MARRI, Ascanio
– Nacque a Siena alla metà degli anni Trenta del Cinquecento da Andrea di Lazzaro. Dal gennaio 1542 al febbraio 1548 fu «cantorino», ossia putto cantore, del coro della cattedrale della sua città, dove probabilmente si formò nella grammatica, nel canto e nella composizione. Acquisita un’adeguata preparazione come suonatore di trombone e cornetto, nel dicembre 1546 fu assunto nel gruppo dei «piffari» del Palazzo pubblico: dapprima come soprannumerario, poi, dal 31 dic. 1551, quale membro stabile in sostituzione del defunto trombonista Valerio; infine, dagli anni Sessanta, come maestro di cappella.
Al pari di analoghi complessi civici di fiati diffusi un po’ dappertutto in Europa, i piffari del Palazzo pubblico senese svolgevano funzioni di rappresentanza cerimoniale e simbolica del potere politico, dovendo provvedere a un adeguato accompagnamento musicale alle attività istituzionali del capitano del popolo e dei priori. I componenti del gruppo, ridotti a cinque in seguito al passaggio di Siena sotto il controllo mediceo, oltre che suonare gli strumenti, erano soliti cantare durante le cerimonie religiose celebrate nella cappella del Palazzo pubblico. I piffari che non assolvevano agli obblighi contrattuali erano soggetti a sanzioni più o meno severe. Il M. stesso ne subì perlomeno un paio: nel novembre 1559, quando fu punito con un giorno di prigione per non aver suonato con gli altri colleghi mentre i priori erano a tavola; nonché nel giugno 1561, quando fu condannato a dieci giorni di carcere – ma presto rilasciato grazie ai buoni uffici del governatore della città – per non essersi presentato a un servizio liturgico.
In qualità di maestro dei piffari, al M. competeva la scelta del repertorio da eseguire. Nell’aprile 1564 acquistò per tale uso una copia della Musica nova di A. Willaert, raccolta di mottetti e madrigali edita un lustro prima. Di due testi petrarcheschi ivi presenti (Amor, Fortuna e la mia mente schiva e Onde tolse amor l’oro e di qual vena), esistono anche versioni del M. apparse nel suo Primo libro de madrigali a sei voci (Venezia, Figliuoli di Gardano, 1574).
Il favore non episodico accordato dal M. al Canzoniere, peraltro del tutto conforme al gusto allora dominante in poesia e in musica, era perfettamente rispondente alle richieste del mercato librario: quattro sonetti di Petrarca compaiono infatti nel suddetto Primo libro de madrigali a sei voci e uno di essi, Pien di quella ineffabile dolcezza, costituisce un unicum in campo musicale. Petrarca è il principale poeta intonato dal M. pure nel successivo Primo libro de madrigali a cinque voci (ibid., 1575), con dedica a Camillo Chigi, di cui sopravvive soltanto la parte di basso. Da ricondurre al petrarchismo in voga, inoltre, la scelta di gran parte dei versi da lui intonati, perlopiù di paternità non accertata, a parte quelli di Luigi Cassola e Francesco Beccuti detto il Coppetta (i cui sonetti Dolci, mentre ’l ciel volse, amate spoglie e Amor m’ha posto come scoglio a l’onda utilizzati nei madrigali a sei, non risultano musicati in precedenza), e del veneto Marco Bandarini nei madrigali a cinque.
Oltre a tali monografie madrigalistiche, la produzione del M. è testimoniata da due brani inclusi nel Quinto libro delle muse (Venezia, Figliuoli di Gardano, 1575). Questa miscellanea delinea bene il milieu musicale senese, come si nota dagli autori in indice, fra i quali l’emergente Orazio Vecchi, il suo maestro Salvadore Essenga e Andrea Feliciani, i cui nomi risultano nei libri paga della cattedrale. Il modenese Vecchi vi fu tenore per tre anni; Essenga, anch’egli di Modena, maestro di cappella dal 10 febbr. 1571 (1570 nello stile fiorentino) alla morte, nel maggio 1575; Feliciani dalla fine del 1575.
Fra i madrigali del M. inclusi nel Quinto libro delle muse, particolare interesse riveste Sì soav’è l’inganno (ed. in Osthoff, II, pp. 79-84), coro della Clizia di N. Machiavelli (nonché della Mandragola, dove però sarà accolto per la prima volta soltanto nell’edizione Cambiagi di fine Settecento), da cui traspare un ulteriore aspetto della sua attività, vale a dire l’interesse per il teatro e la musica rappresentativa portato avanti come affiliato, con l’appellativo di Stantio, alla prestigiosa Accademia degli Intronati di Siena.
È noto che nel luglio 1559 il M. aveva partecipato come attore, in veste di fauno, a una commedia villanesca allestita in casa dell’accademico Fausto Bellanti. Inoltre compose il dialogo di pastori e ninfe a otto voci Venite a l’ombra, al tempo nuovo e bello, ascoltato nelle vie di Siena per un calendimaggio di cui riferisce un tardivo resoconto edito anonimo dallo stampatore Luca Bonetti nel 1589, ripubblicato nei Mazzetti di fiori delle rime di più valenti poeti toscani dell’accademico intronato Scipione Bargagli (Siena 1604). Pertanto non stupirebbe affatto se il madrigale da Machiavelli, sebbene esemplato non sulla stampa della Clizia, ma sulla lezione lievemente differente pubblicata tra le postume Rime volgari di Lodovico Martelli (1533), fosse servito per una qualche recita senese della commedia: la stesura musicale si presterebbe a questo uso per via del passo omoritmico e della compattezza dei gruppi dialoganti che rendono comprensibile il senso del testo, proprio come si richiede in teatro.
Nel giugno 1575, dopo la morte di Essenga, il M. fu nominato maestro di cappella della cattedrale di Siena, pur senza abbandonare il posto di maestro dei piffari al Palazzo pubblico. Cumulare due lavori e due paghe, infatti, gli era stato concesso dal governo cittadino in considerazione dei molti figli a carico e dell’impegno da lui assunto a non trascurare l’incarico civico.
Il M. morì nel 1575 a Montefiascone in seguito alle conseguenze di un grave incidente occorsogli a Roma, dove si era recato con la Compagnia di S. Caterina per il giubileo: trovandosi in S. Pietro, mentre si mostrava ai fedeli il Volto Santo, gli cadde sul capo un candeliere che lo ferì gravemente. Trasportato in lettiga verso Siena, spirò sulla via del ritorno.
Fonti e Bibl.: Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, Mss., A.IV.7: Memoria della andata a Roma dei musici di cappella del duomo di Siena per il giubileo del 1600, c. 58; Cantata pastorale fatta per calen di maggio, in Siena; per rime e imprese, nuova, e dilettevole, Siena 1589, p. 11; R. Morrocchi, La musica in Siena. Appunti storici relativi a quest’arte e a’ suoi cultori, a cura di L. Banchi, Siena 1886, pp. 40 s., 83; L. Sbaragli, I «Tabelloni» degli Intronati, in Bull. senese di storia patria, XLIX (1942), p. 193; W. Osthoff, Theatergesang und darstellende Musik in der italienischen Renaissance (15. und 16. Jahrhundert), I-II, Tutzing 1969, I, pp. 243-247; II, pp. 79-84; R. Chiesa, Machiavelli e la musica, in Riv. italiana di musicologia, IV (1969), p. 25; N. Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino 1975, p. 193; D. Seragnoli, Il teatro a Siena nel Cinquecento. «Progetto» e «modello» drammaturgico nell’Accademia degli Intronati, Roma 1980, p. 137; A. Mazzeo, Compositori senesi del ’500 e del ’600, Siena 1981, pp. 13 s.; L. Riccò, Giuoco e teatro nelle veglie di Siena, Roma 1993, pp. 34, 126; F. D’Accone, The civic muse. Music and musicians in Siena during the Middle Ages and the Renaissance, Chicago-London 1997, ad ind.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 45; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, pp. 343 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Appendice, p. 518; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, p. 883.