FILOMARINO, Ascanio
Primogenito di Pasquale, quarto duca della Torre, e di Maddalena Rospigliosi, nacque a Napoli nel palazzo avito il 5 ott. 1751. Dopo aver studiato nel collegio "Nazareno" di Roma, manifestando interesse per le materie scientifiche, ritornato a Napoli si dedicò alle scienze fisiche. Iniziò così un lungo lavoro di raccolta e di catalogazione di minerali del Vesuvio: il F. studiò, pertanto, la storia delle eruzioni e mise insieme un formidabile patrimonio librario sull'argomento. Insieme con il fratello Clemente frequentò assiduamente il Filangieri.
La terribile eruzione del 1779 suscitò un vivace dibattito scientifico nel mondo culturale napoletano cui il F. partecipò. In quell'occasione l'abate F. Galiani pubblicava il famoso opuscolo Spaventosissima descrizione dello spaventoso spavento che ci spaventò tutti la sera dell'8 ag. 1779, ma che per fortuna durò poco (Napoli 1779); A. M. de Gennaro, duca di Belforte, amico del F., scriveva una lettera sull'eruzione all'erudito romagnolo G. C. Amaduzzi, pubblicata nella Antologia romana (settembre 1779); M. de Leo stampava a Napoli un poemetto, poi apprezzato dal Leopardi, intitolato Il Vesuvio.
Le sperimentazioni scientifiche del F. sulle pendici del vulcano gli permisero contatti epistolari con vari studiosi europei. La continua raccolta di libri e materiali relativi al vulcano gli consentì di allestire un eccezionale "Gabinetto vesuviano" all'interno del suo palazzo. Tra l'altro commissionò ad Olivo d'Anna una serie di vedute delle eruzioni del vulcano nel corso dei secoli in base alle descrizioni degli osservatori coevi. Di questa raccolta pubblicò un catalogo intitolato Breve descrizione dei principali incendi del monte Vesuvio e di molte vedute di essi per la prima volta ricavate dagli storici contemporanei, ed esistenti nel Gabinetto del Duca della Torre (Napoli, presso Sangiacomo, 1795). Il F. permise che l'editore V. Talani "facesse riprodurre in rami, per opera degli incisori Vincenzo Aloia e Secondo Bianchi, le vedute delle eruzioni" (La rivoluzione napoletana..., p. 13). Un anno dopo, nel 1796, veniva pubblicata la seconda edizione della Breve descrizione con il titolo di Gabinetto vesuviano (Napoli, presso Sangiacomo). La nuova edizione conteneva, così come scriveva il F. in una lettera ai lettori, anche "un catalogo delle pietre vesuviane, e l'indice di una Biblioteca Vesuviana: cose tutte esistenti nell'istesso mio gabinetto" (p. 14). L'opera, arricchita dai rami di Aloia e Bianchi, ebbe una notevole diffusione nella società dei dotti napoletani e nel 1797, presso lo stampatore Gaetano Raimondi, ebbe una terza edizione.
Gentiluomo di camera di Ferdinando IV, il F. godette considerazione nel mondo accademico per le indiscusse conoscenze di storia naturale e per gli studi di matematica. Dovette essere tra i promotori della pubblicazione a Napoli, dal gennaio 1783 al dicembre 1784, della rivista Scelta miscellanea, che permise la conoscenza di vari studi scientifici realizzati in quegli anni in Europa. La sua cultura scientifica lo aveva portato in contatto con il pensiero illuministico e invogliato alla lettura di Condillac, Montesquieu, Rousseau, Mably, guidandolo verso orizzonti politico-riformatori. I fatti di Francia, e il dibattito politico-culturale apertosi tra gli intellettuali meridionali nei primissimi anni Novanta, lo trovarono predisposto all'accettazione delle nuove teorie avverse all'assolutismo della monarchia borbonica.
L'eruzione del 15 giugno 1794, così come le precedenti, divenne nuovamente oggetto di discussione letteraria. Un interesse scientifico fu sempre al centro di questa letteratura, opera in genere di scrittori di formazione illuminista. F. A. Astore pubblicava i Sette dialoghi sul Vesuvio (Napoli 1794), in cui conversavano dottamente due personaggi, egli stesso e il F., sotto i nomi di Aletoscopo e Didascofilo. Nel 1795 il duca di Belforte pubblicava, a Napoli, un poemetto dal titolo Il Vesuvio.
L'eruzione del 1794 aveva dato al F. l'occasione di verificare la validità dei suoi studi e di alcuni strumenti realizzati nel suo gabinetto. Le sue osservazioni furono pubblicate nelle Lettere due sull'eruzione del Vesuvio del 15 giugno 1794 (Napoli, presso Sangiacomo, 1794), sollevando molto interesse. Le Lettere furono ripubblicate l'anno successivo a Firenze e sempre nel 1795 tradotte in tedesco e pubblicate da un editore di Dresda.
Il F. aveva capito che, per tentare di ridurre il pericolo per gli abitanti delle pendici vesuviane, bisognava esaminare i fenomeni eruttivi con un procedimento scientifico. Tra il 1794 e il 1796 si dedicò ad una continua osservazione del vulcano con l'ausilio di un sismografo da lui ideato e costruito.
Nel descriverlo sosteneva: "esser egli un istromento di molto uso in caso di vulcaniche eruzioni, le quali sono per lo più precedute ed accompagnate da terremoti: oltre ché a me sembra il più semplice sismografo, che siasi finora costruito" (Gabinetto vesuviano, 1797, pp. 38 s.).Il sismografo permetteva di seguire l'attività del vulcano continuamente e, con l'aiuto di un elettrometro atmosferico, "se non presagire chiaramente qualche nuova eruzione, almeno congetturarla" (ibid., p. 41). Le sue ricerche si svolsero parzialmente non solo sul Vesuvio ma anche nei paesi di Portici, Torre del Greco, Castellammare di Stabia.
Insieme con lo studioso inglese di mineralogia G. Thomson aveva proceduto alla classificazione delle pietre vesuviane raccolte nel suo gabinetto scientifico. La sua solida cultura gli permetteva l'accesso alle fonti classiche, indispensabili per una dettagliata conoscenza del precedente e antico vulcanismo. Quel materiale andò totalmente distrutto il 19 genn. 1799 quando i lazzari napoletani, alla vigilia dell'arrivo delle truppe francesi a Napoli, assalirono e devastarono l'antico palazzo dei Filomarino della Torre, uccidendo il F. e il fratello.
D. Marinelli nei suoi Giornali narrò l'avvenimento: "Verso sera è successa la morte del Duca della Torre e suo fratello D. Clemente Filomarino. L'affare è sortito così: al detto Duca della Torre pettinandosi gli è stata presentata una lettera di un suo amico di Capua [la lettera era del principe Rospigliosi e provemva da Roma]. Il parrucchiere ha creduto che ce la scrivevano gli francesi, padroni di Capua. Dunque esce, chiama i compagni, e danno sopra al detto Duca e fratello, e gli conducono in S. Lorenzo. Ne siegue il più barbaro saccheggio della casa, che gli lasciano le nude mura, ed a stento si è potuto salvare il restante della famiglia. Verso le 23 ore in circa portando il Duca della Torre e fratello pel Molo piccolo, giunti a Porto Salvo, gli fucilarono ambidue, e trovando 24 carlini in sacca del Duca della Torre morto, ne comperarono pece, e con essa brugiarono i due fratelli" (p. 33).
Nel sacco del palazzo andarono distrutti tutti i codici e i manoscritti un tempo acquistati dal cardinale e arcivescovo di Napoli Ascanio Filomarino, i libri della stupenda biblioteca e la galleria dei dipinti, con tra l'altro opere di Raffaello, Tiziano, Giorgione, Sodoma, Correggio, Reni, A. e L. Carracci, Domenichino. Il figlio del F., Nicola, in un memoriale scritto nel 1826,ricordava che nel saccheggio andarono distrutti "un laboratorio meccanico atto ad eseguirsi qualunque lavoro il più ricercato; un'officina ripiena di bellissimi strumenti per l'arte di orologiaio in cui mio padre era perfetto; un gabinetto fisico il più completo, una scelta collezione di Saggi vesuviani, ed un laboratorio chimico provveduto di molte macchine" (L'uccisione..., p. 75). La considerazione umana ed intellettuale verso il F. continuò durante il periodo repubblicano. F. A. Astore in quei mesi aveva tradotto l'opera dell'abate Mably, De' diritti e de' doveri del cittadino, aggiungendovi molte note e in un volume a parte otto dialoghi politici "sulle condizioni del governo monarchico a Napoli in particolare negli ultimi tempi, e sulle proposte di riforme da introdurre" (Croce, 1954, p. 283). Fu pubblicata però solo la traduzione del Mably e non più gli otto dialoghi nei quali, come avvertiva l'editore nella premessa al primo volume, Genovesi, Filangieri, Mably, Montesquieu, Rousseau, Ascanio e Clemente Filomarino, "dopo aver parlato degli inconvenienti del governo monarchico in generale, trattano particolarmente del Reame di Napoli, e specialmente degli ultimi tempi, facendone una storia critica, con una descrizione desolante delle ruine causate dal dispotismo alla pubblica e privata felicità, e finalmente si propongono alcuni progetti al fine di rimediare a quei danni" (Catalogo dei libri rari della biblioteca del signor C. Minieri Riccio, Napoli 1864, n. 6).I carnefici del F. e del fratello furono condannati a morte dall'Alta Commissione militare della Repubblica napoletana e impiccati il 6 maggio 1799 al Molo piccolo, nello stesso luogo dove avevano il 19 gennaio precedente ucciso i due fratelli.
Un ritratto del F. fu tracciato in versi dal marchese di Villarosa nel 1842: "Battendo del saper l'ampio sentiero / Della Natura ogni più occulto arcano / Spiar mi piacque, e il nobile pensiero / Dal volgo mi serbò sempre lontano: / Eppure un popol furioso, e fiero / Troncò i miei di con scellerata mano, / Lasciando i figli desolati e tristi: / Ahi dura terra perché non t'apristi?" (p. 35).
Fonti e Bibl.: Notizie sulla famiglia in B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle provincie merid. d'Italia, II,Napoli 1875, pp. 20-25 (sul F., pp. 24 s.). Notizie di prima mano sulla morte del F. e la devastazione del suo palazzo nel Diario della Casa di S. Paolo, ms. inedito, 19-20 genn. 1799, conservato nella Bibl. del Museo di S. Martino (il diarista teatino ricorda che subito dopo l'eccidio le autorità politiche e religiose promossero una processione di popolo che da piazza del Mercato raggiunse il luogo dove erano stati uccisi i fratelli per chiedere perdono di quanto fatto dai lazzari); E. Palermo, Memoria degli avvenimenti popolari seguiti in Napoli in gennaio 1799, Napoli 1799, p. 24 (successivamente questo scritto, apparso anonimo, fu pubblicato da A. Dumas in I Borboni di Napoli. Documenti, IV,Napoli 1862, pp. 93-94); Il Monitore Napoletano, 9 maggio 1799 (la Pimentel riporta la notizia del processo e della esecuzione dei carnefici del F.); Marchese di Villarosa, Ritratti poeticicon note biogr. di alcuni illustriuomini del sec. XVIII nati nel Regno di Napoli, Napoli 1842, pp. 35 ss.; M. D'Ayala, Idue fratelli A. eClemente Filomarino, in Vesuvio pel 1869 (strenna), Napoli 1869; L'uccisione di A. e Clemente Filomarino (dalle Memorie del Duca della Torre Nicola Filomarino), acura di G. Ceci, in Arch. stor. per le prov. napol., XXV (1900), n. 1, pp. 64-75. Un profilo e notizie biografiche del F. in La rivoluzione napoletana del 1799 illustrata con ritratti, vedute, autografi ed altri documenti figurativi e graficidel tempo. Albopubblicato nella ricorrenza del 1º centenario della Rep. nap., a cura di B. Croce-G. Ceci-M. D'Ayala-S. Di Giacomo, Napoli 1899, ill. 34, 36-37, pp. 13-115; V. Spinazzola, Ricordi e documenti ined. della Rivoluzione napoletana del 1799 conservati nel Museo nazionale di San Martino, in Napoli nobilissima, VIII(1899), nn. 6-7, pp. 90-92; Igiornali di Diomede Marinelli. Due codici della Biblioteca nazionale di Napoli, a cura di A. Fiordelisi, I, Napoli 1901, p. 33 e n. 2; C. De Nicola, Diario napolitano 1798-1825, a cura di G. De Blasiis, Napoli 1906, I, pp. 26-28, 39, 127-130, 246. Altre notizie in B. Croce, Luigi Serio e Mably, in Aneddoti di varia letteratura, III,Bari 1954, p. 283 n., e passim;Id., Storie eleggende napoletane, Bari 1976, p. 35. Una breve scheda nel Diz. del Ris. naz., III, pp. 90-91.