JACOVACCI, Ascanio
Nacque probabilmente intorno al 1550 da una famiglia romana di grandi tradizioni che diede alla Chiesa diversi cardinali. Marzia, prozia dello J. e sorella del cardinale Domenico Jacovacci, era nonna di Urbano VII Castagna, morto il 27 sett. 1590 dopo un pontificato di appena dodici giorni. Fu cardinale anche lo zio dello J., Cristoforo, auditore della Rota e datario sotto Paolo III.
La famiglia nutriva grandi aspettative anche per la carriera curiale dello J., iniziata, dopo la laurea in utroque iure, nel 1577 sotto Gregorio XIII con la nomina a referendario delle due Segnature. Nel 1579 fu governatore di Todi, nel 1580 di Fano, nel 1582 di Orvieto, nel 1584 di Camerino e nel 1585 di Spoleto. Inoltre nel 1584 fu nominato da Gregorio XIII protonotario de numero participantium. La sua attività nell'amministrazione ecclesiastica proseguì con i pontificati successivi ancora con compiti di governatore: nel 1588 Sisto V lo inviò di nuovo a Fano, Gregorio XIV a Jesi nel 1591 e sotto Clemente VIII, nel 1594, ritornò a Orvieto. Già alla fine di novembre dello stesso anno fu nominato vescovo della diocesi di Anglona e Tursi, suffraganea di Acerenza, nel Regno di Napoli. Due mesi dopo la sua confermazione, il 10 apr. 1595, ricevette un breve per gli ordini maggiori extra tempora. Probabilmente la nomina vescovile era dovuta all'intervento della nipote di Clemente VIII, Olimpia Aldobrandini, la quale alla metà del 1598 segnalò lo J. per la porpora al fratello, il cardinale Pietro Aldobrandini.
Il 9 maggio 1600 lo J. fu nominato nunzio presso la corte del granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici, dove il segretario della nunziatura Vittorio del Sodo svolgeva dal giugno 1599 le funzioni in vece del nunzio precedente, Domenico Ginnasi, passato in Spagna. Pochi anni prima la nunziatura toscana era stata diretta da Offredo Offredi, parente dello Jacovacci. Il 25 maggio 1600 lo J. giunse a Firenze, dove rimase, con il suo segretario Malaspina Spini, fino alla fine del pontificato di Clemente VIII.
Il periodo iniziale della nunziatura fu condizionato dal nuovo legame della casa Medici con la Francia, sancito nel 1600 dal matrimonio di Maria, nipote del granduca, con Enrico IV. Mediante questa unione l'alleanza con la Francia, perseguita da Ferdinando I sin dalla sua ascesa al trono, otteneva il suggello, con il conseguente inasprimento dello stato di tensione esistente tra Toscana e Spagna. Già poco dopo la pace di Lione (17 genn. 1601), non soddisfacente per Ferdinando I, si manifestò tuttavia la tendenza inversa, dato che le aspettative legate al matrimonio francese erano rimaste deluse. Dati i rapporti di forza esistenti in Italia, Ferdinando I non poteva a lungo contrapporsi agli Asburgo e ciò fu reso evidente quando intraprese, nel 1603, le rivendicazioni toscane sull'isola d'Elba. Con la morte, nel 1604, dell'antico pretendente al trono di Toscana, Piero de' Medici, che in Filippo III aveva trovato appoggi alle sue pretese di compensazioni territoriali, un grosso motivo di tensione tra Firenze e Madrid venne a cadere. Le tradizionali relazioni dinastiche ed economiche tra Toscana e Francia rendevano Firenze uno snodo importante per le notizie provenienti da Oltralpe. Lo J. poté così trasmettere alla S. Sede anche molte informazioni sulla situazione francese.
Quando lo J. si insediò, i rapporti tra il Granducato e lo Stato della Chiesa attraversavano un momento di crisi. Clemente VIII nutriva sentimenti ostili ai Medici: il padre era stato un rappresentante di spicco della Repubblica fiorentina e aveva dovuto abbandonare la città dopo la restaurazione dei Medici. Questa ostilità si era rafforzata da parte medicea nel 1598, quando la devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa ai danni di Cesare d'Este, imparentato con Ferdinando I, aveva portato a un grande successo della politica pontificia.
Lo J. si occupò anche del pericolo turco; dopo gli sforzi vanamente compiuti in passato dall'imperatore e dal papa per coinvolgere la Toscana in un impegno concreto, nel 1601 Ferdinando I inviò in Ungheria un contingente di 2000 uomini, che alla fine rientrò in patria dopo aver subito grosse perdite. In seguito, durante il lungo conflitto contro i Turchi protrattosi fino al 1606, Ferdinando si tenne costantemente lontano dallo scontro.
La difesa delle prerogative del clero, il funzionamento del tribunale della Nunziatura e l'applicazione dei decreti del concilio di Trento costituirono i temi centrali dell'azione dello J. in campo ecclesiastico. Durante il pontificato di Paolo V non gli furono più conferiti incarichi diplomatici o amministrativi e nel 1609 lo J. rassegnò il vescovado.
Morì a Roma il 22 apr. 1612, due giorni dopo la redazione del testamento, e fu sepolto in una cappella da lui stesso fatta erigere nella chiesa di S. Paolo della Colonna. La chiesa, costruita nel 1596 e distrutta da un incendio nel 1617, fu ricostruita e poi definitivamente demolita per far posto a palazzo Chigi.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Nunziature, Firenze, 14, 14a, 15; Segreteria dei brevi, 225, cc. 79-80; 295, cc. 189-193v; Arm. XLIV, 44, cc. 122-123; Acta camer., 14, cc. 126-127; Fondo Borghese, III, 128; Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 1062, c. 706v; Vat. lat., 11956, c. 114; Roma, Biblioteca Angelica, Mss., 1604; V. Orsini, Un paladino nei palazzi incantati, a cura di R. Zapperi, Palermo 1993, pp. 103, 106 s., 109-111, 113-117; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, VII, Venetiis 1721, col. 103; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia…, XX, Venezia 1866, p. 461; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, p. 268; J. Klotzner, Kardinal Dominikus Jacobazzi und sein Konzilswerk, Romae 1948, pp. 25 s.; Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII. für die Nuntien und Legaten… 1592-1605, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1984, pp. CXCIX s., CCXXVIII, 638; G. van Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica…, III, Monasterii 1923, p. 110; P. Gauchat, ibid., IV, ibid. 1935, p. 84; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae a Martino V ad Clementem IX, Città del Vaticano 1931, p. 165; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di C. Weber, Roma 1994, pp. 171, 234, 275, 320 s., 386, 409, 722.