ATMOSFERA
(V, p. 229; App. I, p. 182; II, I, p. 304; III, I, p. 167)
Oltre che al naturale progresso delle conoscenze conseguente al continuo affinarsi e moltiplicarsi dei mezzi di osservazione, particolare rilievo, tra le recenti acquisizioni della fisica dell'a. terrestre, va dato alla precisazione della forma, della struttura generale e della natura stessa di quello che tradizionalmente è definito come ''l'involucro gassoso che circonda la Terra e partecipa ai suoi moti di rivoluzione intorno al Sole e di traslazione col Sistema Solare''.
Evoluzione delle nozioni su forma e dimensioni dell'atmosfera. − La precisazione della ''forma'' e delle ''dimensioni'' dell'a. è essenzialmente relativa alla definizione del limite superiore dell'a., cioè della quota alla quale l'a. medesima sfuma nel circostante spazio interplanetario del Sistema Solare.
Per tutto il periodo di tempo in cui le nozioni sulla Terra in generale e sulla sua a. in particolare furono di carattere fenomenologico-descrittivo, cioè all'incirca sino alla fine del secolo 19°, il criterio con cui definire tale limite fu di carattere meramente osservativo: si ammetteva implicitamente che il confine dell'a. coincidesse con la quota dei più ''alti'' fra i fenomeni atmosferici osservati, come tali intendendosi fenomeni che avvenissero nell'a. e che seguissero chiaramente la rotazione terrestre. Così, com'è sinteticamente mostrato nella fig. 1, in progresso di tempo tale quota limite crebbe dai pochi km delle quote delle nubi, nell'epoca classica, medievale e moderna, alle decine di km della quota a cui apparivano certi fenomeni luminosi dell'alta a., e poi, nell'Ottocento avanzato, ai circa 1000 km delle frange più alte delle aurore polari.
A questa epoca, l'appena formulata teoria cinetica dei gas consentì di formulare in termini quantitativi l'anzidetto collegamento tra i fenomeni atmosferici e la rotazione terrestre, cioè consentì di precisare il controllo esercitato dalla Terra, attraverso il suo campo gravitazionale, sulle molecole dei gas atmosferici, protagoniste dei fenomeni medesimi. Il limite dell'a. fu quindi innalzato alla quota di circa 2500 km, alla quale le azioni gravitazionali terrestri cessano di prevalere sulle forze inerziali per agitazione termica delle molecole atmosferiche, le quali ultime si pensava che da quel punto in poi non fossero più controllate dal pianeta Terra.
Tuttavia, le teorie che furono proprio allora avanzate per spiegare le aurore polari e, più in generale, le conoscenze acquisite nel frattempo sulla fisica dei gas rarefatti misero presto in evidenza come a queste alte quote, e ancor più a quote maggiori, le molecole atmosferiche fossero in larga parte ionizzate. Ciò indusse a tenere conto, oltre che delle azioni di massa, anche di azioni elettrodinamiche, ben più intense di quelle; in conseguenza, il ruolo di ''campo di controllo'' delle molecole elettricamente cariche dei gas atmosferici alle alte quote passò dal campo gravitazionale terrestre al campo magnetico terrestre. Quest'ultimo era allora sostanzialmente identificato con il cosiddetto campo geomagnetico di Gauss, cioè con il campo che sarebbe generato da un dipolo magnetico nel centro della Terra, con asse quasi coincidente con l'asse terrestre (v. magnetismo: Magnetismo terrestre, XXI, p. 928): tenendo conto dell'energia potenziale in tale campo, anziché di quella gravitazionale, delle molecole ionizzate in agitazione termica, risulta per l'a., come mostra la fig. 2, un confine situabile all'incirca fra 10 e 20 raggi terrestri (circa fra 64.000 e 128.000 km) e un forma simmetrica rispetto all'asse del predetto campo dipolare (che attualmente è inclinato di circa 11° rispetto all'asse terrestre), con la dimensione maggiore secondo tale asse.
Questa concezione dell'a. come involucro aeriforme circumterrestre, le cui particelle alle alte quote sono controllate dalla Terra ''geomagneticamente'' (in quanto ionizzate), è tuttora valida, salvo l'estremamente diversa struttura che si assegna oggi al campo magnetico terrestre ad alta quota, dopo le acquisizioni ottenute in tale settore, all'incirca a partire dal 1958, con misurazioni effettuate mediante strumenti a bordo di satelliti artificiali terrestri e di sonde spaziali. È stato accertato che la corona solare esterna − nella quale si trova la Terra, come del resto l'intero Sistema Solare − è pervasa da flussi di particelle cariche veloci (protoni ed elettroni) emesse dal Sole; questo cosiddetto ''vento solare'' interagisce col campo magnetico terrestre e lo deforma profondamente (v. sole, in App. IV, iii, p. 367).
Il limite superiore dell'a. va spostato alla magnetopausa, superficie luogo dei punti ove il campo magnetico terrestre cessa di esistere come tale e sfuma nel circostante campo magnetico interplanetario. L'alta a. terrestre viene dunque a coincidere con la magnetosfera terrestre, struttura la cui forma ricorda grosso modo quella di una cometa caudata, con dimensioni di circa 10 per 200 raggi terrestri, cioè di circa 64.000 km per 1,3 milioni di km (fig. 3). Al di là della magnetopausa le particelle, anche se di origine extraterrestre, non sono più controllate dalla Terra e quindi non appartengono alla sua a., mentre all'interno della magnetopausa le particelle, anche se di origine extraterrestre, sono controllate dalla Terra (gravitazionalmente per le particelle neutre delle basse quote ed elettrodinamicamente per le particelle elettricamente cariche delle alte quote) e costituiscono la sua atmosfera.
Struttura generale dell'atmosfera e partizione in zone. − La fig. 4 illustra, in estrema sintesi sulla base di risultati recenti, la distribuzione con la quota delle principali specie di molecole neutre e ioniche nell'a. terrestre, nonché la denominazione e l'intervallo di quote delle principali fra le varie zone in cui si usa attualmente dividere l'a. medesima e, ancora, alcune altre indicazioni.
Relativamente alla ripartizione in zone, è tuttora utile, e perciò è largamente seguita, quella che fa riferimento all'andamento della temperatura e porta a definire in successione di quota, com'è ben noto, la troposfera (tra 0 e circa 13 km, con gradiente termico verticale negativo), la stratosfera (da circa 13 a 50 km, gradiente termico positivo), la mesosfera (50÷80 km, gradiente termico negativo), la termosfera (80÷500 km, gradiente termico positivo) e l'esosfera (oltre 500 km, gradiente termico irrilevante), con le relative superfici di separazione (tropopausa a circa 13 km, stratopausa a 50 km, mesopausa a 80 km, termopausa a 500 km, e infine la magnetopausa).
È peraltro da rilevare che mentre nel passato si riteneva che fenomeni dinamici (venti, correnti, turbolenze, moti ondosi) fossero caratteristici della sola troposfera (che a ciò doveva il suo nome), attualmente si sa che la zona turbolenta (turbosfera) s'estende ben oltre la troposfera: se, come per varie regioni conviene fare, ci si riferisce alle predette e ormai tradizionali ''zone termiche'', della turbosfera dovrebbero fare parte, oltre alla troposfera, sicuramente la stratosfera (in ciò contraddicendo il suo nome) e, secondo alcuni, anche la mesosfera e la parte inferiore della termosfera. Il rimescolamento dovuto alla turbolenza fa sì che la composizione della turbosfera non dipenda molto dalla quota: di qui la denominazione di omosfera data alla turbosfera e di eterosfera data all'a. sovrastante, nella quale la legge esponenziale di dipendenza della densità particellare della massa molecolare determina una sorta di diffusione selettiva verso le alte quote delle specie molecolari e ioniche più leggere.
Altre denominazioni particolari fanno poi riferimento alla specie molecolare o ionica prevalente o comunque per qualche verso importante: così, nella bassa a. si parla di ozonosfera per indicare l'intervallo di quote, intorno a 30 km, nel quale l'ossigeno molecolare biatomico si trasforma in ozono a seguito di assorbimento di fotoni ultravioletti della radiazione solare, mentre nell'alta a. si parla di eliosfera per la regione fra circa 500 e circa 1500 km di quota, ove l'elio è la specie molecolare prevalente, e di protonosfera per la regione al di sopra di circa 1500 km, ove prevalgono gli ioni H+. Non va peraltro dimenticato che, a parte le zone termiche, le quali hanno una definizione unanimemente accettata e abbastanza precisa, le altre zone precedentemente ricordate e quelle che saranno ricordate fra poco hanno definizione ed estensione non unanimemente definite.
Nella fig. 4 è d'immediata evidenza il fatto che le particelle elettricamente cariche (ioni positivi e negativi, ed elettroni liberi) sono una componente trascurabile sino alla stratopausa e che al di sopra della termopausa si hanno solo particelle cariche. Ciò significa, in termini schematici, che la disciplina fisica appropriata per i fenomeni dinamici atmosferici sino alla stratopausa (in quella che si può chiamare a. neutra propriamente detta) è, oltre alla chimica fisica molecolare, la fluidodinamica, mentre al di sopra della termopausa (nella magnetosfera propriamente detta) la disciplina appropriata è quella particolare versione dell'elettromagnetismo che si chiama magnetofluidodinamica (v. in questa App.). La regione intermedia tra la stratopausa e la termopausa, che può identificarsi con la ionosfera, è costituita da un plasma di particelle cariche immerso in una ben più densa a. neutra (alla quota del massimo di ionizzazione, a circa 300 km, ci sono ancora circa 1000 molecole neutre per ogni elettrone o ione): per la descrizione dei fenomeni occorrono, insieme, la fluidodinamica e la magnetofluidodinamica, in non semplice interazione. Ciò costituisce una difficoltà peculiare della fisica ionosferica, che s'è rivelata appieno soltanto in tempi assai recenti. La ionosfera viene poi correntemente suddivisa in ionosfera inferiore e ionosfera superiore, con riferimento alla predetta quota (circa 300 km) ove si ha la massima densità particellare di ioni ed elettroni, e in regioni e/o strati (denominati E, F, F1, F2).
L'estensione dell'a. terrestre a una zona di spazio, la magnetosfera, abbastanza ampia in sé e comunque molto più estesa di quanto si ammetteva soltanto una trentina di anni fa, ha evidentemente una grande importanza teorica. Dal punto di vista pratico è comunque da ricordare che tutti, o quasi tutti, i fenomeni atmosferici aventi una qualche rilevanza per l'uomo e il suo ambiente vitale si svolgono nella bassa, per non dire bassissima a.: infatti, basterà ricordare che circa il 99,9%, come dire la quasi totalità, dell'intera massa dei gas atmosferici si trova al di sotto della stratopausa e ben l'80% circa si trova nella troposfera.
Ricapitolando quanto detto sinora, l'attuale partizione di massima dell'a. può essere così schematizzata:
a) bassa a.: comprendente la troposfera e la stratosfera, e quindi dal suolo ai 50 km della stratopausa; si tratta di un corpo atmosferico sostanzialmente neutro, studiato dalla meteorologia con i metodi della fluidodinamica relativamente ai fenomeni dinamici influenzati dalle particolarità fisiche della superficie terrestre e dall'aerologia con i metodi della gasdinamica per i fenomeni delle quote relativamente alte (convenzionalmente, i fenomeni della stratosfera); alle alte quote aerologiche hanno rilevanza anche fenomeni chimico-fisici, e specialmente fenomeni fotochimici;
b) media a.: coincidente con la mesosfera, e quindi all'incirca fra 50 e 80 km di quota; si tratta ancora di un corpo atmosferico sostanzialmente neutro, come la sottostante stratosfera, rispetto alla quale peraltro hanno più spiccata rilevanza gli anzidetti fenomeni fotochimici, insieme a peculiari fenomeni di diffusione materiale;
c) alta a.: al di sopra degli 80 km della mesopausa e quindi comprendente, in termini di zone termiche, la termosfera e l'esosfera e, in termini di zone ''elettromagnetiche'', la ionosfera (50÷500 km) e la parte estrema della magnetosfera (oltre 500 km); si tratta di un magnetoplasma poco denso e non caldo, nel quale i fenomeni di spicco sono quelli relativi alla produzione, scomparsa e diffusione di ioni ed elettroni liberi e quelli, magnetofluidodinamici, d'interazione del plasma col campo geomagnetico; nella ionosfera hanno rilevanza anche fenomeni, fluidodinamici, d'interazione delle particelle del plasma con le molecole della (relativamente) densa a. neutra circostante.
Una questione che ha dato luogo a interessanti discussioni riguarda l'uso del termine magnetosfera. Come è stato precisato precedentemente, a rigore la magnetosfera s'identifica con l'intera a.; in pratica, peraltro, si preferisce riservare tale termine per quella che poco sopra abbiamo chiamato ''magnetosfera propriamente detta'' e ''parte estrema della magnetosfera'', vale a dire per l'alta a. al di sopra della ionosfera (quote maggiori di 500 km). Una soddisfacente definizione per questa ''magnetosfera'' potrebbe essere la seguente: ''la parte dell'alta a. delimitata inferiormente dalla superficie isobara (ionopausa) alla quale la densità particellare dell'a. neutra è sufficientemente grande da far acquistare importanza elettrodinamica alle collisioni fra ioni (ed elettroni) e molecole neutre''. Tale superficie non si discosta molto dalla termopausa, e conviene quindi identificarla convenzionalmente con essa.
Attuali linee aeronomiche della fisica dell'atmosfera. − Dalle discussioni che hanno portato alla sistemazione della terminologia delle scienze atmosferiche, di cui s'è dato conto nel paragrafo pre cedente, è derivata anche una precisazione della natura e del ruo lo dell'aeronomia.
Sino a qualche anno fa tale parte della geofisica veniva intesa, abbastanza estensivamente e acriticamente, come lo studio delle leggi dei fenomeni atmosferici sopra circa 30 km di quota (v. aeronomia, in App. IV, i, p. 43), e quindi identificabile accettabilmente con la fisica della media e alta a., come queste zone sono state definite sopra. Orbene, è certamente da evitare di pensare a tale disciplina nel contesto letterale di questa sua prima definizione. Infatti, a seguito della detta estensione ''magnetosferica'' dell'a., ne risulterebbe un corpo di dottrina troppo vasto e disaggregato, sia per la presenza (inevitabile e ben accettabile) di importanti questioni di natura chimica accanto a questioni strettamente fisiche, sia per il dualismo (evitabile, peraltro) tra il modo di vedere della meccanica dei continui e quello dell'elettromagnetismo. Una ragionevole soluzione appare oggi quella, accennata precedentemente nel commentare la partizione dell'a. in zone, di determinare queste ultime anche in rapporto alla specifica disciplina principalmente, se non esclusivamente, pertinente ai fenomeni che si svolgono in esse: si potrà quindi parlare di ''aeronomia dell'a. media'', e in particolare, per es., di ''aeronomia dell'ozonosfera'', con trattazione essenzialmente fluidodinamica, e poi di ''aeronomia della ionosfera'', e in particolare, per es., di ''aeronomia della regione ionosferica F'', con trattazione fluidodinamica e magnetofluidodinamica, e così via.
All'aeronomia ''in generale'', sgravata dallo studio dei fenomeni per così dire particolari, resta dunque lo studio delle questioni di fisica dell'a. ''in grande'', in cui ben appaiono le interrelazioni fra i corpi atmosferici che tradizionalmente venivano studiati separatamente. Così, viene molto naturale di qualificare come ''aeronomico'' lo studio di ogni fenomeno interattivo fra i tre grandi corpi atmosferici costituiti da tropo-stratosfera, ionosfera e magnetosfera, visti come componenti principali e ben differenziati del complesso sistema in cui s'è ormai configurata l'a. terrestre.
Quale tipico esempio di ricerca ''aeronomica'' in questo attuale significato si ricorda lo studio, iniziato piuttosto recentemente, di onde di gravità suscitate alle quote ionosferiche sia da precipitazioni di particelle cariche dalla sovrastante magnetosfera, sia da eccitazioni, di vario tipo, provenienti da fenomeni meteorologici, cioè dalla troposfera. Un altro significativo esempio è costituito dalla drastica modificazione che in pochi anni s'è avuta a proposito dei modelli analogici per rappresentare le proprietà elettriche dell'atmosfera.
I modelli che dominavano sino a non molti anni fa (fig. 5.1) erano basati sulle seguenti assunzioni: a) la bassa e la media a. costituiscono una cavità dielettrica imperfetta, limitata in basso dal suolo terracqueo e in alto dalla ionosfera, ambedue assunti come conduttori perfetti dell'elettricità; b) in tale cavità la debole conduttività elettrica cresce rapidamente con la quota, per cui la maggiore differenza verticale di potenziale elettrico (se si vuole, la maggiore intensità del campo elettrico) si ha alle basse quote, nella troposfera; c) tale differenza di potenziale è creata e mantenuta in regime quasi stazionario da un campo elettromotore rappresentante la pressoché continua attività temporalesca nella troposfera (si stima che scocchino nell'intera troposfera circa 1500 fulmini al secondo, che danno luogo a una corrente media con intensità di circa 1000 A). Si tratta di modelli statici, in cui all'alta a. è assegnato un ruolo interamente passivo e l'a. nel suo insieme non interagisce con l'esterno.
I modelli che sono stati introdotti negli ultimi anni, uno dei quali, rappresentativo di tutta la categoria, è schematizzato nella fig. 5.2, sono pro fondamente diversi. La loro caratteristica più importante è esattamente di carattere aeronomico, consistendo nella presa in considerazione di tutti i ri levanti fenomeni interattivi fra i corpi atmosferici: le interazioni di natura fluidodinamica del plasma ionosferico con l'a. neutra (le collisioni dissi pative fra ioni ed elettroni e molecole sono rappresentate mediante bipoli resistivi), il trasporto di quantità di moto dalla bassa a. alla ionosfera e fra questa e la magnetosfera (modellizzato con accoppiamenti circuitali diretti), gli apporti di energia dall'attività temporalesca, dall'attività magnetosferica e, quale interazione esterna al sistema, dal vento solare (mo dellizzati con altrettanti generatori di forza elettromotrice), e infine l'interazione con il suolo (modellizzata con bipoli resistivi).
È molto importante che, realisticamente, la conduttività dell'alta a. e del suolo sia assunta, a differenza dei modelli precedenti, di valore finito e anisotropa. Poiché, a differenza del ''generatore troposferico'', il ''generatore magnetosferico'' e il ''generatore solare'' introdotti nel modello producono una forza elettromotrice variabile nel tempo, i campi elettromagnetici associati a tale forza elettromotrice inducono correnti elettriche variabili nell'a. medesima, e precisamente nella bassa ionosfera, dove la conduttività atmosferica raggiunge il suo massimo valore; la frequenza di queste correnti, che determinano le variazioni del campo magnetico terrestre cosiddette esterne, è sufficientemente piccola perché il campo elettromagnetico ad esse associato possa penetrare sensibilmente nel suolo, dando luogo in quest'ultimo a correnti indotte, rilevabili attraverso variazioni del geomagnetismo di origine interna; le componenti di frequenza particolarmente bassa riescono a penetrare molto profondamente nella Terra, fino al suo nucleo interno. Si ha, come si vede, un complesso meccanismo di azione, reazione e controreazione elettromagnetica che coinvolge non soltanto l'intera a., ma l'intero pianeta.
È stato accertato che modelli di questo genere consentono di impostare e risolvere il problema di indurre informazioni di geologia superficiale, profonda e molto profonda a partire da misurazioni aeronomiche (magnetosferiche, ionosferiche e geomagnetiche). Appare verosimile che essi possano aprire altre strade di grande importanza pratica: per es., che essi possano portare alla spiegazione di fenomeni dell'alta a., attualmente ancora poco conosciuti, utilizzabili ai fini delle previsioni meteorologiche.
Bibl.: P.M. Banks, G.G. Kockarts, Aeronomy, New York 1973.