ATTRIBUTO
Il termine "a. divino" può esser inteso in un senso più largo o in un senso più particolare. Nel primo caso esso può riferirsi anche alle caratteristiche personali delle singole divinità (antropomorfe o teriomorfe), ai tratti particolari sia del loro aspetto fisico (bifrontismo di Giano, itifallismo di Priapo, piede storto di Efesto, ecc.) sia del loro carattere (la sapienza è, in questo senso, a. di Zeus, la forza di Eracle, l'abilità artigiana di Efesto, ecc.). Nel senso più ristretto, a. è un elemento iconografico che regolarmente o frequentemente è presente nelle raffigurazioni di un determinato personaggio divino o eroico. Può essere un oggetto (la dava di Eracle, la lyra di Apollo, la fiaccola di Ecate) o un animale (aquila di Zeus, civetta di Atena) o una pianta (edera, vite di Dioniso, melagrana di Persefone). Dal periodo ellenistico in poi, con la crisi delle forme classiche del politeismo (crisi parallela a quella delle forme classiche dell'arte, della società ecc.), il significato degli a. nell'iconografia si riduce press'a poco a quello di segni di riconoscimento; tanto è vero che anche figure artisticamente non caratterizzate (per esempio eroti) acquistano personalità divina, unicamente mediante gli a. che portano. Si diffonde, inoltre, sempre di più l'uso degli a. resi indipendenti dalla figura divina stessa che essi, in tal caso, sostituiscono come loro "simboli" (la cista mystica di Dioniso, il sistro di Iside, ecc.). Dal punto di vista storico-religioso bisogna però notare che la funzione classica degli a., cioè precisamente quella di "a." nel senso stretto sopra definito, è un prodotto particolare del politeismo classico: la loro origine è invece indipendente dalla (e parallela o, in certi casi, anche anteriore alla) figura divina antropomorfa; sia gli a. che le figure sorgono dal bisogno di concretare ed obiettivare determinate esperienze religiose che solo successivamente vengono poi organizzate come "aspetti" delle varie divinità classiche (o, eventualmente, momenti del loro mito che è forma discorsiva di tali aspetti: cosi, per esempio, la conchiglia, a. di Afrodite, nell'iconografia, ricorda il suo mito di nascita, ma il suo valore religioso è accertato, nel mondo mediterraneo, anche prima della formazione del politeismo greco classico). Perciò, quel che solo più tardi diventa "a.", in origine è espressione equivalente o, ad ogni modo, parallela alla "figura" stessa: l'elmo sopra un palo, seni femminili in un vaso o in un idoletto appena abbozzato, un fulmine schematicamente rappresentato, un serpente ecc. non sono "a." di una divinità poliade, di una grande madre della fecondità, di un sovrano, dio del cielo o di un dio ctonio mantico e guaritore, ma li rappresentano da soli, a uguale diritto della figura umana. È soltanto col particolare sviluppo dell'antropomorfismo classico che la funzione di queste rappresentazioni non-antropomorfe delle divinità o dei miti si riduce a quella di attributi. Per l'iconografia degli a., v. simboli e attributi.