ASTINENZA (dal lat. abstineo "tengo, mi tengo lontano")
È l'astenersi da qualche cosa, e particolarmente da qualche cibo o bevanda per un motivo religioso. Questa osservanza s'incontra di frequente, e può fondarsi su ragioni diverse.
1. Dalle carni di animali sacri. - Deriva dal carattere sacro attribuito a un animale o a una pianta, onde la proibizione di servirsene per cibo comune o profano. Ciò si verifica presso i popoli primitivi nel totemismo (v.), riguardo agli animali o alle piante di una data specie che un determinato gruppo di persone considera come suo totem. Qualche cosa di analogo, almeno in parte, vigeva nell'antico Egitto, dove, in ciascun nomo o distretto, un determinato animale era venerato qual dio, e tutti gli altri individui della medesima specie erano ritenuti come sacri, onde era rigorosamente vietato a chiunque - anche se forestiero - di danneggiarli e tanto più di ucciderli e di mangiarli, perfino sotto pena di morte.
Il precetto di astenersi da cibo animato assume una particolare importanza - estendendosi a tutte le specie di esseri viventi - nelle religioni che ammettono la metempsicosi, o in genere credono che alla morte l'anima, s'incarni di nuovo, o comunque si formi un'altra esistenza: tale precetto, comune alle religioni indiane (jainismo e buddhismo), all'orfismo e al pitagorismo, può estendersi talvolta, come conseguenza di speciali principî (come p. esempio nel manicheismo), anche a vegetali.
Tale rigore, naturalmente, ha dovuto, di volta in volta, adattarsi a non pochi compromessi. Così agli Ebrei, secondo il Genesi (I, 29; II, 16), prima del diluvio erano solamente consentiti cibi di natura vegetale, ma dopo furono permesse anche le carni purché dissanguate. L'astinenza dal sangue, in cui secondo la concezione primitiva risiede la vita (o l'anima; v.), fu sempre e sotto ogni forma rigorosamente obbligatoria presso gli Ebrei sotto pena di morte (Gen., IX, 3 segg.; Levitico, XVII; cfr. Atti, XV, 29). Nel cristianesimo cadde poi anche questa restrizione, mentre restarono proibite le carni di tutti gli animali non acquatici nei giorni di magro, e solo a scopo di penitenza (cfr. Romani, XIV, 2 segg.).
2. Dai cibi impuri. - La ragione dell'astinenza da animali ritenuti impuri non sta né in un senso di naturale repugnanza, né in un presunto pericolo per l'igiene, bensì in una semplice considerazione religiosa per cui è impuro tutto ciò che ha in sé qualche cosa di contrario o ripugnante alla forza divina impersonale (mana), o rispettivamente che appartiene a qualche potenza demoniaca e quindi è in odio alla divinità, onde anche chi lo tocca, e molto più chi se ne ciba, diviene egli stesso impuro. In generale l'impurità era attribuita ad ogni corpo morto (salvo che la sua uccisione non fosse avvenuta in sacrificio alla divinità), e questa può spiegare il regime strettamente vegetariano dei seguaci di alcune religioni (p. es., degli orfici). Ma certi animali erano ritenuti impuri anche da vivi; così ai pitagorici erano proibiti in generale tutti gli ovipari insieme con le uova, e anche alcuni pesci e, tra i vegetali, le fave (Diog. Laert., Vita Pitag., 29, 33). In Egitto sono state trovate liste di epoca tarda, indicanti gli animali che in ciascun distretto dovevano essere considerati impuri e perciò erano proibiti. Una simile lista avevano gli Ebrei in doppia redazione (Lev., XI, 1 segg.; Deuteronomio, XIV, 4 segg.). Quale in origine sia stato il criterio di distinzione, non è chiaro, ma, in genere, si può ritenere che fossero considerati impuri, cioè invisi a Jahvè, gli animali che presso altri popoli erano sacri agl'idoli, ovvero, come il serpe e altri rettili, ai morti e alle divinita ctonie (cfr. Origene, Contra Celsum, IV, 92).
In generale le regole d'astinenza obbligavano ciascun individuo di qualsiasi condizione. Talora però lo stato speciale in cui un dato individuo si trovava l'obbligava ad astenersi da certi cibi, permessi comunemente agli altri, per ragione di una santità maggiore, che a quello stato si credeva particolarmente inerente. Tale era lo stato dei sacerdoti presso gli Egiziani e molti altri popoli, dei pellegrini presso gli Arabi, dei nazirei o degli aventi qualsiasi voto da adempire presso gli Ebrei, dei guerrieri presso molti popoli antichi, ecc. Tra gli obblighi speciali incombenti a queste classi di persone era quello di non bere vino né altra bevanda inebriante o fermentata (cfr. Giudici, XIII, 4).
Bibl.: K. Beth, Religion und Magie bei den Naturvölkern, Lipsia 1914; A. Widemann, Der Tierkult der alten Aegypter, Lipsia 1912; W. Robertson-Smith, Lect. on the Relig. of the Sem., Londra 1901; M. I. Lagrange, Études sur les relig. sémitiques, 2ª ed., Parigi 1905 (v. anche ascetismo, e digiuno).