ASCESSO (lat. abscessus cfr. abscēdo "mi allontano")
Per ascesso s'intende una raccolta di pus nei tessuti del nostro organismo, i quali si dissociano (donde il nome) nella loro compagine, in modo da circoscrivere una cavità dove si raccoglie l'essudato purulento o pus (v.). L'ascesso è pertanto la conseguenza, uno degli esiti, del processo infiammatorio acuto provocato da germi piogeni (v. suppurazione).
Vi si distingue una parete e un contenuto. La parete della cavità ascessuale è formata dal tessuto stesso nel quale i germi si sono localizzati; potrà essere quindi costituita dalla cute, dal cellulare grassoso sottocutaneo, dal tessuto muscolare, dal periostio, dal tessuto osseo, da qualsiasi organo o viscere del corpo. Qualunque sia però il tessuto od organo, esso, nel tratto che sta in immediato contatto col pus, reagisce per opporsi alla diffusione del focolaio suppurativo, e questa reazione consiste in un'attivissima moltiplicazione degli elementi connettivali che formano lo stroma di tutti i tessuti, elementi che vengono a costituire una barriera di tessuto finemente granulare (tessuto connettivale giovane, neoformato, detto anche di granulazione), che tende a circoscrivere la raccolta purulenta, e che è stato erroneamente chiamato membrana piogenica. Il detto tessuto non è infatti una membrana, né produce il pus, ma è un semplice tessuto di reazione, di difesa; quel tessuto che l'organismo, di fronte a qualsiasi stimolo, sia batterico, sia da corpi estranei, sia traumatico, produce per neutralizzare o, per lo meno, circoscrivere lo stimolo, per incapsulare un corpo estraneo, per colmare una qualsiasi discontinuità o perdita di sostanza. Il contenuto dell'ascesso è rappresentato dal pus.
La raccolta ascessuale, e conseguentemente la cavità, che all'inizio può essere piccolissima, aumenta di ampiezza per il progressivo accumularsi dell'essudato liquido e leucocitario, che, a causa della persistente vitalità e virulenza dei germi piogeni, continua incessantemente a fuoruscire dai vasi circostanti, trasformandosi successivamente in pus, distendendo fortemente, e in parte anche colliquando, le barriere create dai tessuti circostanti, e confluendo per conseguenza con gli altri eventuali focolai suppurativi vicini.
Se, per l'energica reazione difensiva del tessuto e l'indebolimento dell'azione offensiva dei germi, si arresta la formazione dell'essudato, l'ascesso può subire un processo di lenta involuzione per assorbimento prima della sua parte liquida e poi della parte corpuscolare, con contemporanea e progressiva retrazione della sua parete, le cui granulazioni connettivali giovani colmeranno la cavità ascessuale, trasformandosi gradatamente in connettivo adulto, fibroso.
Qualche volta, avvenuto il riassorbimento della parte liquida, la sostanza corpuscolare può andare incontro, per deposito di sali calcarei, a calcificazione. Se invece l'ascesso continua la propria evoluzione, la raccolta purulenta potrà, per progressiva distensione dei tegumenti e dei tessuti in genere, ulcerare la cute, le mucose e vuotarsi all'esterno o in una cavità (bronchi, stomaco, intestino, vescica, ecc.). Appena il pus, sia per rottura spontanea dell'ascesso, sia perché questo è inciso dal chirurgo, si vuota, la parete si retrae, e la cavità si riduce notevolmente di volume, venendosi poi gradatamente a colmare con tessuto cicatriziale. Talora, in seguito all'apertura dell'ascesso, possono residuare delle fistole: esito frequente negli ascessi perianali.
All'ascesso sogliono darsi nomi varî a seconda della sede in cui si forma. Si dà il nome di pustola alla raccolta purulenta che si forma negli strati più superficiali della cute, fra il derma e l'epidermide; di foruncolo, alla raccolta purulenta che si costituisce attorno al follicolo pilifero. Se poi il pus si raccoglie, non in una cavità creatasi a spese dei tessuti per il descritto processo di distruzione colliquativa, ma in una delle normali cavità chiuse esistenti nell'organismo (cavità pleurica, cavità articolare, borse sierose, ecc.), più che di ascesso pleurico, endoarticolare, ascesso delle borse sierose, si parla abitualmente di plettrite purulenta o empiema, di piartro, di borsite purulenta. Ma, anche indipendentemente da queste speciali sedi, quando l'ascesso è l'esponente del processo infiammatorio che ha colpito un determinato organo, ad es. la mammella, l'appendice, ecc., si usa parlare di mastite purulenta o suppurativa, di appendicite purulenta, ecc.
Ma poiché l'ascesso è l'esito di un processo infiammatorio acuto del tessuto connettivo, la sua formazione è sempre preceduta da quei fatti infiammatorî acuti che caratterizzano il flemmone, e accompagnata dai sintomi infiammatorî proprî della fase suppurativa, cioè: tumefazione e arrossamento della cute, più o meno notevole, quanto più superficiale è l'ascesso; aumento della temperatura locale, della cute, cioè, della regione dove ha sede l'ascesso; edema della pelle, più o meno diffuso alle regioni circostanti; rammollimento circoscritto alla zona dove si è formata la raccolta liquida, la quale, se estesa e non eccessivamente profonda, farà apprezzare alla pressione bidigitale quella caratteristica trasmissione dell'onda, propria a tutte le raccolte liquide, la cosiddetta fluttuazione; dolore più o meno intenso alla pressione; e, come manifestazioni generali, malessere, disappetenza, spesso cefalea, elevamento di temperatura.
La febbre da suppurazione ha caratteri speciali, che la fanno distinguere ordinariamente da altri processi febbrili. L'elevazione di temperatura di solito si manifesta nelle ore pomeridiane, è preceduta da brivido più o meno lieve, e la temperatura si eleva gradatamente, sì da raggiungere nello spazio di alcune ore i 38°-39°, talora anche più. Si mantiene per qualche ora al suo acme e poi lentamente comincia a diminuire, sino a raggiungere, durante la notte o nelle prime ore del mattino, una temperatura di pochi decimi superiore alla normale (febbre remittente), ovvero la temperatura normale, e talora anche inferiore ai 37° (febbre intermittente). La defervescenza è spesso accompagnata da sudore.
Quando l'ascesso si vuota, la temperatura la sera stessa, o al più la sera successiva, subisce una forte diminuzione e può cadere a 37° e spesso al disotto.
Alcuni ascessi, o per attenuata virulenza dei comuni germi piogeni (stafilococchi, streptococchi), o per la speciale natura del microrganismo (bacterium coli), possono non presentare accentuati fatti infiammatorî sia locali sia generali, e decorrere senza elevamento di temperatura e talvolta con temperatura subnormale.
In base alla maggiore o minore accentuazione dei sintomi infiammatorî suesposti e alla rapidità di evoluzione della raccolta ascessuale, si distinguono i tipici ascessi caldi, a decorso acuto, di solito dovuti ai comuni piogeni (stafilococchi e streptococchi) fortemente virulenti, dagli ascessi in via di raffreddamento, a decorso subacuto, e dagli ascessi freddi, nei quali le note infiammatorie sono oltremodo attenuate e poco apprezzabili.
Il nome però di ascesso freddo viene comunemente dato alle raccolte siero-caseose che si formano in seno ai tessuti colpiti da processi tubercolari (v. tubercolosi), raccolte che, non essendo formate da pus, potremmo al più chiamare purisimili: il loro contenuto è un liquido sieroso, torbido, lattescente, formato dal prodotto di disgregazione di quella sostanza caseosa, amorfa, che rappresenta l'esito della caratteristica degenerazione, o necrosi caseosa, del granuloma tubercolare. Negli ascessi da piogeni, invece, sia caldi, sia in via di raffreddamento o raffreddati, il contenuto è formato da quel liquido denso, cremoso, che è costituito dai caratteristici globuli o corpuscoli purulenti. Raccolte purisimili sono anche quelle prodotte da altri germi di flogosi cronica, quali l'actinomyces e gli sporotrichi. Tutte queste raccolte purisimili, che si designano anche col nome di ascessi micotici, decorrono senza fatti infiammatorî acuti e cronicamente. Quelle da sporotrichi non hanno tendenza a estendersi e a ulcerare la pelle.
Gli ascessi si curano con opportuno vuotamento del pus.
Ascesso primitivo. - È l'ascesso che si forma là dove l'agente infettivo, fissandosi, ha determinato il primo focolaio suppurativo.
Ascessi secondari. - Si chiamano così quelli che si formano per propagazione dei germi da un focolaio ascessuale primitivo.
Ascesso ossifluente. - È la raccolta purulenta, o purisimile, nella quale l'essudato proviene da un focolaio infiammatorio osseo; e siccome in questi casi l'essudato, seguendo il decorso dei muscoli o dei piani e interstizî connettivali, tende, per gravità, ad accumularsi nei tessuti più declivi ristagnandovi, quasi come fa il sangue nei casi di stasi, così si chiama anche mcesso da congestione.
Ascesso metastatico. - È l'ascesso che si origina per trasporto, attraverso il torrente circolatorio, dei germi provenienti da un focolaio suppurativo, germi che, trovando in altri punti dell'organismo condizioni favorevoli di attecchimento, vi si localizzano, dando origine a nuove formazioni ascessuali.
L'ascesso metastatico quindi è sempre secondario a un' affezione suppurativa primitiva; esso può a sua volta essere causa di nuovi ascessi metastatici, ciascuno dei quali, a sua volta, può dare origine, con lo stesso meccanismo, ad altri ascessi.
La formazione di ascessi metastatici multipli caratterizza quella infezione generalizzata che va sotto il nome di piemia.