AUGE (Αὔγη, Augē)
Figlia di Aleo, re di Tegea, e di Neera. Il padre, per timore che si avverasse un oracolo, secondo il quale i suoi figli maschi sarebbero periti per opera di un figlio di A., la costrinse a diventare sacerdotessa di Atena. Ma Eracle le fece violenza e nacque Telefo, che, trasferito in Misia (le versioni riguardanti tale trasferimento sono numerose e diverse fra loro) e divenuto grande, dopo avere ritrovato la madre, cacciata o fuggita da Tegea, la ricondusse in patria. I Tegeati onorarono la dea dei parti, Ilizia, con il nome di "Auge inginocchiata" nel luogo dove essa, piegatasi sui ginocchi, aveva partorito Telefo. Di qui si rileva che Auge era in origine una dea delle nascite e probabilmente di carattere lunare, come sembra dimostrare il nome (Αὔγη "la splendente", Τήλεϑος "il lungi lucente"). La leggenda del suo sacerdozio di Atena nacque perché nel tempio di questa dea a Tegea si trovava una statua di Auge.
Auge fu trattata dai poeti tragici: Eschilo, Euripide, Agatone, Cleofonte, Iofonte, Moschione, scrissero tragedie intitolate Telefo; Euripide scrisse una Auge; Sofocle gli Aleadi (i frammenti nella 2a ediz. dei Tr. Gr. Fragm. del Nauck); altri accenni in Apollod., II, 146 seg., III, 102 segg.; Hyg., fab., 100; Paus., VIII, 47, 2, 48, 7.
Bibl.: Schirmer, in Roscher, Lexikon der griech. u. römisch. Mythol., I, col. 729 segg.; Wernicke, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., II, col. 2300 segg.