Vedi ASTARTE dell'anno: 1958 - 1994
ASTARTE (᾿Αστάρτη, Astarte)
Forma greca del nome di una dea semitico-occidentale, ‛Ashtart.
Anche per trattare il solo materiale figurato, è indispensabile distinguere tra varî significati che si possono attribuire al nome Astarte. 1) Per il mondo ellenistico-romano, A. era la dea di Tiro e Sidone; Plutarco chiama così anche la "Signora di Biblo" che tuttavia altrove non figura sotto questo nome, mentre anche la sua connessione con Adone è specifica ed estranea ad Astarte. La mitologia ellenistica sa di un ratto di A. da parte di Zeus in forma di toro, analogo a quello di Europa. 2) I resti di Rās Shamrah hanno rivelato il pantheon fenicio del II millennio a. C. Qui A. appare nettamente distinta da altre divinità femminili di uguale importanza, quali Asherat e ‛Anat. Nella tav. iii AB (pubbl. dal Virolleaud) A. appare alleata del dio marino Yam nella lotta che questo sostiene contro Ba‛al. 3) Nell'Antico Testamento il plurale formato dal nome di A. significa in generale "le dee", analogamente a quanto significava, nella Mesopotamia di Hammurapi, il plurale formato da Ishtar, nome divino con cui A. ha la radice comune.
In senso vasto e generico, si possono riferire, convenzionalmente, ad A. le numerose statuette e altre raffigurazioni (bassorilievi e sigilli) di divinità femminili provenienti dalla Fenicia, dalla Siria e dalla Palestina: solo in questo senso convenzionale è invalso l'uso di parlare di "A.-plaques"; mentre una terminologia rigorosa dovrebbe riservare il nome A. alle raffigurazioni per le quali si può dimostrare o render probabile una connessione specifica con la dea A. distinta da altre dee. In questo senso più stretto si arriverebbe tuttavia alla conclusione che, a parte certi monumenti egiziani del Nuovo Regno e le tarde monete di Tiro e Sidone, l'iconografia di A. è praticamente ignota.
In Egitto sin dal XV sec. a. C., come appare da un iscrizione della tomba di Tuthmosis IV, al nome di A. si connetteva l'immagine di una dea guerriera, stante su un carro da combattimento; tale appare infatti A. in una pittura tolemaica di Edfu (Gressmann, fig. 278), dove però la dea porta la testa di leone di Sakhnis; il carro passa sul corpo di un nemico. Ma anche in una stele di Memfi (F. Petrie, Memphis, I, pl. 15, 37), A. senza il carro, definita nell'iscrizione "regina del cielo" (come nell'Antico Testamento) e "signora di tutti gli dèi", è armata di lancia e di scudo. In base a queste raffigurazioni che esplicitamente si riferiscono alla dea, anche altre figure egiziane di dee armate (Pritchard, p. 67) possono ritenersi immagini di A., tanto più che la dea appare anche su un cavallo, mentre un testo definisce A. "signora dei cavalli e dei carri".
A più d'un millennio di distanza dai suoi monumenti egiziani, A. appare sulle monete di Tiro, Sidone, Ascalon, e di altre città marine fenice (cfr. Hill, Cat. Greek Coins, Phoenicia, index s. v.); con il capo ornato dalla corona murale delle dee poliadi, essa, per lo più, sta in piedi sulla prua di una nave, reggendo in mano il timone e la stylis. Il Dussaud (Comptes rendus, p. 212) ha richiamato l'attenzione sul possibile nesso tra queste figurazioni e l'originario carattere marino della dea, che nei testi di Rās Shamrah risalta dalla sua alleanza con il dio Yam, il cui nome significa appunto "mare".
Nella letteratura scientifica moderna si parla convenzionalmente di A. a proposito della figura femminile che appare nelle statuette e nei piccoli bassorilievi dell'area semitico-occidentale dal principio del II millennio a. C. in poi (cfr. le tavv. di Albright, Pritchard, Riis). Questa figura femminile, per lo più nuda, iconograficamente dipende totalmente dalle figure simili e più antiche della Mesopotamia e da influssi egiziani, e non ha quindi nulla che la possa individuare specificamente come Astarte. Nei suoi tipi principali la figura 1) si stringe o si sostiene i seni, 2) ha le braccia distese ai fianchi, 3) regge nelle mani, secondo i casi: a) fiori (loto), b) un disco, c) serpenti, 4) porta o allatta un bambino, 5) ha in testa un diadema, 6) porta l'acconciatura di Ḥathōr (dalla seconda metà del II millennio).
In relazione con i caratteri celesti di A., che risultano sia dai testi biblici (Gerem., 44, 18: "regina del cielo"), sia dall'interpretatio Graeca "Afrodite Urania", si può ricordare che nei sigilli siriani la dea, spesso armata, è accompagnata da attributi stellari (Contenau, 89, 93, 94 ecc.). In pendagli d'oro fenici del II millennio a. C. i simboli stellari sembrano essere equivalenti della figura di dea che spesso appare negli stessi oggetti (Dussaud, L'art phén., figg. 15-16). Che si possa trattare di A. appare da un pendaglio analogo con simboli stellari (ibid., fig. 9, 5) di provenienza cartaginese, che è esplicitamente dedicato ad Astarte.
Bibl.: Ed. Meyer, in Roscher, I, cc. 645-655, s. v.; F. Cumont, in Pauly-Wissowa, II, cc. 1777-778 s. v., n. 2; G. Contenau, La déesse nue babylonienne, Parigi 1914; H. Gressmann, Altorientalische Bilder zum Alten Testament, Berlino-Lipsia 1927; R. Dussaud, Les découvertes de Ras Shamra et l'Ancien Testament, Parigi 1937; W. F. Albright, in Mélanges syriens offerts à R. Dussaud, Parigi 1939, p. 107 ss.; J. B. Pritchard, Palestinian Figurines in Relation to certain Goddesses known through Literature, Filadelfia 1943; R. Dussaud, in Comptes rendus de l'Acad. Inscr. B. L., 1947, p. 201 s.; R. Dussaud, L'art phénicien du IIme millénaire, Parigi 1949; P. J. Riis, in Berytus, IX, 1949, p. 69 ss.
(A. Brelich)
In Egitto A. è onorata insieme con altre divinità siriane, a partire dal Nuovo Regno. Dea guerriera, brandisce lancia e scudo e porta una tiara ornata di penne, da cui pende sul dorso una benda. È spesso rappresentata sul cocchio, e talvolta a cavallo. Questo ultimo elemento ne accentua, per gli Egiziani che non cavalcano, il carattere esotico. L' "Afrodite straniera", cui secondo Erodoto un tempio era dedicato a Memfi nel quartiere fenicio, è probabilmente da identificare con questa divinità.
Bibl.: S. Mercer, in Egyptian Religion, III, 1935, pp. 192-203.
(S. Donadoni)