Attila
Re degli Unni, vissuto nella prima metà del sec. V, considerato dalla tradizione contemporanea come un castigo inviato da Dio per sovvertire il mondo.
Questo giudizio degli storici del tempo, chiaramente suggestionati dalla fama di ferocia e di violenza che circondava il personaggio, non riflette la realtà dei fatti : in effetti A. fu un grande re e condottiero che seppe dare alle tribù unne una compattezza nazionale, e in poco tempo seppe estendere a tal punto il suo regno da divenire una minaccia per l'Impero.
La sua sfera di espansione si scontrò soprattutto con Bisanzio contro cui (441-447) condusse aspra guerra; nei confronti di Roma, invece, mantenne per lungo tempo dei rapporti amichevoli, soprattutto data la familiarità che lo univa al magister militum Ezio, accontentandosi di esigere un tributo. Guastatesi le relazioni anche con questa parte dell'Impero, A. nel 452 diresse una spedizione contro l'Italia, ma giunto fino ad Aquileia e distrutta questa città, non avanzò oltre o per il timore reverenziale suscitato in lui da papa Leone I che gli andò incontro in tutta la maestà della sua corte, o, più realisticamente, preoccupato degli aiuti portati a Roma dall'imperatore Marciano e a sua volta soddisfatto per le proposte fattegli dal pontefice. Rientrato nella sua capitale (di cui non conosciamo il nome) A. morì subito dopo (453).
L'interpretazione deteriore del personaggio A. è accettata da D. che ponendolo nel primo girone del cerchio settimo, fra i violenti contro il prossimo, lo designa quell'Attila che fu flagello in terra (If XII 134) traslitterando quindi l'epiteto che la tradizione contemporanea aveva attribuito ad A.: " flagellum Dei " (v. FLAGELLO). A. è inoltre citato dal fiorentino suicida Lotto degli Agli, il quale in una perifrasi per indicare la sua città ricorda che questa fu ricostruita dalla cenere dell'incendio appiccatovi dal re unno (If XIII 149). Come in altri casi, la reminiscenza dantesca è storicamente inesatta: riflette solo la tradizione fiorentina che attribuiva al re unno la distruzione della città che poi avrebbe ricostruito Carlo Magno. Questo errore di D. tuttavia è già messo in luce dal Villani (II 1), il quale vede in Totila re dei Goti il distruttore della città. Tale versione è più conforme allo svolgersi dei fatti : A. come sappiamo non avanzò oltre il Po, mentre Totila durante la guerra gotica combatté presso Firenze.
Bibl. - Davidsohn, Storia I 36, 80-83, 117, 1139; II I 726; IV III 199, 507; si veda inoltre la ricca voce a cura di A. Solari e B. Vignola, in Enc. Ital. V; e la nota, puramente informativa, in " Bull. " XX (1913) 315.