ARTROPODI (dal gr. ἄρϑρον "articolazione" e πούς "piede", lat. scient. Arthropoda)
Nome creato dal v. Siebold nel 1848 per indicare un tipo animale comprendente gl'Insetti, gli Aracnidi e i Crostacei, i quali facevano parte del tipo degli Articolati del Cuvier, insieme con gli Anellidi.
Sotto il nome di Insecta Linneo aveva gia riunito la maggior parte delle forme che consideriamo oggi come Artropodi, cioè gl'Insetti propriamente detti, i Crostacei, gli Aracnidi e i Miriapodi. Come avviene per molti altri aggruppamenti sistematici, anche oggi l'accordo fra gli zoologi è tutt'altro che raggiunto, e vi sono alcune forme per le quali v'è dubbio se considerarle o no come Artropodi (Linguatulidi, Tardigradi). Tuttavia negli Artropodi vanno compresi in modo certo i Pantopodi, gli Xifosuri, gli Insetti, gli Aracnidi, i Crostacei, i Miriapodi progoneati e i Miriapodi opistogoneati (Chilopodi).
Caratteri generali degli Artropodi. - Sono animali a simmetria bilaterale con metameria, che interessa anche la muscolatura, segmentata e composta di fibre striate. Gli arti sono articolati, e questo fatto segna una profonda differenza fra gli Artropodi e gli Anellidi. Presentano un cuore dorsale e una catena ganglionare nervosa ventrale. Mancano sempre di ciglia vibratili; hanno pochissimi nefridî a struttura molto modificata; gonadi maschili e femminili situate nel mesoderma, di regola in individui differenti; gli occhi sono composti o semplici. Inoltre tutto il corpo è rivestito di chitina sviluppata talvolta fino a formare una vera corazza, che costituisce il tegumento o esoscheletro. Questo è formato da uno strato di chitina originato da un epitelio epidermico, o ipoderma, e differenziato in uno strato esterno, uno strato pigmentato, uno strato fondamentale e uno strato interno (fig. 3, n. 18).
Metameria e appendici del corpo. - Negli Artropodi si parla di metameria omonoma ed eteronoma; escludendone il Peripatus si può dire, in verità, che tutti sono più o meno eteronomi, poiché l'originaria metameria (omonoma) si modifica, poco o molto, durante lo sviluppo. Alla metameria omonoma più di tutti si avvicinano i Miriapodi (fig.1, nn. 4 e 5). Le modificazioni della metameria primitiva dànno origine a questioni fondamentali per l'interpretazione della complessa morfologia comparata degli Artropodi. Questi, infatti, possono avere un numero estremamente vario di metameri con un massimo di 180 e un minimo eccezionale di 8; per molte forme poi è tutt'altro che stabilito quale sia il numero preciso dei metameri, e ciò deriva dal fatto che i primi 6 segmenti del corpo di un artropodo, posteriori all'acron (segmento anteriore), sono sempre fusi insieme (prima condizione che modifica l'originaria metameria) e si uniscono alla primitiva testa, formando il complesso cefalico. Pertanto nei varî casi possiamo ottenere un ulteriore progresso di tale fusione, e altri metameri possono unirsi a quelli del complesso cefalico sino a formare un cefalotorace. Il corpo può essere distinto in varie regioni risultanti da un numero vario di metameri (testa, torace, addome, preaddome, postaddome, pigidio, ecc.), e questa distinzione segna spesso un carattere sistematico di grande importanza per molti gruppi di Artropodi.
La fusione di varî metameri può essere accompagnata da modificazioni nella disposizione degli organi interni, specie del sistema nervoso; tuttavia va rilevato che la metameria esterna non corrisponde alla metameria interna: il che costituisce un altro carattere differenziale fra Artropodi e Anellidi. Negli Anellidi (v.) infatti, v'è una più completa corrispondenza.
Tipicamente ogni metamero del tronco è fornito di un paio di appendici (fig. 2, n.1), le quali possono essere adibite a svariate funzioni, presentando moltissime trasformazioni, a volte caratteristiche dei varî gruppi. Queste appendici possono presentarsi rudimentali, spesso in molti metameri mancano del tutto, e lo studio morfologico di esse è stato di grande utilità, poiché ha permesso di desumere il numero dei metameri del tronco che si sono fusi con la testa primitiva. Questo processo di cefalizzazione è considerato come un segno dell'elevata organizzazione degli Artropodi; fatti dello stesso ordine si riscontrano nei Vertebrati.
Un carattere assai importante dell'organizzazione degli Artropodi è la presenza del tegumento chitinoso. In verità la chitina si riscontra anche negli Anellidi; tuttavia non vi assume lo sviluppo e le complicate strutture che sono caratteristiche degli Artropodi, dove il tegumento chitinoso può considerarsi come un vero scheletro esterno. Se questo scheletro si presentasse uniformemente ispessito, verrebbe ad annullare una delle più utili condizioni funzionali inerenti alla metameria, la quale serve a facilitare il movimento; ma in realtà la chitina interposta tra due segmenti successivi si presenta più sottile, in modo da formare delle articolazioni, così che ogni metamero viene ad acquistare maggiore libertà di movimento. Ogni metamero (e scegliamo come tipo un metamero del tronco) è costituito di una parte dorsale, il tergite, e di una parte ventrale, lo sternite, queste due parti sono unite tra loro dalle pleure (fig. 2, n.1). Lateralmente tra lo sternite e le pleure si trovano le appendici articolate: gli arti. In alcune forme di Artropodi paleontologicamente più antichi, come in alcuni Crostacei, Miriapodi e Insetti primitivi, sono state riscontrate altre appendici non confondibili con gli arti: si tratta di pieghe del tegumento appartenenti alle pleure e chiamate perciò piastre pleurali. Si e anche pensato che queste espansioni del tegumento possano rappresentare morfologicamente un primo accenno di quelle formazioni tipiche, che sono proprie dell'enorme maggioranza degl'Insetti: le ali.
Come abbiamo già accennato, strettamente collegate con lo studio della metameria eteronoma degli Artropodi sono le questioni riguardanti le appendici: esse si modificano nelle varie regioni e presentano complesse condizioni di adattamenti funzionali (fig. 2). La testa è munita di antenne (uno o due paia) con funzioni sensitive (tatto e odorato), e di appendici periboccali: mandibole, mascelle, piedimascelle, che si presentano estremamente trasformate in relazione al diverso regime alimentare, ma anche nei casi di maggiori modificazioni, come negli adattamenti alla suzione, possiamo ricondurre tali appendici alla morfologia degli arti masticatori. Nel torace abbiamo arti unicamente locomotori. L'addome, privo di arti in molte forme terrestri da considerarsi più evolute, può presentare in altre forme piedi addominali. Questi piedi sono estremità ridotte su cui si riscontrano complessi adattamenti: possono servire per il salto, per il nuoto, per la respirazione, per portare le uova e per l'accoppiamento. Anche gli arti toracici si presentano modificati secondo le differenti modalità di movimento, inerenti all'ecologia propria di ogni forma.
Alcuni autori considerano gli occhi peduncolati di certi Crostacei omologhi ad appendici, perché, se amputati sperimentalmente, si possono trasformare in antenne.
La morfologia degli arti degli Artropodi è assai complicata, e varia moltissimo nei singoli gruppi e forme; tuttavia è opportuno qualche riferimento generale, perché le questioni riguardanti gli arti suscitarono grande fervore di discussioni per i problemi della filogenesi degli Artropodi. E conviene prendere come riferimento gli arti dei Crostacei, arti biseriali, che più si avvicinano alle condizioni di alcune forme fossili: i Trilobiti.
L'arto biseriale dei Crostacei (fig. 2) si può considerare tipicamente costituito da una parte prossimale, il protopodite, attaccata al corpo, e composta di due articoli. L'estremità del secondo articolo, quello distale, dà inserzione a due branche, una interna, endopodite, l'altra esterna, exopodite. A loro volta queste branche sono composte di molti articoli. Talvolta l'articolo basale del protopodite porta un'altra branca più corta, epipodite. Si possono avere processi mediani del protopodite e dell'endopodite, detti enditi.
Oltre a queste possiamo anche avere altre formazioni, in relazione alle varie complicazioni degli arti; tuttavia si ritiene che tutti gli arti degli Artropodi si possano ricondurre a questa disposizione schematica, con la riduzione di alcune parti e con lo sviluppo di altre, in relazione agli adattamenti funzionali. Eguale è la conclusione, se esaminiamo in una stessa forma gli arti dei successivi metameri, o se paragoniamo tra loro gli arti di differenti Artropodi (fig. 2).
Le appendici del primo paio nei Crostacei (antennule o antenne anteriori) si distinguono da tutte le altre, perché sono monoseriali, e quando (come in molti Malacostraci) sono biseriali o triseriali, si tratta di neoformazioni, essendo la larva sprovvista di questi rami. Ridottissime nei parassiti, in molti Cladoceri possono essere anche più sviluppate delle antenne posteriori e servire come organi tattili, olfattivi: possono altresì contenere le statocisti.
Le antenne (posteriori) sono appendici divenute preorali. Negli Entomostraci, che si considerano come Crostacei primitivi, le antenne si avvicinano alla forma schematica, laddove nei Crostacei superiori si distaccano, poiché l'epipodite fa difetto. Le antenne sono organi tattili.
Il terzo, il quarto e il quinto paio di appendici costituiscono tipicamente gli arti boccali: mandibole, mascelle anteriori e mascelle posteriori, e sono innervati non dal cervello, ma dalla catena ganglionare ventrale. Generalmente dei pezzi schematici predetti non rimane che il protopodite e l'endite: il resto dell'arto forma un palpo mandibolare o mascellare.
Gli arti propriamente detti si possono riscontrare (Crostacei) in tutti i segmenti post-cefalici, ad eccezione dell'ultimo segmento (anale), il telson, che ne è privo.
Abbiamo dovuto riferire alcuni particolari della morfologia delle appendici dei Crostacei, perchè sono la base per intendere gli arti di tutti gli altri Artropodi. Questi arti, pur presentando profonde modificazioni, possono ricondursi alla forma tipica. Negli Insetti, tuttavia, gli arti locomotori si allontanano da questa forma: e sono costituiti da un sol ramo comprendente varî articoli: coscia, trocantere, femore, tibia, tarso. Ma anche negl'Insetti abbiamo delle appendici (mascelle di alcuni Coleotteri, appendici genitali dei Tisanuri) in cui sono state ritrovate formazioni omologhe a quelle descritte nei Crostacei. Similmente si può dire dei Miriapodi progoneati (Scolopendrella). Nel Limulus (fig.1, nn. 13,14) lo studio di ricondurre le appendici alle formazioni tipiche si presenta molto più agevole.
Nelle complicate trasformazioni che subiscono gli arti per adattarsi a funzioni molto diverse, possiamo dire, seguendo una linea molto schematica, che l'endopodite serve per la locomozione, l'exopodite per il nuoto. L'epipodite si può trasformare in branchia; il protopodite serve per prendere il nutrimento e masticare.
Uno stesso arto può servire ugualmente bene per due o più funzioni. Nel Ditisco gli arti adattati per il nuoto servono anche per camminare sul suolo: Questi fenomeni di adattamenti funzionali possono estendersi ad organi che hanno tutt'altro valore morfologico: in certi Imenotteri (Polynema natans) le ali possono adattarsi al nuoto. Inoltre tutto il corpo dell'animale (larve di Culex, Chironomus, ecc.) può con brusche contrazioni spostarsi nell'acqua.
Un caso curioso di movimento è quello che si riscontra nelle larve di Libellule, le quali riempiono d'acqua l'intestino retto e poi la espellono bruscamente, e così si spingono in avanti. Riguardo alla locomozione terrestre, si può ritenere che il tipo più perfetto sia quello realizzato dagl'Insetti. Giovanni Müller dimostrò che nella locomozione, la zampa anteriore e la zampa posteriore di un lato formano un sistema di sostegno con la zampa media dell'altro lato; e si è visto altresì che lo stesso tipo di coordinazione dei movimenti si ha nella marcia degli Aracnidi con quattro paia di zampe: in questo caso v'è dunque un aumento di organi, che, per la deambulazione, si può ritenere superfluo.
Parlando delle appendici degli Artropodi, non si può trascurare un interessante fenomeno: l'autotomia. In molti Insetti (ma specialmente Ortotteri) e nei Crostacei Decapodi, si può avere, in seguito ad una eccitazione più o meno violenta, un'amputazione spontanea delle zampe, le quali poi possono essere rigenerate. L'emorragia che risulta dall'amputazione viene arrestata da una membrana otturatrice. L'autotomia deve considerarsi come un atto puramente riflesso.
Mute. - La presenza dell'involucro chitinoso ha influenza su altre condizioni morfologiche: infatti, quando esso ha raggiunto un alto grado d'ispessimento, non è più possibile un ulteriore accrescimento dell'animale, il quale rimane racchiuso entro questo scheletro esterno. Intervengono allora le mute, e, in determinate fasi dell'accrescimento, l'involucro chitinoso vien rigettato. Molto spesso questo processo è collegato con la produzione di un liquido che si viene ad accumulare tra l'antico strato chitinoso e il nuovo in formazione: nel baco da seta sono state descritte delle ghiandole deputate a questo scopo (Verson, Tower). La rottura dell'antico involucro è poi facilitata da appropriate contrazioni muscolari.
Abbiamo detto che l'accrescimento è collegato col processo di muta; ma ciò non va inteso in un senso di assoluta interdipendenza; si possono aver mute anche quando l'accrescimento è ultimato e ciò si verifica specialmente nei Collemboli anche molto tempo dopo il periodo dell'accrescimento. I Tisanuri subiscono mute anche dopo la maturità sessuale (Przibram), e anche nelle dafnie (Woltereck) le mute sono indipendenti dall'accrescimento. La muta deve infatti essere considerata anche sotto un altro aspetto, cioè come processo di eliminazione di prodotti di dissimilazione, che si accumulano nella chitina, e contribuiscono alla sua colorazione. In alcuni insetti fu segnalata la presenza di clorofilla, ma la cosa è tuttora controversa; certo nella chitina si riscontrano pigmenti urici, e dobbiamo anzi ritenere che la maggior parte dei pigmenti siano intrinseci dell'animale e dovuti a processi del ricambio. Da ciò deriva che, anche quando sia bene accertata l'origine vegetale di qualche pigmento, non si può disconoscere la parte fondamentale dovuta ai processi metabolici. Così, per le questioni riguardanti la presenza della clorofilla nei tegumenti si ritiene (Villard) che la colorazione verde sia dovuta soltanto a lipocromi. Secondo altri autori vi sarebbero bensì dei derivati della clorofilla, ma questi avrebbero un'importanza affatto secondaria; infatti in certi Ortotteri verdi, ma a regime carnivoro, questi derivati della clorofilla non furono rintracciati. D'altra parte, secondo le ricerche della Linden, la colorazione delle farfalle sarebbe in relazione diretta con la clorofilla assorbita durante la vita larvale.
Quello che viene accettato ormai da tutti è che i pigmenti dei tegumenti possono considerarsi come prodotti di escrezione, i quali, con le mute o al momento della metamorfosi, vengono eliminati. Si ritiene anche che certi pigmenti del tegumento abbiano una funzione respiratoria. In certi casi agiscono come sostanze di riserva e hanno altresì funzione protettiva (contro la luce, come adattamenti mimetici, ecc.).
Muscolatura. - Il sistema muscolare degli Artropodi è enormemente complicato, e può essere rappresentato da un numero grandissimo di muscoli, come non si riscontra in nessun altro tipo, i Vertebrati compresi.
La disposizione dei muscoli è determinata dal grado di mobilità delle varie parti del corpo: là dove si riscontrano segmenti numerosi e articolati, si ha una muscolatura più complicata che nelle regioni del corpo dove varî segmenti sono saldati gli uni agli altri. In alcune forme inferiori di Crostacei (Branchiopodi) si riscontrano due muscoli dorsali e due ventrali, come negli Anellidi policheti, ma con la differenza che nei Branchiopodi essi sono segmentali. Nei Decapodi macruri questi medesimi muscoli dorsali e ventrali sono inseriti nel cefalotorace e si estendono su tutto il corpo, ma a livello di ogni segmento si distaccano dei fasci i quali s'inseriscono contro la faccia dorsale e contro quella ventrale. Ne deriva che i muscoli dorsali agiscono da muscoli estensori e quelli ventrali da muscoli flessori, antagonisti dei precedenti (fig. 3, nn.1,2,5). I muscoli degli arti variano molto secondo le funzioni delle appendici e il numero dei loro articoli: in generale anche negli arti possiamo distinguere dei muscoli antagonisti, estensori e flessori.
I muscoli degli Artropodi sono costituiti di fibre striate (fig. 3, nn. 3,4), mentre quelli degli Anellidi sono a fibre lisce. Veramente anche negli Artropodi sono stati descritti muscoli a fibre lisce (muscolo adduttore delle valve di Cypris, e in qualche altro raro caso anche negl'Insetti): ma è assai dubbio, specie negl'Insetti, se siano vere fibre lisce, o fibre che abbiano perduto la striatura. Nel torace degl'Insetti vi sono dei muscoli speciali (muscoli vibratori delle ali) chiamati muscoli gialli. Questi presentano una struttura particolare, per esservi le fibrille riunite a fascetti (fig. 3, n. 4), i quali per qualche autore sarebbero singole fibrille molto cospicue (sino a 4 μ); ma questa opinione è assai dubbia.
Negli Artropodi anche la muscolatura dei visceri è composta di fibre striate; le quali però formano una rete, fatto che non si riscontra nella muscolatura somatica.
Le fibre muscolari degli Artropodi sono assai ricche di sarcoplasma, che prevale sulla parte fibrillare, e la struttura presenta notevoli complicazioni strutturali le quali sono state molto studiate; tali fibre costituiscono anzi un materiale classico di ricerca. Tutto ciò è in rapporto con i differenziamenti delle fibre striate, che permettono rapide contrazioni. Il Patrizi nelle larve degli Insetti ha riscontrato che le contrazioni sono assai poco rapide e presentano caratteri fisiologici intermedî tra le fibre lisce e quelle striate; ma questa condizione scompare nella vita adulta.
Un argomento molto studiato è anche quello riguardante la forza muscolare degli Artropodi. Essa è notevole, e specialmente negl'Insetti di piccole dimensioni si può dire grandissima, se si considera il rapporto tra il peso sollevato e il peso del corpo. Negl'Imenotteri (ape) tale rapporto è di 23,3, mentre nell'uomo è soltanto di 0,86; tuttavia la forza muscolare assoluta, ossia la forza contrattile per unità di superficie di sezione, è molto inferiore a quella dell'uomo e degli altri vertebrati (circa 14 volte minore).
Negli Artropodi i muscoli s'inseriscono sulla chitina per mezzo di tendini (fig. 3, n. 3): recenti ricerche mirano a dimostrare che negli Artropodi la fibra muscolare si continua direttamente nelle fibrille connettivali; l'argomento è di grande importanza, perché una simile questione si dibatte anche nello studio della fibra muscolare dei Vertebrati, dove i risultati appaiono più controversi e sembra anzi prevalere l'opinione opposta.
Sistema nervoso. - È costituito tipicamente da un cervello e da una catena ganglionare ventrale (fig. 3, nn. 6,7,8,9,10), formata da tante paia di ganglî quanti sono i segmenti; questa disposizione può presentare molte modificazioni nelle singole forme per una varia fusione dei singoli ganglî. Molte modificazioni si hanno anche nel cervello. Al prostomio, ossia al segmento anteriore alla bocca, corrisponde un paio di ganglî cefalici, che costituiscono il cosiddetto archencefalo (cervello primitivo), il quale può considerarsi omologo a quello degli Anellidi: tuttavia già nei Crostacei inferiori si nota che le due prime paia di ganglî della catena ventrale tendono a riunirsi all'archencefalo o protocerebro, sebbene possano presentarsi ancora distinti. Nei Crostacei superiori, invece, si nota l'unione completa delle due prime paia di ganglî della catena ganglionare ventrale con il protocerebro. Queste due paia di ganglî costituiscono il deuterocerebro, che innerva il primo paio di antenne, e il tritocerebro, che innerva il secondo paio di antenne. Queste varie parti cerebrali si possono distinguere anche nei Prototracheati (Peripatus), nei Miriapodi e negl'Insetti, benché in tutti questi animali esista un solo paio di antenne: negli Aracnidi, invece, non si parla di tritocerebro.
L'unione di questi ganglî della catena ventrale con l'archencefalo è una prova assai eloquente del processo di cefalizzazione che ha tanta importanza nella morfologia degli Artropodi, ed è in relazione col fatto che gli organi dei sensi, almeno quelli più importanti, tendono a localizzarsi nella regione cefalica, precisamente come avviene nei Vertebrati.
La fusione dei ganglî si riscontra anche nella parte ventrale in relazione con la fusione di segmenti e quindi con l'accentuarsi della eteronomia, con l'accorciarsi del corpo.
Nei Crostacei possiamo notare varî gradi di passaggio (fig. 3, nn. 6,9); dai Fillopodi, dove la catena ganglionare ventrale si conserva con ganglî ben distinti, agli Stomatopodi, dove i gangli ventrali nella regione del cefalo-torace si concentrano. Nei Crostacei Brachiuri quasi tutti i ganglî ventrali si fondono; ne può rimanere distinto un solo paio posteriore. Negli Ostracodi, che hanno corpo molto breve, rimane distinto solo un paio di ganglî anteriori. Il maggior grado di concentrazione nervosa negli Artropodi si ha negli Acari, che hanno un corpo assai piccolo e raccolto; in essi tutto il sistema nervoso può considerarsi come fuso, e lo stesso si osserva in alcuni piccoli Copepodi parassiti. In linea generale, possiamo dire che la forma del corpo ha un'influenza fondamentale nella disposizione del sistema nervoso, come in quella degli altri organi.
Quando i ganglî sono ben distinti, si osserva che essi, nei singoli metameri, sono collegati tra loro da commissure trasversali, mentre ciascun ganglio è collegato a sua volta con quello anteriore e quello posteriore da cordoni nervosi detti connettivi. Il primo paio di ganglî della catena ventrale (ganglî sottoesofagei) è collegato con il cervello da due connettivi, in modo da formare con quello il cosiddetto collare, o cingolo periesofageo. Tutte queste disposizioni, dove conservano il carattere primitivo, ricordano il sistema nervoso degli Anellidi policheti.
Dai ganglî nervosi, o meglio dalle cellule in essi contenute, partono fibre nervose, il cui insieme forma i nervi che si distribuiscono ai varî organi della vita animale. Ma, oltre questo sistema nervoso, ha grande importanza, messa in luce soprattutto da nuovi recentissimi studî (Orlov, 1927), il sistema nervoso della vita vegetativa: sistema nervoso viscerale o simpatico. Il sistema nervoso viscerale prende origine sia dal tritocerebro, sia dai ganglî situati sui connettivi periesofagei e da quelli della catena ventrale. I nervi viscerali possono poi arrivare ad altri gangli (ganglî stomatogastrici, ganglî cardiaci, ecc.), dai quali possono avere origine altri rami nervosi. In breve, questo sistema viscerale o simpatico, sebbene in una forma molto più semplice, ricorda quello dei Vertebrati; anzi, risultati sperimentali, di carattere, per ora, non generale, tenderebbero a distinguere nel sistema viscerale degli Artropodi un sistema acceleratore e un sistema inibitore, proprio come è accertato per i Vertebrati.
La fisiologia, sia del cervello, sia della catena ganglionare ventrale degli Artropodi, specialmente negl'Insetti e nei Crostacei, è stata oggetto di molte ricerche.
Il protocerebro (fig. 3, n. 10) innerva gli occhi ed è stato anche considerato come sede delle funzioni psichiche (intelligenza, ammessa da molti autori): precisamente tali funzioni, negl'Imenotteri, sarebbero localizzate nei corpi peduncolati (parte centrale del protocerebro).
Nel deuterocerebro si localizzano le funzioni olfattive, nel tritocerebro quelle gustative. Parecchi autori vogliono vedere nel cervello un accumulatore di energia, e le ricerche del Forel e del Bethe lo fanno considerare come centro della coordinazione motoria. I ganglî ventrali sono in rapporto con l'innervazione segmentale. Esperienze di resezione hanno messo in evidenza la trasmissione degl'impulsi nervosi sia attraverso i connettivi, in senso longitudinale, sia attraverso le commissure, in senso trasversale.
Organi dei sensi. - Negli Artropodi gli organi dei sensi possono presentare un grado elevato di complicazione strutturale, e ciò è un altro segno dell'elevata organizzazione che possono raggiungere questi animali. Negli Artropodi riscontriamo sensibilità tattile, statica e d'orientamento, gustativa, olfattiva, visiva e, secondo alcuni autori, uditiva. In tutti gli organi di senso si nota un'impronta speciale dovuta alla chitina che li riveste.
La sensibilità tattile si esplica attraverso peli o setole distribuite irregolarmente sul corpo (fig. 3, n. 16): negli Artropodi cavernicoli e ciechi le antenne specialmente hanno una sensibilità tattile assai sviluppata. Collegata con questa troviamo una sensibilità termica, molto pronunziata nelle formiche, e una sensibilità alle variazioni di pressioni e alla luce (indipendentemente dalla vista).
Il senso dell'olfatto si esplica attraverso tubuli o coni olfattorî, che si considerano come peli tattili modificati (fig. 3, n. 17); si trovano generalmente nelle prime antenne. Si ritiene che organi simili a quelli olfattorî posti nella bocca e nelle zampe siano deputati al gusto: esperienze fatte sulle Api parlano in favore dell'esistenza d'una sensibilità gustativa: e recentemente anche il Police descrive organi con significato gustativo negli Aracnidi. Molti autori tendono a riunire le sensazioni olfattive e gustative in un senso unico: il senso chimico.
Un senso di equilibrio e di direzione che si possa strettamente paragonare a quello del labirinto e dei canali semicircolari dei Vertebrati, non si può dire che negli Artropodi sia stato dimostrato con sicurezza. Il Bethe, nelle sue esperienze sulle api, ha voluto ammettere un senso di direzione simile a quello dei colombi viaggiatori; ma negli Artropodi l'influenza predominante è certamente data dal senso olfattivo e, in molti casi, pare anche dalla vista. Tuttavia esistono in molti Artropodi organi di equilibrio che dànno la sensazione della posizione dello spazio: organi di questo genere sono quelli statici, che possono essere di forma varia e distribuiti in diverse parti del corpo. Nel gambero, questi organi, molto studiati, sono formati da fossette situate alla base del primo paio di antenne; in queste fossette sensitive si trovano gli statoliti costituiti da granelli di sabbia. Gli organi cordotonali degl'Insetti, costruiti in tutt'altro modo, si considerano anche come organi statici. Come uditivi, alcuni autori ritengono gli organi timpanici degli Insetti (Ortotteri): essi vengono considerati come un complesso di organi cordotonali a cui sono aggiunte altre parti, che rappresentano un maggiore perfezionamento. Sono innervati dalla catena ganglionare ventrale e si trovano sugli arti e sull'addome, tuttavia è molto dubbio che si possa parlare di un vero udito.
Il senso della vista è molto sviluppato negli Artropodi, che possono presentare occhi semplici e occhi composti (fig. 3, nn. 11,15). Gli occhi composti dei Crostacei e degl'Insetti sono formati di un gran numero, talvolta di molte migliaia, di costituenti elementari a cui si dà il nome di ommatidî: sono anche detti occhi faccettati, perché la loro superficie esterna, ricoperta da una porzione trasparente del tegumento detta cornea, si presenta divisa in minute aree poligonali. Ciascuna faccetta corrisponde a una porzione della cornea che forma come una piccola lente biconvessa: la lente corneale. Sotto ogni lente corneale si nota un cono cristallino circondato di quattro cellule, e sotto al cono si osserva ancora una retinula composta tipicamente di sette cellule, ciascuna delle quali porta un sottile bastoncello; sette bastoncelli riuniti formano il rabdoma. Le cellule della retinula stanno in continuità con gli elementi del ganglio ottico. Lente corneale e cristallino costituiscono l'apparato diottrico; retinula e rabdoma, l'apparato sensibile alla luce; lente, cristallino e retinula costituiscono l'ommatidio. L'occhio composto forma una sola immagine diritta i cui varî punti sono forniti dai singoli ommatidî. La ragione per cui nell'occhio composto si forma un'unica immagine sta nel fatto che ogni singolo ommatidio è circondato da pigmento, il quale assorbe i raggi luminosi periferici di ciascuna immagine, sicché solo la parte centrale ne può essere proiettata: si ha quindi una visione a musaico (per apposizione). Giovanni Müller fin dal 1829 aveva formulato tale teoria, combattuta poi tenacemente per molto tempo, finché nel 1891 l'Exner negl'Insetti, e poco più tardi il Parker nei Crostacei, riuscirono a fotografare l'immagine unica che si forma nell'occhio composto.
In alcuni Artropodi il pigmento può retrarsi, così che i singoli ommatidî non risultano più isolati; in altri il pigmento manca del tutto; in tali casi però sulla retina si proietta ugualmente (per sovrapposizione) un'immagine unica.
Un'altra questione assai controversa è quella riguardante la percezione dei colori, ma almeno per alcune forme (Imenotteri) la distinzione dei colori non solo è generalmente ammessa, ma si pensa che abbia una grandissima importanza nella loro ecologia.
Nelle formiche le esperienze del Lubbock e del Forel mostrano come i limiti spettrali della visione siano molto estesi tanto da comprendere anche i raggi ultravioletti.
Gli occhi semplici sono costituiti da un solo strato cuticolare che funziona come lente e da cellule retiniche, più o meno raggruppate a formare una retinula: vi si forma un'immagine rovesciata.
Negli Artropodi possiamo avere casi in cui si trovano soltanto occhi semplici, in altri casi (molti Insetti) gli occhi composti si trovano lateralmente ai semplici, che formano un gruppo mediano.
Celoma. - Le questioni riguardanti il celoma sono assai controverse. Nello sviluppo degli Artropodi vi sono dei casi in cui i sacchi celomatici sono bene evidenti e metamerici (tranne nell'acron e nel telson); ma in molti altri casi si tratta di formazioni appena accennate, e in altri casi ancora vengono addirittura negati (Chironomus, ecc.). In ogni modo il celoma rimane riconoscibile per un brevissimo periodo embrionale, perché presto i sacchi celomatici regrediscono, le pareti si disgregano e le loro cavità finiscono col fondersi con la cavità primaria (blastocele). Si comprende allora come sia difficile sceverare nella morfologia delle singole forme quanto appartenga alla cavità primaria e quanto al vero celoma, tenuto conto delle profonde differenze embrionali che a tal riguardo si verificano caso per caso. È necessario, poi, rilevare che questi fatti concernenti le riduzioni del celoma e il comportamento della cavità primaria influiscono anche sulla morfologia dell'apparato circolatorio.
Sistema circolatorio. - Non esiste negli Artropodi un sistema circolatorio completamente chiuso (in Artropodi piccolissimi può anche mancare), ma in genere questo sistema si mette in comunicazione con lacune che, in parte, sono residui del celoma. La cavità del cuore poi non è altro che un residuo del blastocele (questo fatto importante fu scoperto nel 1885 da Korotneff nel grillo-talpa).
Nel sistema circolatorio si distingue un organo propulsore (cuore) situato dorsalmente (fig. 4, nn.1,2,3). Da esso partono le arterie, più o meno sviluppate in rapporto alla mole, le quali finiscono con lo sboccare entro spazî lacunari. Intorno al cuore si trova un seno pericardico, delimitato da setti pericardici, che s'interpreta come un residuo della cavità primaria. Il sangue ritorna dalle lacune nel seno pericardico e passa nel cuore attraverso forami (detti ostî del cuore), i quali sono in numero pari, assai vario (nelle Blatte due paia nel torace e nove paia nell'addome; nel Potantobius, Crostaceo decapodo, un sol paio, nei ragni tre paia, ecc.l. Gli ostî sono assai spesso muniti di valvole che impediscono il reflusso del sangue. È assai interessante il fenomeno d'inversione di circolazione, che si verifica nel cuore di alcuni Lepidotteri e che ricorda il fatto notissimo nei tunicati. Nei Lepidotteri tale fenomeno, scoperto nel 1669 dal Malpighi, e passato inosservato ai ricercatori successivi, soltanto di recente è stato ampiamente studiato (Gérould, 1924,1929). Lo sviluppo del sistema circolatorio è intimamente collegato a quello del sistema respiratorio, e lo schema sopra riferito meglio si adatta ai tracheati, nei quali il sangue viene, in certo modo, iniettato in tutte le lacune. Nei Crostacei, invece, il sistema circolatorio presenta un maggiore sviluppo della parte vascolare perché la respirazione è localizzata nelle branchie (fig. 4, n. 2). Il sangue dalle lacune periviscerali viene raccolto in seni venosi che lo portano alle branchie. Dopo gli scambî respiratorî per mezzo dei vasi afferenti (vene branchiali) il sangue è riportato al seno pericardico e quindi al cuore. Oltre al cuore, in alcuni casi sono state descritte delle ampolle pulsatili in altre parti del corpo, là dove la circolazione sarebbe difficile (alla base delle antenne dei Lepidotteri, alla base delle zampe negli Emitteri acquatici). Anche varî muscoli del corpo possono concorrere al meccanismo della circolazione. Dopo gli studî del Carlson sul cuore di Limulus, l'influenza del sistema nervoso nella fisiologia della circolazione è entrata in una fase assai interessante. Si tratta di vedere se anche per il cuore degli Artropodi, si possa parlare, come per il cuore dei Vertebrati, di un sistema nervoso acceleratore e di uno inibitore.
Il sangue degli Artropodi può essere variamente e intensamente colorato, o pochissimo colorato o incolore. Le sostanze coloranti sono albuminoidi sciolti nel plasma, la cui natura chimica varia molto nei varî casi. Ciò spiega le diverse colorazioni. Nella larva del Chironomus e in alcuni Crostacei è stata trovata l'emoglobina. Nei Crostacei, di regola, il pigmento respiratorio è l'emocianina, la cui molecola differisce da quella dell'emoglobina per la presenza d'un atomo di rame al posto d'un atomo di ferro.
I pigmenti respiratorî non sono legati a corpuscoli figurati, ma disciolti nel plasma, nel quale tuttavia troviamo cellule di varia forma, che vengono considerate come amebociti.
Sistema respiratorio. - Il sistema respiratorio degli Artropodi si presenta sotto varie condizioni e può addirittura mancare nelle forme di piccolissima mole (Acari, Pauropodi, Crostacei inferiori), nel qual caso la respirazione avviene attraverso il tegumento, molto sottile, che agisce come una membrana osmotica. Il sistema respiratorio può essere costituito da trachee, da branchie e dai cosiddetti polmoni. Le trachee appartengono alle forme terrestri (Insetti, Miriapodi): sono formate da tubi, derivati da introflessioni del tegumento, e che all'esterno si aprono per mezzo degli stigmi, nell'interno si ramificano ripetutamente fino a diventare esilissimi, e i ramuscoli terminali possono, in alcuni casi, penetrare perfino entro le cellule. In questi ultimi ramuscoli il rivestimento chitinoso diventa esilissimo. Le trachee sono mantenute aperte da un filamento chitinoso a forma di spirale.
Nella respirazione per trachee l'ossigeno penetra fino ai tessuti, e perciò negl'Insetti è molto ridotto l'apparato circolatorio. In alcuni Insetti le trachee si modificano in modo da essere adatte alla respirazione acquatica (branchio-trachee), ma nelle forme tipicamente acquatiche (Crostacei, Limulus) gli organi adatti sono le branchie, le quali sono generalmente superficiali e localizzate in punti dove è possibile un rapido rinnovamento dell'acqua. Sono formate da estroflessioni delle pareti del corpo: in molti casi si trovano sull'epipodite delle zampe toraciche e di quelle addominali. In alcuni Malacostrachi tutto l'arto addominale può essere trasformato in branchia. Nel Limulus si verifica una condizione molto simile.
In una parte degli Aracnidi (Ragni e Scorpioni) l'organo respiratorio è rappresentato da sacchi chiamati impropriamente polmoni; questi sono, secondo alcuni, trachee appiattite, poste parallelamente le une sulle altre, con un'apertura all'esterno, che è uno stigma comune per le varie trachee modificate. Per altri, deriverebbero dalle branchie di Merostomi (Limulus), introflesse sotto al tegumento e trasformate in organi per la respirazione aerea.
Sistema digerente. - Il sistema digerente degli Artropodi (fig. 4, nn. 4,5) è diviso in tre regioni: intestino anteriore o stomatodeo, intestino medio o mesenteron, intestino posteriore o proctodeo (fig. 4, n. 5). Stomatodeo e proctodeo sono d'origine ectodermica e rivestiti di chitina. Il mesenteron deriva, invece, dall'endoderma e si presenta talora molto ridotto. Connesse con queste tre regioni sono diverse formazioni ghiandolari: così nell'intestino anteriore dei Miriapodi, degl'Insetti e di parte degli Aracnidi si trovano ghiandole, in numero vario, considerate come ghiandole salivari (Insetti), sebbene la loro funzione sembri essere molto complessa. Nei Crostacei, e in genere nelle forme tipicamente acquatiche, queste ghiandole mancano. In relazione col mesenteron nei Crostacei, nel Limulus e negli Aracnidi c'è una ghiandola molto voluminosa (da alcuni autori chiamata fegato, epato-pancreas, e, forse più propriamente, organo enterico) a funzione molto complessa, perché non soltanto segrega succhi digerenti, ma serve anche per l'assorbimento. Negl'Insetti troviamo spesso nell'intestino medio i ciechi gastrici, per lo più semplici diverticoli della mucosa: intestino medio e diverticoli sono sede di processi di secrezione e d'assorbimento. Nell'intestino posteriore degl'Insetti e dei Miriapodi sboccano i tubi del Malpighi, a funzione escretoria, e in alcuni casi le ghiandole anali (fig. 4, n. 5). Spesso l'intestino anteriore è differenziato in esofago e proventricolo, e quello posteriore può presentare un'ampolla rettale.
La digestione degli Artropodi è estracellulare e si può svolgere sia in mezzo alcalino sia in acido, in certi casi, nello stesso animale (Tenebrio molitor) la reazione è nettamente acida nei due terzi anteriori del tubo digerente, e nettamente alcalina nel terzo posteriore.
Molti fermenti digestivi sono stati riscontrati negli Artropodi (amilasi, proteasi, fermenti analoghi alla tripsina). Per i grassi, il Biedermann ammette processi digestivi simili a quelli dei Vertebrati. In alcune forme si nota una digestione esterna, almeno parziale (larve di mosche, p. es.). Sembra accertato che questa sia dovuta a batterî. In casi di parassitismo l'apparato digerente si presenta ridotto, fino al punto che, nella Sacculina, l'intestino sparisce del tutto.
Organi escretori. - Gli organi escretori degli Artropodi sono complessi e di struttura assai varia. Organi paragonabili ai nefridi degli Anellidi si trovano soltanto in alcuni Artropodi: tali sono le ghiandole antennali e mascellari dei Crostacei, le ghiandole coxali degli Aracnidi e del Limulus, le ghiandole del capo dei Miriapodi e dei Tisanuri. Tutti gli altri organi escretori che si conoscono negli Artropodi hanno altro significato morfologico.
Negl'insetti organi escretori sono i tubi del Malpighi, che mancano raramente (nei Collemboli) e sono in numero assai vario nelle diverse forme; hanno origine ectodermica (come nei Miriapodi), essendo estroflessioni dell'intestino terminale, con cellule ricche di granulazioni di urati e di ossalati. Numerose esperienze hanno dimostrato che i tubi di Malpighi eliminano le sostanze coloranti iniettate nell'animale.
Hanno anche funzione escretoria i nefrociti, cellule che si trovano nei corpi grassi, ricche anch'esse di concrezioni uriche e di pigmento; analoghe ai nefrociti si considerano le grosse cellule pericardiche, poste intorno al cuore e ai muscoli alari.
Anche nei Miriapodi gli organi escretori sono rappresentati essenzialmente dai tubi di Malpighi, che hanno la medesima origine embriologica e si considerano omologhi a quelli degl'Insetti. Sono rappresentati da lunghi canali (in numero di un paio nei Julius e di due paia nella scolopendra), che sboccano nell'intestino.
Negli Aracnidi gli organi escretori più importanti sono le ghiandole coxali e i tubi di Malpighi. Questi ultimi, pure sboccando nell'intestino, non sono probabilmente omologhi a quelli degl'Insetti e dei Miriapodi, perché, secondo qualche autore, si originerebbero dall'endoderma; possono essere molto numerosi, ma generalmente si riuniscono in uno o due tubi collettori; mancano in una parte degli Aracnidi (in numerosi Acari, negli pseudoscorpioni, ecc.), e la funzione escretoria, in tali casi, è in parte affidata ai nefrociti, disposti nel tessuto connettivo, specialmente in vicinanza del cuore e del sistema nervoso.
Gli altri organi escretori, proprî degliAracnidi, le ghiandole coxali (così chiamate perché i loro condotti sboccano presso l'anca) si ripetono per alcuni segmenti, e il loro dótto escretore, lungo e sinuoso, ricorda la disposizione degli organi segmentali degli Anellidi, ai quali le ghiandole coxali sono ritenute omologhe.
Nei Crostacei i più importanti organi escretori sono le ghiandole antennali e quelle mascellari. Le ghiandole antennali dei Decapodi (Aragosta, Gambero) vengono anche chiamate ghiandole verdi. In questi organi si nota un residuo del celoma, che forma il sacculo e il labirinto, e una parte che forma le vie eliminatrici, le quali sboccano in una vescica, che a sua volta si apre alla base dell'antenna. Le ghiandole mascellari, che si trovano specialmente negli Entomostrachi e mancano nei Decapodi adulti, hanno una struttura assai simile a quelle antennali: per questi due tipi di ghiandole si ammette l'omologia con i nefridî degli Anellidi.
Sessi, organi genitali. - L'enorme maggioranza degli Artropodi presenta sessi separati; spesso si nota un dimorfismo sessuale assai spiccato. Di regola (ad eccezione dei Tisanuri) v'è un sol paio di gonadi, che possono anche fondersi più o meno completamente. Così anche i condotti (ovidutti e deferenti) possono presentare varî gradi di fusione, in modo da aversi ora aperture genitali pari, ora una impari (fig. 4, nn. 6-13). Lo sbocco degli organi genitali può trovarsi nella parte anteriore (Progoneati) o nella parte posteriore (Opistogoneati).
Gli spermatozoi hanno forme diversissime e anche nella stessa specie si possono presentare sotto diversi aspetti; si conoscono casi di spermatozoi immobili, e altri in cui lo sperma si agglomera in piccole masse, o spermatofore.
L'ovario è spesso formato da tubi che negl'Insetti vengono chiamati camere nutrici per i rapporti che si stabiliscono tra le uova e le altre cellule contenutevi (cellule vitellogene o cellule nutrici), le quali elaborano materiale che passa poi all'uovo. Nell'utilizzazione del materiale possiamo trovare diverse disposizioni. Ora le uova e i gruppi di cellule nutrici si alternano regolarmente, ora, invece, le cellule nutrici si accumulano all'estremità di un tubo ovarico, in modo che gli oociti, per riassorbire le sostanze nutritive delle cellule nutrici, sono connessi con queste per mezzo di ponti protoplasmatici.
Sviluppo embrionale. - Nello sviluppo degli Artropodi si riscontrano casi di segmentazione totale uguale, e ne consegue una gastrula per invaginazione (Lucifer); in altri casi la segmentazione è superficiale (Branchipus, Aracnidi). Nella grande maggioranza degli Artropodi la segmentazione è centrolecitica; la divisione nucleare avviene nella massa del vitello, poi i nuclei si spostano verso la periferia dove si forma il blastoderma. Ciò può avvenire contemporaneamente su tutta la periferia, o in principio solo sulla futura faccia ventrale. Lo sviluppo degli organi deriva in questi casi dalla parte ventrale, dove si forma la stria germinativa, e il tuorlo viene a trovarsi situato dorsalmente. I successivi processi embrionali possono presentarsi molto diversamente nelle varie forme, ma spesso per invaginazione si formano l'endoderma e il mesoderma. Quest'ultimo può disporsi a formare sacchetti celomatici, che poi vanno riducendosi come si è già detto: molto spesso si forma un mesenchima di origine endomesodermica nella regione dello stomatodeo; assai più rara è la formazione del mesenchima da ectoderma.
Negli Artropodi è stato descritto anche uno sviluppo per teloblasti. In un Crostaceo (Polyphaemus), già allo stato di otto cellule, s'è potuto distinguere il blastomero che darà origine all'endoderma, e quello che è la cellula madre dell'abbozzo genitale.
In alcuni Imenotteri (Marchal, Silvestri) si verifica il fenomeno della poliembronia (v.); l'uovo in segmentazione si dissocia in numerosi germi, che diventano altrettanti individui distinti, tutti dello stesso sesso.
Nello sviluppo embrionale degli Artropodi è notevole la presenza di involucri (amnios, sierosa) di origine ectodermica. Sono anche di origine ectodermica tutte le produzioni chitinose, comprese le trachee, lo stomatodeo, il proctodeo e il sistema nervoso; sono di origine mesodermica la muscolatura, il cuore e il tessuto connettivo; derivano dall'endoderma l'intestino medio e le ghiandole annesse. Gli elementi germinali sono topograficamente in rapporto col mesoderma, ma la loro origine è ancora molto discussa.
Allo sviluppo embrionale segue generalmente uno sviluppo postembrionale o larvale, che può presentarsi in modi assai varî e in molte forme si complica coi processi di metamorfosi (v.). Rispetto a questi ultimi gli Artropodi si possono suddividere in: Ametaboli, cioè a sviluppo diretto; Olometaboli, quando tra lo stato di larva e quello della forma adulta s'interpone uno stadio (ninfa o pupa), durante il quale si svolgono processi istolitici a carico dei tessuti larvali, e di formazione degli organi definitivi; ed Emimetaboli, quando gli organi definitivi si sviluppano gradatamente ma senza interposizione dello stadio di pupa.
Si chiama anamorfosi lo sviluppo di quelle larve nelle quali si osserva un aumento del numero dei segmenti (parte dei Crostacei e dei Miriapodi, Pantopodi e alcune forme primitive d'insetti [Proturi]). Probabilmente doveva avvenire così anche nei Trilobiti, mentre invece nelle forme più elevate degl'Insetti si trova l'olometabolia.
Accanto a questi processi dobbiamo considerare alcune modalità notevoli dell'accrescimento. Negl'Insetti olometabolici l'accrescimento termina con la vita larvale. I Crostacei invece continuano ad accrescersi, attraverso mute successive, anche dopo di aver raggiunta la forma definitiva.
Specialmente nei Crostacei lo sviluppo larvale presenta molte complicazioni: possono succedersi molte forme larvali, o alcune essere soppresse, o anche tutte.
Alcuni Insetti presentano la cosiddetta ipermetamorfosi cioè altri stadî larvali intercalati ai due principali (larva e pupa).
Riproduzione. - La riproduzione negli Artropodi avviene unicamente per mezzo di elementi germinali; non è rara la partenogenesi. Sono conosciuti, altresì, casi di eterogamia, nei quali si alternano una generazione a sessi separati con una ermafrodita. Tra gli Artropodi sono stati descritti anche casi nei quali la riproduzione avviene soltanto per partenogenesi. Altre volte i maschi sono molto rari: si conoscono esempî di neotenia e di pedogenesi (v. miastor).
Durata della vita. - La durata di vita degli Artropodi presenta differenze estreme, collegate con tutto il ciclo vitale. Talora lo sviluppo avviene rapidamente e la forma adulta vive a lungo; in altri casi, invece, lo sviluppo larvale può durare a lungo (fino a 17 anni in alcune cicale), e la vita della forma adulta può essere brevissima.
Ecologia. - L'ecologia degli Artropodi è estremamente varia, non soltanto i grandi gruppi sistematici, ma talora singole famiglie e specie hanno un'ecologia propria, in relazione con particolari condizioni morfologiche e fisiologiche e specialmente con la struttura e disposizione degli organi sensorî, motorî, respiratorî e col regime alimentare e gli organi che vi partecipano. Vi sono artropodi acquatici, che vivono nel mare, nelle acque dolci e salmastre; altri possono volare, altri vivono sopra e sotto terra e nelle caverne, sulle ardenti sabbie del deserto, o nei tronchi degli alberi, sulle foglie, nelle frutta, nelle abitazioni umane; molti sono parassiti: in breve si può dire che ovunque vi sia possibilità di vita incontriamo qualche artropodo. A rendere più complesse le condizioni ecologiche, sta il fatto che in un gran numero di Artropodi la stessa specie spesso vive, nelle successive fasi del suo ciclo vitale, in ambienti diversi, presentando svariati adattamenti a condizioni ambientali, tali da assicurare una gran diffusione e la conservazione della specie. Dalle uova che si circondano d'involucri protettivi (efippio delle Dafnie) alle condizioni presentate dalle larve radicicole delle Fillossere, che si lasciano trasportare dal vento, alle migrazioni passive di molte altre forme (tipico il caso di alcuni Acari, in cui si sviluppano delle forme ipopiali, che si attaccano su Insetti o Miriapodi che li trasportano lontano), si osservano tutte le condizioni possibili, atte a favorire un'ampia distribuzione geografica.
Per la conservazione delle specie gli animali debbono non soltanto nutrirsi e riprodursi, ma anche difendersi dai propri nemici. E l'adempimento di queste funzioni può assumere negli Artropodi aspetti peculiari e caratteristici. Vi sono forme che hanno i più svariati apparecchi di offesa e difesa: agiscono in tal senso le dure corazze dei tegumenti, le secrezioni acri di molti Insetti; sono armi offensive e difensive le robuste chele dei Crostacei (Decapodi), i pungiglioni degl'Imenotteri, le ghiandole velenose di molti Artropodi: sono altresì armi insidiose le ingegnose tele con cui i ragni catturano le loro vittime.
Sia per sfuggire agli aggressori, sia per ingannare le prede, molti Artropodi si valgono di formazioni protettive, o assumono forme mimetiche in modo da assomigliare ad animali o a corpi diversi. In verità, su questo argomento del mimetismo (v.) e dei colori protettori per molti anni si è esagerato non poco nell'interpretazione finalistica, perché molte volte si è visto che le rassomiglianze con l'ambiente o con altri animali non hanno alcuno scopo protettivo; ma, d'altra parte, non bisogna esagerare in senso opposto e togliere ogni importanza al mimetismo nella biologia degli Artropodi. Vi sono ragni che si nascondono così bene tra i fiori, imitandone il colore, da riuscire facilmente a predare le api, sfuggendo alla loro attenzione. Vi sono altri ragni che rassomigliano alle formiche fino al punto di camminare su tre sole paia di zampe, mentre il paio anteriore simula il movimento delle antenne. Vi sono Insetti che in riposo si confondono con foglie, tronchi di alberi o fiori. Alcuni Crostacei si mettono sul dorso piante o animali sedentarî; e in questo mascheramento si vuol vedere una difesa dell'animale.
Molte volte la frequenza di animali in particolari ambienti può essere dovuta non ad atti volontarî o intelligenti, ma a semplici tropismi (v.). Un esempio ci è fornito dal modo di comportarsi di alcuni animali verso la luce: si sa che la luce attira o respinge molti Insetti, e si è pensato che anche le varie luci dello spettro possano avere singolarmente una stessa azione: la massa di luce verde che si svolge da un ampio prato può forse agire su di un insetto di color verde in modo molto diverso dalla luminosità di una roccia calcarea o di una superficie sabbiosa.
L'influenza della luce nella biologia di molti Artropodi si rileva altresì con fatti che nulla hanno a vedere con fenomeni mimetici: fenomeni ritmici sono collegati con la luce. Vi sono Artropodi notturni e diurni; Artropodi cavernicoli con occhi rudimentali o mancanti.
Gli Artropodi sono animali pecilotermi; e la temperatura del loro corpo può variare molto sia in relazione con le variazioni della temperatura circostante, sia in rapporto all'intensità degli scambî respiratorî. Anche per gli Artropodi notiamo degli ottimi di temperatura per ciascuna specie, che regolano le condizioni di vita e la diffusione di moltissime forme: ma, nelle varie specie, possiamo trovare oscillazioni assai ampie: da forme termali che sopportano fino ai 50°, a forme nivali che vivono a temperatura assai bassa. Secondo il Girard, gl'Insetti si dovrebbero considerare non come veri pecilotermi. Una condizione particolare sarebbe quella delle api, che si avvicinano molto alle condizioni degli omotermi, ma, a quanto pare, solo quando l'individuo non è separato dalla collettività. Negli Artropodi si è anche riscontrata una temperatura molto diversa nelle varie parti del corpo.
Per molti Artropodi acquatici è anche notevole l'adattamento alle variazioni di concentrazioni saline. L'Artemia salina è un esempio classico (C. Artom); assai interessanti, a questo riguardo, sono le osservazioni dell'Issel su alcuni Crostacei, che con l'aumentare della concentrazione salina cadono in uno stato di vita latente. Gli Artropodi, dunque, possono trovarsi negli ambienti biologici più dversi. Vi sono tuttavia ambienti in cui predomina questa o quella classe: nel mare troviamo Crostacei, Pantopodi, Xifosuri e qualche Aracnide, nelle acque dolci Crostacei e Insetti; sulla terra ferma si hanno pochi rappresentanti dei Crostacei, ma abbondano gli Aracnidi, i Miriapodi e gl'Insetti. Di questi ultimi, molti, com'è noto, possono librarsi a volo. Accanto a forme strettamente localizzate ne troviamo altre che presentano una vastissima area di diffusione continua o discontinua: in questi casi dobbiamo pensare a mezzi di diffusione passivi, per cui gli Artropodi sono trasportati in luoghi molto lontani.
Filogenesi e Paleontologia. - Molto discusse sono le questioni filogenetiche. A tal riguardo è opportuno avvertire che molti fra i moderni zoologi guardano con occhio scettico queste ricerche, in cui l'interpretazione soggettiva va troppo oltre la reale portata dei fatti. Queste interpretazioni si basano sui risultati paleontologici, molto spesso incompleti o incerti, su fatti embriologici e sulla comparazione. Tali studî, se hanno grande importanza come suscitatori di ricerche obbiettive, si mostrano tuttavia inadeguati, quando vogliano risalire alle genealogie sia delle singole forme, sia dei maggiori aggruppamenti sistematici.
Le ricerche paleontologiche concordano nell'ammettere che già nel Precambrico, in sedimenti marini, si trovano i Trilobiti, i quali vengono considerati come Artropodi primitivi. Nel Cambrico esistevano veri Crostacei (Fillopodi e Ostracodi) e gli Aglaospina. Nel Silurico si trovano Gigantostrachi e Xifosuri: i Gigantostrachi si estinsero nel Permico, e dei Xifosuri è rimasto solamente vivente il genere Limulus. Nel Silurico furono trovati anche gli Scorpioni, i quali sono i più antichi Aracnidi conosciuti. Poi nel Devonico furono trovati Diplopodi, Chilopodi e Ragni. Soltanto nel Carbonico s'incontrano i primi Insetti: tuttavia già nel Cambrico furono riscontrate alcune forme di Trilobiti, con caratteri che li hanno fatti riavvicinare agl'Insetti.
Di molte forme di Artropodi (o affini) non si conosce nessun resto fossile: così è per i Sinfili, Pantopodi, Tardigradi e Linguaiulidi. Si sono trovati poi nel Cambrico resti fossili di una forma marina che ricorda gli Onicofori.
Riassumendo, molti autori tendono a concludere da questi risultati paleontologici che i Trilobiti siano Artropodi primitivi: da cui sarebbero derivati i Crostacei. Dai Trilobiti o da forme affini si pensa siano pure derivati tanto gli Antennati (Miriapodi ed Insetti) quanto i Chelicerati (Merostomidi e Aracnidi). Di questi ultimi si considerano i Merostomidi come forme primitive, da cui sarebbero derivati gli Scorpionidi.
Questione ancora più generale nella filogenesi degli Artropodi è l'ipotetica origine di questi dagli Anellidi. Forme di transizione potrebbero essere gli Onicofori. Gli autori che seguono queste idee si basano su alcuni caratteri degli Onicofori, che presentano trachee come una parte degli Artropodi, e nefridî come gli Anellidi. Il Rosa pensa invece che gli Artropodi siano derivati dai Nematodi, appoggiandosi sul fatto che così i Nematodi come gli Artropodi mancano di epitelî vibratili; il che per il Rosa sta a significare una più profonda affinità di carattere protoplasmatico.
Nella classificazione degli Artropodi, tenuto conto di quanto abbiamo esposto e attenendoci al Handlirsch consideriamo i seguenti sottotipi e classi.
Conviene avvertire che in questa classificazione i Miriapodi, di cui ancora molti zoologi fanno una classe unica a sé, sono stati scissi in 2 sottotipi e 4 classi, in base al carattere offerto dallo sbocco degli organi genitali: Progoneati, che hanno sbocco genitale anteriore, e Opistogoneati (classe dei Chilopodi), che hanno sbocco genitale posteriore. Per questo vengono riuniti insieme Chilopodi e Insetti.
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