ASBURGO, Carlo Luigi Giovanni d', arciduca d'Austria e maresciallo austriaco
Figlio del granduca di Toscana Pietro Leopoldo (poi Leopoldo II come imperatore) e di Maria Luisa, infanta di Spagna, nato a Firenze il 5 settembre 1771, adottato dallo zio, duca Alberto di Sassonia Teschen, che aveva sposato sua zia Maria Cristina d'Austria ed era privo di figli.
Appassionatosi giovanetto alle armi, poco più che ventenne ebbe il grado di maggior generale, col quale fu alla battaglia di Jemmapes (1792). A Neerwinden, in qualità di comandante l'avanguardia del principe di Coburgo, fu artefice principale della rotta francese (1793). Ne ebbe in compenso il governatorato dei Paesi Bassi che lasciò nel 1794. Nel 1796, nominato feld-maresciallo dell'impero, ebbe il comando dell'armata del Reno. Come tale ideò e attuò geniali manovre che obbligarono le armate francesi del Moreau, del Jourdan e del Bernadotte a battaglie sfortunate e alla ritirata. Questi successi, coronati dall'assedio della fortezza di Kehl, costretta a capitolare il 10 gennaio 1797, gli valsero di essere inviato in Italia, dove il vittorioso Bonaparte aveva invaso la Lombardia. Ma il tardivo intervento non gli consentì alcuna opera efficace, sicché dovette ritirarsi dall'Adige al Piave, dal Piave al Tagliamento, e finalmente ripassare le Alpi, arrestandosi a Leoben. Poco dopo fu conclusa la pace a Campoformio. Riprese le ostilità dopo il congresso di Rastatt (1799), l'arciduca Carlo sconfisse il Jourdan a Biberach e Stockach. Passato nella Svizzera, dovette ripiegare, lasciando scoperto il corpo russo del Korsakov. Fra i due capi sorsero dispute pettegole che infastidirono l'arciduca Carlo e lo indussero a ritirarsi dal comando col pretesto della necessità di riposo. La campagna del 1800, in Italia e in Germania, fu combattuta senza il suo intervento e fu un disastro per le armi austriache: richiamato al comando, l'arciduca non poté far altro che fare ripiegare ordinatamente l'esercito in Stiria, dove concluse, il 20 dicembre, un armistizio coi Francesi, che preluse alla pace di Lunéville dell'anno seguente. Chiamato al posto di presidente del consiglio aulico di guerra, col titolo di maresciallo, entrò nuovamente in campagna nel 1805 alla testa dell'esercito imperiale in Italia. Quivi, volendo forse riservare la sua armata per il caso di prevedibili infortunî militari nello scacchiere danubiano, praticò con successo una difficile strategia temporeggiatrice, limitandosi a fronteggiare i Francesi del Massena lungo l'Adige. Avvenuto il disastro austriaco di Ulma, il Massena si fece ardito e avanzò improvvisamente da Verona attaccando l'arciduca a Caldiero (30 e 31 ottobre), dove si combatté una battaglia molto sanguinosa, ma senza alcun risultato per i Francesi. Con l'occhio agli avvenimenti che si svolgevano a nord delle Alpi, l'arciduca Carlo manovrò, da quel momento, in volontaria ritirata, con metodo e fermezza, senza lasciarsi intimidire dall'avversario che si limitò ad occupare i territorî che a mano a mano l'arciduca andava sgombrando. Avvenuta, poco dopo, la battaglia di Austerlitz, Napoleone, che era un convinto ammiratore delle qualità eminenti del generale avversario, desiderò di conoscerlo personalmente. L'incontro fra l'imperatore francese e l'arciduca austriaco avvenne a Stammesdorf il 27 dicembre del 1805.
Conclusa la pace a Presburgo, l'arciduca Carlo, nominato generalissimo e ministro della guerra con pieni poteri, diede opera efficacissima per il riordinamento dell'esercito. Offertogli nel 1808 il trono di Spagna dagl'insorti contro il dominio francese, lo rifiutò. Scoppiata nuovamente la guerra nel 1809, comandò in capo l'esercito austriaco in Baviera, dove si trovò contro l'imperatore Napoleone in persona. Questi attuò quel capolavoro di manovra che ebbe nome da Ratisbona, e l'arciduca dovette ritirarsi. Riuscì tuttavia il 21 e 22 maggio a reagire vittoriosamente ad Aspern; ma fu poi definitivamente battuto a Wagram (v.). Fu questa l'ultima campagna da lui comandata. I suoi notorî sentimenti democratici gli avevano creato fra l'aristocrazia di corte un ambiente ostile, ed egli preferì ritirarsi a vita privata.
L'arciduca Carlo fu da tutti considerato come il migliore stratega del suo tempo, dopo Napoleone.
Dal matrimonio con la principessa Enrichetta di Nassau Weilburg ebbe sei figli, il primogenito dei quali, l'arciduca Alberto, fu nel 1866 il vincitore di Custoza (v.). Morì il 30 aprile 1847.
Scrisse due opere strategiche di molto pregio: Grundsätze der Strategie erläutert durch die Darstellung des Feldzugs von I796 in Deutschland (Vienna 1810); Geschichte des Feldzugs von I799 in Deutschland und der Schu,eiz (Vienna 1819). Nel 1862 fu pubblicata a Vienna una raccolta, peraltro incompleta, degli scritti dell'arciduca Carlo col titolo Militärisclze Werke.
Bibl.: Pagni, Memorie storiche riguardanti la vita e le imprese militari di S. A. R. l'arciduca Carlo feld-maresciallo e comandante in capo delle armate austriache, Firenze 1799; Düller, rzherzog Karl von Österreich, Vienna 1844; Sponzilli, Elogio storico dell'arciduca Carlo d'Austria, Napoli 1847; F. J. A. Schneidawind, Das Buch vom Erzherzog Karl von Österreich, Lipsia 1860; Heinr. von Zeissberg, Aus der Jugendzeit des Erzherzogs Karl, in Sitzungsber. d. kais. Ak. d. Wiss., Vienna 1883; id., Erzherzog Karl, Vienna 1894; Mor. Angeli, Erzherzog Karl von Österreich als Feldherr und Heeresorganisator, Vienna 1896-97, voll. 6; H. Ommsen, Die Kriegführung der Erzhe. Karl von Österreich, Berlino 1900.