ATINOLFO
Originario forse dell'Italia meridionale (come farebbe presumere il suo nome), A. fu creato vescovo di Fiesole da Corrado II imperatore nel febbraio-marzo del 1038, durante la sua permanenza a Firenze. Egli succedeva sulla cattedra flesolana ad un altro vescovo di nomina imperiale, Iacopo il Bavaro, che era stato attivo sostenitore del movimento di riforma ed aveva avuto il merito di ricostituire il patrimonio della diocesi. A. dovette apparire, sin dall'inizio del suo pontificato, assai diverso dal suo predecessore; e non dovettero mancare contrasti alla sua attività, se nel luglio del 1039 egli figura come ancora non consacrato. Sempre fedele fautore della parte imperiale, nell'autunno del 1046 si recò in Lombardia presso Enrico III e partecipò al sinodo da questi tenuto a Pavia il 25 ottobre di quell'anno. Nel maggio del 1050, insieme con Gerardo vescovo di Firenze, fu presente al sinodo tenuto a Roma da Leone IX e ne sottoscrisse gli atti. Ma non sembra che egli condividesse appieno gli ideali della riforma religiosa, di cui il nuovo pontefice era ardente sostenitore, se aveva ritenuto giusto appropriarsi dei beni che il defunto lacopo aveva donato alla da poco fondata badia di S. Bartolomeo. Quando, nel luglio del 1050, Leone IX passò per Firenze, fu indotto, dalle proteste dei monaci riformatori di quell'abbazia, a recarsi a Fiesole per controllare di persona la veridicità delle loro affermazioni, e confermò loro tutti gli antichi possessi (15 luglio 1050). Meno di un anno dopo, nel giugno del 1051, A. stesso restituiva, con un solenne privilegio, alla badia di S. Bartolomeo i beni mal tolti, rinnovando, nella causale dell'atto, l'espressione della sua devozione non al pontefice, ma all'imperatore Corrado, "senior mei". Ma negli anni seguenti pare che egli, e altri con il suo permesso o la sua acquiescenza, abbiano ripreso a dilapidare i beni ecclesiastici della diocesi. Certo è che nel 1057, dopo la sua morte (l'ultima notizia che si abbia di lui è del luglio di quell'anno, quando partecipò a un sinodo tenuto in Arezzo da vescovi toscani alla presenza di Vittore II), Stefano IX, sollecitato dagli interessati, esortava il clero e il popolo di Fiesole a custodire i beni superstiti della diocesi e a recuperare quelli dispergi, e prometteva una sua prossima venuta nella città: promessa che la morte gli impedì poi di mantenere.
Fonti e Bibl.: Ph. Jaffé-S. Loewenfeld, Regesta pontificum Romanorum, I, Lipsiae 1885, nn. 4229, 4370, 4379; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, XVII,Venezia 1862, pp. 38-40; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliem..., Leipzig-Berlin 1913, pp. 205 s.; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze 1956, pp. 562, 263, 271, 275, 280, 305, 315.