Asia
Àsia. – Secondo molti analisti e secondo un'opinione ormai comune, il 21° sarà il secolo dell'Asia. Concorrono al diffondersi di questa visione molteplici fattori, in primo luogo di ordine economico: l'ormai lunga e progressiva crescita economica, organizzativa e sociale di molti paesi insulari e peninsulari dell'Asia orientale (dal Giappone alle cosiddette tigri asiatiche, Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong e altri di più recente sviluppo); l'altrettanto consolidata e persistente rilevanza economica e finanziaria dei paesi arabi esportatori di petrolio; la progressione lenta, ma continua, della Turchia; più di recente, proprio dai primi anni del 21° sec., lo sviluppo produttivo degli stati centro-asiatici ex sovietici; la ripresa dei processi di sviluppo in gran parte dell'A. russa; e soprattutto la rapidissima e recente espansione delle economie dell'India e più ancora della Cina. Accanto a questo aspetto, rilevantissimo è il crescente peso demografico del continente, sostenuto da molti dei paesi cui si è fatto cenno (per es. Cina e India, rispettivamente oltre 1,3 e 1,2 miliardi di ab.), ma almeno anche da Pakistan, Filippine e Indonesia (rispettivamente 185, 94 e 238 milioni di ab.), i cui mercati interni stanno crescendo a un ritmo tale da trascinare un rapido adeguamento delle capacità produttive (senza considerare il Bangladesh, 164 milioni di ab., posto da un marcato ritardo di sviluppo per ora al margine dell'evoluzione più recente del continente). Nel suo insieme, l'A. ospita ormai circa 4,2 miliardi di persone: ben oltre la metà della popolazione mondiale; malgrado le nettissime differenze distributive, perfino il valore della densità media continentale (di poco inferiore a 100 ab./km²) presenta ormai una dimensione ragguardevole. Appare quasi inutile aggiungere che il peso demografico, oltre che sul piano economico, ha rilievo anche sotto altri riguardi: per es., quello geopolitico e militare; ma anche quello pacificamente migratorio, che torna ad alimentare visioni catastrofiste di invasioni torrenziali, periodicamente agitate nei paesi di tradizione occidentale. La demografia dell'A. è tuttavia molto variegata secondo le regioni e le condizioni di sviluppo dei vari stati. Accanto a situazioni di incipiente declino demografico (fra tutte, il Giappone), sostanzialmente simili a quelle che si registrano nei paesi avanzati, si registrano dinamiche demografiche ancora molto vivaci: i paesi del Vicino Oriente, eccetto Turchia, Iran e alcuni paesi del Golfo, ma inclusa Israele, hanno una natalità ancora superiore al 2%, e attorno a questo tasso si collocano anche i paesi dell'Asia centrale ex sovietica e l'India; ben superiori sono i valori di Pakistan, Afghanistan (qui si supera il 4%) e Filippine; alquanto inferiori invece quello dell'Indonesia, dei paesi della penisola indocinese e, soprattutto, della Cina, il cui tasso di natalità è sceso attorno all'1,2%. Si conferma così la previsione di un sorpasso demografico a brevissimo termine dell'India rispetto alla Cina, che sta ormai completando la transizione demografica. Più o meno parallelamente al rallentamento demografico è proceduto lo sviluppo umano, per cui il relativo indicatore appare generalmente migliore per i paesi con natalità rallentata e peggiore per gli altri. La crescita demografica ha comportato una forte espansione dei mercati interni e questa, con lo sviluppo organizzativo e la modernizzazione delle infrastrutture, ha da un lato richiesto e dall'altro consentito l'aumento di produzione sia di beni alimentari (raggiungendo il soddisfacimento dei bisogni primari, quasi ovunque, già nel corso degli anni Sessanta) sia di beni industriali, strumentali e di consumo. All'aumento di produzione va ricondotto il dinamismo estero di Cina e India, alla ricerca di mercati di sbocco, ma anche di materie prime (dinamismo cui è stato peraltro imputato, secondo argomentazioni peraltro controverse, un aumento della domanda e quindi dei prezzi delle materie prime a livello mondiale). Settori come la la siderurgia, la cantieristica, l'automobile, il tessile, l'edilizia, le materie plastiche, ma anche l'elettronica, l'elettrotecnica, la chimica, la componentistica meccanica di precisione, la telefonia e così via vedono ormai l'industria asiatica primeggiare negli scambi. Fra i principali clienti, peraltro, ci sono proprio i paesi di antica industrializzazione (USA per primi), per prodotti sia di massa e di basso costo, sia a contenuto tecnologico elevato, e provenienti tanto da paesi asiatici di vecchia industrializzazione (Giappone, Corea del Sud, Taiwan ecc.), quanto da quelli cosiddetti emergenti. È opportuno sottolineare che l'emersione dell'A. poggia non soltanto sulla maturazione di potenzialità, a lungo incubate, in campo organizzativo e produttivo, ma anche su retroterra culturali solidi e condivisi, che producono dinamiche sociali e politiche inattuabili altrove e poco comprensibili da parte degli occidentali (eppure ben efficienti). Tra i moltissimi esempi possibili, si pensi alla politica di controllo delle nascite perseguita in Cina, stigmatizzata in Occidente come inaccettabile limitazione alla libertà, ma sostanzialmente seguita dalla popolazione cinese fino all'ottenimento del risultato; è anche mediante opzioni di questo tipo, che in A. si è potuto raggiungere i traguardi odierni, suscitando contraccolpi interni in fondo assai meno duri di quanto sarebbe potuto accadere nei paesi occidentali. Su un piano leggermente diverso si colloca poi l'autoconsapevolezza culturale e politica di molte delle popolazioni dell'A., estranee a sentimenti di insufficienza o minorità nei confronti dell'Occidente e restie a lasciarsi influenzare dalle posizioni occidentali, e tanto meno a rinunciare agli obiettivi di sviluppo, autonomamente elaborati.