RUMORI, Attenuazione dei
Il problema dell'attenuazione dei rumori (o "disturbi acustici" in genere) e in particolare del rumore urbano, deve la sua importanza crescente sia allo sviluppo del lato "meccanico" della civiltà, sia all'accentuarsi tanto del fenomeno dell'urbanesimo, quanto dei criterî utilitario-economici nelle costruzioni civili e industriali. È nei meccanismi in genere che si deve riconoscere la sorgente principale dei rumori; le necessità della circolazione, dei trasporti e della vita commerciale nei grandi centri urbani hanno accresciuto i "rumori della circolazione e del traffico"; d'altra parte l'alleggerimento crescente delle costruzioni, favorito dai progressi della tecnica edilizia, permette ai rumori di propagarsi più facilmente e quindi di riuscire più molesti a parità di altre circostanze.
Anche a prescindere dal generico senso di fastidio che producono, i rumori sono fonte di danni concreti e di pericoli, derivanti sia dalla loro influenza diretta su talune parti del nostro organismo, costretto a vivere in condizioni anormali rispetto a quelle alle quali era assuefatto da millennî, sia dalla minorazione che essi producono in alcune nostre capacità percettive e di lavoro.
La lotta contro i rumori, dati i termini obbligati nei quali si presenta oggi (e in un avvenire prossimo), deve mirare contemporaneamente alla soppressione o attenuazione delle cause, e all'ostacolamento della propagazione dei disturbi acustici (isolamento acustico). Sono questi i due punti che verranno trattati sommariamente, dopo avere accennato alla questione della definizione dell'intensità dei suoni e dei rumori: questione che è alla base di numerosissime ricerche di acustica tecnica, comprese quelle che si riferiscono alla lotta che oggi si combatte contro i rumori.
Intensità dei suoni e dei rumori. - La intensità energetica J del suono, in ogni punto P di un campo sonoro, è il rapporto fra la quantità di energia sonora che nell'unità di tempo incontra una piccola superficie, di area dA, passante per P ed orientata normalmente alla direzione di propagazione dell'energia, e la misura dA dell'area; si esprime in unità di energia per unità di tempo e di area: comunemente, in microwatt per cmq. La J è proporzionale al quadrato della variazione media efficace di pressione Δp che le vibrazioni sonore producono; esprimendo in microwatt per cmq. e le pressioni in bar (1 bar significa 1 dine per cmq.), nell'aria asciutta, ad es. a + 20° C, si ha J = Δp2/420. Molte particolarità interessanti del comportamento dell'orecchio sono riassunte nel cosiddetto audiogramma normale (fig. 1), diagramma avente per ascisse le frequenze dei suoni (1 periodo per sec. prende il nome di hertz), e per ordinate le intensità energetiche (oppure le corrispondenti variazioni medie efficaci di pressione); ascisse e ordinate sono in scala logaritmica per comodità di rappresentazione. Se per ogni valore della frequenza si determina (sperimentando sopra un numero sufficiente di persone) il valore minimo J0 che la J deve raggiungere per cominciare ad impressionare l'orecchio, la curva che unisce tutti i punti rappresentativi così trovati è la soglia di udibilità; la fig. 1 (Fletcher e Munson) mostra che la massima sensibilità dell'orecchio si verifica verso 3500 hertz; per 1000 hertz, si ha J0 = 1010 micrW per cmq., circa. Se poi si determinano gli ordini di grandezza dei valori Jmax oltre i quali, alle varie frequenze, le sensazioni acustiche sono così forti da dover essere considerate più come un dolore che come una sensazione, la curva che riunisce i corrispondenti punti rappresentativi è la soglia di dolore. Le due soglie accennano a incontrarsi in corrispondenza alle frequenze di circa 15 hertz e di circa 27.000 hertz, che costituiscono i limiti delle frequenze udibili; tutti i punti dell'area compresa fra le due soglie (area udibile) individuano suoni che l'orecchio può udire (e viceversa, ogni suono semplice udibile è rappresentato da un punto della stessa area).
Ogni suono udibile produce all'orecchio una sensazione di determinata intensità, la quale dipende sia dall'intensità energetica del suono in questione, sia dalla sua frequenza. Ammesso (principio di Weber; legge psico-fisica di Fechner) che l'intensità della sensazione auditiva sia, almeno entro certi limiti, proporzionale al logaritmo della intensità energetica (J), Fletcher ha proposto di esprimere l'intensità (S) della sensazione con la relazione S = 10 log10 J/J0, essendo J0 il valore di soglia corrispondente alla frequenza del suono; le unità in cui S viene espresso hanno il nome di decibel (db.). A tutti i punti della soglia di udibilità corrisponde perciò S = 0 db; ai punti della soglia di dolore corrispondono invece valori S che variano con la frequenza. Ragioni pratiche consigliano di rappresentare negli audiogrammi la scala delle S assumendo uno zero convenzionale (fig. 1), che corrisponde, per tutte le frequenze, a Δp = 1 bar. In questo caso, la S per un qualunque punto dell'area udibile si ottiene facendo la differenza fra la lettura in db. per quel punto, e la lettura analoga per il punto, della soglia di udibilità, corrispondente alla stessa frequenza.
La scala di Fletcher presenta però l'inconveniente che le S relative a due suoni di frequenza differente risultano sempre eguali tutte le volte che per i due suoni siano eguali i rapporti J/J0; il che va sufficientemente d'accordo col giudizio dell'orecchio finché le frequenze siano comprese fra circa 500 e 5000 hertz, ma non per frequenze maggiori o minori. È stato perciò necessario completare la scala di Fletcher come segue, anche in relazione alla necessità di considerare suoni complessi e rumori. Scelta una frequenza di riferimento, che è quella di 1000 hertz, si ammette che per i suoni semplici di questa frequenza le intensità S delle sensazioni prodotte siano senz'altro quelle che risultano dall'applicazione della relazione di Fletcher. Ma per ogni altro suono M, di frequenza differente (anche suoni complessi o rumori), lo si confronta sperimentalmente (lasciando da parte la relazione di Fletcher) con tutta una serie di suoni di frequenza 1000 e di varia intensità, sino a trovare quello che l'orecchio giudica di intensità equivalente a quella del suono M; e per misura di quest'ultimo si assume appunto il numero S corrispondente al suono equivalente di frequenza 1000. I numeri così trovati vengono da taluni (p. es., in America) ancora espressi impropriamente in decibel, specificando però che si tratta di db. equivalenti, o di db. di livello di sensazione, per non confonderli con quelli che avrebbe dato l'applicazione pura e semplice della relazione di Fletcher; ma va diffondendosi l'uso, più corretto, di chiamare diversamente, col nome di phon, la nuova unità. Per quello che si è detto, la scala dei db. e quella dei phon coincidono per definizione alla frequenza di 1000 hertz; coincidono approssimativamente fra circa 500 e 5000 hertz; ma sono diverse alle altre frequenze (così, per un suono di 100 hertz, con J = 10-2 micrW cmq., rappresentato dal punto A della fig. 1, la relazione di Fetcher darebbe il valore di circa 42 decibel, mentre col procedimento di confronto di cui sopra si ottiene il valore di circa 75 phon). Nella scala dei phon, di cui è chiaro l'importante significato pratico, a tutti i punti della soglia di udibilità corrisponde il valore comune di 0 phon; e a tutti quelli della soglia di dolore il valore comune di circa 120 phon. I. La fig. 1 contiene anche le curve corrispondenti ai valori intermedî delle sensazioni auditive.
Gli strumenti portatili per la determinazione delle intensità, benché di varia forma, sono generalmente costituiti da un adatto microfono, collegato con un galvanometro attraverso un sistema di circuiti contenenti dei tubi termoionici, per l'amplificazione e l'eientuale raddrizzamento delle correnti di tipo telefonico prodotte dai suoni e dai rumori da misurare. Le proprietà del microfono e dei circuiti di collegamento debbono essere tali che le indicazioni del galvanometro, pur dipendendo dall'intensità energetica e dalla frequenza, riescano essenzialmente funzione, in definitiva, della intensità in phon da misurare (talvolta, tabelle di taratura per le varie frequenze permettono un'ulteriore correzione dei risultati); sicché, il galvanometro viene graduato addirittura in phon (chiamati tuttora decibel in alcuni apparecchi di costruzione americana), o, talvolta, in bar; nel quale ultimo caso l'audiogramma normale, con le sue varie scale di ordinate, permette ogni conversione di misura.
Da un gran numero di misure risulta che un ambiente può dirsi sufficientemente tranquillo per tutte le esigenze usuali quando i massimi istantanei di rumore solo di rado raggiungano i 25 ÷ 30 phon, rimanendo generalmente il rumore, per la maggior parte del tempo, al disotto di 15 ÷ 20 phon; che la tranquillità rimane ancora discreta quando questi massimi si spingano fin verso 35 phon; che il rumore prodotto dal passaggio di un'automobile a una decina di metri di distanza varia, col tipo di macchina e le condizioni di marcia (sempre, però, a scappamento chiuso), dai 45 ai 65 phon; che la conversazione normale, fra persone distanti circa 1 metro, corrisponde a 55 ÷ 65 phon; che in una sala ove lavorino molte macchine da scrivere, o da calcolare, di tipo usuale, il rumore è dell'ordine dei 65 ÷ 70 phon, e scende intorno ai 50 phon se si tratti di macchina di tipo "silenzioso"; che il rumore medio del traffico stradale urbano, per chi si trovi nella via, varia usualmente dai 40 phon nelle strade tranquille ai 70 ÷ 75 phon nelle arterie a traffico intenso; che il rumore nell'interno dei vagoni ferroviarî varia, con le condizioni dell'armamento e del materiale, la velocità, e a seconda che si tratti di marcia all'aperto o in galleria, e che le finestre siano chiuse o aperte, fra circa 55 e circa 90 phon; che il rumore prodotto dal motore e dell'elica di un aeroplano corrisponde, a tre o quattro metri di distanza, a circa 110 phon (in cabina chiusa è ovviamente minore); e così via.
Soppressione o attenuazione delle cause di rumore. - Le cause di rumore sono molto varie, specie nei grandi centri urbani, e d'importanza singola assai variabile con i luoghi e i tempi. Le più importanti, oggi, sono connesse: 1. col funzionamento dei varî mezzi di trasporto; 2. con i lavori che si compiono nelle vie, con le costruzioni e riparazioni edilizie; 3. con l'esercizio delle varie forme di commercio; 4. con l'esercizio delle industrie. Ogni categoria di cause va ulteriormente e necessariamente suddivisa, in uno studio approfondito, per separare fenomeni diversi e che richiedono provvedimenti di differente natura. A titolo d'esempio, nella prima categoria, di grande importanza nei centri urbani, si possono ancora distinguere i rumori: derivanti dagli organi propulsori dei mezzi di trasporto (ad es., motori a scoppio delle automobili, motori a scoppio ed eliche degli aeroplani, motori elettrici dei veicoli tramviarî, degli ascensori e dei montacarichi, e così via); connessi col funzionamento degli altri organi e con le particolarità costruttive dei veicoli; derivanti dallo spostamento dei veicoli rispetto al suolo; connessi con le necessità della circolazione e del traffico stradale (segnalazioni acustiche, e così via); e analogamente per le categorie rimanenti.
Sulle cause dei rumori, dal punto di vista della quiete dei centri urbani, si può agire seguendo tre vie che si completano: a) soppressione o allontanamento dai centri abitati, quando sia possibile, di alcune delle cause dei disturbi acustici; e, quando questo risulti impossibile, b) limitazione delle ore e dei luoghi nei quali i disturbi sono tollerati, c) adozione di cautele atte a ridurre l'entità dei disturbi stessi. I provvedimenti a) e b) dovrebbero essere sistematicamente applicati, sia pure gradualmente, a tutto ciò che non fosse veramente richiesto dalle necessità della vita nei centri abitati; negli altri casi, dovrebbero intervenire le cautele di cui alla lettera c), cautele la cui tecnica va continuamente progredendo. Spesso, del resto, è l'abuso, o l'uso trascurato o il forzamento delle caratteristiche di determinati apparecchi o facoltà, oppure l'impiego di mezzi imperfetti, che accentua i rumori e li rende veramente disturbanti; e allora il raggiungimento di risultati tangibili si presenta facile, ove alle prescrizioni che fosse possibile emettere, in materia, da parte degli enti competenti, si unisca la volenterosa collaborazione del pubblico.
Presso i costruttori di meccanismi, in genere, sta accentuandosi - e andrebbe energicamente incoraggiato e spinto - l'interesse per ottenere una produzione che agli altri requisiti unisca anche quello della relativa silenziosità. Poiché ogni costruzione è un compromesso, spesso difficile, fra esigenze contrastanti d'ogni genere, non può sorprendere che i costruttori evitino di considerare ulteriori esigenze sino a quando esse non vengano imposte da disposizioni generali, o dalla loro accresciuta importanza commerciale. Ad ogni modo, risultati molto promettenti sono stati già ottenuti, dal campo delle macchine da scrivere e da calcolare a quello delle vetture tramviarie "silenziose", le quali avrebbero fatto di recente, sembra, la loro prima comparsa negli Stati Uniti; e i progressi in materia saranno verosimilmente tanto più rapidi quanto più diventerà largo, sistematico e tenace quell'interessamento degli enti pubblici e dell'opinione pubblica che in Italia, ad es., ha già dato tangibili frutti nella questione dell'abuso delle segnalazioni acustiche degli autoveicoli.
Isolamento acustico. - Le difficoltà dell'isolamento acustico dipendono principalmente:
1. dal fatto che, data la dipendenza pressoché logaritmica dell'intensità delle sensazioni dalle grandezze energetiche che misurano il suono o il rumore, occorre una grandissima diminuzione di queste ultime per raggiungere risultati ben apprezzabili. Così, se si trattasse di un suono di 300 hertz che desse luogo, in un ambiente, a una sensazione di 65 phon (fig. 1, punto B), e si volesse ridurre quest'ultima sino a 25 phon (punto C), si trova che (essendo nei due casi, rispettivamente, circa 6,2 • 10-4 e 4,1 • 10-7 micrWatt/cmq. i valori dell'intensità energetica) bisognerebbe ridurre a circa un millecinquecentesimo la quantità d'energia sonora che penetra nell'ambiente;
2. dalla molteplicità delle vie per le quali i disturbi acustici possono propagarsi, e dalla conseguente necessità di ostacolarle tutte.
È opportuno distinguere, benché non sempre la distinzione sia netta, il caso dei disturbi acustici aventi origine e propagantisi essenzialmente attraverso l'aria (come la maggior parte dei rumori e suoni provenienti dal traffico stradale, dal canto, dagli strumenti musicali, e così via) dal caso dei disturbi che si propagano prevalentemente attraverso le strutture degli edifici, ciò che avviene quando le strutture siano in diretto contatto con la sorgente sonora (rumori e vibrazioni dovuti ai motori, alle macchine, agli ascensori, a taluni strumenti musicali, talvolta anche al traffico stradale, ecc.). La complessità della questione è però tale che qui dovrà bastare qualche cenno, rinviando alle pubblicazioni speciali, per una trattazione più ampia, e specialmente per i particolari costruttivi e di realizzazione.
Nel primo caso, è inutile pensare a un'attenuazione apprezzabile del rumore se non si possa anzitutto chiudere ogni comunicazione libera importante (come quella che avrebbe luogo, ad es., attraverso finestre e porte aperte) fra l'ambiente ove hanno origine i rumori e quello che si vuole isolare; e quando una comunicazione dovesse necessariamente sussistere in modo continuo (p. es., per i bisogni della ventilazione, od altro), bisognerà renderla indiretta, attraverso adatti canali aventi parte della superficie interna ricoperta con materiali assorbenti per il suono (v. acustica), oppure, nei casi difficili, interrotti da silenziatori (o trappole acustiche), i quali sono essenzialmente degli allargamenti del condotto nei quali un giuoco di tramezzi costringe l'aria a venire in contatto intimo con larghe superficie assorbenti (questi silenziatori possono servire anche a smorzare il rumore dei ventilatori adoperati per mettere l'aria in moto). Ma la chiusura delle comunicazioni dirette non basta, perché quando l'energia sonora contenuta nell'aria incontra una parete solida, essa può attraversarla per tre cause indipendenti: a) secondo le leggi che regolano la propagazione dell'energia sonora nei mezzi adiacenti (aria, parete, aria); b) per effetto dell'energia incidente, l'intera parete può assumere delle vibrazioni d'insieme (come una grossa membrana telefonica) e i suoi movimenti, per quanto di ampiezza impercettibile, bastano per mettere in vibrazione l'aria che si trova dall'altro lato della parete; c) se la parete presenta delle discontinuità, anche minime (fessure, fori, porosità), parte dell'energia sonora attraversa la parete per il tramite dell'aria contenuta in queste discontinuità. La causa a) ha modesta importanza nei problemi usuali d'isolamento perche la grande differenza fra la resistenza acustica (r. a. di un mezzo è il prodotto della sua densità per la velocità di propagazione, in quel mezzo, del suono) dell'aria (circa 42, in unità c. g. s., in condizioni ordinarie) e quelle dei corpi solidi (circa 12.000 per il sughero, da 50.000 a 400.000 per le varie qualità di legno, da 500.000 a 800.000 per le varie qualità di mattoni e materiali analoghi, intorno a 1 milione per le pietre da taglio, circa 1,3 milioni per il vetro e l'alluminio, circa 4 milioni per il ferro, ecc.) rende minima la quantità di energia che riesce, per questa causa, a passare dall'aria nei corpi solidi.
L'entità della causa c) dipende ovviamente dalla natura e spessore della parete e dal modo come è costruita; nei punti deboli, porte e finestre, è assai importante l'accuratezza della costruzione - meglio ancora, anche nei riguardi della causa b), l'adozione di porte e finestre doppie -. Quanto alla causa b), se si tratta di pareti di materiale compatto, di proprietà elastiche apprezzabili (come è desiderabile dal punto di vista costruttivo), l'attitudine a trasmettere, per vibrazioni d'insieme, l'energia sonora dipende essenzialmente dal peso per unità di superficie (cioè, dallo spessore e dalla densità) e diminuisce col crescere del peso. Diminuisce altresì (specie per le pareti leggiere) con ogni provvedimento che ostacoli la vibrazione d'insieme (pareti formate di due o più strati, separati il più completamente possibile da aria o da materiale leggiero incoerente; gl'inevitabili appoggi e collegamenti vanno ridotti al minimo e fatti con materiali non elastici; cioè, ad es., atti a resistere a sollecitazioni di pressione, ma non di tensione; di questi materiali se ne hanno di varî tipi). Tutte le pareti dell'ambiente, comprese porte e finestre, vanno curate con questo criterio.
La definizione quantitativa delle proprietà isolanti d'una parete è pittosto difficile e complicata. Si considera spesso il coefficiente di riduzione acustica, r, definito (in poche parole) come il rapporto fra l'intensità energetica del disturbo subito dopo la parete e la intensità subito prima, dato che il disturbo non abbia altre vie per attraversare o girare la parete, e tenuto il debito conto degli effetti di riflessione multipla che possano avvenire dalle due parti. Nei casi ordinarî, l'ordine di grandezza di r dovrebbe essere generalmente inferiore a un millesimo per tutte le pareti che limitano l'ambiente da isolare. L'esperienza mostra che r varia notevolmente con la frequenza (ad es., per frequenze di 125-500 e 2000 hertz e per una parete di vetro dello spessore di 3 mm., r ha rispettivamente i valori 0,02-0,007 e 0,004; per una parete formata da uno strato d'intonaco usuale dello spessore di 4 cm., su lamiera stirata, r ha i valori 0,005, 0,004, 0,001, ecc.); d'ordinario, i valori di r si riferiscono alle frequenze prossime a 500 hertz. Si cita, a titolo d'orientamento, che per pareti di muratura (mattoni pieni), dello spessore di cm. 5, 10, 15, 30, il coefficiente r ha rispettivamente i valori 0,0015, o,00025, 0,0001, 0,000015; che per una finestra di m. 2 × 0,80, con intelaiatura in legno, e lastre di vetro di circa mm. 3, si ha r = 0,012 ÷ 0,007, a seconda dell'accuratezza della costruzione, e che valori di r un po' minori si hanno per una porta di legno delle stesse dimensioni, del tipo usuale a pannelli; che, invece, per una porta della stessa grandezza, in legno, formata da due strati, separati da un'intercapedine d'aria di cm. 2 (ben costruita, con legname senza fessure; collegamenti fra i due strati fatti con l'impiego di materiali non elastici), spessore complessivo circa cm. 5,5, si scende fin verso r = 0,002, ecc.
Le differenze fra i valori di r per le pareti in muratura e quelli per le porte e le finestre, e l'accennata opportunità che r abbia valori dello stesso ordine per tutte le pareti che limitano l'ambiente da isolare, suggerisce l'impiego di finestre e porte doppie. Per una finestra doppia ben costruita, di dimensioni normali, r può scendere fin verso 0,0002 (poco più del prodotto dei due r relativi a ciascuna delle finestre componenti), e per una porta doppia, con 10 ÷ 15 cm. di intervallo, si ha r = 0,0001 ÷ 0,00001, a seconda della costruzione.
Nei casi in cui il rumore da attenuare sia molto intenso, o l'ambiente abbia particolari esigenze di quiete (cabine telefoniche, auditorî per radiodiffusioni, ecc.), si ricorre a strutture ancora più complesse, non solo per le porte e le finestre, ma anche per i muri (per particolari al riguardo, si veggano le opere speciali); il che torna assai utile anche nei riguardi dell'altro scopo di ostacolare la propagazione dei rumori attraverso le strutture stesse degli edifici. Per ottenere l'intento, difatti, il provvedimento più efficace, quando sia identificabile la causa del disturbo, è quello di interporre, fra la struttura dell'edificio e l'organo disturbante, degli strati di quei materiali poco elastici (si tratta generalmente di agglomerati) di cui si è ricordata già l'esistenza. Così, i motori (di ascensori, ventilatori, ecc.) vanno poggiati su strati di materiale smorzante e i relativi blocchi di fondazione vanno separati dalle fondazioni dell'edificio; gli strumenti e le macchine rumorose vanno montate su appoggi, o munite di piedi, fatti di materiali poco elastici; il rumore dei passi è minore, ed è trasmesso meno, se (quando non vogliano impiegarsi tappeti) i pavimenti siano di materiale tipo linoleum, gomma indurita e simili. È anche utile l'interposizione d'una camera d'aria fra i soffitti propriamente detti e la parete inferiore dei pavimenti soprastanti, cercando che il collegamento fra le due strutture sia fatto il più possibile con materiali poco elastici. Quando però questi provvedimenti non siano possibili, e l'energia sonora e le vibrazioni siano entrate, per così dire, nelle strutture dell'edificio, l'ostacolamento della propagazione diventa difficile, perche le esigenze di solidità della costruzione poco si conciliano con la necessità di interrompere le strutture con strati di materiali poco elastici. L'ideale, da tutti i punti di vista, specie nei casi di intenso rumore esterno o di grandi esigenze da soddisfare, sarebbe quello di separare la funzione statica delle pareti da quella di smorzamento e di isolamento acustico, rivestendo internamente, ad es., gli ambienti che interessano con pareti leggiere, separate dalla struttura principale da intercapedine di aria, e collegate a questa struttura il meno possibile, e solo attraverso materiali poco elastici. La costruzione riuscirebbe inevitabilmente più costosa, ma potrebbe consentire la piena utilizzazione di ambienti che sarebbero altrimenti quasi inservibili, e presenterebbe vantaggi complementari non indifferenti. fra i quali quello di un maggiore isolamento termico.
Bibl.: H. F. Olson e F. Massa, Applied Acoustics, Philadelphia 1934; A. H. Davis e G. W. C. Kaye, Acoustics of Buildings, Londra 1927; C. W. Glover, Acustics for the Constructor, Londra 1933; F. R. Watson, Sound-proof partition, (Illinois Bull., n. 127), Illinois 1922; E. A. Eckhardt e V. L. Chrisler, Transmission and absorption of Sound (Bur. of Stand., n. 526), Washington 1926; Noise Abatement Commission (New York), City Noise, 1930; Handbuch der Physik, VIII (Akustik), Berlino 1927; F. Trendelemburg, Klänge und Geräusche, Lipsia 1934; K. W. Wagner, Das Lärmproblem von Standpunkt des Ingenieurs (H. Hertz Institut), Berlino 1933; G. Hofbauer-F. Benz, Der Schallschutz von Wande, in Zeitschr. öst. Ing. Ark Ver. (1934), p. 51-58; H. Reiher, Schallschutz durch Bau-Konstruktionsteile, Monaco 1932; U. Bordoni, Elementi di acustica architettonica, Roma 1935; C. Marchesi Cappai, Acustica nell'architettura, Milano 1935; D. Faggiani, Trasmissione del suono (R. Ist. Lombardo Sc. e Lett.), Milano 1933-1934; U. Bordoni, I rumori nelle città, in Sapere, I (1935), p. 215-19; U. Bordoni e A. Mercanti, Rumori stradali e provvedimenti per diminuirli (1932); Rumori ambientali della strada, rumori propri del traffico e provvedimenti per diminuirli (R. Automobile Club d'Italia), Roma 1932-33; Handbuch der Experimentalphysik, XVII, iii, Lipsia 1934.