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ASPASIA

di Aldo Ferrabino - Enciclopedia Italiana (1929)
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ASPASIA ('Ασπασία, Aspasia)

Aldo Ferrabino

Di questa donna, il cui nome ebbe tanta risonanza anche nelle letterature moderne, conosciamo in realtà assai poco. Nel deterrminarne la figura abbiamo la scelta fra due gruppi d'informazione: a) un gruppo che proviene dal circolo socratico e che consta, oltre che di frammenti, anche di un dialogo forse platonico (il Menesseno) e di due passi di Senofonte (Memorabili, II, 6, 36; Economico, III, 14); b) un gruppo che proviene dai comici, Cratino ed Eupoli (rispettivamente fr. 241 e 274 Kock), e Aristofane. Il primo gruppo è encomiastico, il secondo denigratore. La natura così diversa delle due fonti spiega la difflerenza dei giudizî. Ma in realtà non è neppure necessario di scegliere, perché le ingiurie dei comici confermano le lodi dei socratici. Impossibile è invece assodare fatti precisi. Così rimane incerto se Pericle, il quale era precedentemente sposato con moglie nobile e ne aveva avuto due figli, si unisse o no con A., dopo il divorzio, in nozze legittime. Certo è che A. non era ateniese, ma di Mileto; figlia di un Assioco. Certo che generò a Pericle un figlio, ch'ebbe il nome del padre. Questo figlio, per un decreto anteriore di Pericle stesso (451-50 a. C.), non poteva avere diritto di cittadinanza anche solo perché la madre non era ateniese. Pericle però ottenne nel 430 che da quel decreto si derogasse in favore del figlio di A.; il quale fu dunque iscritto fra i cittadini, e nel 407 era addirittura stratego: fu anzi allora uno degli ammiragli condannati per la battaglia delle Arginuse (v.). Le relazioni fra Pericle e Aspasia furono dunque posteriori al 450. Furono anteriori al 441, quando Pericle indisse la guerra di Samo; perché fu mormorato allora che la deliberazione fosse suggerita da Aspasia.

Circa il 432 a. C., A. fu sottoposta a processo sotto duplice accusa di empietà e di lenocinio presentata dal commediografo Ermippo. Il processo non era isolato, ma si connetteva con i processi intentati in quell'anno a Fidia, lo scultore che sovrintendeva alle opere pubbliche disposte da Pericle, e ad Anassagora di Clazomene, il filosofo ionico da cui, secondo Platone, Pericle desunse quanto di robusto e d'insolito era nella sua eloquenza. In un regime di libertà democratica, quale allora vigeva ad Atene, questa serie di processi, che colpivano le persone più care al capo del governo, non deve essere valutata oltre il vero: era in parte il prodotto di quella parrhesia ateniese, per cui tutto a tutti era lecito di affermare, e le facezie, le calunnie, le accuse, le querele infierivano: parrhesia a cui vanno imputate anche le sconce allusioni dei comici contro A. Ma non è dubbio che la convivenza di Pericle con A., anche se legittima; l'amicizia con le persone colte e spregiudicate, che osavano frequentarne la casa, e affrontare la maldicenza; la notizia vaga e imprecisa delle dottrine filosofiche venute di Ionia, come di Ionia era venuta A., e rivolte a liberare Atene dalla superstizione mitologica; erano perpetua cagione di calunnie e di acredine. I due tipi femminili di quella società ateniese - la moglie e l'etèra - si trovavano come fusi e mischiati nella persona d'A.: e poche cose urtano e irritano il senso comune quanto l'ardimento con cui le personalità più fervide rompono schemi e divieti sociali. Alla moglie non si voleva consentire altro ufficio che casalingo, tra il gineceo e i figliuoli; altro interesse che strettamente domestico. Alla etèra si concedeva libertà di vita esteriore emancipazione dalla morigeratezza borghese, lusso di adornamenti, lusso intellettuale di cultura: ma non si voleva concedere che vivesse durevolmente accanto al capo del governo, e potremmo dire dello stato, ed esplicasse, o paresse esplicare, sopra di lui un'azione efficace tanto più perché costante e quotidiana. E perciò "Giunone libertina" la definiva la satira del commediografo Cratino.

A prescindere da quest'atmosfera, è impossibile determinare la parte di A. nella politica di Pericle. È altrettanto arbitrario immaginarla grande, quanto piccola o nulla. I moderni si riconducono sempre, come già gli antichi, o alla derisione dei comici o alla lode dei socratici. Arbitrario è anche il riconoscere o il negare in lei animo superiore alle competizioni e ai negozî della politica; e dottrina filosofica o scientifica o letteraria. Se mai ebbe a dare qualche giudizioso consiglio, e si riseppe, non era proclive a essergliene grata una cittadinanza a cui s'insegnava che donna eccellente è quella della quale non si ode parlare né per lode né per biasimo (Tucidide, II, 45). Degli errori sì, che Pericle commise, di quelli le si addossò spesso la colpa. Anche il decreto contro Megara, che parve la causa e fu il pretesto della grande guerra peloponnesiaca fra Atene e Sparta, finì con essere attribuito ad A. (Aristofane, Acarnesi, 526 segg.). Comunque, il processo del 432 terminò col proscioglimento. Pericle, secondo la narrazione di Plutarco (Pericle, 32: cita come fonte il socratico Eschine di Sfetto), dovette molto supplicare la giuria: e non avrebbe neppure risparmiato le lagrime, chè era uso i famigliari e gli amici degl'imputati cercassero d'intenerire a quel modo i patetici giurati di Atene. Dopo la morte di Pericle (nel 429, di peste), A. avrebbe sposato un Lisicle, mercante di buoi, stratego nel 428-27. Ma non tutti i moderni accettano questa notizia. Pare che ella morisse in Attica e ivi fosse sepolta.

Bibl.: Per orientarsi tra i giudizî degli storici moderni riguardo ad Aspasia bastino le seguenti opere: Grote, A History of Greece, VIII, Londra 1888 (v. anche l'edizione speciale del 1907); E. Meyer, Geschichte des Altertums, IV, 2ª ed., Stoccarda 1901; G. De Sanctis, Atthis, 2ª ed., Torino 1912; Cavaignac, Histoire de l'Antiquité, Parigi 1913-17; J. Beloch, Griechische Geschichte, II, 2ª ed., Berlino 1914; Bury, History of Greece, 2ª ed., Londra 1922; A. Ferrabino, L'impero ateniese, Torino 1927; The Cambridge Ancient History, V, Cambridge 1927 (con una nota speciale sui processi contro gli amici di Pericle, p. 477 segg.). Cfr. anche del Wilamowitz-Moellendorff le due opere: Aristoteles und Athen, Berlino 1893, II; e Platon, 2ª ed., Berlino 1920, II. - Circa il momento culturale, Th. Gomperz, Griechische Denker, II, Lipsia 1896.

Iconografia: Si debbono ritenere infondati i dubbi circa l'identità del busto che è al Vaticano nella Sala delle Muse.

Vedi anche
Sparta (gr. Σπάρτη) Cittadina della Grecia, nel Peloponneso meridionale, capoluogo del nomo della Laconia, sulle rive del fiume Eurota. Cenni storici L’antica S. (in greco chiamata anche Λακεδαίμων) fu fondata nel 10° sec. a.C. dai Dori provenienti dall’Argolide, che dal primitivo insediamento sul colle di ... Plutarco Scrittore greco (Cheronea, Beozia, 50 d. C. - ivi dopo il 120). Studiò ad Atene presso il platonico Ammonio, e dopo alcuni viaggi tornò nella sua città, donde però si allontanò ripetutamente per incarichi politici. Fu più volte a Roma, dove ebbe amici illustri tra cui Gaio Minucio Fundano e Aruleno Rustico. ... matrimonio Unione fisica, morale e legale dell’uomo (marito) e della donna (moglie) in completa comunità di vita, al fine di fondare la famiglia e perpetuare la specie. Antropologia Se inteso nella sua definizione minima, come unione fra un uomo e una donna, tale che i figli nati da questa unione siano riconosciuti ... retorica L’arte del parlare e dello scrivere in modo ornato ed efficace. Le origini e l’età antica La Grecia. L’arte retorica (➔ oratoria) nasce in Sicilia, a Siracusa, con Corace e l’allievo Tisia (5° sec. a.C.), sotto lo stimolo della necessità oratoria, incrementata dalla lotta politica e dalle controversie ...
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  • ARISTOFANE
Vocabolario
lampeggiare
lampeggiare v. intr. e tr. [der. di lampo] (io lampéggio, ecc.; come intr. aus. avere, raro essere). – 1. a. Produrre, mandare lampi: il cielo lampeggia; per lo più con uso impers.: lampeggiava fitto fitto. b. estens. Variare rapidamente...
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