asciugare
Appare tre volte nelle opere sicuramente dantesche (una volta anche nelle Rime dubbie), sempre in poesia. Ha il significato comune di " togliere via l'umidità ", e più precisamente di " tergere gli occhi dalle lagrime ", in Rime CIV 51, con costrutto riflessivo : costei che m'è da lato / e che s'asciuga con la treccia bionda.
Nelle parole dell'idropico mastro Adamo, evocanti con un moto di avido desiderio i ruscelletti del Casentino, il verbo scivola dal valore di " disseccare ", " inaridire ", in quello traslato di " accrescere l'arsura ", e mette in rilievo la sete che tormenta il dannato :
Li ruscelletti... / sempre mi stanno innanzi, e non indarno, ché l'imagine lor vie più m'asciuga / che 'l male ond'io nel volto mi discarno (If XXX 68).
Una volta vale " sottrarre " acqua al mare facendola evaporare : là 've si rende per ristoro / di quel che 'l ciel de la marina asciuga (Pg XIV 35).
Infine in Rime dubbie III 5 8 Ver è ch'ad ora ad ora indi discende / una saetta, che m'asciuga il lago / del cor pria che sia spenta, l'espressione ‛ a. il lago del cuore ' assume, secondo il Contini, il senso figurato di " dissanguare ".