ASSUR
La più antica capitale dell'Assiria; giaceva sulla sponda destra del Tigri, sull'ultimo contrafforte del Gebel Ḥamrīn, l'Abekh degli Assiri. Essa è stata portata alla luce da una missione di scavi tedesca dal 1903 al 1913. La parte più antica della città è quella settentrionale, chiamata libbi āli quando fu costruita una parte nuova (ālu eshshu) e i sobborghi acquistarono maggior importanza. Il muro esterno della città (dūru) sarebbe stato costruito da Kikia (circa 2200 a. C.), ma fu poi ricostruito da parte di molti re; esso era circondato da un muro esterno (shalkhū), ed era molto robusto, specialmente vicino al mushlalu. Il lato orientale era difeso dagli assalti dei nemici e dall'impeto del fiume da un muro che andava dalla porta Easharru alla porta del Tigri. Il muro di circonvallazione era difeso da un fosso.
La città aveva 13 porte all'epoca di Sennacherib (704-681 a. C.). Il numero dei templi era alquanto alto, per lo meno 38, sebbene alcuni di questi non siano stati che annessi del grande tempio di Assur. Il tempio di Anu e Adad era doppio, con molti simulacri di divinità e un fulmine d'oro del dio della folgore. La porta principale conduceva, al tempo di Salmanassar II (1030-1019 a. C.), in una grande corte, dalla quale due altre porte davano accesso alle celle dei due dèi; vicino a questi si ergevano le due torri templarie. Il tempio del dio Assur, chiamato Esharra, constava di due edifici principali, di quattro cortili e di un grande numero di cappelle; la cella (Ekhursangkurkurra) aveva un'ante-cella ed era bislunga. Altri templi erano dedicati a Enlil, Dagan, Ningal e ad altre divinità. Fuori le mura sorgeva il tempio di Capodanno, il bīt akītu (v.), ricostruito da Sennacherib. A. aveva parecchi palazzi reali: un palazzo antico e uno nuovo ed alcuni palazzi per i principi ereditari. (Per l'epoca parthica, v. Parthica, arte).
Bibl.: W. Andrae, Die Festungswerke von A., Lipsia 1913: id., Die Stelenreihen in A., Lipsia 1913; id., Der Anu-Adad-Tempel in A., Lipsia 1909; id., Die archaischen Ischtar-Tempel in A., Lipsia 1922: id., Farbige Keramik aus A. und ihre Vorstufen in altassyrischen Wandmalereien, Lipsia 1923; id., Die jüngeren Ischtar-Tempel in A., Lipsia 1935; id., Das wiederstehende A., Lipsia 1938; E. Unger, Das Stadtbild von A., in Der Ale Orient, XXVII, 3, Lipsia 1929; W. Schwenzner, Der A.-Tempel in A., in Arch. für Orientforschung, VII, VIII e IX, 1931-1934; A. Parrot, Archéologie mésopotamienne. Les étapes, Parigi 1946; A. Haller, Die Gräber und Grüfte von A., Berlino 1954; C. Preusser, Die Wohnhäuser in A., Berlino 1954; id., Die Paläste in A., Berlino 1955; A. Haller - W. Andrae, Die Heiligtümer des Gottes Assur und der Sin-Šamaš Tempel in A., Berlino 1955.
(G. Furlani)
A. è la divinità eponima della città di Assur, che per ragioni politiche acquistò un posto di assoluta preminenza nel pantheon assiro.
A. fu assimilato già in epoca antica ad Anshar, e forse identificato con Imdugud che veniva raffigurato come un'aquila leontocefala. Nella città di Assur, A. aveva un tempio grandioso, l'Esharra, "casa dell'onnipotenza", nel quale fu trovato un rilievo in gesso che, probabilmente, era usato per il culto, mentre un altro tempio gli era dedicato nella città di Kar-Tukuki-Ninurta. A. veniva raffigurato con un alto copricapo a corna e con un bastone e un cerchio nella sinistra, mentre nella destra portava la harpè, l'arma a forma di roncola che, largamente usata in epoca preistorica, divenne poi caratteristica degli dèi e dei monarchi. In monumenti più tardi, A. compare nell'aspetto di un disco alato terminante superiormente in un busto umano, rigido per lo più, ma talvolta in movimento, come ad esempio in un rilievo di Assurnasirpal II, da Nimrud, in cui si vede A. partecipare attivamente alla battaglia scagliando frecce. Incerta è l'origine del disco alato assiro, che ritornerà più tardi nell'arte achemènide a simboleggiare il dio Ahura Mazdāh (v.); si crede generalmente che il modello risalga all'egiziano simbolo di Horus, ma non è esclusa la sua derivazione dal simbolo del sumerico Imdugud, dio della tempesta raffigurato come un'aquila con testa leonina. Il Bossert ritiene infine che l'emblema del disco alato sia stato adottato dagli Assiri nel II millennio, quando essi vennero a contatto con gli Hittiti "geroglifici", che a loro volta avrebbero adottato un motivo mesopotamico, prima che nell'Asia Anteriore si facesse sentire nettamente l'influsso egiziano.
Bibl.: E. Dhorme, Les religions de Babylonie et d'Assyrie, Parigi 1945, p. 156 ss.; H. Frankfort, The Art and Architecture of the Ancient Orient, Harmondsworth 1954, p. 65 s. Sul simbolo del disco alato si veda: E. Douglas van Buren, Symbols of the Gods in Mesopotamian Art, Roma 1945, pp. 94-104; H. Th. Bossert, Meine Sonne, in Orientalia, XXVI, 1957, pp. 97-126.
(G. Garbini)