GORGEY, Artúr
Generale ungherese, nato a Toporcz nell'antico comitato ungherese di Zips (ora Toporec in Cecoslovacchia) il 30 gennaio 1818, morto a Budapest il 20 maggio 1916. Apparteneva a nobile famiglia protestante, convertitasi poi al cattolicesimo. A quattordici anni fu ammesso in qualità di cadetto nella scuola dei pionieri di Tulln. Nel 1837 fu incorporato nelle guardie ungheresi a Vienna e nel 1842 nominato primo luogotenente. Era sul punto di essere promosso capitano, quando abbandonò il servizio militare per recarsi a Praga (1845) e seguire in quell'università i corsi di chimica teoretica tenuti da J. Redtenbacher; si ritirò poi nella provincia nativa. Colà lo sorpresero gli avvenimenti del 1848, che lo distolsero dei suoi studî scientifici. Andato a Pest, sì mise a disposizione del governo insurrezionale ungherese che gli affidò l'incarico di recarsi a Liegi per acquistarvi armi, poi lo promosse maggiore nel corpo dei Honvéd. Inviato nella regione di Csépsel, per difenderla contro i Croati, il 2 ottobre 1848 fece colà impiccare uno dei due fratelli Zichy, Eugenio, sospettato d'intendersela con il Jelačić. E quel suo rigido comportamento fu notato dal Kossuth, che lo creò colonnello, inviandolo presso il generale Móga, con incarico di sorvegliarne la condotta assai ambigua, e del quale prese la successione (i° novembre 1848). Eseguì con grande perizia la ritirata da Győr, e mentre il governo ungherese, lasciata Pest, che era minacciata, s'installava a Debrecen, il G. arrestava gli Austriaci ai piedi dei Carpazî. Durante la sua ritirata, pubblicò a Vác (Waitzen) la celebre dichiarazione del 2 gennaio 1849, con la quale si schierava nettamente contro il partito che spingeva l'Ungheria a staccarsi dall'Austria e a proclamare la repubblica. Ciò mise in sospetto il Kossuth sulle intenzioni del G., che tuttavia non fu rimosso dal comando dell'esercito dell'alto Danubio, tanto più che egli era riuscito ad eseguire una sapiente ritirata, sfuggendo all'inseguimento austriaco. Il 12 febbraio, però, il Kossuth disponeva che il gen. H. Dembiński assumesse il comando dell'esercito dell'alto Danubio, ciò che ferì l'amor proprio del G., al quale fu attribuita la sconfitta di Kápolna (26-28 febbraio), per essere arrivato troppo tardi sul campo di battaglia. Anche questa volta il Kossuth, giunto da Debrecen, non poté prendere misura alcuna contro il G.; rimosse invece il generale polacco dalla carica, affidandola dapprima a A. Vetter, che si mostrò impari all'impresa, poi ridandola al G., che riportò una serie di vittorie (aprile 1849) sugli Austriaci a Gödöllő, a Isaszeg, a Nagy Sarló (Vel'ké Sarluhy), impadronendosi di Komárom (Komorn). Tuttavia, non seppe trarre profitto da tanti successi, poiché, dopo i rovesci sofferti, gli eserciti austriaci erano disorganizzati, ed egli poteva sicuramente marciare su Vienna, mentre s'indugiò all'assedio di Buda, che fu da lui espugnata il 21 maggio. Il Kossuth volle ricompensarlo, offrendogli la dignità di maresciallo, che però il G. rifiutò, accettando invece la carica di ministro della Guerra, da lui cumulata con quella di comandante dell'esercito dell'alto Danubio. Intanto, la discesa d'un esercito russo di 150.000 uomini in soccorso degli Austriaci cambiava d'un colpo le sorti della guerra. Il G., che sperava di annientare l'armata austriaca, contrariamente agli ordini ricevuti dal Kossuth non oppose resistenza all'invasione russa, e concentrò l'esercito ungherese attorno a Komárom, ma fu sconfitto in più scontri (luglio 1849). Ebbe allora ordine di cedere il comando al generale Meszaros, ma gli ufficiali dello stato maggiore si opposero, dichiarando di voler servire sotto gli ordini del G., e il Kossuth dovette chinar la testa. Il 14 luglio 1849, lasciando una forte guarnigione a Komárom che fu eroicamente difesa dal Klapka, retrocedendo sul Danubio, giunse ai piedi dei Carpazî, sfuggendo all'accerchiamento russo e ottenendo qualche successo allo Sajó e al Hernád. Dovette però indietreggiare fino ad Arad (10 agosto), mentre il suo luogotenente J. Nagy-Sándor si faceva sconfiggere a Debrecen (2 agosto) e il Dembiński a Temesvar (TimiŞoara). Oramai sembrava inutile qualunque resistenza, e forse il G. s'adoprò a precipitarla, ormai determinato a cedere le armi ai Russi piuttosto che agli Austriaci; al qual proposito fece balenare l'idea di affidare la corona di Santo Stefano al principe di Leuchtenberg. Nella notte dal 10 all'11 agosto il Kossuth affidò a lui la dittatura ungherese; e fu allora che da Világos scrisse a I. V. Rüdiger, capo di Stato Maggiore russo, annunziandogli che era disposto a capitolare con tutto l'esercito (120.000 fanti, 2000 cavalli e 130 cannoni). Non aveva posto alcuna condizione per la resa: lasciò che 13 suoi luogotenenti fossero giustiziati. Fu internato a Klagenfurt, quindi si ritirò nella città natale.
Bibl.: A. Görgey, Mein Leben und Wirken in Ungarn in den Jahren 1848 und 1849, Lipsia 1852, voll. 2.