ASSENZIO (fr. absinthe; sp. ajenjo; ted. Wermut, Wurmkraut; ingl. wormwood)
Con questo nome s'indicano parecchie specie di Artemisia, genere di piante della famiglia Asteracee o Composite (Tubuliflore): così sì dice assenzio maggiore o romano l'Artemisia absinthium L.; assenzio pontico l'A. pontica L.; assenzio marino l'A. caerulescens L.; assenzio selvatico l'A. vulgaris L.
L'A. absinthium vive nella maggior parte dell'Europa, nell'Africa settentrionale e nell'Asia occidentale, è stata introdotta nell'America settentrionale; in Italia si trova presso le case e lungo le vie dal mare alla regione submontana ed è frequentemente coltivata e inselvatichita. È una pianta perenne, con fusti alti fino ad un metro, sericeo-argentina in tutte le sue parti per numerosi peli che la ricoprono: le foglie inferiori sono bitri-pennatosette. Le calatidi sono piccole, disposte in un'ampia pannocchia fogliosa e reflesse. Tutta la pianta ha odore aromatico caratteristico e sapore fortemente amaro aromatico. Si usano le foglie e le sommità fiorite, che contengono l'absintina (v. sotto). È una pianta conosciuta dagli antichi: nel sec. XIII già si adoperava l'erba come medicamento. Si usa anche per aromatizzare il vermouth, per la confezione di bevande alcooliche (absinthe dei Francesi) e per l'adulterazione del sale per uso pastorizio.
L'A. pontica L., originaria dell'Europa media-orientale e del Caucaso, coltivata e naturalizzata in alcune località del Piemonte, viene talora usata invece della precedente e in medicina e nella preparazione dei liquori. È meno amaro dell'A. absinthium.
L'A. vulgaris L., frequente in Europa, in Siberia e in tutta la regione mediterranea e comune in Italia dal mare alla regione submontana, con foglie pennatopartite a lacinie larghe lanceolate, glabre o quasi nella pagina superiore, biancotomentose nell'inferiore, ha odore caratteristico e sapore amaro aromatico; fornisce in alcuni paesi, alla medicina, le sommità fiorite e il rizoma.
L'A. caerulescens L. è una pianta dell'Europa meridionale specialmente occidentale, frequente in Italia nei luoghi salsi e marittimi, con odore sgradevole; non ha applicazioni pratiche.
Altre specie di Artemisia, come A. spicata Wulf. (pascoli e rupi delle Alpi), A. glacialis L. (rupi delle Alpi) e A. mutellina Vill. (Alpi e Appennino tosco-emiliano), sono usate nella preparazione di quei liquori che son chiamati col nome generico di Génépi, e anche nella medicina popolare per la preparazione d'infusi sudoriferi. Anche l'A. vallesiaca All. (luoghi aridi della regione submontana in Val d'Aosta), si usa per aromatizzare liquori fini.
La droga fornita dall'Artemisia absinthium contiene: 1. un principio amaro, detto absintina, in cristalli prismatici poco solubili in acqua; 2. un essenza che si presenta sotto forma di un liquido verdastro o blu-verdastro, di odore aromatico particolare, gradevole, di sapore caldo aromatico, che, esposto all'aria, si resinifica prendendo una tinta brunastra; 3. delle resine, acido succinico, sostanze mucillaginose e peptiche. La parte più attiva dell'assenzio è l'essenza, che possiede proprietà convulsivanti. Essa produce dapprima un'eccitazione disordinata più o meno violenta, a cui, se la dose è sufficiente, segue una crisi simile a quella dell'epilessia.
L'assenzio si può prescrivere in polvere o in pillole, e per infuso o decotto, come febbrifugo, stimolante dello stomaco, vermifugo (associato a purganti), emmenagogo. A dosi elevate l'assenzio agisce su tutto il sistema nervoso, provocando alterazioni nervose, spasmi, nausee, convulsioni, alienazione mentale, e spesso anche l'aborto. L'assenzio serve a preparare la tintura alcoolica di assenzio, la tintura di assenzio composta, l'estratto idroalcoolico di assenzio, l'elisir di assenzio, e soprattutto il liquore eccitante che va comunemente sotto il nome di absinthe; entra anche nella composizione dello spirito aromatico composto e delle cosiddette specie amare.
Con il nome di absintismo sono descritti i fenomeni tossici dovuti all'assenzio (v. alcoolismo).
Bibl.: F. Cortesi, Botanica farmaceutica, Torino 1910; A. Tschirch, Handbuch der Pharmakognosie, Lipsia 1924; A. Valenti, F. Cortesi e E. Carlinfanti, Codice delle piante medicinali, I, Roma 1925.