assimilazionismo
s. m. Modello culturale, politico e legislativo che mira ad assimilare e integrare immigrati o minoranze etniche nel quadro normativo di uno Stato. • «La fine degli ebrei» non racconta il tramonto di una comunità, bensì quello di un’idea tradizionale di comunità. E non perché [Adam] Mansbach sia un sostenitore dell’assimilazionismo, o peggio di un multiculturalismo sciatto e depoliticizzato. Tutt’altro. A lui piace scrivere del presente e senza scendere a compromessi, senza timore di portare dentro alla fiction quelle realtà controverse che la gran parte degli autori, soprattutto giovani, rifiuta di avvicinare in modo franco e diretto: il razzismo statunitense, le sue tragedie, ma anche le sue ironie, i rapporti aspri tra le cosiddette «minoranze», lo sfruttamento artistico e commerciale delle culture subalterne da parte di quelle egemoni. (Sara Antonelli, Unità, 9 febbraio 2010, p. 40, Culture) • Tra il duro assimilazionismo francese e il disastroso multiculturalismo britannico dobbiamo cercare una nostra via originale: giorno per giorno, senza formule magiche. Abbiamo il talento per trovarla. (Goffredo Buccini, Corriere della sera, 14 dicembre 2015, p. 1, Prima pagina).
- Derivato dal s. f. assimilazione con l’aggiunta del suffisso -ismo.
- Già attestato nell’Unità del 18 gennaio 1998, L’Unità 2, p. 2 (Bruno Bongiovanni).