ASSE (Asse Roma-Berlino)
È la politica d'intesa fra la Germania hitleriana e l'Italia fascista (1936-43), inaugurata dagli accordi di Berlino del 23 ottobre 1936 e sancita col "patto d'acciaio" del 22 maggio 1939
La definizione è di Mussolini il quale, nel suo discorso tenuto a Milano il 1° novembre 1936, dichiarò: l'accordo fra Berlino e Roma "non è un diaframma, è piuttosto, un asse, attorno al quale possono collaborare tutti gli stati europei animati da volontà di collaborazione e di pace". Alla base dell'Asse sta, in gran parte, l'affinità dei due regimi, ripetutamente sottolineata dai capi nazisti e fascisti che hanno parlato delle "concordanze di vedute", delle "affinità spirituali", della "viva solidarietà ideale", delle "comuni concezioni politiche... della vita e della storia", e della "solidarietà dei regimi", la quale ha prodotto "una frattura insanabile fra i due mondi", quello autoritario e quello democratico. In realtà i due regimi partivano da concezioni ideologiche su molti punti assai diverse; ma avevano in comune gli stessi sistemi di governo e gli stessi nemici, come il bolscevismo e la democrazia, e soprattutto erano legati fra loro dalla concezione dello spazio vitale, che veniva considerato come "elementare diritto di ciascun popolo a vivere, a lavorare, a difendersi". Era escluso, si sosteneva, che questi diritti mettessero Germania e Italia di fronte, perché le rispettive sfere d'interesse erano l'Europa orientale e il Mediterraneo. Vi era però una questione che divideva i due paesi e che aveva impedito fino allora il riavvicinamento: l'indipendenza dell'Austria. L'impresa etiopica e il conflitto spagnolo misero l'Italia contro Francia e Inghilterra e Mussolini ora si dedicò allo "sviluppo imperiale" e al Mediterraneo. Di qui il bisogno dell'Italia di avere le spalle coperte sul continente, il che indusse Mussolini ad accogliere l'invito tedesco. Ma ben presto l'Asse si rivelò più utile alla Germania che all'Italia. Infatti, essendosi sempre più impegnato nel conflitto spagnolo, Mussolini non era in grado di opporsi come nel 1934 all'occupazione dell'Austria; avrebbe potuto farlo solo riavvicinandosi alla Francia e all'Inghilterra, ma ormai era troppo proteso nel senso opposto, e quindi fin dal 6 novembre 1937 dichiarò che era "stanco di fare la sentinella all'indipendenza austriaca". Cosicché quando avvenne l'annessione dell'Austria al Reich (13 marzo 1938), senza alcun preavviso, Mussolini non poté far altro che approvare, per quanto a malincuore. In tal modo l'Italia rimase più strettamente legata al carro tedesco e nella crisi cecoslovacca Mussolini appoggiò rumorosamente le rivendicazioni tedesche, e tentò di prendersi la sua parte di utili con le rivendicazioni a spese della Francia. L'occupazione della Cecoslovacchia (15 marzo 1939), avvenuta anch'essa senza il minimo preavviso da parte di Hitler, rende evidente che l'Asse funziona in favore di una sola delle parti, che la Germania diventa troppo preponderante, che agisce con pochi riguardi verso l'Italia, che i Tedeschi stanno scivolando dal piano della potenza a quello della prepotenza, che Hitler è sleale e infido e fa dubitare delle sue promesse ed assicurazioni, e che l'Asse non fa altro che accelerare l'espansione tedesca. Ma un mutamento di rotta richiedeva un immediato e radicale voltafaccia e Mussolini non si sentiva di passare nel campo delle democrazie, poiché sarebbe stata una grave umiliazione per lui. D'altra parte era convinto della fatalità della guerra, considerava l'egemonia prussiana saldamente stabilita in Europa, e temeva un urto diretto contro il terzo Reich. Poteva rimanere in disparte, ma ciò contrastava con il suo temperamento e gli avrebbe impedito di conseguire gli obiettivi mediterranei, mentre Hitler riportava i successi nell'Europa centrale. Quindi rimane fedele all'Asse. L'impresa albanese che lo impegna nella Penisola balcanica lo lega sempre più a Hitler, col quale conclude il "patto d'acciaio", anche nella vana speranza di controllare i colpi di testa tedeschi. La mancata consultazione, e più ancora la sicurezza che aveva Hitler di vincere, permisero all'Italia di rimanere in disparte quando scoppiò la seconda Guerra mondiale. Poteva essere la rottura dell'Asse, ma quando nel giugno 1940 la vittoria tedesca parve vicina e definitiva, Mussolini entrò in guerra. L'impreparazione militare e gli errori commessi provocarono gl'insuccessi in Grecia e in Libia, e, invece di rialzare il prestigio dell'Italia, la misero sempre più in balìa della Germania, finché non si ebbe la fine dell'Asse con l'armistizio separato concluso dall'Italia con gli Alleati (3 settembre 1943).
Bibl.: K. S. Galéra, Die Achse Berlin-Rom.: Entstehung, Wesen, Bedeutung, Lipsia 1939; C. Düssel, Europa und die Achse, Essen 1940; M. Donosti (pseud. di M. Luciolli), Mussolini e l'Europa, Roma 1945; M. Toscano, Le origini del Patto d'Acciaio, in Riv. di studi pol. internaz., 1947; L'Europa verso la catastrofe (verbale dei colloquî di G. Ciano), Milano 1948.