Vedi ASCOLI PICENO dell'anno: 1958 - 1994
ASCOLI PICENO (῎Ασκουλον, ῎Ασκλον, ῎Ασκλον τὸ Πικηνόν, ῎Ασκλος, Asculum Picenum, Asculum, Asclum Picenum, Asclus)
Città, oggi capoluogo delle Marche, posta in parte sopra un terrazzo cuneiforme, isolato per tre lati dai fiumi Tronto e Castellano nel punto di confluenza, che ospitò fin dall'età neolitica il primitivo nucleo di questo centro destinato - in virtù delle evidenti possibilità difensive e della sua postura nella vallata del Tronto - a crescere d'importanza tra gli abitati piceni dell'Età del Ferro,
A. fu la città più importante dell'intera regione; i Romani la sottomisero nel 268 a. C. In seguito fu il centro della guerra sociale, la quale proprio ad A. ebbe inizio nel 91 a. C., e ancora tra le mura della città, messa a sacco da Pompeo Strabone, si concluse nell'89 a. C., dopo la sanguinosa lotta guidata dall'ascolano Vidacilio. Ingenti per numero e interessanti per le loro iscrizioni sono le ghiande missili recuperate in passato, sui luoghi di battaglia e specialmente sulle rive del Castellano. A. parteggiò per Cesare nel 49 a. C.; fu poi colonia triumvirale o augustea e fiorente città agricola durante l'Impero.
Cospicue sono le vestigia dei suoi varî periodi storici, sia nella città stessa che nel territorio. Tuttavia per l'età preromana gli oggetti notevoli, e spesso eccezionali, provengono dai dintorni di A., come le spade tipo Hallstatt di Rocca di Morro, che figurano tra gli esemplari più arcaici dell'Età del Ferro. Dell'età romana A. possiede monumenti di grande pregio. Intanto il tracciato generale della città è sostanzialmente quello antico: l'arx è da ubicarsi sul colle dell'Annunziata, dove è oggi la Rocca Pia, e le imponenti sostruzioni romane, poste a mezza costa, sono forse da riferirsi al capitolium. Il percorso delle mura non poteva che seguire l'andamento naturale ed obbligato segnato dalle sponde dei fiumi incassati e quindi corrispondere al tracciato della cinta medievale. Solo a S-O se ne distaccavano per affrontare il ripido colle dell'Annunziata, come provano i considerevoli tratti di muro ad opus reticulatum, allineati con Porta Gemina e diretti a S.
Il decumanus maximus è probabilmente l'odierno corso Mazzini, che va, perfettamente orientato, da Porta Gemina alle mura orientali presso il Castellano, con un percorso di oltre 1300 m; invece la via Salaria, che pure entrava dalla medesima porta, aveva una direzione più meridionale e alquanto divergente (via Adua, piazza Arringo), per giungere al ponte detto "di Cecco", attraverso il quale usciva dalla città. Il cardo maximus sembra conservato da via Pretoriana che, scendendo al colle dell'Annunziata, prosegue per via Malta ed infine piega ad O verso il ponte Solestà: cosicché il Foro, all'incrocio con il decumano, coinciderebbe con l'attuale centro cittadino (piazza del Popolo). Il toponimo via "del Foro" concorda con questa ricostruzione; tuttavia la tradizione locale situerebbe il Foro nella piazza Arringo. Particolare nota meritano alcuni importanti monumenti architettonici superstiti. Gli avanzi del teatro, non ancora esplorato, si trovano appoggiati alle pendici del colle dell'Annunziata. Invece ottimamente conservata tra le fortificazioni occidentali è la Porta Gemina, in travertino locale, d'età immediatamente pre-augustea: poggiando su tre saldi pilastri, essa apre due passaggi carrai sormontati da archi a tutto sesto. Caratteristica la chiesa di S. Gregorio Magno (sec. XII) che ha incorporato, senza sopraffarlo, un tempio pagano (lungh. m 20,21; largh. m 11,15) prostilo, tetrastilo, di ordine corinzio, su alto podio. Anche questo si data in età vicina ad Augusto. Infine A. conserva due ponti romani in travertino: l'uno sulle rive del Castellano, all'uscita della Salaria, è d'età repubblicana; l'altro, augusteo, si erge fra le alte rive del Tronto, permettendo l'uscita alla deviazione della Salaria per Fermo. Il primo - ora semidistrutto dalle mine tedesche postevi durante la seconda guerra mondiale - detto "di Cecco", è ad opera isodoma ed aveva due luci di diversa ampiezza (rispettivamente m 14,50 e m 7,15), con gli archi impostati pure ad altezza diversa sull'unico pilone centrale.
Il secondo, detto di Solestà o dei Cappuccini, è ad unico arco a tutto sesto (luce m 22,20; alt., fino al piano di calpestìo, m 25), costruito ad opera pseudo-isodoma, ornato di sobrie decorazioni architettoniche che ne scandiscono le varie parti funzionali. Nel 1938 un radicale e ingegnoso restauro ha ricavato alcuni locali nell'interno delle spalle del ponte, dove è sistemato un piccolo museo del ponte stesso.
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