CARACCIOLO, Ascanio
Nacque nel 1513 da Giovanni Battista e da Beatrice Gambacorta. Entrò al servizio di Carlo V all'inizio del 1533. Due anni dopo partecipò alla spedizione di Tunisi contro il Barbarossa durante la quale si segnalò in una azione bellica, meritando le lodi dell'imperatore. Al seguito di questo il C. subito dopo risalì la penisola e, dopo una sosta a Napoli, lo seguì, ormai nel 1536, a Roma, e quindi in Lombardia, dove l'esercito spagnolo fronteggiava quello francese, che aveva occupato la Savoia e il Piemonte. Dopo la tregua di Nizza (giugno 1538) il C., che aveva anche partecipato alla sfortunata spedizione spagnola in Provenza, seguì l'imperatore in Ispagna e l'anno successivo, divenuto da gentiluomo di camera, gentiluomo di bocca, in Fiandra, ove era avvenuta la rivolta di Gand.
Sposatosi nel 1540 con Aurelia Caracciolo, figlia del marchese di Bucchianico, il C. partecipò l'anno successivo all'infelice attacco ad Algeri. Nel 1543 egli fu uno dei gentiluomini che scortarono il sultano di Tunisi in visita a Napoli. In quell'anno, come capitano di fanteria, fece servizio, fino al settembre, in Abruzzo, per fronteggiare eventuali attacchi turchi. Nel 1552 il C., del quale non si conosce l'attività nei precedenti nove anni, era ancora capitano di fanteria e prestava servizio nell'Avellinese, quando gli fu affidato un incarico diplomatico. Nello stesso anno infatti egli fu inviato presso il duca di Urbino, per indurlo a porsi al servizio dell'imperatore. Compiuta con esito positivo questa missione, il C. partecipò subito dopo alla campagna contro Siena, che nel luglio di quell'anno aveva cacciato la guarnigione spagnola. Morto durante le operazioni militari Pedro de Toledo, al C. fu dato l'incarico dal Consiglio di guerra di recarsi in Fiandra dall'imperatore per invitarlo a provvedere alla designazione di un nuovo comandante.
Nel 1554 il C. fu inviato, quale capitano di fanteria e capitano a guerra, in Puglia, dove presidiò Monopoli. Tornato a Napoli, egli si recò a nome della città, nel luglio del 1556, presso Filippo II, cui il padre aveva pochi mesi prima ceduto la corona, per porgergli le congratulazioni e gli ossequi della città, e offrendo un donativo, presentargli diciotto capitoli di grazie. L'abilità e la prudenza con cui assolse all'incarico ottennero, agli inizi dell'anno successivo, l'assenso del re ai capitoli e la nomina per lui a luogotenente del cavallerizzo maggiore.
L'anno successivo il C. fu inviato a Roma a portare il censo annuo a Paolo IV. Si trattenne nella città tre anni facendo nel 1558 una rapida puntata ad Urbino, dove ricevette a nome del re il giuramento di fedeltà del duca. Nello stesso anno ebbe il compito di negoziare con il pontefice la restituzione dello Stato dei Colonna, dietro la concessione da parte di Filippo II a Giovanni Carafa del principato di Rossano; durante questa trattativa egli doveva soprattutto gettare discredito sull'altro nipote del papa, Carlo Carafa, considerato l'anima nera del pontefice nella sua opposizione alla Spagna. Quando, nell'agosto dell'anno dopo, Paolo IV morì, il C. divenne segretario dell'ambasciatore spagnolo Francisco de Vargas, il quale arrivò a Roma nel settembre, per seguire da vicino - e cercare di influenzare - lo svolgimento del conclave, che si concluse tre mesi e mezzo dopo con l'elevazione al soglio pontificio di Giovanni Angelo de' Medici. Prima dell'incoronazione del papa, il C. il primo giorno del 1560 partì per la Spagna per mettere al corrente il re dei particolari dell'elezione.
Il 28 maggio dell'anno successivo il C., che per l'opera svolta a Roma aveva avuto dal sovrano una somma a titolo di rimborso e l'esenzione da un pagamento dovuto alla Tesoreria, partì da Napoli per recarsi in Calabria.
Questa regione, anche dopo l'esecuzione dell'eretico Pascale (15 sett. 1560), era travagliata da agitazioni religioso-politiche, che avevano indotto le autorità spagnole ad ordinare l'intervento del cognato del C., il governatore Marino Caracciolo. Il C., che in Calabria era anche proprietario di terre acquistate nel 1555, giunse a Cosenza, quale commissario speciale, il 1º giugno con il compito di coadiuvare il governatore nella repressione. Questa fu durissima. Gli uccisi - la maggior parte dei quali in modi atrocemente crudeli - furono migliaia. Guardia e San Sisto (Guardia Piemontese e San Sisto dei Valdesi) furono incendiate. Alla fine dell'operazione però risultarono ristabilite sia l'ortodossia religiosa, che l'obbedienza civile.
Nel 1562 al C. fu affidato l'incarico di condurre il figlio di Cosimo de' Medici, Francesco, a corte in Spagna, dove egli rimase, sovvenzionato dal Medici, per un anno.
Dopo essere stato governatore della casa dell'Annunziata nel 1564 e nel 1570, il C. morì, lasciando quattro figli maschi e cinque femmine, il 10 ott. 1572. Fu sepolto a Napoli, nella cappella dell'Invenzione della Croce in S. Giacomo a Carbonara, che era stata da lui acquistata insieme con la moglie nel 1567.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Archivi Privati,Arch. Caracciolo di Brienza, s. 2, n. 4; Privilegii et capitoli con altre gratie concesse alla fid.ma città di Napoli et Regno per li ser.mi ri de casa de Aragona, Milano 1720, p. 242; G. De Spebis, Breve cronica, a cura di B. Capasso, in Arch. stor. per le prov. napol., II (1877), pp. 521 s.; J. J. I. v. Döllinger, Beiträge zur politischen,kirchlichen und Cultur-Geschichte der sechs letzten Jahrhunderte, I, Regensburg 1862, pp. 271, 281, 285, 290, 292 s., 304, 323, 325; L. Amabile, Il Santo Officio, I, Città di Castello 1892, pp. 245, 248-51; L. von Pastor, Storia dei papi, VII, Roma 1950, pp. 34, 102; F. Caracciolo, Il Regno di Napoli nei secc. XVI e XVII, I, Economia e società, [Roma 1966], pp. 310 s.; E. Pontieri, Nei tempi grigi..., [Napoli 1966], pp. 172-175, 183-185; F. Fabris, La geneal. della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tavv. IX, IX bis.