VANNUCCI, Atto
Storico e filologo; nacque a Tobbiana nel Pistoiese il 29 dicembre 1810, morì a Firenze il 9 giugno 1883. Figlio di contadini, ricevette l'istruzione elementare da preti, quindi nel seminario di Pistoia; ed ebbe la buona ventura d'aver maestro Giuseppe Silvestri che lo volle seco nel collegio Cicognini di Prato come prefetto di camerata. In Prato insegnò il latino, e con buoni commenti giovò molto alla raccolta che dal 1840 vi si stampava di classici latini, a ciascun volume premettendo egregi discorsi. Nel 1843, già stanco dell'abito ecclesiastico, che gli sembrava incompatibile con le sue idee liberali, andò a Parigi, e là frequentò i migliori esuli italiani, rinfervorandosi nella propaganda civile e patriottica. Tornato in patria, partecipò ai rivolgimenti toscani, col periodico L'Alba, che diresse dopo G. La Farina, e con altre pubblicazioni. Diresse anche un'ottima Rivista di Firenze. Viveva dando lezioni private e con lavori filologici; e accettò volentieri di andare a Lugano per insegnarvi storia: sennonché, neppur là gli parve di godere tutta la libertà cui aspirava, e diede le dimissioni, che non furono allora accettate. Non volle, per questo, neppure una cattedra universitaria offertagli nel 1857 in Torino; gradì nel 1859 la direzione della Biblioteca Magliabechiana in Firenze, e, poco dopo, la cattedra di letteratura latina in quell'Istituto di studî superiori. Sofferse a lungo nella salute, quasi cieco e sordo, e desiderò la fine: il conforto lo cercò e trovò nell'alto e pertinace lavorare, e da ultimo nella solitudine sdegnosa di chi si sente estraneo alla nuova generazione, e ne invoca una migliore che finge a sé stesso eroica. Fu ammirato e amato da quanti lo conobbero a fondo (il Tommaseo gli fu ingiustamente acre); anche dal Carducci, sebbene lo stimasse un "temperato". Fu nominato senatore nel 1865.
Scrittore, pur senza vera originalità, di grande virtù per lingua schietta e viva, per stile degnamente composto anche nella scioltezza moderna, per largo giro di nozion) e concetti, che non sempre però riesce a conciliare in coerente unità. Nella Storia d'Italia dall'origine di Roma all'invasione dei Longobardi (Firenze-Genova 1861, voll. 4), il V. pur esaltando la grandezza gloriosa di Roma non tralascia occasione per biasimarne fortemente le arti diplomatiche e quelle che a lui sembravano violenze e prepotenze politiche. Più che per Roma, il suo amore è per l'Italia, che "dapprima lottante poderosamente con Roma, poi unita ai suoi grandi destini, e alle sue grandi sciagure, è sempre la più mirabile delle nazioni". Bastano righe come queste per far sentire l'eloquenza repressa che anima quasi tutte le opere del V. Raccolse in un volume nel 1854 (ristampato con aggiunte nel 1871) quei suoi Studi storici e morali su classici latini; compilò, sempre accrescendola, una serie di biografie patriottiche I Martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848, di cui il nucleo dedicò a Pietro Giannone (l'autore dell'Esule) nel 1848, e di cui la settima edizione con molte correzioni e aggiunte uscì a Milano nel 1887; ordinò e illustrò i Proverbi latini (Milano 1879-1883, voll.3); svolse in quadri I primi tempi della libertà fiorentina (Firenze 1856 e 1881); diede due volumi di Ricordi della vita e delle opere di G.B. Niccolini (ivi 1866); illustrò con monografie o stampe di cose loro Giuseppe Montani, Bartolommeo Sestini, Giuseppe La Farina, ecc.; belle orazioni lesse per il Machiavelli e alcun altro grande; con articoli e recensioni e libri scolastici (uno sul Sonetto) conferì non poco alla cultura e alla civiltà della nuova Italia. Di contro al classicheggiare, verbale e verboso anzi che essenziale e artistico, di troppi altri i quali si arrogavano il culto dell'antichità romana, il V. si nutrì e avvivò di un verace e profondo classicismo storico e letterario; un classicismo, come abbiam visto, che abbracciava insieme con Roma l'intera Italia (Storia dell'Italia antica finì a intitolarsi nell'ultima edizione la sopra indieata Storia d'Italia dall'origine di Roma, ecc.).
Bibl.: E. Apostolo, A. V., vita, opere, carteggio, vercelli 1920; F. Rosso, A. V., Torino 1907; R. Guastalla, Intr. ai Martiri, compendiati, Firenze 1906; G. Mazzoni, L'Ottocento, 2ª ed., Milano 1934 (per la bibl. cfr. anche la 1ª ed., ivi 1910); O. Tommasini, Scritti di storia e critica, Roma 1891, p. 223 segg.