiste alla costruzione dell'arca e, infine, quella del suo approdo in Misia.
In quattro dipinti pompeiani, è rappresentato il momento in cui Eracle sorprende A., mentre essa lava il sacro peplo di Atena. Questi dipinti sono certamente derivati da un originale di arte ellenistica. Pure in uno specchio in bronzo della Collezione Elena A. Stathatos in Atene, è rappresentata A. con Eracle.
Monumenti considerati: fregio di Pergamo: Altertümer von Pergamon, iii, tav. xxxi; pitture pompeiane: Rizzo, op. cit. nella bibl., tav. lxx; specchio di Atene: Annuario della Scuola Archeologica di Atene, op. cit. nella bibl., tav. xv.
Bibl.: Schirmer, in Roscher, I, s. v.; K. Wernicke, in Pauly-Wissowa, II, cc. 2300-306, s. v.; S. Reinach, Rép. Peint., Parigi 1922, p. 188, n. 2, 3, 45; G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Roma-Milano 1929, tav. LXX; G. P. Oikonomos, in Annuario Atene, XXIV-XXVI, n.s. VIII-X, 1946-1948 (pubbl. 1950), tav. XV.