Arti maggiori
Corporazioni artigiane che, delineatesi in Firenze alla fine del secolo XII, nel corso del seguente assurgono a tale importanza da aver parte determinante nel governo della città.
La rinascita economica che caratterizza l'inizio del basso Medioevo porta a uno straordinario sviluppo della produzione, dei traffici e di ogni forma di attività: ne nasce quasi una reazione a catena, i cui anelli portano avanti ogni aspetto della vita e la società progredisce come mai s'era visto per l'innanzi. Il mondo della produzione e del commercio non sfugge alla tendenza generale del tempo e si avvia verso forme di vita associata: la coincidenza degl'interessi professionali fa nascere le Arti.
Le A. di Firenze hanno origine in questo contesto, anche se la loro formazione si può più indovinare che fissare con precisione; una cosa certa, però, si può dire: con la fine del sec. XII le A. fiorentine, e in particolare quella di Calimala, escono dalla nebulosità precedente e tendono a inserirsi nella vita pubblica del tempo, del quale son le forze più omogenee e più vitali.
Coi primi decenni del Duecento l'organizzazione artigiana si individua e, oltre a Calimala, si ha notizia certa dell'esistenza delle A. del Cambio, di Por Santa Maria, detta poi della Seta, dei Medici e Speziali, della Lana, dei Giudici e Notai: alcune di esse, in particolare Calimala e quella della Lana, assumono forma capitalistica con interessi a larghissimo raggio.
Col sec. XIII si assiste a un duplice sviluppo dell'organizzazione artigiana: da una parte la loro formidabile espansione economica e dall'altra, favorito dalla divisione del gruppo dirigente in guelfi e ghibellini e da esigenze di ordine politico, il loro inserimento nel governo della città fino ad acquistarne, con la fine del secolo, l'assoluto predominio: ciò, d'altronde, non può né deve stupire perché le A. rappresentavano le forze più vive e più efficienti della città, le quali in nessun modo potevano disinteressarsi della gestione del potere; ma procedettero per gradi.
Nel corso del Duecento le A. si precisano ancor meglio in senso professionale: alle sei dette di sopra si aggiunge quella dei Vaiai e Pellicciai, e così si raggiunge quel numero di sette, che fin quasi alla fine del secolo costituiscono il gruppo delle A. maggiori; queste, globalmente considerate, furono lo strumento dell'affermazione economica e finanziaria fiorentina nel mondo.
Accanto alle maggiori, durante il sec. XIII si vanno formando anche le dodici A. minori, che raggruppano nel loro seno attività sussidiarie delle maggiori o di carattere artigianale e tutte insieme costituiscono il mondo artigiano della città: col 1293, in seguito a particolari eventi politici, cinque del gruppo delle minori, fra cui i Beccai, furono aggregate alle prime e così il numero complessivo delle A. maggiori fu di dodici, mentre quello delle minori rimase ancorato a nove.
Le A. maggiori sono quelle che fanno la grande industria, il grande commercio d'importazione e d'esportazione, le grosse operazioni di banca; alcune di esse (Calimala, Cambio, Lana) hanno un carattere prettamente capitalistico e la vastità del capitale impiegato compensa largamente il minor numero degli iscritti; i membri delle A. economicamente più potenti vengono a costituire un'aristocrazia del denaro (popolo grasso), alla quale il potere economico dà rapidamente la possibilità di raggiungere il predominio politico, mentre gli iscritti alle A. minori costituiscono la massa che i documenti del tempo qualificano col termine di popolo minuto.
Per tutto il sec. XIII l'A. di Calimala (dedita alla raffinatura dei panni rozzi acquistati fuori d'Italia, massime nelle Fiandre) è di gran lunga la più importante, ma con la metà del Duecento anche quella della Lana, che proprio nel 1250, con la venuta a Firenze degli Umiliati, ammoderna la tecnica della produzione, fa rapidi progressi diventando ricchissima, tanto che nel 1308, momento del massimo splendore, raggiunse la produzione record di centomila pezze di lana, mentre le botteghe interessate a quest'A. erano ben trecento.
L'A., considerata come ente, ha vita e organizzazioni proprie, entrambe regolate dagli statuti, oggi materialmente conservati, coi rispettivi archivi, presso l'Archivio di Stato di Firenze. A capo dell'A. sono i consoli, di vario numero a seconda dell'importanza dell'A. medesima, nel loro insieme detti anche le Capitudini (v.), eletti dai soci ogni sei mesi, a giugno e a dicembre di ogni anno: questi, nel disbrigo delle proprie incombenze, sono affiancati da due consigli, di cui uno minore di 12 membri e l'altro generale di 18; compiti amministrativi aveva il Camarlingo, mentre il notaio forestiero era addetto alla vigilanza sulla osservanza degli statuti e alle ambascerie dell'Arte.
Vasti erano i compiti dei consoli, fra cui la rappresentanza generale dell'A., la quale aveva a sua volta, per delega dello stato, diversi poteri di coercizione di natura finanziaria, giurisdizionale, in materia economica e sui monopoli. Nel 1308 le A. maggiori si riunirono in una universitas mercatorum, con autorità di un vero e proprio tribunale di commercio, salito subito a grande fama e le cui carte, numerosissime (Tribunale di Mercanzia), sono pure conservate nell'Archivio di Stato di Firenze.
Fin dal loro apparire (fine del sec. XII e inizio del XIII) le A. iniziano a prender parte alla vita politica del comune attraverso le proprie Capitudini: la divisione dei grandi in guelfi e ghibellini favorisce il moto di partecipazione e in linea generale si può dire che la lotta politica fiorentina del Ducento è caratterizzata dall'inserimento progressivo del mondo artigiano nell'alta politica, che col priorato (1282) arriva poi al predominio pressoché assoluto della vita dello stato.
Nel governo del primo popolo (1250-1260) e nel 1266 le A. m. si danno un'organizzazione militare, il che, logicamente, dà loro un peso politico non indifferente, mentre al tempo del predominio della nobiltà guelfa (1267-1280) la pertecipazione alla vita politica è assai modesta; è, questo, un periodo di transizione, di consolidamento, che sfocerà poi, quasi naturalmente, nell'istituzione del priorato, col che, come già s'è detto, le A. m. acquisteranno una netta prevalenza e l'ordine politico poggerà di fatto sulla base delle organizzazioni artigiane.
Gli ordinamenti di giustizia del 1293 concludono in favore delle A. la lotta politica fra popolo grasso e magnati, ai quali è vietata ogni partecipazione alla gestione del potere: l'asprezza della misura provoca la nota reazione e si arriva così al temperamento del 1295, col quale anche ai grandi si dà la possibilità di ricoprire cariche pubbliche, naturalmente sotto certe cautele, mediante l'immatricolazione a un'arte, anche se poi effettivamente essa non viene esercitata. Proprio in questa situazione politica si può spiegare l'iscrizione di D. all'A. dei Medici e Speziali, iscrizione con ogni probabilità di comodo per avere un'apertura alla vita pubblica della città.
Stabilire la data di nascita di questa A. non è possibile, e solo si può dire che essa, a somiglianza delle consorelle, è già viva e operante nei primi decenni del Duecento.
Facevano parte di questa corporazione artigiana i medici, gli speziali e i merciai. È noto che gli studi di medicina avevano moltissimi punti in contatto con quelli di filosofia e di retorica, discipline delle quali anche D. ebbe conoscenze vaste e profonde. Medici, filosofi, poeti, uomini di cultura facevano parte di quest'A., e quindi niente di più naturale dell'iscrizione dell'Alighieri a questa corporazione, nella quale trovava un ambiente per tanti aspetti congeniale a sé stesso.
Un interrogativo non facilmente risolvibile. è quello relativo all'iscrizione di D. all'A. dei Medici e Speziali: il nome di lui appare nel libro delle matricole (Arche di Stato di Firenze, Arte dei Medici e Speziali, VII v. 46-47) del 1447, il quale è un rifacimento alfabetico dei volumi precedenti, oggi perduti; D. figura tra le persone con iniziale di lettera ‛ A ' e risulta tolto da un quaderno principiato nel 1297 e terminato nel 1300: entro tali limiti cronologici l'Alighieri era sicuramente già iscritto all'A., anche se è ragionevole ritenere che l'iscrizione stessa potrebbe essere avvenuta prima del 1297, come porterebbe a pensare la partecipazione di lui alla vita politica del comune. Ma questa e le altre che via via sono state fatte, sono ipotesi pure e semplici, che non trovano l'avallo di nessuna prova documentaria.
Fonti. - Gli statuti e le carte delle A. fiorentine sono conservati presso l'Arch. di Stato di Firenze; non pochi statuti sono dati alle stampe.
Bibl. - G. Villani, VII 13; XI 94; G. Rezasco, Dizionario del linguaggio italiano storico e amministrativo, Firenze 1881, sub v.; Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze, a c. di P. Santini, in Documenti di storia italiana, X, ibid. 1895, 376 n. XII; M. Barbi, D. e l'Arte dei medici e speziali, in " Studi d. " vili (1924) 160-163; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 1926, 10-11, 44, 67; R. Ciasca, D. e l'arte dei medici e speziali, in " Arch. Stor. It. " s. VII, XV (1931) 59 ss.; Piattoli, Codice 79; P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, Firenze 1893-94, 116-117, 211, 227-228, 296-298 ss.; A. Doren, Le A. fiorentine, I, Firenze 1960, 4-7, 13-15, 26, 30, 37, 47, 53, 55-56; 59, 75 ss.; G. Salvemini, Magnati e popolani a Firenze dal 1280 al 1295, Torino 19602, 15, 43-48, 121-122, 291; Davidsohn, Storia IV 3-346; E. Sestan, Il Comune fiorentino nel Dugento, in Italia medievale, Napoli 1967, 246-249.