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BARBOLANI, Asdrubale

di Roberto Cantagalli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)
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BARBOLANI, Asdrubale

Roberto Cantagalli

Nacque intorno al 1553,primo di due figli naturali di Giovanni dei conti di Montauto, che, morendo nel 1582,lo legittimò insieme con il secondogenito Torquato, ma senza riconoscer loro alcun diritto di giurisdizione sulla contea. La madre discendeva da un dipendente della contea di Montauto in Val Tiberina, dove viveva ancora, malata e vecchia, nel 1604. Frequentò lo Studio di Siena (di cui era governatore il parente Federico Barbolani di Montauto), ove si addottorò in utroque iure il 31 maggio 1576.Terminati gli studi, sempre per interessamento di Federico di Montauto, passò a Roma con lettere di presentazione di quest'ultimo al cardinale Ferdinando de' Medici, protettore degli affari ecclesiastici di Spagna, al segretario del cardinale, Piero Usimbardi, e a Pompeo del Monte. Scartata la eventualità, poco confacente agli studi compiuti, di trovare una sistemazione come scudiero, riuscì, in seguito, ad essere accolto in qualità di segretario dal cardinale Baronio, col quale rimase parecchi anni.

Nel 1596, succedendo a Giovanni Uguccioni, venne nominato residente di Toscana a Venezia, dove rimase, salvo una breve licenza in Toscana tra il 1609 e il gennaio 1610, fino al 1618, quando gli successe Niccolò Sacchetti. A cinquant'anni circa fu ordinato sacerdote. Sembra che, nonostante il suo proposito di vivere gli ultimi tempi della vita in un convento di Venezia, i granduchi lo rivolessero in Toscana. Con i modesti risparmi di lunghi anni di lavoro beneficò di "un'ombra di feudo" i figli di suo fratello Torquato, morto in miseria nel 1610, dopo ventidue anni di servizio prestato in casa Medici tra Grosseto e Livorno. Mancano altre notizie sul B.; non hanno fondamento le affermazioni del Sebregondi e dello Spreti secondo le quali egli sarebbe stato residente mediceo a Venezia rispettivamente per trenta o per trentasette anni. Il Sebregondi afferma inoltre, non si sa in base a quale documento, che egli morì in quella città nel 1637.

Le sue corrispondenze da Venezia, difficili a decifrarsi per la grafia piuttosto oscura, costituiscono una fonte di notizie interessanti su molti retroscena della politica veneziana e sui rapporti tra la Serenissima e Firenze, che, come è noto, dal tempo del granduca Francesco I furono tutt'altro che cordiali. Si dànno particolari sulla minacciata guerra di don Cesare d'Este per la vertenza col papa circa Ferrara; informazioni su Ottavio Abbioso, ex protetto di Bianca Cappello, ambiguo predecessore del B. a Venezia dal 1576 al 1584 e poi vescovo di Pistoia. Si fanrio presenti le difficoltà di attirare a Firenze, secondo il desiderio del governo mediceo, lavoranti di seta e lana, dato che essi guadagnano in un giorno a Venezia quanto a Firenze in quattro, godono di maggiore libertà e non vengono tiranneggiati dai mercanti che colà non son nobili come a Firenze. Il B. dà giudizi sulla guerra d'Ungheria e sull'opera di don Giovanni de' Medici, né gli sfuggono i sospetti dell'imperatore nei riguardi delle manovre spagnole. Sottolinea poi il grave errore che, a giudizio di Ferdinando de' Medici, ha commesso Enrico IV consegnando Saluzzo a Carlo Emanuele di Savoia, con il conseguente indebolimento alle porte d'Italia della potenza francese in funzione antispagnola. Per ordine del granduca, si interessa alla riconferma di Galilei alla cattedra di Padova e ragguaglia sulla invenzione del cannocchiale, fatta da Galilei in quella città "con l'aiuto di fra Paolo Sarpi che si dubita ne sia il primo inventore". Ampia eco poi trova nelle sue corrispondenze la clamorosa vertenza giurisdizionale tra Paolo V e la Serenissima: il B., che aveva ricevuto l'ordine di non muoversi da Venezia durante l'interdetto per favorire la mediazione di Francia e Spagna tra Venezia e la Santa Sede' dichiara apertamente che l'aggressione al Sarpi è avvenuta "per opera dei Nunzio". Infine si lumeggia la figura dell'ambasciatore spagnolo a Venezia marchese di Bedmar, destinato di Il a non molto a tentare il colpo di mano spagnolo contro la libertà della Repubblica.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, ff.1873a, 2637, 29953004, 3004a, 3004b, 3046, 4758; G. Galilei, Opere,ediz. naz.'X, pp. 147, 159, 160, 161'202, 319, 356, 364, 384, 404; XI, p. 64; XII, pp. 214, 224; XX, p. 488; V. Spreti, Encicl. stor. nobiliare italiana, I, Milano 1928, ]P. sio; C. Sebregondi, Famiglie patrizie fiorentine, I, Barbolani di Montauto,Firenze 1940, tav. gen. XI; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato (1537-1737), Roma 1952, p. 129.

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