Atti telematici
Nel 2012 inizia l’utilizzo della Pec (posta elettronica certificata), ma il processo telematico non è distribuito uniformemente sul territorio; continua l’inserimento di norme telematiche nella procedura, spesso in modo disorganico e con problemi interpretativi. La modifica della l. 21.1.1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali) attuata dalla l. 12.11.2011, n. 183 consente la notifica via Pec fra avvocati e così di ovviare ad alcuni problemi generati dalle regole tecniche del processo telematico (d.m. 21.2.2011, n. 44, del resto in corso di modifica onde snellire la procedura). Cassazione e Corte Costituzionale parlano di un mutato contesto tecnologico che influenza la normativa processuale. Mentre si prospetta la possibilità di notificare via Pec, esplicitamente menzionata dalla cd. legge Fornero, 28.6.2012, n. 92, evitando le lentezze degli uffici Unep e della posta ordinaria, una pausa di riflessione organizzativa consentirebbe di costruire una procedura telematica razionale e unitaria; alcune questioni tuttavia richiederebbero urgenti soluzioni.
Prosegue nel 2012 lo sviluppo tecnico e normativo del processo telematico che guadagna spazi territoriali, con l’inizio del deposito di atti e comunicazioni telematici in numerosi tribunali d’Italia, anche se permane una notevole differenza fra i tribunali delle regioni del nord e del centro e i quelli delle regioni insulari e del meridione1.
Il 2012 ha visto divenire definitivo l’utilizzo della posta elettronica certificata per le comunicazioni nel processo civile, con la soluzione, nei primi mesi dell’anno, dei problemi tecnici a ciò connessi che erano emersi nel 2011.
1.1 L’attuazione del passaggio alla posta elettronica certificata
Alla fine del 2011, dalla metà di novembre, si è attuato il passaggio dal precedente sistema dei punti d’accesso e delle caselle chiuse da questi gestite in forza del d.P.R. 13.2.2001, n. 123 al nuovo sistema della posta elettronica certificata, secondo le regole tecniche di cui al d.m. 21.2.2011, 44: non ben preparato, il mutamento ha comportato una crisi di origine tecnica, di qualche mese, nella quale il traffico di messaggi in entrata ed in uscita dagli uffici giudiziari ha notevolmente rallentato, per raggiungere i livelli precedenti solo a febbraio 2012 (fig. 2).
I dati forniti dal Ministero della giustizia (cfr. www.processotelematico.giustizia.it) mostrano a novembre 2011 una decisa flessione dei depositi di atti telematici da parte degli avvocati (fig. 1).
Le comunicazioni da parte degli uffici hanno anche esse segnato una decisa flessione a novembre 2011, raggiungendo i livelli precedenti solo nel gennaio 2012; tuttavia non esistono dati sull’esito, la tempestività e precisione dei messaggi, ma solo sulla loro partenza dagli uffici.
I punti d’accesso per altro non sono spariti e appaiono necessari alla corretta gestione dell’informazione processuale ed anche come centri di competenze tecniche, servizi quali il pagamento telematico dei diritti, l’aggiornamento e la fornitura degli applicativi, la archiviazione e conservazione delle ricevute e dei file scambiati via Pec, la miglior gestione delle caselle certificate.
1.2 La legge cd. di stabilità 12.11.2011, n. 183
Vi sono state, alla fine del 2011, modifiche normative rilevanti con la cd. legge di stabilità, a conferma che il quadro normativo del processo telematico è in continua evoluzione, purtroppo non sempre organica, a volte disorientando interpreti ed utenti.
Sono stati novellati con tale legge (art. 25), gli artt. 125 e 136 c.p.c. ed altre norme procedurali in tema di comunicazioni, al fine di estendere l’uso della posta elettronica certificata: è evidente ormai che il legislatore intende insistere su questo mezzo di comunicazione.
È anche mutato l’art. 366 c.p.c. ove è stata inserita, in alternativa all’obbligo di domiciliazione in Roma nel giudizio di Cassazione, la facoltà di dichiarare l’indirizzo di posta certificata comunicato all’ordine professionale: solo in carenza di elezione di domicilio e indicazione della casella Pec può oggi scattare la penalizzante notificazione presso la cancelleria della Corte.
Corollario di queste indicazioni legislative è stato il rafforzamento dell’obbligo di comunicazione degli indirizzi elettronici degli iscritti, incombente sui consigli degli ordini forensi, che, in forza del co. 4 dell’art. 25 della citata legge di stabilità possono oggi essere sciolti o commissariati in caso di inadempienza; tale obbligo in precedenza era privo di sanzione2.
Se queste modifiche possono dirsi tutto sommato di poco conto, ponendo rimedio a qualche problema sistematico3, appare invece destinato a cambiare significativamente il processo civile l’intervento operato sulla l. 21.1.1994, n. 53 dalla medesima legge di stabilità, n. 183/2011, all’art. 25, co. 3.
Le modifiche attuate infatti consentono oggi la notifica diretta di atti processuali a mezzo Pec da parte degli avvocati che siano autorizzati ai sensi della l. n. 53/1994 che, nata 18 anni or sono per consentire agli avvocati di notificare atti senza l’intervento dell’ufficiale giudiziario, è stata oggi opportunamente modificata ed estesa alla posta elettronica certificata.
Il deposito di memorie da parte dei difensori nel processo civile per via telematica, che era divenuto una sorta di impossibile percorso a ostacoli per il combinato disposto degli artt. 13, co. 4, e 18 d.m. n. 44/2011 e 3 l. n. 53/1994 è oggi percorribile per le intervenute modifiche di quest’ultima legge, che hanno così precorso le modifiche alle regole tecniche di cui al d.m. n. 44/2011, che, da tempo approntate, paiono sul punto di essere approvate e che vanno nel medesimo senso, con la modifica dei citati artt. 13 e 18.
L’art. 149 bis c.p.c. non ha avuto ad oggi concrete applicazioni, a distanza di tre anni dalla sua introduzione. Ciò dipende dalla mancata approvazione del regolamento sulla congiunzione della relata dell’ufficiale giudiziario all’atto notificato, dalla relativamente recente e parziale disponibilità ed accessibilità degli elenchi degli indirizzi e, soprattutto, dalla mancata predisposizione, presso gli uffici Unep, di quanto necessario in termini organizzativi all’utilizzo della Pec4.
L’utilizzo della Pec per la notifica appare dunque oggi affidato alla l. n. 53/1994. Oltre a questa vi è anche la previsione della legge cd. Fornero, 28.6.2012, n. 92, che all’art. 1, co. 48, esplicitamente prevede che nel procedimento speciale per impugnazione del licenziamento il ricorrente effettui la notificazione «anche a mezzo di posta elettronica certificata» nell’evidente intento di semplificare gli adempimenti del lavoratore, che ha subito il licenziamento mediante semplice lettera, a volte nemmeno raccomandata, e che gode così di una semplificazione nella notifica mediante Pec diretta e non mediata ex art. 149 bis c.p.c.
1.3 Il d.l. 18.10.2012, n. 179
Con l’art. 16 d.l. 18.10.2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese) si innova il regime delle comunicazioni e notificazioni di cancelleria, sostanzialmente parificandole fra loro5 e stabilendo che devono attuarsi via Pec, con invio del provvedimento in forma integrale, per il contenzioso civile in tutta Italia, entro 60 giorni dalla conversione in legge; si prescinde così dal decreto autorizzativo emesso ufficio per ufficio sino ad oggi necessario6.
L’art. 5 del. d.l. n. 179/2012 istituisce poi un «indice nazionale degli indirizzi delle imprese e dei professionisti» (Ini-Pec), destinato a raccogliere gli indirizzi dei professionisti, delle società, imprese iscritte e degli imprenditori individuali, per i quali è introdotto l’obbligo di munirsi di Pec. Questo indice è destinato a fornire gli indirizzi per le comunicazioni e notificazioni7.
Il d.l. n. 179/2012 stabilisce poi che qualora la comunicazione/notificazione via Pec sia impossibile per motivi imputabili al destinatario essa avvenga mediante deposito in cancelleria e che in tal caso la copia sconti i diritti in misura 10 volte superiore all’usuale, lasciando tuttavia all’interprete la definizione della colpa del destinatario. Ulteriori novità sono previste in materia fallimentare dall’art. 17 del d.l. n. 179/2012, che prescrive la Pec per la maggior parte delle comunicazioni, che, nella nuova disciplina, prevedono il curatore, anziché la cancelleria, sia come destinatario che come onerato. Nel caso di impossibilità di notifica per causa imputabile al destinatario è anche qui previsto il deposito della comunicazione, a volte in cancelleria, altre volte presso la casa comunale.
Qualche perplessità suscita il fatto che le domande di insinuazione al passivo siano depositate via Pec al curatore lasciando da un lato gli uffici all’oscuro della domanda giudiziale, così sicuramente meno controllabile, dall’altro onerando i creditori della necessità di dotarsi di casella Pec e di saperla utilizzare.
Così pure la norma che onera la cancelleria, non più il creditore istante, della notifica dell’istanza di fallimento al fallendo, specificando che cò deve avvenire via Pec, incontra l’ostacolo pratico che il fallendo potrebbe non avere una casella certificata da raggiungere, come accade spesso per i soci di società di persone8.
La complessità della normativa sostanziale e tecnica venuta a crearsi in tema di notifiche telematiche, di cui si hanno per ora sporadiche applicazioni, necessita approfondimento, anche per i suoi riflessi, di cui ha trattato la Cassazione in una recente sentenza a sezioni unite.
2.1 La l. 21.1.1994, n. 53 e il processo telematico
Aveva destato qualche perplessità il fatto che l’art. 18 delle regole tecniche del processo telematico, sulla notifica fra avvocati, facesse riferimento ad una normativa precedente alla diffusione della posta elettronica, sul potere di notifica degli avvocati, ed in effetti quella norma, pur regolamentare, andava, con dubbia legittimità, a intaccare le disposizioni di quella legge, affiancando modalità di comunicazioni moderne, la Pec, alle due alternative tradizionali costituite dalla consegna diretta fra difensori e all’utilizzo della posta, cartacea.
La normativa del 1994 prevedeva – prima della modifica apportata dalla l. n. 183/2011 – una autorizzazione del consiglio dell’ordine, un registro cronologico ove avvenisse la registrazione delle missive inviate e l’utilizzo di speciali buste e moduli conformi a modelli stabiliti dalla amministrazione postale. Questi ultimi sono chiaramente incompatibili con la posta elettronica.
L’art. 18 delle regole tecniche menziona specificamente l’art. 4 l. n. 53/1994, il quale si riferiva alla notifica mediante consegna diretta e prevedeva la previa vidimazione e datazione dello scritto da parte del consiglio dell’ordine, impossibili da apporre su un file, soprattutto se recante firma digitale e come tale immodificabile. Queste difficoltà hanno fatto sì che non vi siano state notifiche telematiche fra avvocati, nonostante la previsione dell’art. 18 delle regole tecniche.
Poiché poi l’art. 13 delle regole tecniche del processo telematico, al co. 4, prevede che «Ai fini della comunicazione prevista dall’articolo 170, quarto comma, del codice di procedura civile, la parte che procede al deposito invia ai procuratori delle parti costituite copia informatica dell’atto e dei documenti allegati con le modalità previste dall’articolo 18 del presente decreto» risultavano irregolari i depositi di memorie che non avessero avuto questa modalità di scambio9.
In effetti i dati del Tribunale di Milano evidenziati nella fig. 3 (in nero le memorie depositate, in blu gli atti dei giudici, ordinanze e sentenze, e in bianco i verbali) riportano un tendenziale incremento dei documenti informatici depositati dai giudici, verbali di udienza, ordinanze e sentenze, e sono invece statici su livelli assai bassi per le memorie.
La possibilità offerta dalla legge di stabilità, n. 183/2011, di notificare a mezzo Pec consente dunque di evitare le lunghezze degli uffici Unep per una serie non indifferente di atti – quali le opposizioni a decreto ingiuntivo, gli appelli, i ricorsi cautelari in corso di causa – dove la controparte è rappresentata da difensore tecnico e di meglio rispettare l’attuale dettato delle norme tecniche sul deposito delle memorie.
2.2 La facoltà di notifica via Pec degli avvocati
A seguito della modifica, l’art. 1 l. n. 53/1994 oggi specificamente menziona l’utilizzo della posta elettronica per l’effettuazione della notifica ad opera degli avvocati: prima vi era solo una norma regolamentare, quale l’art. 18 del d.m. n. 44/2011.
La l. n. 53/1994 prevede oggi tre tipi di notifica, affiancando, per effetto della recente novella, alla posta tradizionale e alla consegna diretta, la posta elettronica. Sono venuti meno gli obblighi di vidimazione e datazione, espressamente ristretti alla sola consegna diretta dello scritto, mentre restano incompatibili con il documento informatico le buste e i moduli prescritti dalla amministrazione postale.
Si nota che mentre la notifica a mezzo posta si affida a un unico gestore, le Poste, appunto, con la Pec vi è una pluralità di gestori, per cui non si opera più in regime di monopolio; i gestori di servizi Pec hanno l’obbligo di conformarsi alla disciplina dettata dal d.P.R. n. 62/2005 ed alla relativa normativa tecnica: proprio in virtù dei controlli ed atti amministrativi previsti da questa disciplina viene loro conferito il potere di attestare spedizione e consegna dei messaggi, che così possono assumere la certezza che prima veniva dall’intervento dell’amministrazione postale.
2.3 Indirizzi ed elenchi
È stato specificato con la recente novella che la notifica a mezzo Pec può essere fatta solo se «l’indirizzo del destinatario risulta da pubblici elenchi»: in tal senso devono ritenersi validi gli indirizzi risultanti dal registro delle imprese10 e negli albi professionali, per gli avvocati11.
L’indirizzo Pec dell’avvocato, in origine riservato, deve oggi ritenersi pubblico sia per l’obbligo di inserirlo negli atti processuali conseguente alla intervenuta modifica dell’art. 125 c.p.c., sia per la normativa tecnica del processo telematico12.
Il d.l. n. 179/2012 ha poi modificato l’art. 149 bis c.p.c. sostituendo le parole «pubblici elenchi» con «accessibili alle pubbliche amministrazioni», lasciando così intendere che non è l’accessiilità dell’indirizzo a quisque de populo a condizionare la possibilità di notifica via Pec, bensì la sua non riservatezza, il fatto cioè che la p.a. vi possa accedere. In ogni caso l’alenco Ini-Pec di futura istituzione (art. 5 del citato decreto legge) è finalizzato alle comunicazioni, attive e passive, anche di imprese e professionisti.
Il requisito della pubblicazione in elenchi pubblici dell’indirizzo del destinatario della notifica è da intendersi in relazione alla accessibilità, per l’utilizzo che ne deve essere fatto ed alla qualifica pubblica del soggetto che gestisce il registro stesso. Pertanto, ai fini delle notifiche processuali fra avvocati, il Reginde garantisce la accessibilità ai dati da parte dei possibili mittenti ed è tenuto dal Ministero della giustizia ed analoghe caratteristiche avrà il futuro Ini-Pec.
Il fatto che poi l’indirizzo del difensore debba essere inserito negli atti da lui formati denota la generale disponibilità della informazione relativa all’indirizzo Pec del difensore, che deve ritenersi di carattere pubblico, per lo meno in ambito processuale13.
Con il d.l. n. 185 del 2008, art. 16, co. 11, è poi stato abrogato l’art. 4, co. 4, del regolamento sulla Pec14, che stabiliva che le imprese potessero dichiarare, nonché revocare, la volontà di accettare l’invio di posta elettronica certificata e che la dichiarazione fosse recepita nel registro delle imprese.
Da questa abrogazione si desume che non è necessario il consenso del destinatario perché la notifica nei suoi confronti sia valida.
Tale abrogazione, assieme all’obbligo di dichiarazione della casella Pec, significa che la accettazione della posta certificata non è più, per le imprese iscritte, una facoltà, ma è divenuto un obbligo, rendendo quindi impossibile il ripudio della comunicazione.
2.4 Superamento delle formalità precedenti
Altra importante modifica della l. n. 53/1994 che rende possibile la notifica via Pec tramite posta elettronica da parte dell’avvocato è la specificazione, inserita nel co. 2 dell’art. 4 dalla l. n. 183/2011, che vidimazione e datazione del consiglio dell’ordine valgono solo per il caso di consegna diretta, sciogliendo così il nodo aperto dalle regole tecniche del d.m. n. 44/2011 che, nel richiedere vidimazione e datazione di un messaggio di posta elettronica aprivano problemi pratici pressoché irresolubili15.
Anche la necessità che il notificante e il destinatario siano avvocati iscritti al medesimo consiglio dell’ordine vale ora solo per la notifica mediante consegna di copia.
Viene così riconosciuta la specificità della posta elettronica, nella quale vi è una ricevuta rilasciata dai gestori di posta e munita di firma elettronica e di data16, che rende inutile la datazione da parte del consiglio dell’ordine. Del pari non ha senso il requisito della iscrizione al medesimo consiglio dell’ordine quando la posta certificata ha la medesima efficacia su tutto il territorio nazionale.
Quanto alla certezza del contenuto i gestori di posta certificata possono rilasciare tre tipi di ricevuta17, uno privo di riferimenti al contenuto del messaggio (la cd. ricevuta sintetica), che non può dare garanzie circa i file inviati, ed altri due tipi che invece forniscono tali garanzie: essi possono contenere l’uno (la cd. ricevuta breve) una stringa, estratta con un algoritmo di hash, che consente di identificare con esattezza il file inviato, a patto di averlo conservato, l’altra (la cd. ricevuta completa) contiene invece tutto il file inviato, ma, ovviamente, sarà assai più pesante in termini di bit prodotti, trasmessi e conservati18.
Questa stessa disciplina della posta certificata, che unisce nello stesso file ricevuta e documento notificato, unitamente all’avverbio «direttamente» utilizzato nell’art. 4, co. 1, l. n. 53/1994 consente di superare la possibile obiezione circa la necessità di una particolare congiunzione fra documento e relata.
L’art. 149 bis c.p.c. prevede infatti, a proposito delle notifiche a mezzo posta elettronica, una modalità di congiunzione fra relata e documenti effettuata con strumenti informatici la cui individuazione è riservata ad un successivo decreto del Ministero della giustizia, ad oggi non emanato19.
Vero è che le modalità dell’art. 149 bis c.p.c. sono richiamate, ma solo «in quanto compatibili», dall’art. 3, co. 3-bis, l. n. 53/1994, ma altrettanto vero è che l’avverbio «direttamente» oggi contenuto nella l. n. 53/1994, all’art. 4, esclude che vi sia l’intervento dell’ufficiale giudiziario e quindi che le modalità di congiunzione di messaggio e relata possano essere quelle che dovrà utilizzare l’ufficiale giudiziario.
D’altronde, la logica di questa legge sulla notifica diretta degli avvocati, sin dalla sua approvazione, 18 anni fa, era proprio quella di attribuire una funzione, quella della notificazione, prima esclusivamente pubblica, interamente all’avvocato20, che la poteva praticare in autonomia, rispondendone all’ordine professionale, che doveva autorizzarlo.
Se così è, la norma di carattere organizzativo rivolta all’ufficio Unep circa la congiunzione degli atti non può essere rivolta anche all’avvocato notificante.
L’art. 149 c.p.c. prevede la redazione della relata di notifica su «documento informatico separato» che poi dovrà essere congiunto, ma tale prescrizione non è presente nella norma rivolta all’avvocato, di cui al citato art. 3, co. 3-bis. Questa norma si limita a dire che nella relata di notifica sarà indicato il numero di registro cronologico di cui all’art. 8 l. n. 53/1994: la relata dell’ufficiale giudiziario è redatta dopo le operazioni di notifica, quella dell’avvocato prima, per essere inviata assieme al documento notificando.
L’ufficiale giudiziario inserisce la relazione delle operazioni compiute, che l’art. 149 bis c.p.c. ricopia dal modello della notifica tradizionale richiamando l’art. 148 c.p.c., mentre l’avvocato dovrà indicare solo il destinatario e il numero di registro cronologico e non le operazioni compiute: l’avvocato non ha dunque da indicare informazioni acquisite dopo la spedizione dell’atto per posta certificata. Ne segue che il messaggio inviato dall’avvocato e la successiva ricevuta inviata dal gestore di posta del destinatario, breve o completa, costituiscono documentazione informatica idonea a dimostrare la ricezione del messaggio. Non lo sarà invece la ricevuta sintetica, che non prova il contenuto del messaggio.
Il richiamo all’art. 149 bis c.p.c. «in quanto compatibile», effettuato dal più volte citato art. 3, co. 3-bis, l. n. 53/1994, va dunque letto come richiamo per la allegazione delle ricevute della posta certificata al messaggio inviato da effettuarsi, secondo l’art. 149 bis c.p.c., con le modalità previste dalla «normativa, anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica»21: in pratica devono intendersi richiamate le norme sulla Pec e le regole tecniche del processo telematico di cui al d.m. n. 44/2011, che all’art. 18, a proposito della notifica fra avvocati ex l. n. 53/1994, dispone che il documento cartaceo, ai fini di questa notifica, venga scansionato e la copia informatica del documento cartaceo sia sottoscritta con firma digitale dal difensore22.
Ciò del resto è conforme allo spirito della legge circa una notifica da effettuarsi «direttamente» dall’avvocato, ma solo per mezzo della posta certificata ad indirizzi risultanti da elenchi pubblici, cioè senza la possibilità di effettuare ricerche particolari, assumere informazioni, o compiere ulteriori operazioni di spettanza esclusiva dell’ufficiale giudiziario23.
È tuttavia opportuno che in questa attività si abbia la accortezza di richiedere al gestore di posta certificata il rilascio di una ricevuta che contenga la stringa dell’algoritmo di hash oppure l’intero atto notificato, cioè le ricevute di tipo breve o completo24. Sotto questo profilo va rilevato come non sia chiaro, anche in molti contratti proposti dai gestori, quale tipo di ricevuta venga inviata e come fare a richiedere ed ottenere l’uno piuttosto che l’altro tipo di ricevuta; la utenza, specie quella forense, appare spesso tecnicamente impreparata anche per comprendere la differenza fra i vari tipi di ricevute e dunque per apprezzare l’utilità di ciascuna tipologia di queste.
Agli effetti pratici della dimostrazione della notifica non sarà sufficiente la produzione cartacea, nella quale non è producibile la garanzia della firma elettronica del gestore Pec e della firma digitale sul file inviato. Sarà necessario copiare su chiave o disco il file della ricevuta in formato .eml, per produrlo in udienza, ove sarà necessario un computer per leggerlo, ovvero depositarlo come allegato a una memoria. Con programmi client di post elettronica, quali Outlook express ovvero Thunderbird, si potranno verificare data, contenuto e integrità.
In questo senso uno dei primi arresti giurisprudenziali, il quale, stabilendo le modalità di produzione, implicitamente ammette la legittimità della notifica via Pec ex l. n. 53/199425.
2.5 Conclusioni
In definitiva, sulla notifica diretta via Pec ad opera degli avvocati, si deve concludere che gli strumenti legislativi, nel 2012, sono stati approntati, anche se poco usati: questo consente al processo telematico e al processo in genere, stanti le difficoltà operative degli uffici Unep, significativi miglioramenti.
Tuttavia difficoltà culturali negli operatori, poco inclini a lasciar la strada tradizionale, anche se più lenta e costosa, per una tecnologia che ancora poco conoscono e di cui spesso diffidano, han fatto sì che questo metodo di notifica sia praticato in casi del tutto sporadici26.
2.6 La sentenza della Cassazione: S.U., 20.6.2012, n. 10143
In questa pronuncia – al di là della decisione, il cui nucleo non è strettamente la domiciliazione informatica né il processo telematico – è stato richiamato un importante principio affermato in precedenza dalla Corte costituzionale (sentenza n. 365 depositata il 22.12.2010) per cui «le recenti modifiche del quadro normativo mostrano un favor del legislatore per modalità semplificatorie di notificazione, divenute possibili grazie alla diffusione delle comunicazioni elettroniche».
La Cassazione riprende questi principi ed afferma che la interpretazione delle disposizioni di legge deve mutare con il contesto normativo e che l’inserimento dell’art. 149 bis c.p.c. nonché dell’art. 125 c.p.c. e dell’art. 366 c.p.c. costituiscono un nuovo contesto nel quale la dichiarazione della casella Pec negli atti processuali, esclude la vigenza della domiciliazione presso la cancelleria per l’avvocato, di circoscrizione diversa da quella presso cui si svolge il giudizio d’appello, che non abbia eletto domicilio.
La Cassazione nella motivazione pare già ritenere utilizzabile la notifica via Pec di cui all’art. 149 bis c.p.c., il che, come si è visto, non è invece possibile; tuttavia questa argomentazione “sistematica” porta a maggiormente avvalorare la esperibilità della notifica in forza della l. n. 53/1994 e tanto più in caso di giudizio di appello, come si trattava in quel caso, per la possibilità di utilizzare l’indirizzo Pec del difensore della controparte.
Importante è anche cogliere la affermazione sull’effetto che l’introduzione della tecnologia telematica può avere sul contesto normativo e dunque sull’interpretazione di norme non strettamente settoriali. Ciò conferma che non può bastare copiare o “tradurre” le norme sulla procedura cartacea per rendere utilizzabili gli strumenti telematici, ma deve aversi riguardo a tutto l’ordinamento e soprattutto ai cambiamenti che l’utilizzo delle tecnologie porta nell’ordinamento complessivo.
Proprio da questa riflessione emerge il principale profilo problematico: una normativa faticosamente costruita con interventi ripetuti e spezzettati, fatta per approssimazioni e correzioni successive, a volte con norme che si susseguono nel giro di pochi mesi, inseguendosi come nubi spinte dal vento di certi pomeriggi primaverili, non può non lasciare disorientati gli interpreti e gli utenti; specie quando si tratti di norme di rito, che, come tali, necessitano, invece, di saldezza e sicurezza, pure in materie poco consone ai giuristi, come la tecnologia.
Troppo spesso si sono modellate le norme su quelle vigenti per la procedura cartacea, trasferendole nel processo telematico senza il necessario approfondimento.
Si sente sempre di più l’esigenza di una pausa di riflessione, per organizzare il governo di un’evoluzione che sia al contempo giuridica e tecnologica e contenga anche un credibile programma di intervento finanziario, senza il quale non si trasforma un processo che si è alimentato sino ad ora di troppa carta27.
Al contempo una diffusione territorialmente squilibrata del processo telematico consiglia di utilizzare la pausa di riflessione per imporre in tutti gli uffici l’utilizzo di prassi ritenute, pressoché univocamente, convenienti e moderne.
In particolare la struttura tecnica del Ministero della giustizia appare spesso troppo debole per seguire i progetti di un legislatore che a volte dimentica l’impegno necessario a realizzare norme che, per questo, restano a lungo sulla carta e solo sulla carta.
In tutto ciò talune questioni devono essere affrontate al più presto.
In particolare la questione della esazione dei diritti mediante marche o comunque con mezzi cartacei rappresenta oggi un grosso freno all’utilizzo dell’informatica.
Non pare soddisfacente, perché lento e macchinoso, il metodo di pagamento dei diritti di cancelleria in corso di sperimentazione, basato su bonifici e sul rilascio di identificativi da abbinare all’atto. Non si riescono ad utilizzare metodi di pagamento diffusi nell’e-commerce, quali la carta di credito, il conto prepagato ecc.
Anche per le copie degli atti non paiono ben sfruttate le potenzialità dell’utilizzo del documento informatico firmato, che, prescindendo dal supporto, è replicabile ed elimina alla radice la necessità delle copie cartacee e i rischi di errore, smarrimento o, peggio, falsificazione. Forse per non perdere i diritti di copia, il Ministero della giustizia non invia ai difensori documenti informatici firmati, ma documenti privi di firma, come tali privi di autenticità ed alterabili.
La procedura telematica vede le sue potenzialità frenate dal fatto di essere stata modellata su quella cartacea, importandone così, come vizi di origine, lacci e lacciuoli28, dei quali alcuni si son visti nella presente trattazione.
Con il 2012 potrebbe esservene uno in meno, quello della notifica fra avvocati: altre nubi vanno tuttavia ancora dissipate.
1 I depositi sono attivi, all’aprile 2012, secondo la documentazione del Ministero rinvenibile a www.processotelematico.giustizia.it, in 52 tribunali dei quali solo 10 del sud, con 1,6 % dei depositi del totale italiano dell’aprile 2012, mentre le comunicazioni sono presenti in 110 uffici, ma solo 38 di questi hanno il regime di cui all’art. 51 l. 6.8.2008, n. 133 e di questi solo due sono al sud.
2 È così completato Il sistema delle sanzioni, assenti al momento della previsione degli obblighi di munirsi di PEC in capo ai professionisti e di comunicazione al Ministero, inseriti con l’art. 16 del d.l. 29.11.2008, n. 185: l’avvocato che non istituisca e comunichi al consiglio dell’ordine l’indirizzo Pec, che pertanto non potrà ottemperare all’art. 125 c.p.c., sarà colpito dall’aumento del contributo unificato del 50 % previsto dal co. 3-bis dell’art. 13 del t.u. delle spese di giustizia – d.P.R. 30.5.2002, n. 115 – introdotto dal d.l. 6.7.2011, n. 98, art. 37, co. 6, lett. q), mentre l’ordine professionale che non ottemperi a sua volta alla trasmissione degli elenchi come documenti informatici, sarà passibile di commissariamento o scioglimento.
3 Nell’art. 125 c.p.c. è stato specificato che l’indirizzo di posta elettronica certificata da inserirsi negli atti è quello comunicato al consiglio dell’ordine e da questo al Ministero della giustizia per essere inserito nel Reginde di cui all’art. 7 d.m. n. 44/2011, mentre prima non era chiaro di quale indirizzo si trattasse e al contempo sono stati abrogati i commi degli artt. 133 e 134 che prevedevano la comunicazione all’indirizzo dichiarato, non necessariamente quello del Reginde.
Nell’art. 136 c.p.c. è stato abrogato l’ultimo comma, da due mesi appena aggiunto, con il d.l. 13.8.2011, n. 138 convertito con modificazioni in l. 14.9.2011, n. 148, che aveva una formulazione equivoca. È oggi chiaro che la modalità principale di notifica deve essere la Pec.
4 L’art. 149 bis c.p.c. è stato introdotto il 29.12.2009 dal d.l. n. 193, convertito in l. 22.2.2010, n. 24 e prevede che l’ufficiale giudiziario rediga la relata di notifica su documento informatico da lui firmato digitalmente e lo congiunga al documento notificato «mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia», ma che non sono ancora stati individuati. Allo stesso modo devono “congiungersi” le ricevute di invio e di consegna dei messaggi di posta certificata al notificato. In realtà quello della congiunzione è un falso problema perché il messaggio inviato è sempre un unico file, che contiene il documento notificato, la relata e le ricevute; il tutto è racchiuso in una busta elettronica firmata e diviene inalterabile. Il problema, risolvibile per altro, è, caso mai, unire un documento cartaceo ad un documento informatico, oppure trasformare un documento informatico in cartaceo, per produrlo in giudizio o altro, garantendo la rispondenza dell’uno all’altro, ma l’articolo 149 bis c.p.c. prevede una notifica che avviene interamente per via informatica, dunque prescinde da questi problemi.
La tematica della “congiunzione” pare in effetti influenzata dall’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale in tema di congiunzione della procura all’atto giudiziario, che però è maturata in materia di documenti cartacei e non ha senso riproporre quando si tratti documenti informatici e messaggi di posta elettronica. Questi infatti sono per loro natura unitari e inscindibili e comunque garantibili con la firma elettronica, assai meglio dei documenti cartacei.
5 Le nuove norme, non prevedendo più l’intervento dell’ufficiale giudiziario per la notifica ad opera della cancelleria, sostanzialmente abrogano – in parte qua e solo per la notifica effettuata tramite uffici giudiziari – l’art. 17 nelle regole tecniche e l’art. 149 bis c.p.c. nella parte in cui prevedevano che la notifica per posta certificata fosse sempre diretta dall’ufficiale giudiziario al notificando e non potesse avvenire direttamente ad opera di chi richiedeva la notifica, ufficio o parte che fosse.
6 Emesso, all’aprile 2012, solo in 38 uffici; v. nt. 1. Evidente la finalità di uniformare gli uffici di tutta Italia, almeno per il settore civile. Per gli uffici penali e per gli uffici dei minori e sorveglianza sono previsti termini diversi.
7 Qualche perplessità suscita il fatto che sia espressamente escluso il finanziamento statale dell’opera, ma la realizzazione, da completarsi entro 6 mesi, dovrebbe essere comunque possibile grazie alle Camere di commercio, cui è demandata la realizzazione e gestione.
8 Sono in effetti possibili modifiche in sede di conversione su questi punti, unitamente a quella di cui si parla da anni e mai introdotta della obbligatorietà del processo civile telematico a una certa data, non vicina.
9 Per altro questa disposizione dovrebbe essere abrogata dalle modifiche al regolamento n. 44/2011 da tempo in corso di elaborazione, prevedendo che la memoria depositata venga, senza altri adempimenti, inviata via Pec alla controparte, una sorta di copia scambio, per altro inutile, posto che all’accettazione del deposito la memoria telematica diviene visibile tramite i punti d’accesso.
10 L’art. 16 d.l. n. 185/2008 ha stabilito al co. 6 l’obbligo per le società di inserire il proprio indirizzo Pec nel registro delle imprese, che deve perciò ritenersi elenco pubblico degli indirizzi.
11 Vedasi il co. 7 dell’art. 16 del medesimo d.l. n. 185/2008: «I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6 entro … Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco riservato,consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata».
Non possono invece ritenersi utili gli indirizzi delle cd. Cecpac, le caselle di cui all’art. 16 bis d.l. n. 185/2008, perché non sono caselle aperte a tutti gli indirizzi, ma vi possono accedere solo talune pubbliche amministrazione e dunque non sono utili all’uso nel processo telematico.
12 Cfr. d.m. n. 44/2011, art. 7, che descrive il cd. Reginde, come registo destinato a contenere (anche) i nominativi e gli indirizzi Pec degli avvocati: il reginde deve ritenersi un elenco pubblico e difatti l’art. 5 della l. n. 53/1994 è stato modificato dalla legge di stabilità prescrivendo che la notifica fra avvocati avvenga all’indirizzo comunicato all’ordine professionale e dunque inserito nel Reginde.
13 Già nella formulazione precedente l’art. 125 c.p.c., per altro risalente a pochi mesi prima della legge di stabilità, era comparsa la prescrizione di indicare l’indirizzo di posta certificata del difensore, ma non si specificava se si trattasse necessariamente di quello comunicato al consiglio dell’ordine, per il successivo inserimento nel Reginde ovvero potesse essere differente. La specifica previsione della necessaria indicazione della casella da inserirsi dal Reginde conferma che si tratta di un dato pubblico
14 Si tratta del d.P.R. 11.2.2005, n. 68. Giova rilevare come invece sia sopravvissuto il necessario consenso del destinatario all’invio mediante Pec per i privati, previsto dall’art. 4, co. 2, del medesimo regolamento le cui modalità sono rinviate a regole tecniche (citate infra, nt. 18) che nulla dicono sul punto. Non esistendo un pubblico registro degli indirizzi dei privati – tale non sarà nemmeno il futuro Ini-Pec – non si pone il problema del concorso di questa norma con la possibilità di notifica via Pec da parte degli avvocati ai privati.
15 Era stata progettata anche una riforma delle regole tecniche per la soluzione di questo problema, che probabilmente comunque arriverà. Sono in realtà stati cambiati anche altri particolari dell’art. 4 l. n. 53/1994; questo il testo risultante dalle modifiche: «1. L’avvocato o il procuratore legale, munito della procura e dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, può eseguire notificazioni in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamente, a mezzo posta elettronica certificata, ovvero mediante consegna di copia dell’atto nel domicilio del destinatario, nel caso in cui il destinatario sia altro avvocato o procuratore legale, che abbia la qualità di domiciliatario di una parte e che sia iscritto nello stesso albo del notificante. 2. La notifica può essere eseguita mediante consegna di copia dell’atto nel domicilio del destinatario se questi ed il notificante sono iscritti nello stesso albo. In tal caso l’originale e la copia dell’atto devono essere previamente vidimati e datati dal consiglio dell’ordine nel cui albo entrambi sono iscritti».
16 L’art. 6 del regolamento della Pec d.P.R. n. 68/2005 specifica ai co. 2 e 3 che la ricevuta della posta certificata contiene la data certificata da enti terzi, e soggetti a sorveglianza pubblica, cioè i provider che gestiscono il servizio di posta certificata: «2. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all’indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna. / 3. La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione».
17 La definizione dei tre tipi di ricevuta è contenuta nelle regole tecniche della posta elettronica certificata, di cui al decreto del Ministro per l’innovazione del 2.11.2005, in G.U. 15.11.2005, n. 266, più agevolmente rintracciabile all’indirizzo www.digitpa.gov.it, nello specifico alle lett. i), l) ed m) dell’art. 1 del decreto, cui sono allegate le regole tecniche vere e proprie, che disciplinano i tre tipi di ricevuta al punto 6.5 e le modalità di applicazione dell’algoritmo di hash. La scelta del tipo di ricevuta dovrebbe dipendere da opzione del mittente, che tuttavia risulta spesso oscuro compiere all’atto dell’invio.
18 L’algoritmo di hash restituisce una stringa univoca per ogni file, di dimensioni assai ridotte rispetto al file da cui è tratta; la stringa non consente di ricostruire il file, ma di affermare che quel file è quello relativo a quella stringa, per cui la ricevuta cd. breve è utile se esiste il file da cui è tratta: la stringa consente di affermare che la ricevuta si riferisce a quel documento e solo a quello, quindi può smentire che un diverso file sia quello inviato. La ricevuta completa, è quella contenente il documento per intero ed è prevista dal regolamento Pec, all’art. 6, co. 4 «La ricevuta di avvenuta consegna può contenere anche la copia completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato secondo quanto specificato dalle regole tecniche di cui all’articolo 17».
19 L’art. 149 bis è stato inserito nel codice di rito civile con d.l. 29.12.2009, n. 193.
20 Ed infatti l’art. 6 l. n. 53/1994 attribuisce in questa mansione all’avvocato la qualifica di «pubblico ufficiale ad ogni effetto».
21 Si tratta dunque del solo co. 5 dell’art. 149 c.p.c.
22 Questo il testo della norma: «Art. 18 (Notificazioni per via telematica tra avvocati) 1. Nel caso previsto dall’articolo 4, legge 21 gennaio 1994, n. 53, il difensore può eseguire la notificazione ai soggetti abilitati esterni con mezzi telematici, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. A tale scopo trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, nella forma di allegato al messaggio di posta elettronica certificata inviato al destinatario». La norma contiene anche il principio per cui «La notificazione si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario», che non costituisce novità essendo contenuta nel regolamento della Pec e nel codice della amministrazione digitale (art. 45 e 48, ult. co., d.lgs. 7.3.2005, n.82).
23 Quello che dunque appare ancora irrisolto è il problema della marca da bollo di cui all’art. 10 l. n. 53/1994, che non è possibile apporre in caso la notificazione venga prodotta per via telematica, ma questo è un problema generale della inadeguatezza del sistema di riscossione dei diritti nel processo telematico e dematerializzato, che non può fondarsi, all’evidenza, su marche da bollo che necessitano una certa fisicità degli atti.
24 V. nt. 18.
25 Cfr. Trib. Napoli, ord. 30.10.2012.
26 Questi casi si sono verificati per lo più nella materia del lavoro, forse per l’assenza di bollo. Il particolare la legge cd. Fornero costituisce un caso speciale di notifica via Pec espressamente contemplato dalla legge, in deroga a tutte le formalità altrimenti previste, ivi compresa l’autorizzazione ex l. n. 53/1994.
27 Anche il recente d.l. n. 179/2012, nel momento in cui prescrive a tutti i tribunali e le corti d’appello di fare entro 60 giorni le comunicazioni/notificazioni telematiche, pare non fare i conti con ciò che ha impedito tale risultato nella maggior parte degli uffici nei quattro anni di vigenza della normativa oggi decorsi.
28 Per altro le attese modifiche delle regole tecniche dovrebbero intervenire in via semplificatoria per: i) eliminare gli orari della ricezione degli atti telematici, che erano modellati sugli orari degli uffici per la ricezione cartacea; ii) eliminare la firma digitale del cancelliere nell’inserimento dei documenti nei registri, onde consentirne l’automazione; iii) specificare che l’autorizzazione di cui all’art. 35, co. 1, serve solo per la trasmissione agli uffici da parte dei difensori di atti e documenti per via telematica e che di conseguenza non serve per comunicazioni/notificazioni e in generale per l’utilizzo del documento informatico.
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