ASTA (lat. hasta)
È il tipo più semplice e più comune di arma di offesa presso i Romani, come presso tutti i popoli più antichi. Il modello originario consta di un lungo bastone diritto con un'estremità acuminata per colpire l'avversario. Col tempo viene aumentata la capacità d'offesa e di resistenza dell'arma, sostituendosi la debole punta di legno, con una punta di bronzo o di ferro, a forma di losanga o di foglia allungata. Nell'asta perciò distinguiamo nettamente due parti: il manico ligneo, più o meno lungo, detto in latino hastile, e la punta metallica della lancia, detta cuspide (cuspis), con codolo vuoto per l'inserzione dell'hastile. Così l'arma d'offesa, arma leggiera e nello stesso tempo efficace, è perfetta. Presso i Greci l'asta poteva prendere la figura di lancia vera e propria, detta δόρυ, ἔγχος, λόγχη, ecc., lunga e robusta, per la lotta a corpo a corpo, o di giavellotto (ἀκόντιον), specie di lancia corta e leggiera, da vibrare a distanza. La medesima distinzione si aveva negli eserciti romani, presso i quali, accanto alla pesante e lunga lancia, la più antica certamente, e l'arma caratteristica di tutte le popolazioni laziali (tanto che dal suo nome quiris di origine sabina deriva l'appellativo di quirites) si era in progresso di tempo aggiunto il pilum, arma d'offesa in tutto corrispondente al giavellotto od akontion, della lunghezza di due cubiti o tre piedi (92 cm.), detto in latino anche iaculum. Facilmente il pilum si distingue dall'asta classica nei monumenti figurati romani perchè esso ha intrecciato, come l'akontion greco, circa alla metà dell'asta o un poco più sotto, un correggiuolo (amentum o ammentum), nel quale s'infilavano l'indice e il medio della mano destra, per imprimere al giavellotto uno slancio maggiore.
Gli scrittori latini confondono facilmente hasta e pilum, e ciò ingenera oscurità e incertezze nella determinazione dell'armamento in uso presso le varie categorie di soldati. Sappiamo pero che la fanteria romana, divisa nell'ordinamento militare di Servio Tullio in tre ranghi, si componeva di hastati, di principes e di triarii ai quali si aggiunsero i velites, specie di fanteria leggiera, tutti quanti muniti di asta corta o di asta lunga. Col riordinamento dell'esercito a iniziativa di Camillo, anche l'armamento dovette diventare più pratico. Tito Livio (VIII, 8) ci fa sapere che gli astati e i principi erano muniti di asta, i triarî di pilo; mentre Polibio (VI, 23, 16) afferma tutto l'opposto, assegnando l'asta ai triarî ed il pilo alle altre due categorie. La stessa hasta velitaris, di cui vanno armati i velites, è da identificarsi piuttosto col pilum, dato che si vibrava a distanza. Mario poi ebbe ad abolire del tutto l'impiego dell'asta nelle legioni, armando queste unicamente di pilo (Plut., Mar., 25) Cesare aveva armato i suoi cavalieri d'una lancia speciale, detta tragula, da potersi usare come lancia e come giavellotto (De Bello Gall., I, 79; V, 48). Ancora nel primo secolo dell'Impero i cavalieri legionarî erano armati di lancia, detta contus (gr. κοντός), oltre ad essere muniti di giavellotti dentro apposita faretra (Flav. Gius., III, 5, 5). Armati di lancea, sinonimo di asta, erano gli speculatores, specie di fanteria dei pretoriani (Svet., Claud., 35; Galba, 18). Nel tardo impero i lanciarii formano dei corpi di fanteria a parte. La punta dell'asta romana era di ferro, di preferenza a foglia allungata (nonché a forma triangolare o romboidale). Il legno dell'asta era di frassino (Ovid., Metam., X, 93), o d'altro legno robusto (v. armi).
Presso le primitive popolazioni laziali essendosi conosciuta e usata l'asta come arma di offesa assai prima della spada, il Dio Marte ricevette come attributo la lancia e non la spada: onde egli era anche chiamato con l'appellativo di Quirinus; hastae Martiae si chiamavano le aste dedicate a Marte nel suo tempio.
Al momento di dichiarare la guerra, il sacerdote romano del collegio dei Fetiales, detto pater patratus, lanciava una hasta ferrata aut sanguinea praeusta (insanguinata e bruciata in cima) cioè di solo legno, nel territorio nemico. L'hasta pura (cioè senza punta metallica come l'antichissima) era il premio che veniva concesso al militare che avesse ucciso un nemico in combattimento.
L'hasta, nella parola e nella cosa, ha una notevole importanza simbolica anche nella vita civile e politica di Roma antica. Ogni volta che si effettuava una pubblica vendita in cui entrasse l'interesse dello stato, si trattasse di bottino di guerra o di prigionieri, o di beni di cittadini proscritti e così via, prima di procedere alle operazioni di vendita si piantava un'asta sul suolo (vendere, venire sub hasta), volendosi forse con ciò sancire l'autorità dello stato nella vendita e nell'acquisto. Perciò il giurista Gaio (Inst., 4, 16) definisce l'asta signunt quoddam iusti dominii. L'uso della medesima espressione per la vendita all'incanto (v.) è propria del nostro linguaggio comune.
Bibl.: Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., VII, Stoccarda 1912, s. v. Hasta; Daremberg-Saglio, Dict. des antiq., III, Parigi 1900, s. v.; A. Baumeister, Denkmäler d. klass. Altert., Monaco e Lipsia 1885-1888, s. v. Waffen; J. Marquardt, De l'organisation militaire chez les Romains (trad. francese), Parigi 1891.