DEFFENU, Attilio
Nacque a Nuoro il 28 dic. i 890 da Giuseppe e Giovanna Maria Sechi. Proveniente da una famiglia della piccola borghesia di tendenza progressista (il padre, padrone di pasticceria, era presidente della Società operaia nuorese), dopo gli studi ginnasiali nella città natale si trasferì a Sassari per frequentare il liceo. Si inserì subito in posizione di rilievo nel gruppo giovanile socialista sassarese, che era atteggiato in senso di rigorosa intransigenza anche nei confronti delle forze di democrazia borghese progressista e si faceva portatore di una linea fortemente critica nei confronti della maggioranza riformista del Partito socialista italiano locale.
Il D. si distinse come vivace ed acuto editorialista politico sul settimanale socialista La Via, che era l'organo ufficioso del movimento giovanile. Nei suoi articoli, dai quali già traspare l'influenza dell'ideologia sindacalista rivoluzionaria, privilegiava le polemiche antimilitariste ed anticlericali, nonché le denunce dei vizi della lotta politica e dei ritardi della società in Sardegna.
In quegli anni Nuoro fu il centro dell'impegno politico attivo del D.: nell'estate del 1907 fondò assieme ad un gruppo di studenti nuoresi un Circolo socialista nell'intento di smuovere la stagnante vita politica cittadina e di svolgere attività di propaganda e di proselitismo fra i contadini ed i pastori della zona. Se l'esperimento organizzativo risultò del tutto fallimentare, tuttavia il contatto con la gente delle zone interne della Sardegna fu determinante per il D. e per l'arricchimento del contributo che egli diede in quegli anni al dibattito in atto sulla "questione sarda".
Nel 1908 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Pisa. Nella città toscana, dove strinse saldi legami politici con gli anarchici Pietro Gori e Luigi Fabbri, maturò con maggiore consapevolezza là propria adesione al sindacalismo rivoluzionario. La collaborazione al giornale Gioventù libertaria del Fascio socialista anarchico di Roma, al foglio anarchico Il Pensiero ed al periodico diretto da Paolo Orano La Lupa, con articoli soprattutto sulla Sardegna, gli diede l'occasione di afffflare l'analisi sui problemi della sua terra anche alla luce delle nuove esperienze culturali e politiche pisane.
I brevi soggiorni nuoresi nei periodi delle vacanze scolastiche furono l'occasione di circoscritti e poco lusinghieri tentativi di propaganda fra la popolazione dei quartieri popolari di Nuoro e dei paesi circonvicini. Il radicalizzarsi delle sue posizioni politiche nell'ambito del movimento operaio, in senso critico nei confronti del partito come istituzione ("per me non vi è altro socialismo - scriverà nell'aprile 1911 - all'infuori di quello che si svolge e si combatte entro l'orbita delle organizzazioni operaie") si manifestò appieno nella seconda metà del 1910 quando ritornò a Sassari e riprese momentaneamente la lotta nel movimento sindacale accanto agli antichi compagni massimalisti del Circolo giovanile socialista. Anche gli scritti di questo periodo attestano la totale adesione del D. all'ala più estrema del socialismo libertario.
Lo scoppio della guerra di Libia lo spinse ad impegnarsi politicamente su posizioni rigidamente pacifiste e antimperialiste ed a denunciare "il baratro spaventoso entro cui la infatuazione patriottarda, la sbornia nazionalistica hanno fatto affogare l'anima del popolo italiano, dello stesso proletariato a cui nulla pare abbiano giovato trent'anni di predicazione rivoluzionaria, sindacalista, anarchica, democratica". La sua partecipazione attiva alle manifestazioni di piazza contro la guerra fu affiancata dalla progettazione del primo numero di un giornale, che poi non verrà pubblicato, dal titolo La Comune, tutto dedicato "alla lotta contro la guerra e la reazione".
Intanto lavorava ad un saggio, rimasto inedito, sulla teoria del valore lavoro in Marx e contemporaneamente alla tesi di laurea sulla teoria marxista della concentrazione capitalista, con la quale si laureò alla fine del 1912.
Il ritorno a Nuoro, accettato di malgrado perché riteneva "la vita di Nuoro meschina, vuota, caliginosa, vita provinciale", lo obbligò a soluzioni di ripiego nel lavoro giornalistico (accettò di fare il corrispondente dalla Sardegna per IlGiornale d'Italia) e nell'attività politica (in quel periodo si occupò dell'organizzazione sindacale dei minatori del paese di Lula e partecipò alla protesta dei pastori e dei contadini di Orune contro la gestione delle terre comunali delle quali si chiedeva la divisione fra gli abitanti).
Nelle elezioni politiche del 1913 il D., benché non fosse candidato, svolse - proprio per l'importanza politica di quelle consultazioni elettorali - un'attiva propaganda con comizi di intonazione antimilitarista ed antigovernativa. Ma fu soprattutto la battaglia antiprotezionistica ad impegnarlo più immediatamente anche sul piano dell'elaborazione teorica. In questa fase si avvicinò al meridionalismo democratico di Salvemini e di De Viti De Marco in forza delle collimanze di questo movimento d'opinione col sindacalismo rivoluzionario, in forza cioè della comune sensibilità meridionalistica e dell'assoluto rifiuto della politica protezionistica dello Stato tanto pregiudizievole per l'economia meridionale. Con la battaglia liberista la Sardegna avrebbe dovuto porre, secondo il D., i presupposti per "il proprio risorgimento econornico e sociale". La polemica antiprotezionista, che ebbe largo spazio nella stampa sarda, trovò nel D., assieme a Nicolò Fancello, segretario del Comitato nazionale di propaganda e d'azione a favore del Mezzogiorno, il più tenace e lucido assertore.
Nell'aprile 1913 il D. e il Fancello diedero vita ad un Gruppo d'azione per gli interessi della Sardegna, al quale aderirono le individualità di maggiore spicco dell'intellettualità e della politica. Il manifesto pubblicato dal Gruppo in quell'occasione sosteneva appunto che "l'abolizione del protezionismo è condizione indispensabile per l'elevazione economica della Sardegna".
Ma nello stesso tempo il D. s'impegnò anche sul versante più propriamente culturale. Alla fine del 1913 progettò una rivista di carattere regionale (nei suoi intenti la rivista, intitolata Sardegna, si proponeva "di esporre al più grande pubblico possibile tutti i principali problemi sardi - di economia, arte, letteratura, politica - e lottare per la loro risoluzione").
Sardegna, di cui uscirono soltanto quattro numeri dal gennaio al giugno 1914, è sicuramente il prodotto più interessante della pubblicistica sarda dell'età liberale: intorno ad essa, seppure con grandi difficoltà e fatiche organizzative, il D. seppe raccogliere le migliori energie intellettuali sarde, ma soprattutto riuscì a farne un importante strumento di analisi della società sarda. Se si prescinde dalle sezioni letterarie e delle arti che presentano per lo più contenuti mediocri e provinciali, Sardegna risulta essere la sede in cui il dibattito politico sulla questione sarda assunse i toni più elevati e da cui scaturirono le proposte politicamente più acute per la soluzione del problema sardo e meridionale. La questione meridionale, e sarda, andava risolta - secondo il D. e la sua rivista - nell'ambito più generale della politica dello Stato italiano, il quale avrebbe dovuto abbandonare la sterile linea dei provvedimenti speciali e darsi una politica economica globale ed equilibrata in modo da superare i divari storicì regionali e quella che il D. chiamava la "disunità nazionale". Ma per promuovere una crescita sociale ed econonuca dell'isola era necessario, secondo il D., che la Sardegna si evolvesse secondo i normali gradi dello sviluppo capitalistico percorsi storicamente dalle regioni progredite.
Dalla fine del 1913 il D. si trasferì a Milano per esercitarvi la professione di avvocato. Nel maggio 1914 divenne legale dell'Unione sindacale italiana, rafforzando così i suoi legami con il gruppo dei sindacalisti rivoluzionari milanesi. Allo scoppio della guerra si schierò decisamente con gli interventisti sostenendo in numerosi scritti sul Popolo d'Italia, sulla Avanguardia di Milano e sull'Internazionale di Parma la necessità del conflitto "in nome della civiltà europea e dell'avvenire della classe operaia". Ad ottobre fondò con A. De Ambris, M. Bianchi, F. Corridoni, T. Masotti ed altri il Comitato dei fasci di azione interventista rivoluzionaria, entrando subito a far parte dei Comitato centrale. Al D. è stata attribuita di recente, dallo storico Salvatore Sechi, la paternità del manifesto Ailavoratori d'Italia, ritenuto in passato opera di Mussolini.
Dopo l'entrata dell'Italia in guerra tentò di arruolarsi come ufficiale, ma sia per le scadenti qualità fisiche sia per i suoi trascorsi politici, venne scartato ed inviato in Sardegna come soldato semplice, sottoposto peraltro ad un'attenta vigilanza. Più tardi riuscì a frequentare la scuola allievi ufficiali e nell'agosto 1917 venne inviato in zona di guerra. Nel marzo 1918 fu nominato ufficiale addetto alla propaganda nella brigata Sassari.
In questo incarico ebbe modo di redigere una serie di relazioni e di istruzioni sui modi e sui contenuti della propaganda da effettuare fra le truppe di origine sarda: in sostanza il D., evidenziando il valore fortemente innovatore, se non rivoluzionario, sul piano politico e sociale della partecipazione delle masse popolari sarde alla guerra nello stesso reparto, pose le premesse teoriche, con la sua analisi anticipatrice, di quella che sarà in Sardegna nel dopoguerra la realtà del movimento degli ex combattenti e del Partito sardo d'azione.
In vista della battaglia del Piave, rinunciò ad andare in licenza e chiese di poter partecipare alle azioni belliche.. ILa mattina del 16 giugno 1918 usci in esplorazione col suo plotone e, circondato dal nemico, cadde in combattimento nei pressi di Croce di Fossalta.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, fascicolo Deffenu Attilio; Nuoro, Arch. Deffenu (conservato presso la famiglia); A. Deffenu, Epistolario 1907-1918, a cura di M. Ciusa Romagna, Cagliari 1972; A. De Ambris, Corridoni, Piacenza 1922, ad Ind.; C. Bellieni, A. D. e il socialismo in Sardegna, Cagliari 1925; T. Masotti, A. D., in Celebrazioni sarde. 2-27 ott. 1937, Urbino 1937; L. Del Piano, A. D. e la rivista "Sardegna", Cagliari 1963; S. Sechi, Dopoguerra e fascismo in Sardegna, Torino 1969, ad Ind.; G. M. Cherchi, La collabor. di A. D. al settimanale socialista "La Via" (1907-1908), in Movimento operaio e socialista, XXI (1975), 1-2, pp. 141-54; Sardegna. La rivista di A. D., a cura di M. Brigaglia, Cagliari 1976; F. Manconi, Il PSI in Sardegna dalle origini alla grande guerra, in F. Manconi-G. Melis G. Pisu, Storia dei Partiti Popolari in Sardegna (1890-1926), Roma 1977, ad Ind.; M. Brigaglia, La classe dirigente a Sassari da Giolitti a Mussolini, Cagliari 1979. ad Ind.