ARVICOLA (dal lat. arvum "campo" e colo "abito")
Sottofamiglia della famiglia dei Topi (lat. scient. Microtinae Miller 1906; fr. campagnol; sp. arvícola; ted. Wühlmaus; ingl. Vole e lemming). - Confrontate coi topi comuni, le arvicole appaiono più tarchiate, con testa larga più o meno appiattita, con muso corto e tondeggiante, occhi e orecchi piccoli. Gli arti, robusti e non lunghi, appaiono ancora più corti, perché in gran parte nascosti nel rivestimento generale del tronco. Mano e piede hanno 5 dita, ma il pollice è sempre piccolo e può avere, a differenza delle altre dita, un'unghia piatta. Sulla palma della mano possono esservi fino a 5 cuscinetti e sulla pianta del piede fino a 6, ma può verificarsi anche la quasi totale assenza di cuscinetti. Il rivestimento peloso della palma e pianta è generalmente nullo, ma può essere anche denso. La coda è sempre relativamente breve, raggiungendo al massimo due terzi della lunghezza del capo più il tronco, ed è spesse volte rudimentale; è rivestita di squamme più o meno celate dai peli. Il rivestimento peloso è abbondante e denso; particolarmente morbido nelle forme più prettamente scavatrici; con lunghi peli di contorno e vello morbido nelle forme acquatiche. Possono esservi particolari ghiandole cutanee sui fianchi, sulle cosce o nel perineo. I capezzoli mostrano la formula 2 − 2 = 8, ossia su ciascun lato due pettorali e due inguinali; ma si riscontrano anche formule come 1 − 2 = 6; 0 − 2 = 4; 2 − 0 = 4; 2 − 1 = 6; 1 − 1 = 4. Il cranio è solido, con porzione faciale breve, essendo le orbite situate molto in avanti; i nasali non sono mai molto lunghi. Il margine libero dell'inserzione del muscolo temporale lascia sul cranio tracce evidenti dette linee temporali, che hanno valore diagnostico; la costrizione interorbitale è bene accentuata; i processi postorbitali del frontale mancano sempre, ma esistono delle creste postorbitali sulla squamma temporale; le bolle uditive sono piuttosto cospicue; il canale infraorbitale è piccolo; in avanti e lateralmente esso è delimitato da una lastra orientata obliquamente rispetto al piano craniale mediano; l'arcata zigomatica è assai estroflessa lateralmente.
La volta del palato è robustissima, con fori anteriori modesti e posteriori piccoli; il margine posteriore libero del palato può essere semplice, con spina mediana, e in tal caso non sono visibili le fosse palatine postero-laterali; quando invece la spina è lunga e ripiegata dorsalmente, essa entra in rapporto con le fosse predette ben evidenti; la fossa pterigoidea è profonda. La robusta mandibola ha i processi coronoide e angolare bene distinti. La porzione endoossea degl'incisivi superiori può fermarsi davanti al primo molare, passare lingualmente ai molari per giungere fino al limite posteriore del mascellare. Similmente l'incisivo inferiore può fermarsi al limite posteriore dei molari, o anche spingersi fino nel processo condiloideo. I molari sono alti, talvolta ad accrescimento limitato, generalmente a crescenza continua. Ciascun molare appare come composto di un dato numero di colonne alte, la superficie masticatoria delle quali forma, in seguito al logorio, generalmente un piccolo triangolo, in modo che l'insieme della superficie triturante del dente mostra un numero corrispettivo di angoli sporgenti e rientranti. Ciascun triangolo mostra una superficie di osteodentina contornata da un margine di smalto; la porzione posteriore dell'ultimo superiore e quella anteriore del primo molare inferiore formano particolari figure trituranti di notevole importanza sistematica. Le arvicole sono sparse in tutta la regione paleoartica e neoartica dall'alto nord fino alla Birmania e al Guatemala, dal livello del mare fino ad oltre 6000 m. d'altezza. Sono assai svelte, ottime scavatrici, buone e ottime nuotatrici; alcune, buone rampicatrici. Si nutrono prevalentemente di sostanze vegetali, e, specie quando emigrano in massa in cerca di cibo, sono terribili distruttrici di messi, talvolta anche danneggiatrici di dighe; alcune specie infine diffondono morbi contagiosi. Tutte sono molto prolifere.
Si riconoscono oggi 31 generi di arvicole con oltre 400 specie e sottospecie. Noi ci limitiamo a considerare i 13 generi seguenti: Ellobio, Prometeomio, Laguro, Lemmo, Sinaptomio, Dicrostonice, Ondatra, Neofibro, Microto, Pitimio, Arvicola, Fenacomio, Evotomio, che sono tra i più diffusamente noti e comprendono in parte specie italiane. Trattiamo qui i generi Microto, Pitimio, Arvicola, Fenacomio, Evotomio, mentre, per gli altri, rimandiamo alle voci ellobio e ondatra.
Genere Microto (dal gr. μικρός "piccolo" e οὖς "orecchio"; lat. scient. Microtus Schrank 1798; fr. campagnol des champs; tedesco Feldmaus; ingl. field-vole). - La pianta del piede con sei cuscinetti bene sviluppati. Mammelle 2 − 2 = 8. Linee temporali riunite tra di loro nella regione interorbitale nell'adulto; fosse palatine postero-laterali evidenti. Gl'incisivi inferiori si spingono internamente fino nel processo condiloideo; molari ad accrescimento continuo, con angoli sporgenti dei margini di smalto molto acuti. Primo molare inferiore con triangolo anteriore labiale e triangolo anteriore linguale non comunicanti tra di loro. Genere paleoartico e neoartico con oltre 100 specie. In Italia vivono il Microtus arvalis Pall., che è il microto comune, molto dannoso, al piano e in collina; il M. incertus Selys, nella zona alpina, il M. agrestis tridentinus Dal Piaz, nel Trentino, tutti e tre col terzo molare superiore con tre angoli rientranti sul lato linguale; il M. (Chionomys) nivalis Martin, microto delle nevi, sulle Alpi e sull'Alto Appennino, di statura maggiore (20 mm. di piede e 30 mm. di lunghezza craniale), con coda più lunga (70 mm.) e con 2 soli angoli rientranti sul lato linguale del terzo molare superiore. Unico rappresentante del genere e della sottofamiglia nel continente africano è il Microto di Musters, Microtus Mustersi Hinton, scoperto in Cirenaica nel 1926.
Genere Pitimio (dal gr. πίτυς "pino" e μῦς "topo"; lat. scientifico Pitymys McMurtrie 1831; fr. campagnol souterrain; ted. kurzöhrige Erdmaus; ingl. shorteared earth-vole). - Forma generale particolarmente adattata alla vita sotterranea; occhi piccoli, orecchi piccoli e nascosti nel pelo. Piante lievemente pelose con 5 cuscinetti, coda corta; mammelle 0 − 2 = 4 nel Pitimio propriamente detto, oppure 1 - 2 - 6 nel sottogenere Micrurus Maior. Cranio relativamente delicato con cassa cerebrale depressa; linee temporali ampiamente separate tra di loro nella regione interorbitale; creste postorbitali della squamma temporale; deboli; bolle uditive grandi; primo molare inferiore con triangolo anteriore labiale e triangolo anteriore linguale comunicanti ampiamente tra di loro. Genere diffuso nell'Europa centrale e meridionale, nell'Asia Minore, negli Stati Uniti orientali. In Italia vivono il Pitymys Fatioi orientalis Dal Piaz e il P. subterraneus Selys nel Trentino; il P. multiplex Fatio a sud delle Alpi nell'Italia settentrionale e centrale, tutti e tre col terzo molare superiore più lungo del secondo; il P. Savii Selys, o Pitimio del Savi, comunissimo, fuorché negli alti monti, e specialmente dannoso nel mezzogiorno; inoltre il P. (Micrurus) nebrodensis Minà Palumbo, in Sicilia, ambedue col terzo molare superiore non più lungo del secondo.
Genere Arvicola (lat. scient. Arvicola Lacepède 1799; fr. campagnol aquatique; sp. rata de agua; ted. Wasserratte; ingl. water-vole). Statura grande e media, con piede posteriore da 22 a 35 mm. e lunghezza condilo-basale del cranio da 32 a 44 mm. Forma esterna modificata in rapporto alla vita acquatica, ma con le caratteristiche delle forme scavatrici. Palma e pianta nude; pianta con 5 cuscinetti. Unghie dei piedi un poco più lunghe di quelle delle mani. La coda misura metà della lunghezza della testa più tronco. Mammelle 2 − 2 = 8. Cranio massiccio, angoloso, con creste postorbitali sulla squama temporale bene sviluppate, bolle piccole, mandibola robustissima. Incisivi e molari simili a quelli del Microto, ma terzo molare superiore con dettaglio più semplice. Genere paleoartico con 17 specie. In Italia vive l'Arvicola terrestris italicus Savi, nelle provincie settentrionali e centrali, con le parti superiori molto scure, con forte velatura nerastra e con le parti inferiori bruno giallastre; inoltre A. terrestris musignani Selys, nell'Italia centrale e meridionale, con parti superiori giallastre e scarsa velatura nerastra; ambedue di statura relativamente piccola.
Genere Fenacomio (dal greco ϕέναξ "ingannatore" e μῦς "topo"; lat. scient. Phenacomys Merriam 1889; fr. phenacomys; ted. falsche Lemmingmaus; ingl. northwestern vole). - Con 6 cuscinetti plantari; metà prossimale della pianta pelosa. Mammelle 0 − 2 = 4. Linee temporali ampiamente separate nella regione interorbitale dell'adulto; fosse palatine postero-laterali poco profonde; bolle piccole. Gl'incisivi inferiori si spingono internamente fino alla base del processo condiloideo; molari muniti di radici e quindi a crescenza limitata; molari inferiori con angoli sporgenti sul lato labiale singolarmente piccoli. Genere limitato all'ovest degli Stati Uniti fino alla California; alla Colombia Britannica e al Canadà settentrionale. Comprende 14 specie e sottospecie con abitudini arboricole, nidicole e tendenze coloniali.
Genere Evotomio (dal greco εὖ "bene", οὖς "orecchio" e μῦς "topo"; lat. scient. Evotomys Coues 1874; fr. campagnol des grèves; ted. Rötelmaus; ingl. bank vole). - Forma generale relativamente svelta, con occhi e orecchi grandi e coda che può dirsi lunga relativamente alle altre arvicole. Palma e pianta nude. Pollice brevissimo con unghia piatta. Pianta con 5 cuscinetti. Mammelle 2 − 2 = 8. Sul dorso dell'adulto prevale il rosso brunastro vivo. Cranio leggiero, poco angoloso; linee temporali separate tra di loro nella regione interorbitale dell'adulto; margine posteriore libero del palato semplice; fosse palatine postero-laterali non visibili; bolle grandi. Incisivi relativamente deboli e molari muniti di radice nell'adulto. Genere paleoartico e neoartico con 62 specie e sottospecie.
Abitudini semi-arboricole, nidicole, con tendenza coloniale. In Italia: Evotomys glareolus Nageri Schinz, nella zona alpina; E glareolus italicus Dal Piaz, nell'Alto Adige; E. glareolus hallucalis Thomas nei monti dell'italia Meridionale.
Invasioni delle arbicole e mezzi di lotta. - Le arvicole sono molto socievoli; in genere vivono a coppie o in frotte numerosissime d'individui che si riproducono straordinariamente, quando la stagione è favorevole. I danni che producono con le loro invasioni ai campi e alle messi, talvolta raggiungono proporzioni elevatissime, sia perché scavano innumerevoli buche, come tane, nel terreno, sia perché tagliano i culmi di grano alla loro base e ne asportano le spighe, che poi divorano. Fra le invasioni di arvicole, ormai tristamente celebri, si ricordano in Germania quelle avvenute nel 1861 nell'Assia renana, dove, durante la sola estate, furono catturate circa 500 mila arvicole. I danni cagionati da questi rosicanti, che si possono considerare una vera piaga per l'agricoltura, possono raggiungere cifre notevolissime fino alla somma di 50 mila sterline in due anni, per un territorio di 6500 acri invasi dal terribile roditore. Si ha notizia, in Italia, in una lettera del dott. Francesco Maria Nigrisoli, di un'invasione di topi, che presumibilmente erano arvicole, nella campagna romana nell'anno 1693. Danni gravissimi dalle arvicole sono segnalati in Toscana nel 1622, in Puglia nel 1790, nell'agro Cerignolano nel 1800, nella provincia di Capitanata nel 1879, in quella di Foggia nel 1911, in alcuni Comuni della Capitanata nel 1916. In quest'ultima invasione i danni raggiunsero la somma di 200 milioni di lire.
I mezzi di lotta per combattere questi roditori sono la cattura diretta per mezzo di trappole, l'avvelenamento delle tane mediante soluzioni di noce vomica o di ditimolo, l'uso di speciali trappole dette balestre, che si pongono dinanzi alle tane delle arvicole, l'escavazione nel terreno di buche a pareti verticali profonde 30-40 cm., nelle quali le arvicole cadono durante la notte e dove si possono uccidere facilmente; l'applicazione in queste buche di vasi di terracotta ripieni di acqua o vuoti. Sono stati escogitati altri mezzi di protezione mediante trincee, limitanti le colture agricole, consistenti in lunghi fossetti nel cui fondo vengono anche posti vasi di terracotta pieni d'acqua, nei quali le arvicole annegano Furono anche tentate a più riprese le fumigazioni di anidride solforosa nelle tane del rosicante per asfissiarlo, ma, per quanto molte arvicole cadano sotto l'azione del veleno, molte sfuggono, talché il valore e la praticità di questi metodi sono ancora molto dubbî. Tra i veleni, misti a sostanze funzionanti come esca, sono stati adoperati i semi di ricino, la farina di scilla, la pasta all'olio fosforato, il carbonato di bario, l'arseniato di piombo, l'anidride arseniosa, il fosfuro di zinco, ecc.
Bibl.: Non si è tenuto conto che delle opere recenti e interessanti, l'intera sottofamiglia: Miller, in North American Fauna, XII (1896); Bailey, in Proc. Biol. Soc., XI, Washington 1897, pp. 113-135, e in North American Fauna, XVII (1900), pp. 1-80; E. Trouessart, Faune des Mamm. d'Europe, Berlino 1910, pp. 166-201; Hollister, in North American Fauna, XXXII (1011); Miller, Catalogue of the Mammals of Western Europe, 1911, pp. 610-790; Winge, Plattedyr Slaegter, 2, 1924; Hinton, Monograph of Microtinae, Londra 1926, e in Ann. Mag. Nat. Hist., XVIII, Londra 1926, p. 304. Per altre sottofamiglie v. topo.
Sulle invasioni delle arvicole e sui mezzi di lotta contro di esse si consultino i seguenti lavori: Fr. M. Nigrisoli, Lettera nella quale si considera l'invasione dei topi nelle campagne di Roma l'anno MDCXCIII, Ferrara 1693; G. Martelli, Contributo alla conoscenza della vita e dei costumi delle Arvicole in Puglia, in Boll. del laborat. di zool gen. e agr., Portici, XIII (1919), pp. 193-316; B. Moreschi, La lotta contro le arvicole in Puglia, in Relazione a S. E. il ministro Ranieri, Roma 1917; E. Pantanelli, Un anno di lotta contro le arvicole, in Il coltivatore, LXIII (1917); A. Splendore, Per la lotta contro le arvicole, in Atti R. Accademia Lincei, XXV (1916); Danysz, Le Campagnol, 1913.