ASTRAGALO
Osso situato alla giuntura della gamba e del piede dell'uomo, e negli arti posteriori dei quadrupedi. L'a. degli animali è stato utilizzato come oggetto da gioco da tempi molto remoti (per lo meno a partire dall'epoca calcolitica, in Asia Minore) fino a epoche recenti. A. sono stati rinvenuti nel Vicino Oriente, in Grecia e in Italia, negli abitati, all'interno di edifici pubblici, di santuari e di tombe; tali a. provengono per lo più da montoni e capre in Asia Minore, in Grecia e in Italia, da suini in Palestina.
La maggior parte degli a. risalenti all'antichità si presenta nel suo aspetto originario. Vi sono tuttavia esemplari, in una percentuale di 1/4 o di 1/5 a seconda della località, che hanno subito modifiche nella forma. Dall'epoca calcolitica, e durante tutta l'antichità, gli a. potevano essere forati in un senso o nell'altro oppure in entrambi i sensi - da canali a sezione circolare: più di frequente ve n'è uno solo, ma possono esservene anche due, tre o addirittura quattro. Numerosi esemplari mostrano una o più facce lisciate, il che non esclude che potessero essere anche perforati. Alcuni a. erano colorati di rosso vermiglio, altri erano dorati.
Vi sono due varietà che possono essere considerate più rare: gli a. piombati e gli a. iscritti. I primi si presentano in due forme: nell'una l'a. era reso parzialmente cavo e riempito di piombo, nell'altra il piombo veniva colato all'interno del condotto o dei condotti che lo attraversavano. A. piombati risalenti al II millennio a.C. sono stati rinvenuti a Alişar, a Boğazköy, a Ras Samra. Nel corso del I millennio se ne incontrano in tutto il mondo greco: a Sardi, a Delo, ad Atene, a Corinto, a Chora (Triphylia), a Tebe, nell'Antro Coricio (nelle vicinanze di Delfi), a Taranto. Una variante sembra essere peculiare a Locri: all'interno della stessa sepoltura sono stati riportati alla luce 14 a. rivestiti di placchette di piombo di forma circolare o rettangolare. Aristotele cita gli S μεμολιβδωμένοι άστράγαλοι, tra gli oggetti che, per via della differenza di peso delle loro diverse parti, non si spostano seguendo una traiettoria rettilinea (Probl, XV, 3, 913 a; XVI, 12, 915 b).
Alcuni a. grezzi, perforati o lisciati, recano delle lettere incise; più spesso è visibile una sola lettera, tuttavia si trovano anche le prime lettere di un nome o addirittura un nome intero. Si tratta in genere di nomi di divinità o di eroi: Zeus, Nike, Eros, Teti, Achille, Aiace, Eracle, Ettore, ecc. A. di questo tipo sono stati rinvenuti a Gordion, a Myrina, a Taman, a Delo, ad Amphissa, nell'Antro Coricio.
Ad ognuna delle quattro facce dell'a. era attribuito un valore numerico (1, 3, 4, 6). Le regole del gioco ed il numero di combinazioni possibili variavano a seconda del numero di a. che ogni giocatore lanciava. Giocare agli a. era detto άστραγαλίζειν. Questo gioco poteva aver luogo dovunque e in ogni circostanza: Alcibiade giocava per strada (Plut., Alc., 2, 192 d); si giocava in palestra, nel giorno in cui ricorreva la festa di Hermes; nella corte e nel vestibolo, dove gli a. erano posti all'interno di cestini e messi a disposizione dei bambini (Plat., Lys., 206e). Nell'arte greca e romana esistono rappresentazioni di bambini o giovani intenti a giocare con gli astragali. Si possono citare, p.es., una stele funeraria attica del IV sec. a.C. (attualmente al Museo di Bucarest), un pìnax marmoreo da Ercolano dipinto dall'ateniese Alexandros, una statuetta funeraria del II sec. d.C. (oggi nel Museo dei Conservatori, a Roma), numerose piccole sculture in marmo, bronzo, terracotta, d'epoca classica ed ellenistica. A Delfi, nella Lesche degli Cnidi, Polignoto dipinse le due figlie di Pandareos, nell'atto di giocare agli astragali. Plinio aveva visto nell'atrium di Tito un gruppo di astragalizontes, attribuito a uno scultore di nome Policleto. Si è inoltre supposto che una delle due figure femminili del rilievo di Farsalo, cosiddetto della «esaltazione del fiore» (al Louvre), porga all'altra un astragalo.
I bambini ne ricevevano in premio a scuola (Anth. Pal, VI, 308). Essi li consacravano agli dei al termine dell'infanzia o dell'adolescenza (Anth. Pal, VI, 309; IG, vii, 2420). A Epidauro, un infante offrì ad Asclepio dieci a. per la sua guarigione. Rinvenimenti di a. sono stati effettuati in numerosi santuari: in Palestina e in Fenicia (Taynat, Samaria, Megiddo, Biblo), in Siria (Zincirli), in Asia Minore (Artemìsion di Efeso), in Grecia (Santuari di Artemide Orthìa a Sparta, di Demetra e Kore a Corinto, di Hera a Perachora, di Asclepio a Lissos - Creta - di Pan e delle Ninfe all'Antro Coricio, nel Kabìrion di Tebe e nel Kabìrion di Samotracia), in Magna Grecia e in Sicilia (Heràion del Sele, Santuario della Malophòros a Selinunte). A. sono venuti alla luce anche in altri siti archeologici, sebbene non si possa capire se siano ex voto oppure se siano stati perduti nel corso di una partita: in Iran (Dinkhā Tepe, Hasanlu), in Asia Minore (Alişar, Kültepe, Yanarlar, Boğazköy, Gordion), in Grecia (Olinto, Monte Olimpo, Delo, Lindos), in Magna Grecia (Siris-Heraklea), ecc.
Sono documentati depositi di a. all'interno di templi (Schol. Pind., Pyth., IV, 337) questi oggetti sono menzionati negli inventari dei santuari, p.es. nell'Asklepièion di Atene (IG, II2, 1553, 1.23-24 e 32). Alle offerte di a. naturali si aggiungono quelle di loro imitazioni in materiali diversi: oro, argento, bronzo, piombo, vetro, avorio, terracotta, marmo, terracotta invetriata, cristallo di rocca, agata, onice, ecc. A Olbia è stata rinvenuta ima matrice per la fabbricazione di a.; tali imitazioni generalmente riproducevano le dimensioni degli a. naturali. Un'eccezione è rappresentata da un esemplare in bronzo del peso di 93 kg da Susa (oggi nel Museo del Louvre), proveniente dal saccheggio - ordinato da Dario I nel 494 a.C. del Santuario di Apollo a Didyma, al quale era stato consacrato, insieme a un altro identico a esso, come prova la dedica incisa nel bronzo.
La presenza di a. nei templi si spiega anche alla luce del loro impiego nell'ambito delle consultazioni oracolari. A Boura, in Acaia, all'interno di una grotta consacrata a Eracle, il consultante lanciava quattro a. su una tavola(Paus., VII,25, 10).In diverse località, sono state ritrovate tabelle che recano una lista dei responsi ottenuti in seguito a cinquantasei lanci di cinque a.: tale pratica è attestata in Panfilia, in Pisidia, in Frigia, in Licia, in Macedonia, in Tracia e a Cipro. Un rito oracolare aveva probabilmente luogo anche all'interno dell'Antro Coricio, dove sono stati raccolti 22.000 astragali. La divinazione mediante lancio di a. era compiuta in maniera diretta, ossia senza la mediazione di un sacerdote o di un profeta. Su alcune monete è visibile il lanciatore di a. dinanzi a una statua di divinità (Artemide; Persica a Hypaipa, Artemide a Efeso, Hera a Samo, Afrodite ad Afrodisiade).
A. sono stati rinvenuti nei corredi funerari, specie in sepolture di infanti, ma non soltanto in queste: nella Russia meridionale, in Asia Minore (Sardi, Myrina), a Cipro, nelle isole egee (Rodi, Thera, Samo, Delo), nella Grecia continentale (Acanthos, Delfi, Amphissa, Atene, Volimidia in Messenia), in Magna Grecia (Taranto, Locri), a Cartagine, ecc. A volte il loro numero è decisamente cospicuo: i 14 a. rivestiti di piombo, di cui è stata già fatta menzione, facevano parte di un deposito di ben 1002 a., all'interno di una tomba a Locri di un giovane morto nel V sec. a.C. Come quelli templari, anche i corredi funerari hanno restituito imitazioni di a. in diversi materiali e a grandezza naturale; a tal proposito, anche tra gli a. funerari, oltre che tra quelli votivi, esiste un esemplare di dimensioni eccezionali: in una tomba di Tsopani Rakhi, in Messenia, è stato rinvenuto un a. di pòros, misurante m 1 x 0,60 x 0,50. Possono essere inoltre citati a. scolpiti su stele funerarie (Anth. Pal, VII, 422, 427, 428).
All'a. si attribuiva un potere magico: portati, come pendaglio, avevano funzione di talismano. Numerosi ceppi d'ancora greci e romani recavano la rappresentazione in rilievo di quattro a. ciascuno mostrante una faccia diversa (era questo il risultato più fortunato di un lancio, detto di Afrodite o di Venere). In un rilievo dei Musei Capitolini è visibile un adepto del culto di Cibele che regge una frusta fatta di a. infilati in tre cordicelle: l'esistenza del μάστιξ άστραγαλωτή è attestata anche da fonti scritte. Si possono inoltre menzionare diversi oggetti cui fu conferita la forma dell'a.: una base di statua di marmo da Olimpia, vasi attici in terracotta del Pittore di Sotades e del Pittore di Syriskos, pesi, lingotti di stagno (Diod. Sic., V, 22). L'a. servì inoltre da simbolo ponderale e monetario, sui pesi attici di uno statere in piombo, su alcune didracme di Atene (appartenenti alla serie delle «Wappenmünzen»), su monete di Calcedonia in Bitinia, di Kelenderis e di Mallos in Cilicia, di Paphos a Cipro, di Imera in Sicilia, nonché su pezzi di bronzo italioti (aes grave) da Lucera e da Gubbio.
Bibl.: H. Heydemann, Die Knöchelspielerinnen im Palazzo Colonna zu Rom, in 2. Hallisches Winckelmannprogramm, Halle 1877, pp. 3-28; L. Becq de Fouquières, Les jeux des Anciens, Parigi 1879; G. Lafaye, in DAnt, IX, pp. 28-31, s.v. Talus, A. Mau, in RE, II, 2, 1896, cc. 1793-1795, s.v. Astragales·, R. Riess, ibid., s.v. Astragalomanteia; Th. Hoffiier, ibid., Suppl. IV, 1924, cc. 51-55, s.v. Astragalomanteia; R. Hampe, Die Stele aus Pharsalos in Louvre, in 107. BWPr, 1951, pp. 5-38; L. Robert, L'épigramme grecque (Fondation Hardt pour l'étude de l'antiquité classique, Entretiens, XIV), Ginevra 1967, pp. 229-231; L. Beschi, Gli «Astragalizontes» di un Policleto, in Prospettiva, 15, 1978, pp. 4-12; P. Amandry, F. Poplin, in L'antre corycien II (BCH, Suppl. VIII), Parigi 1984, pp. 347-393.