ASCELINO (Azzelino; erroneamente anche Anselmo)
Monaco domenicano del sec. XIII. La sua vita è molto poco nota. Il cronista Tolomeo da Lucca lo dice lombardo. Nel marzo dell'anno 1245, pochi mesi avanti il concilio di Lione, venne inviato dal pontefice Innocenzo IV ai Mongoli d'Iran, portatore d'una missiva papale che li invitava a non molestare più oltre paesi cristiani e a convertirsi. La sua missione si inserisce quindi nel quadro di tutta un'attività diplomatica avviata dal papa dopo il panico causato dalla grande invasione mongola in Europa orientale (1236-1242); nella stessa occasione venne inviato il francescano Giovanni da Pian del Carpine direttamente al gran khan in Mongolia. Strada facendo A. si prese come compagni i frati Alberto, Alessandro e Simone da Saint-Quentin; quest'ultimo scrisse la storia della missione in un'opera ora perduta, che si intitolava verosimilmente Historia Tartarorum.
Non sappiamo con precisione quale fosse l'itinerario seguito. Pare che A. si recasse per mare nei possedimenti franchi di Terrasanta e colà rimanesse per un certo tempo, in attesa del momento opportuno per proseguire. Di là dovette dirigersi verso il nord attraverso l'Armenia; e certo comunque che passò per Tiflis in Georgia, dove dal 1238 circa esisteva un convento domenicano. Colà A. si aggregò come guida e interprete fra' Guicciardo da Cremona. Da Tiflis i frati raggiunsero gli accampamenti del generale Baiju Noyan (che Simone chiama Boiothnoy), rappresentante del gran khan nei paesi iranici. Il campo era nella località di "Sitiens" (Sisian delle fonti armene) non meglio identificata, ma comunque a nord del fiume Arasse. A. vi giunse il 24 maggio 1247, e immediatamente consegnò a Baiju la lettera di Innocenzo IV "al re ed al popolo dei Tartari", perché la trasmettesse al gran khan Güyük a Qaraqorum. Baiju avrebbe voluto che A. la portasse di persona, ma il domenicano si rifiutò recisamente di farlo. Di temperamento altero e poco flessibile, conscio della sua dignità di inviato del capo della cristianità, A. non seppe dispiegare alcuna dote di diplomatico, rifiutandosi di fare la triplice genuflessione d'uso e generalmente attirandosi l'ostilità di Baiju. Quest'ultimo, personalmente ben disposto verso i Latini, con cui i Mongoli cercavano una cooperazione militare contro i musulmani, ben presto s'infuriò, ed A. corse serio pericolo di vita. Tuttavia il capo mongolo finì col calmarsi e con l'accettare di trasmettere al gran khan le lettere papali. Poco dopo giungeva al campo Eljigidei, nominato successore di Baiju come comandante mongolo in Iran; ma il suo arrivo non modificò in nulla la situazione.
Dopo un penoso soggiorno di varie settimane, il 25 luglio 1247 i domenicani ebbero licenza di partire, con l'incarico di portare al papa una copia d'una lettera di carattere generale inviata da Güyük a Baiju per invitare i popoli d'occidente a sottomettersi, nonché una lettera scritta da Baiju in risposta a quella di Innocenzo IV, di contenuto sostanzialmentenegativo. Due inviati mongoli, Aibeg e Sergis, quest'ultimo certamente cristiano nestoriano, accompagnarono Ascelino. Il gruppo si diresse dapprima a Tabriz, dove si trattenne per qualche giorno. Di là essi pervennero a S. Giovanni d'Acri, donde passarono in Europa. Il cronista Matteo di Parigi menziona l'arrivo dei due inviati mongoli nell'estate 1247; per loro tramite Innocenzo IV rispose a Baiju in data 22 nov. 1248 con la lettera "Viam agnoscere veritatis". Ma A. non viene menzionato in queste occasioni e nessuna fonte ne fa più parola.
Fonti e Bibl.: Il poco che si sa del viaggio di A. deriva quasi tutto da alcuni Passi di Simone da Saint-Quentin conservati da Vincenzo da Beauvais in vari capitoli dei libro XXXI (o XXXII: cfr. Pelliot, p. 277) del suo Speculum Historiale, (cfr. Speculi maioris Vincentii Burgundi presulis Belvacensis IV, Venetiis 1591, libro XXXI, capp. XI, ss., pp. 448, 453 ss.). Lo studio quasi definitivo dello scarso materiale esistente è ancora quello di P. Pelliot, Les mongols et la papauté, II, I: Ascelin, in Revue de l'Orient Chrétien, XXIV(1924), pp. 262-335. Cfr. anche B. Altaner, Die Dominikanermissionen des 13. Jahrhunderts, Habelschwerdt 1924, pp. 122-131; G. Soranzo: Il Papato, l'Europa cristiana e i Tartari, Milano 1930, pp. 114-119 (ingiustamente scettico sull'autenticità del racconto); Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., III, coll. 461 s. (sub voce Anselme); Encicl. Ital., IV, pp. 784 s.; Encicl. Cattolica, II, p. 82.