ARTIFEX
(Per la situazione dell'artista nella società antica, v. Artista). Artifex traduceva in latino il greco τεχνίτης. Con tale termine si indicava colui che esercitava un'ars intesa come mestiere non intellettuale, ma richiedente un complesso di cognizioni tecniche al servizio di una particolare attitudine. Alle volte usato invece di opifex o operarius, propriamente l'operaio addetto a un lavoro esclusivamente manuale, oppure invece di faber, nome indicante chi lavorava materiale duro. A. esprime il greco τεχνίτης anche nel significato di attore, e in questo senso, probabilmente, vanno intese le ultime parole di Nerone, come sono riportate da Svetonio: qualis artifex pereo (Suet., Nero, 49); a. è finalmente una specialità nella flotta (C. I. L., x, 3479). La parola seguita dalle più diverse specificazioni significa perito, esperto. A., raro negli scrittori più antichi, appare già in Cicerone nel senso di artista e di artigiano (In Verr., ii, 4, 24; Adfam., v, 12), e diventa in tal senso comune negli autori del I sec. d. C.; Plinio il Vecchio denomina artifices, rispettivaìnente, i bronzisti e gli artisti delle statue in bronzo (cfr. Nat. hist., xxxiv, 7, 40), i pittori (xxxv, 68, 71, 75, 82), gli scultori in pietra (xxxvi, 22, 27, 30), gli artigiani del vetro (xxxvi, 66), gli artisti in generale (xxxiv, 7; xxxv, 138).
Nelle iscrizioni la parola non è frequente; è rarissima da sola (C. I. L., viii, 656; xi, 7244), qualche volta è accompagnata da una specificazione. Per indicare artigiani, forse artisti: a. signarius, uno scultore (C. I. L., vi, 9896), a. vitriarius, un artigiano del vetro (C. I. L., xv, 6965, v. vitriarius), a. artis tessellari(a)e lusori(a)e, un artigiano di dadi da giuoco (C. I. L., vi, 9927); per altri artigiani: artifices tibicen organ(orum), fabbricanti di strumenti musicali (C. I. L., ix, 1719; cfr. xii, 722), a. scaenicus, un attore (C. I. L., vi, 10114).
Più frequente è il riferimento a singole artes; per attività artistiche o artigianali o semplicemente fabbrili: ars argentaria, l'arte dell'argentiere (C. I. L., xiii, 2024 v. argentarius); ars barbaricaria, una speciale tecnica di lavorazione dell'oro (C. I. L., xiii, 1945; v. barbaricarius); ars cretaria, l'arte del vasaio (C. I. L., xiii, 1978; iii, 5833), ars fabricae ferrariae, la lavorazione del ferro (C. I. L., xiii, 2036), ars lintiaria, la lavorazione del lino (C. I. L., xiii, 1995), ars pictoria, la pittura (C. I. L., vi, 9792), artis speclariari(a)e, la preparazione delle lastre di mica per le finestre (C. I. L., vi, 33911); per indicare prodotti, merci: negotiator artis cretariae, venditore di oggetti di terracotta (C. I. L., xiii, 2033, 4336, 6366), negotiator artis prossariae, venditore di speciali tessuti (C. I. L., xiii, 1023); negotiator artis lapidariae (C. I. L., xiii, 8352).
Sulle iscrizioni funerarie si trovano poi accenni elogiativi a non specificate artes esercitate in vita dai defunti (cfr. C. I. L., ii, 6109; iii, 375; v, 5930; vi, 1208, 6182, 9797, 33899; x, 4041; xi, 973 a, 4866, 6017; per un argentarius, C. I. L., vi, 9176) o artificia (C. I. L., viii, 15597; ix, 1724, 5563).
Le firme delle opere d'arte o dell'artigianato artistico più spesso sono costituite dal nome seguito da un verbo indicante l'azione fatta, raramente al nome si accompagna l'indicazione del mestiere (salvo che per gli architetti; su ciò si vedano le singole voci, aerarius, architectus, caelator, cemmarius, marmorarius, musivarius, pictor, vitriarius); pochissime volte appare l'indicazione generica di a. (mai in Italia, in Pannonia su una parete, C. I. L., iii, 11291, su statua di bronzo, Année epigraph., 1944, 129; in Spagna, su mosaico, Année epigraph., 1903, 184; in Africa, su pilastro d'età cristiana, C. I. L., viii, 9214); cfr. firma greca con τεχνίτης, a Roma, su statua.
L'espressione artifex artium (Kaibel, Inscriptiones Graecae Siciliae et Italiae, 1108) appare nel testo della costituzione di Costantino de excusationibus artificum (Cod. Theod., 13, 4, 2 e Cod. Iust., x, 66, 1) con la quale l'imperatore esentò dai munera, prestazioni pubbliche obbligatorie, gli artifices artium di tutto l'Impero pur che occupassero il loro tempo libero a perfezionarsi nel mestiere e ad istruire nello stesso i loro figli. L'elenco, quale appare dal breve, è il seguente: architecti (architetti), laquearii (operai dei soffitti), albarii (stuccatori), tignarii (carpentieri), medici (medici), lapidarii (scalpellini), argentarii (argentieri), structores (muratori), mulomedici (veterinarî), quadratarii (scalpellini), barbaricarii (lavoranti di speciali decorazioni d'oro), scasores (non meglio identificati), pictores (pittori), sculptores (scultori), diatritarii (artigiani di una speciale lavorazione del vetro), intestinarii (intagliatori in legno), statuarii (artisti e fonditori delle statue di bronzo), musivarii (mosaicisti), aerarii (operai del bronzo), ferrarii (operai del ferro), marmorarii (marmisti e scultori), deauratores (doratori), fusores (fusori), blattiarii (battiloro), tessellarii (fabbricanti di dadi e tessere), aurifices (orefici), specularii (fabbricanti di lastre da finestre), carpentarii (carrozzieri), aquae libratores (tecnici degli acquedotti), vitriarii (artigiani del vetro), eborarii (lavoratori dell'avorio), fullones (tintori), figuli (ceramisti), plumbarii (operai del piombo), pelliones (pellettieri). (Il breve del God. Iust., loc. cit., ha un ordine diverso, e qualche differenza anche nei mestieri enumerati).
Fu questo un intervento statale che riguardò la totalità non solo degli artisti e degli operai, soprattutto della costruzione, in ogni parte dell'Impero romano; ma già dall'epoca di Augusto si erano avute regolamentazioni per determinate categorie o forme associative (i collegi). Alessandro Severo (222-35 d. C.) impose una tassa sui linaioli, artefici del vetro, pellettieri, carrozzieri, argentieri, orefici e ceterae artes (Script. Hist. Aug., Alex. Sev., 24), con i proventi della quale si doveva provvedere al mantenimento di terme popolari: si tratta in sostanza di una tassa sul lusso percepita all'origine.
Diocleziano comprese nell'Editto dei prezzi, sotto il titolo de mercede operariorum, il compenso giornaliero del faber intestinarius, l'intagliatore in legno, 50 denari, il marmorarius, 60 denari, il musearius, mosaicista, 60 denari, il pictor parietarius, pittore di pareti, 75 denari, il pictor imaginarius, pittore di figure, 150 denari.
Costantino, oltre all'esenzione generale sopra ricordata, nel 334 e poi alcuni anni dopo, concesse esenzioni e benefici particolari agli architetti e alle loro famiglie (Cod. Theod., 13, 4, 1 e Cod. Iust., x, 66, 2).
Valentiniano, Valente e Graziano, nel 374, dispensarono i pittori dal munus dell'hospitium e della procuratio equorum (God. Theod., 4).
Un'iscrizione frammentaria ci ha conservato parte di un rescritto imperiale della prima metà del IV secolo, relativo allo stato giuridico di fabri artiflces della città di Roma (Année epigraphique, 1941, 68).
I collegî artigianali, che, da associazioni libere e private durante la Repubblica, si trasformarono in organi sottoposti al controllo dello Stato durante l'Impero e finalmente in organi dello Stato durante gli ultimi secoli, compresero artigiani anche delle arti applicate, ma non gli artisti veri e proprî. Le sole testimonianze di pittori collegiati paiono essere un'iscrizione funeraria cristiana, per due pittori morti in Pannonia, fatta da collegae (C. I. L., iii, 4222), che potrebbero anche essere compagni di un collegio funeratizio e non professionale, e un'iscrizione di Ostia pure fatta da collegae pingentes (Ephemeris Epigraph., ix, p. 478). Di artigiani, aventi invece più o meno diretta relazione con la produzione e la vendita di oggetti artistici, conosciamo i seguenti collegi: collegium aurificum (a Roma, dai tempi più antichi, Plut., Numa, 17, in epoca repubblicana, C. I. L., vi, 9202; ad Aventicum, in Helvetia, C. I. L., xiii, 5154); c. anulariorum (a Roma, fine della Repubblica, C. I. L., 9144); c. argentariorum (a Roma, C. I. L., vi, 348; a Smirne, coi lavoranti dell'oro, C. I. G., 3154; a Palmira, id.; IGRRP, ii, 1031); c. brattiariorum inauratorum, collegio dei battiloro (a Roma, C. I. L., vi, 95), coralloplasti (koralloplastài, lavoranti del corallo, a Magnesia sul Sipylum, C. I. G. 3408). Si tratta quasi esclusivamente di specialità della oreficeria; i molti collegi di lapidarii (cfr. C. I. L., v, 7869), di marmorarii (cfr. C. I. L., v, 7044; x, 7039; vi, 9570), di aerarii (cfr. C. I. L., v, 5847, 5892; vi, 9156) non organizzavano gli artisti, secondo la accezione più rara del nome, non gli scultori del marmo o i toreuti, ma i cavapietre, gli scalpellini, i fonditori, gli operai della pietra, del marmo, del bronzo.
Una definizione e un elenco dei partecipanti alle varie attività artistiche e artigiane documentati epigraficamente si trovano in quest'opera sotto le voci relative (v. Aerarius, Agalmatopoios, Albarius, Anaglyptarius, Andriantopoios, Anularius, ecc.).
Bibl.: G. Humbert, in Dict. Ant., I, 1873, p. 446; s. v. artifices; E. De Ruggiero, Diz., I, 1894, p. 681, s. v.