reumatoide, artrite
Malattia infiammatoria cronica a patogenesi autoimmune che colpisce in maniera aggiuntiva, progressivamente e simmetricamente, la membrana sinoviale, la cartilagine e l’osso delle articolazioni diartrodiali. La malattia interessa lo 0,5÷1% della popolazione caucasica con considerevoli variazioni regionali; le femmine si ammalano più spesso, con un picco d’insorgenza della malattia tra la quarta e la quinta decade di vita, e presentano un decorso più aggressivo rispetto ai maschi. Il quadro clinico dell’artrite r., all’esordio, è caratterizzato da dolore e tumefazione soprattutto a livello delle piccole articolazioni di mani e piedi e dei polsi; tipicamente si associa rigidità mattutina prolungata. La successiva evoluzione è variabile: si può avere un coinvolgimento delle altre articolazioni, oppure, più raramente, periodi di riacutizzazione si alternano a spontanee remissioni. Se non adeguatamente trattato, il processo infiammatorio cronico determina erosioni dell’osso riscontrabili in media nel 70% dei pazienti dopo 2 anni dall’esordio. La progressiva distruzione dell’architettura articolare nel tempo favorisce la comparsa di deformità e conseguente disabilità irreversibile.
La diagnosi è fondamentalmente clinica, ma si avvale di alcuni test di laboratorio come la ricerca del fattore reumatoide e degli anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato (anti-CCP). Entrambi sono presenti in circa il 70% dei pazienti: tuttavia, mentre il fattore reumatoide si può riscontrare in molte altre patologie, anche non reumatologiche, come pure nei soggetti sani, gli anticorpi anti-CCP sono molto più specifici, possono comparire anche anni prima della comparsa dei sintomi clinici e la loro positività depone per una artrite più aggressiva. I pazienti possono presentare inoltre, soprattutto nelle fasi di attività di malattia, anemia e aumento degli indici infiammatori bioumorali.
Numerose evidenze derivate da studi istologici sulla membrana sinoviale dei pazienti supportano una patogenesi autoimmune. Il fattore reumatoide probabilmente svolge un ruolo nella patogenesi della malattia: elevati livelli si associano alla presenza di erosioni articolari e alle manifestazioni extrarticolari dell’artrite r., come i noduli reumatoidi e la vasculite. Tuttavia, il fattore reumatoide non è molto specifico, a differenza degli anticorpi anti-CCP. La citrullinazione è un processo post-traduzionale in cui i residui di arginina di una proteina vengono sostituiti da un amminoacido atipico, la citrullina. Nella membrana sinoviale dei pazienti con artrite r. sono state descritte numerose proteine citrullinate che, in soggetti geneticamente predisposti, potrebbero indurre la formazione di autoanticorpi specifici.
L’approccio attuale prevede un trattamento aggressivo sin dalle fasi più precoci, con lo scopo di ritardare o arrestare la progressione del danno strutturale ed evitare la disabilità. A tale scopo si usano farmaci in grado di modificare il decorso della malattia (DMARDs, Disease Modifying Antirheumatic Drugs), immunomodulatori o immunosoppressori come metotressato, salazopirina, idrossiclorochina, leflunomide e ciclosporina, da soli o in varie combinazioni, che si possono associare ai corticosteroidi (soprattutto nelle fasi iniziali) o ad antinfiammatori non steroidei. Quando la terapia con DMARDs non sia sufficientemente efficace o produca eventi avversi, si può far ricorso ai cosiddetti farmaci biologici, costruiti con metodiche di ingegneria genetica. Si tratta di molecole che inibiscono selettivamente citochine proinfiammatorie come il TNF-α (infliximab, etanercept, adalimumab) o la IL-1 (anakinra), oppure bloccano recettori espressi sulla superficie cellulare coinvolti nella costimolazione dei linfociti T (abatacept) o ancora in grado di riconoscere proteine espresse sulla superficie dei linfociti B determinandone la deplezione (rituximab). Questi farmaci biologici hanno dimostrato di poter bloccare la progressione del danno anatomico e di migliorare sensibilmente la qualità di vita dei malati; tuttavia, non sono privi di effetti collaterali ed è necessario che i pazienti trattati vengano sottoposti ad attento monitoraggio clinico. La terapia dell’artrite r. non si esaurisce nella somministrazione di farmaci: un complemento è rappresentato dalla terapia fisica e riabilitativa e, quando necessario, dal trattamento chirurgico ortopedico.