ASPARO o aspare ("Ασπαρ; Flavius Ardabur Aspar)
Figlio dell'alano Ardabur, che, sotto Teodosio II, col grado di magister militum rese segnalati servigi all'Impero, combattendo contro i Persiani e, più tardi, in Italia contro l'usurpatore Giovanni. A. partecipò a questa seconda campagna (425) e si distinse riuscendo ad entrare a Ravenna, a catturare l'usurpatore e a liberare il padre, che era stato fatto prigioniero. Nel 431 fu mandato con una flotta in Africa contro i Vandali, in aiuto di Bonifacio: colà combatté con varia fortuna. Nel 434 ebbe il titolo di console; nel 441 fece una campagna contro i Persiani e dal 447 al 450 contro Attila. Sotto l'imperatore Marciano la sua autorità, nel campo politico e militare, si accrebbe ancora più: morto Marciano, avrebbe potuto aspirare all'impero. Ma, come altri capi barbarici dell'epoca, non osò assumere la suprema dignità e preferì fare nominare una sua creatura, Leone (457). Dapprima questi parve sottomesso ai voleri di A. e distribuì titoli onorifici a lui e ai suoi figli e parenti, poi sorsero dissensi, anche per cause religiose, perché A. era ariano. L'imperatore, natura energica e risoluta, per liberarsi dall'influsso e dalla tracotanza dell'elemento germanico impersonato da A., gli contrappose Zenone e i suoi forti Isaurici. La sconfitta subita dalla flotta dell'Oriente per opera dei Vandali attenuò il contrasto: anzi il secondogenito di A., Patrizio, fu nominato Cesare e fidanzato a Leonzia, figlia di Leone (470). Ma A. che voleva ridiventare arbitro della situazione, ordì congiure contro Zenone: fu scoperto, e con due dei suoi figli fu pugnalato dagli eunuchi di Leone (471).
Di questo personaggio esiste un cimelio di grande valore, scoperto a Cosa e conservato nel Museo archeologico di Firenze. È un clipeo di argento, con l'iscrizione: Fl. Ardabur Aspar vir inlustris et mag. militum et consul ordinarius: reca nel centro l'effigie di Aspar col figlio Ardabur iunior; ai lati le personificazioni di Roma e di Costantinopoli e nella parte superiore le figure di Ardabur, padre di Aspar, e di Plinta, console nel 419. Cfr. L. A. Milani, R. Museo Archeologico di Firenze, Firenze 1912, I, p. 172; Corpus Inscr. Lat., XI, 2637 (v. argento, tav. LII).
Bibl.: O. Seeck, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, coll. 606-610; I. B. Bury, history of the later Roman empire, Londra 1923, I, pp. 222-224 e 214-320; E. Stein, Geschichte des spätrömischen Reiches, I, Vienna 1928, p. 323 segg.