ASTIANATTE ('Αστνάναξ, Astyanax)
Figlio di Ettore e di Andromaca. Nell'Iliade compare nella commovente scena di addio tra i suoi genitori, nel lamento che la madre innalza nel vedere lo strazio della salma del marito e (senza nome) nell'altro lamento rituale dell'ultimo libro (v. andromaca). È notevole che il padre (Il., VI, 402) lo chiamasse Scamandrio, ma gli altri Astianatte "signore della città", perché Ettore solo salvava la città. Par chiaro che questo passo attesti più o meno consapevolmente la fusione di due personaggi, mitico l'uno, Scamandrio, al quale, secondo leggende posteriori (dal logografo Ellanico in giù), città e dinastie della Troade facevano risalire la loro origine; l'altro di nome perspicuo, libera creazione poetica. In altre parole, vien fatto di supporre che i posteriori cercassero di fondere leggende locali con la tradizione dei poemi omerici, identificando l'eroe locale Scamandrio col figlio di Ettore. Nell'Iliade a ogni modo egli vive, oltre che in un suo infantile timore nel vedere il padre in armi, si può dire solo nell'orgoglio di Ettore, che lo spera migliore di sé, e nelle preoccupazioni di questo e della madre, che temono per lui la sorte infelice dell'orfano: la servitù o la morte.
Poeti epici più tardi hanno cantato la morte di A., come la triste sorte di Andromaca, svolgendo i motivi che affiorano appena nei presentimenti dei genitori. Nella Piccola Iliade, in conformità del presagio di Andromaca del XXIV dell'Iliade, uno cui nella guerra è caduto il padre, Neottolemo, figlio di Achille, lo strappava dalle mani della nutrice, e, afferratolo per un piede, lo gettava giù da una delle torri di Troia, presso la Porta Scea, dove il padre aveva, lui presente, dato l'ultimo addio alla madre. Se la versione seguita da Euripide nelle Troadi, secondo la quale il consiglio di gettare A. giù dalla torre fu preso nell'assemblea degli Achei su proposta di Ulisse, fosse già in un altro poema ciclico più antico, l'Iliupersis, è controverso. L'arte figurativa, quale si rispecchia per noi nelle figurazioni dei vasi attici, riunisce in uno la morte di Priamo e quella del nipote.
La morte di A. è ancora trattata in tragedie romane, in un Astyanax di Accio, di cui abbiamo solo pochi frammenti, e nelle Troadi di Seneca, nelle quali A. stesso, che è grandicello, mentre Ulisse sta per gettarlo dalla torre, si precipita da sé. Ambedue le tragedie romane sembrano ispirate alle Troadi euripidee.
Bibl.: Oltre il buon articolo di R. Wagner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., II, col. 1866, è importante C. Robert, Griech. Heldensage, Berlino 1881, pp. 986, 1259 segg. Contro la notizia di Proclo, secondo cui Ulisse sarebbe già nell'Iliupersis l'uccisore di Astianatte, v. E. Bethe, Homer, II, Lipsia 1922, p. 217, non convincente. Che il nome di Scamandrio sia più antico di quello di A. ha visto il Wilamowitz, Ilias u. Homer, Berlino 1916, p. 312, e ne ha tratto già le giuste deduzioni, da formularsi tuttavia un po' diversamente.