Arti applicate
Il complesso ambito delle a. a. va posto in relazione con le diverse espressioni utilizzate per indicare le arti quando il processo creativo non è fine a sé stesso ma è volto alla realizzazione di oggetti d'uso e di arredamento: arti decorative, arti industriali, artigianato artistico. L'utilizzo di una terminologia oscillante è gia indizio di una oggettiva difficoltà semantica e di classificazione.
I diversi termini entrarono in uso intorno alla seconda metà del 19° sec. quando, a seguito della rivoluzione scientifico-industriale, si evidenziò la necessità di raggiungere un punto d'incontro tra le esigenze dell'estetica e quelle dell'industria nella produzione di oggetti d'uso, come emerse anche nella prima Esposizione universale di Londra del 1851. L'espressione arte applicata deriva, infatti, dall'inglese applied art, mentre il termine arti decorative proviene dal francese arts décoratifs, e denota una predominante attenzione all'aspetto ornamentale. In Germania, invece, si preferì utilizzare il vocabolo Kunstgewerbe, ossia arte industriale.
Il settore delle arti coinvolto nel confronto con l'industria è, dunque, quello che impropriamente, in Italia viene chiamato, in modo improrio, delle 'arti minori', espressione che ha radici lontane e quanto mai discutibili risalenti alla disputa sul primato delle arti di età rinascimentale. Nel contesto del complesso processo di liberalizzazione del lavoro di pittori, scultori e architetti, si accentuò il valore intellettuale dell'opera dell'artista rispetto all'operatività 'meccanica' dell'artifex da cui poi derivò, con il tempo, la discriminante classificazione delle arti. Tale classificazione venne successivamente discussa e confutata nell'ambito della cultura settecentesca, a seguito di una compiuta riflessione critica sul ruolo delle 'arti minori'. Un più ampio dibattito intorno all'arte e all'industria e al concetto di ornamento si sviluppò nell'Inghilterra vittoriana e vide tra i suoi protagonisti H. Cole, direttore del Journal of design and manifactures, e O. Jones, suo collaboratore: in quest'ambito si cominciò a usare l'espressione arte applicata. Il dibattito, cui contribuì con diverse intenzionalità il movimento Arts and Crafts, nasceva dalla necessità tutta nuova di trovare un trait d'union tra la libera creatività artistica e la progettazione tecnica del prodotto industriale, con finalità relative alla commercializzazione e all'uso. Uno dei tentativi di reale avvicinamento fra arte, artigianato e industria si ebbe in Germania, prima con la Deutsche Werkstätte (1898) e poi, agli inizi del 20° sec., con il Deutscher Werkbund (1907) consolidatosi successivamente nel Bauhaus (1919), nell'ambito del quale gli artisti si resero interpreti delle nuove possibilità offerte dalla tecnologia.
Le avanguardie europee lottarono per superare i confini accademici fra le arti ed eliminare le distinzioni gerarchiche, e anche nell'ambito delle a. a. molti pittori e scultori ebbero modo di esprimere la loro libertà creativa sperimentando nuovi linguaggi. In Italia, il Futurismo, che si appassionò alla tecnica e subì il fascino della meccanica e dei nuovi sistemi produttivi, con il manifesto Ricostruzione futurista dell'universo (1915) inserì l'opera dell'artista in una dimensione di quotidianità. Nacque allora, in diverse zone d'Italia, il fenomeno delle Case d'arte, ovvero centri di produzione di oggetti d'uso artistici realizzati ancora con metodi artigianali.
L'arte e l'industria: le varie fasi di un rapporto problematico
Con il tempo, il confronto diretto tra diverse modalità e tecniche di produzione (opera unica, realizzata in maniera artigianale, e opera prodotta meccanicamente in serie) sollecitò nuove soluzioni. Le problematiche legate all'estraneità dell'artista rispetto alla realtà industriale portarono, all'inizio degli anni Trenta, alla nascita della figura del designer quale tecnico del progetto, ideatore di un prototipo realizzato e riprodotto successivamente da tecnici specializzati. A questo punto si sarebbe dovuto definire il rapporto tra arte e industria, tra espressività creativa ed esigenze funzionali e tecniche, e dunque stabilire il netto confine tra il ruolo dell'artista, più individualista, e quello del designer, proiettato verso la collettività; ma il confronto rimane problematico perché il mondo artistico, che da sempre ha sentito l'esigenza di accostarsi a tutti gli aspetti della creatività, si pone su un piano diverso, pur se non incompatibile, rispetto a quello del design (v.).
In un complesso e lungo periodo di esperienze effettuate nei settori dell'arte e del design, appare evidente il tentativo in entrambi gli ambiti di superare i confini prestabiliti, ricercando una libertà espressiva che possa andare ben al di là delle strategie di realizzazione dei prodotti industriali.
Il tentativo di integrazione tra arte e industria può dirsi riuscito con il progetto degli 'editori degli oggetti', così come amarono definirsi B. Danese e sua moglie J. Vodoz, che, negli anni Cinquanta, grazie ai designer B. Munari ed E. Mari, crearono prodotti che si collocano tra arte pura e arte applicata. Si tratta infatti di forme che, se si prescinde dalla loro destinazione d'uso, risultano sculture astratte, e al tempo stesso rivelano originali tipologie funzionali se non si considera il loro valore estetico. In seguito l'intenso dibattito sul ruolo del design che tendeva a mettere in discussione la razionalità del progetto, diede l'avvio a una serie di iniziative che si caratterizzarono per le loro intenzionalità artistiche, come per es. quella di Ultramobile (1971), progetto voluto dal designer e imprenditore D. Gavina che fece disegnare oggetti da artisti, o si rifece a opere di pittori e scultori come M. Duchamp, M. Ray, A. Giacometti, S. Matta, E. Colla, U. Milani, J. Le Parc e A. Jones, ponendosi in netto contrasto con quella ricerca di equilibrio tra forma e funzione del design storico.
L'esperienza di Global Tools (1973) nata nel contesto della rivista Casabella, e affermazione del radical design, fece emergere l'esigenza linguistica ed espressiva di privilegiare le istanze artistiche nel creare gli oggetti, ponendo in secondo piano, se non addirittura rifiutando, la dimensione funzionalistica.
Uno sguardo rivolto al Futurismo e al Bauhaus fu quello dello Studio milanese Alchimia che creò dal 1978 collezioni annuali di oggetti di arredo presentati al pubblico come oggetti d'arte. In essi affiorava l'attenzione per l'aspetto decorativo e un rinnovato interesse per le modalità produttive artigianali. Si parlò di 're-design' o di 'nuovo design' e la critica notò l'intento giocoso e ironico con cui i designer si erano riappropriati, desacralizzandoli, degli oggetti.
Di nuovo provocazione e spirito ludico furono alla base delle realizzazioni del gruppo Memphis, fondato a Milano nel 1981 da E. Sottsass e B. Radice. Il suo obiettivo era quello di creare oggetti con una forte valenza simbolica, capaci di suscitare emozioni al di là della loro funzione. Da questa esperienza nel 1989 nacque il marchio Meta Memphis: una produzione di mobili e oggetti d'arredamento denominata Ad usum dimorae, nella quale vennero coinvolti dieci artisti di fama internazionale, vale a dire: A. Boetti, P. Calzolari, S. Chia, M. Paladino, J. Kosuth, M. Moschetti, M. Pistoletto, S. Solano, L. Weiner e F. West. Si trattava ancora una volta di realizzazioni lontane dalle problematiche dell'industrial design.
Nella visione pluralistica e dinamica dell'arte, è ormai consolidato il principio di un'inaccettabile distinzione tra a. a. e arti visive (v.). L'accresciuto interesse di studi per questo settore specifico è rivolto soprattutto ai grandi movimenti del secolo scorso quali il Liberty, l'Art déco e il Futurismo, per i quali continuano a essere allestite importanti mostre (Il Liberty in Italia, Roma, 2001 e Padova, 2001-02; Art Nouveau 1890-1914, Londra, 2000, quindi Washington e Tokyo, 2001; Art Déco 1910-1939, Londra, 2003 e Tokyo, 2005; Déco in Italia, Roma, 2004; Futurismo 1901-1944, Roma, 2001). Gli sviluppi sempre più variabili del sistema delle arti non facilitano una messa a fuoco delle problematiche contemporanee. Basti pensare al fatto che a partire dagli anni Ottanta del 20° sec. anche gli stilisti di moda si sono affermati nella creazione di oggetti d'uso e di arredamento.
Rimangono comunque, nelle varie accezioni dei termini, le formule 'oggetto di design' oppure 'oggetto fatto a mano' che dovrebbero definire le diverse modalità e tecniche di produzione dell'opera, in serie o unica, anche se spesso i procedimenti di lavorazione dei diversi materiali prevedono per uno stesso oggetto il ricorso a entrambi i metodi, industriale e artigianale.
Artisti, artigiani e designer
Dagli inizi del 20° sec. si può parlare sempre più di contaminazioni fra diverse discipline artistiche e gli stessi artisti, artigiani e designer operano ormai oltrepassando i confini dei loro specifici campi di applicazione e confrontandosi con le diverse realtà creative. Questo fondamentale aspetto consente di capire meglio la dinamica della creatività contemporanea e l'attuale dibattito sulle arti applicate. Il settore è quanto mai articolato in quanto comprende la creazione di oggetti realizzati con tecniche di lavorazione e materiali molto differenti: dalla ceramica al legno, dai metalli al tessuto, al vetro, ma anche alle materie sintetiche. La vastità dei campi interessati e le categorie implicate se da un lato coprono ambiti abbastanza ampi, dall'altro consentono distinzioni chiare tra le diverse figure di operatori e i vari settori. Da sempre gli artisti si confrontano dialetticamente con i materiali e creano oggetti che, pur svincolati dalle esigenze del mercato e della moda, e caratterizzati da uno stile personale, possono rientrare nel novero delle a. a. in quanto dotati di una reale funzionalità. Si tratta dei casi in cui la creazione, ossia l'oggetto-opera, mostra caratteristiche espressive di altissimo livello equivalenti a quelle dell'opera plastica o dell'opera pittorica e valutate come tali dalla critica. L'artista può scegliere di dedicarsi in maniera esclusiva a una tecnica particolare, che definisce così la sua specificità, come poteva essere il caso della ceramica per Leoncillo. Oppure può decidere di sperimentare diverse tecniche, richiedendo l'intervento di artigiani esperti per la realizzazione dell'opera e riservandosi esclusivamente la fase di ideazione. Un esempio possono essere gli arazzi di A. Boetti realizzati dalle donne afghane. Senza voler attribuire aprioristicamente la superiorità a un oggetto soltanto perché creato da un artista, va detto che quando viene meno la creatività e si ripetono stancamente soluzioni correnti e già sperimentate il risultato è sostanzialmente artigianale. L'artigiano, tradizionalmente inteso, è colui che realizza oggetti in cui si perpetuano modelli di antica tradizione, sia nelle forme sia nel decoro, che altrimenti andrebbe perduta. Vi sono comunque artigiani che, avendo superato la pratica del mestiere e sviluppato una certa sensibilità artistica, producono opere originali e di grande valore tecnico, e dunque sono a pieno titolo inseriti nel circuito culturale contemporaneo grazie anche alla partecipazione a importanti mostre.
Un altro caso è rappresentato dai designer, per lo più architetti, che riescono a dialogare con l'arte, accostando due discipline spesso lontane tra loro. Nel campo delle a. a. e del design è da ricordare il ruolo che hanno avuto, e continuano ad avere, le donne. Come è stato messo in luce in occasione della mostra Dal merletto alla motocicletta. Artigiane/Artiste e designer nell'Italia del Novecento (2002), molte artiste si sono dedicate alle a. a. senza peraltro temere che la loro produzione artistica 'pura' venisse sminuita da questa scelta, dimostrando un atteggiamento di apertura difficile da riscontrare negli artisti, vittime di un 'incapsulamento gerarchico' più condizionante. Prendendo in esame l'esperienza nel campo dell'oggetto da parte di pittori e scultori, si può constatare che le occasioni di rapporti con l'industria sono effettivamente poche.
Ne costituisce un esempio il caso dell'azienda Illy, produttrice di caffè, la quale dal 1992 ha affidato a diversi artisti il compito di decorare delle tazzine identiche nella forma, creando delle piccole opere d'arte firmate, e numerate per attestare la produzione limitata. Tra i numerosi artisti che nel corso degli anni hanno contribuito alla Illy collection vi sono S. Chia (1993 e 1997), J. Rosenquist e N. June Paik (1996), R. Rauschenberg (1998), M. Paladino e J. Kosuth (2000), J. Koons (2001 e 2005), M. Abramovich e J. Kounellis (2002), M. Pistoletto e la sua Fondazione (2002, 2004 e 2005): lo stesso marchio Illy, scritta bianca su campitura rossa, è stato ideato nel 1996, da Rosenquist. Un altro importante esempio di collaborazione tra arte e industria è costituito dal progetto Mirabili arte d'abitare che ha visto coinvolti numerosi artisti, tra cui L. Ontani, M. Ceroli, F. De Poli e M. Lodola, oltre a importanti designer. Ideato nel 1986 da S. Cavilli, sviluppato successivamente dai fratelli D. e G. Overi, il progetto è nato dall'idea di poter introdurre nell'ambiente 'casa' mobili e oggetti 'd'arte fruibile', firmati e in tiratura limitata. Le 'sculture' create per questa collezione hanno trovato spazio anche in diversi musei e gallerie internazionali.
Un artista contemporaneo che, in qualche modo, risponde all'ideale futurista di totalità delle arti è U. Nespolo (n. 1941), non a caso paragonato a F. Depero per la versatilità dei suoi interessi, il cui atelier torinese è stato oggetto di una mostra intitolata Casa d'Arte Nespolo curata da V. Fagone (Milano, 1995). La sua attività creativa spazia dalla scenografia teatrale alla grafica pubblicitaria, dalla ceramica alla produzione di arazzi e oggetti in vetro. Ha collaborato con industrie come la Swatch, la Origlia e la Schiffini e dal 1996 al 1998 ha avuto la direzione artistica della Richard Ginori.
La ceramica senza dubbio costituisce, oggi come in passato, il materiale privilegiato dagli artisti, in quanto consente sconfinamenti nel campo dell'oggettistica. Inevitabili sono dunque i contatti dei numerosi pittori e scultori che si dedicano all'arte della ceramica con i centri di produzione storica quali Faenza, Deruta, Albisola, Vietri sul Mare, Castellamonte, dove è possibile trovare attrezzature e tecnici esperti con cui confrontarsi. Quello che emerge in manifestazioni importanti come il Concorso per la ceramica d'arte contemporanea, o il Premio Faenza - a carattere internazionale e a cadenza biennale dal 1989, il cui scopo dichiarato è quello di stimolare la ricerca, il rinnovamento di tecniche e materiali, di forme e modi espressivi della ceramica - è la massiccia presenza di opere plastiche prive di scopo funzionale. Tra queste anche le creazioni degli artisti stranieri vincitori delle ultime tre edizioni (1999-2005). Infatti, all'interno del celebre concorso faentino, ve n'è uno riservato all'oggetto d'uso dal titolo Arte della ceramica, aperto agli Istituti d'arte italiani che presentano le loro creazioni rispettando il tema proposto dalla commissione: la ciotola nel 1999, il vaso da fiori per arredamento d'interni (2001), tea for two (2003), mentre nell'edizione del concorso del 2005 è stata richiesta la realizzazione di una ciotola o piatto del diametro da cm 30 a cm 50 e altezza massima cm 10.
Un confronto sempre più diretto tra i tecnici specializzati e gli operatori artistici finalizzato a determinare un rinnovamento tecnico ed estetico per entrambe le categorie, è riscontrabile non solo nell'ambito della ceramica, ma anche nell'oreficeria e nell'arte vetraria.
All'interno di rilevanti manifestazioni sono infatti sorte iniziative volte a valorizzare le tradizioni locali della ceramica nel tentativo di rinnovarne con nuove soluzioni la produzione. È il caso della Biennale di ceramica nell'arte contemporanea di Savona, Vado Ligure e Albisola superiore e marina (1a edizione 2001), che ospita numerosi artisti provenienti da diverse parti del mondo, i quali sono invitati a lavorare in collaborazione con le manifatture della Riviera Ligure al fine di creare legami tra la ricerca artistica internazionale e l'artigianato, nonché tra differenti culture e discipline artistiche. Stesso intento ha la mostra della Ceramica di Castellamonte, rinnovata da E. Biffi Gentili, che dal 2004 l'ha denominata Prima mostra di arti applicate, con una sezione dedicata alle arti tessili, istituendo, nell'allestimento del 2005, uno spazio riservato all'arte del rame.
Sempre nell'ambito dell'arte ceramica un'iniziativa interessante è quella che si svolge a Torgiano, in Umbria, sotto la direzione artistica di N. Caruso e con la collaborazione della Fondazione Lungarotti, dedicata alle Vaselle d'autore per il vino novello, in cui tre artisti contemporanei (pittori, scultori o ceramisti) ogni anno, a partire dal 1996, sono chiamati a creare vaselle, vale a dire brocche panciute in terracotta invetriata con ansa e beccuccio nelle quali fin dall'antichità veniva versato il vino novello, con l'unico obbligo di mantenere integra la funzionalità del contenitore.
Anche nell'ambito della gioielleria e dell'oreficeria si sono create da tempo sinergie tra esperienze diverse. Già dal secondo dopoguerra, a opera del gioielliere M. Masenza, nacque un felice connubio tra arte e oreficeria. Tale tendenza s'incrementò a opera di M. e D. Fumanti a Roma e del laboratorio GEM di Milano, che negli anni ha poi coinvolto artisti come Arman, César, M. Oppenheim, S. Delaunay e N. de Saint Phalle. Ma anche artisti italiani come Afro, M. e D. Basaldella, P. Consagra, G. Capogrossi, L. Fontana, C. Lorenzetti, E. Mannucci, F. Melotti, G. e A. Pomodoro, G. Uncini si sono dedicati al disegno del gioiello. Dagli anni Ottanta sono diventati sempre più numerosi gli orafi-artisti che nelle loro creazioni hanno sperimentato nuove soluzioni tecniche e formali utilizzando anche materiali poveri come l'acciaio, il legno, la plastica o la carta.
In Italia l'arte tessile ha trovato sempre una particolare attenzione, basti pensare agli arazzi moderni di artisti quali E. Accatino, R. Bonfanti e S. Heyden. È da notare come gli arazzieri in Italia siano in maggior parte artigiani che collaborano con gli artisti a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, soprattutto in quelli dell'Est, dove questa tecnica è praticata dagli artisti stessi. Questa particolare forma d'arte, nata negli anni Sessanta nell'Europa settentrionale e negli Stati Uniti, chiamata Fiber Art o Arte tessile, vede l'artista ideatore ed esecutore delle sue opere, dalle più tradizionali come gli arazzi, alle sculture tessili e alle installazioni. Le sperimentazioni contemporanee utilizzano e mescolano alle fibre tessili materiali inconsueti come rame, acciaio, vetro termofuso, carta, paglia, plastica, pluriball, anche con lavorazione senza telaio (off loom) che offre possibilità tridimensionali. L'opera si avvicina così alla scultura e perde ogni connotazione riconducibile alla tradizionale 'arte minore'.
Nel corso degli anni Novanta, a testimonianza di una sempre maggiore attenzione verso questa forma d'arte, sono sorte in Italia tre importanti esposizioni internazionali: Miniartetextil, che si svolge annualmente a Como dal 1990, il Premio Valcellina a Maniago dal 1995, che ha assunto dal 2003 un carattere internazionale, e la Biennale d'arte tessile Trame d'autore sorta a Chieri nel 1998 e diventata poi Biennale internazionale di Fiber Art.
Per le sue singolari caratteristiche il vetro è un'altra materia che ha sempre esercitato interesse sugli artisti e da secoli Murano ne rappresenta la patria. Dopo un periodo di crisi, dalla metà degli anni Novanta una nuova generazione di maestri vetrai ha cercato di dare nuovo slancio al settore affiancando alle antiche tecniche muranesi interessanti sperimentazioni personali. Così le Esposizioni internazionali del vetro contemporaneo Venezia Aperto Vetro nelle tre edizioni del 1996, 1998 e 2000, dedicate rispettivamente al vetro soffiato e fuso, al vetro lavorato a mano volante, e al vetro progettato, ossia all'oggetto disegnato da architetti e designer, hanno dato spazio a queste nuove espressioni artistiche dell'arte vetraria.
La Venini (dal dicembre 2001 entrata nel gruppo Italian Luxury Industries) e la Barovier & Toso, due delle aziende muranesi più rinomate, hanno avviato da alcuni anni interessanti collaborazioni con artisti come S. Chia e M. Rotella e U. Nespolo. Mentre nuove e originali interpretazioni del lampadario muranese sono state proposte dall'artista M.G. Rosin, in collaborazione con P. Signoretto e quindi esposte in importanti manifestazioni come Vetri. Nel mondo. Oggi. (Venezia, 2004-05).
La situazione agli inizi del 21° secolo
Tra la fine del 20° e gli inizi del 21° sec. si è tornati più volte ad affrontare la questione delle a. a. contemporanee, imponendo una profonda revisione delle varie problematiche. Promotore di numerose iniziative è stato E. Biffi Gentili, che a Matera nel 1999 ha organizzato il Primo Convegno sullo stato delle arti applicate svoltosi a Palazzo Annunziata, nonché la mostra Mater Materia. In tale contesto ha presentato il progetto di una Biennale internazionale delle arti applicate che però non è stata realizzata. I contributi del dibattito scaturito dal convegno sono stati raccolti nella Carta di Matera e poi sono confluiti nel Manifesto per le arti applicate del nuovo secolo, presentato a Milano il 23 gennaio 2001 nel Salone degli Affreschi della Società umanitaria. I promotori e i firmatari di questo programma sono stati ceramisti, orafi, argentieri, restauratori, creatori di vetro artistico, tessuti d'arte, di moda e gioielli, nonché un liutaio, rappresentati dalle associazioni di categoria artigianale (Associazione nazionale artigianato artistico CNA, la Federazione attività artistiche e culturali della Confartigianato) e dalle rispettive presidenze; oltre a Biffi Gentili, l'architetto T. Cordero, il fotografo e grafico M. Cresci e il filosofo S. Zecchi.
Tale iniziativa, nel prospettare una riflessione e una riconsiderazione critica sull'effettiva importanza che le a. a. hanno avuto e continuano ad avere, risulta limitata nell'assumere come punto di vista privilegiato l'artigianato artistico italiano. Per capire però perché il Manifesto sia definito "per le arti applicate" i compilatori dopo aver affermato "che sulla soglia del 3° millennio l'universo dell'arte contemporanea nella produzione di artefatti si esprime in tre principali modi, autonomi ma interrelati: Arte, Design, Artigianato Artistico" e aver sottolineato come "la terminologia corrente [sia] ambigua ed obsoleta" mentre "il fare contemporaneo non deve più essere riconducibile alle divisioni storiche e alle loro implicite gerarchie dei valori", concentrandosi sull'artigianato artistico italiano, concludono la prima parte del manifesto con l'affermazione: "Per quanto riguarda la definizione disciplinare si propone di adottare progressivamente il termine di Arti Applicate". (Nuovo Antico Dalla materia all'artefatto, 2002). Naturalmente l'espressione arti applicate sostituendosi ai diversi termini, oltre a creare un'ulteriore confusione in un ambito in cui la terminologia, sempre di accezione limitativa, non è mai stata chiara nelle definizioni, denota dove sta andando nel 21° sec. questo vastissimo campo di attività artistica. Senza voler incorrere in sistemi classificatori va però tenuto presente che "non può che suonare estremamente riduttiva l'assimilazione del termine, già di per sé fortemente limitativo di 'arte minori' a quello di 'artigianato', anche se, magari con l'aggiunta mentale dell'aggettivo 'artistico'". (Castelfranchi Vegas 2000, p. 13). Le celebrazioni tenutesi per il centenario dell'Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna di Torino del 1902 (2002-03, direttore artistico: Biffi Gentili), con l'allestimento di sette grandi mostre coordinate dalla Fondazione per il libro, la musica e la cultura insieme al World Crafts Council Europe, sono state occasione per ribadire tali posizioni. Torino, nel 2002, ha assunto il ruolo di nuova capitale europea delle arti decorative e si è colta l'occasione per dibattere sul tema delle a. a. che così possono "svolgere una funzione agonista e antagonista nel sistema delle arti contemporanee, piuttosto che postulare una sua semplice "accettazione" o la pari dignità" (Masterpieces/Capolavori. L'artista artigiano tra Picasso e Sottsass, 2002, p. 16). L'inaugurazione nel 2006 proprio a Torino del Museo italiano delle arti applicate oggi (MIAAO) ha quindi risposto a un'esigenza che era ormai emersa da tempo e indicata anche nella Carta di Matera e ribadita nel Manifesto.
Se però si parte dall'assunto stabilito dalla commissione per una sezione della mostra Masterpieces/Capolavori. L'artista artigiano tra Picasso e Sottsass (2002), secondo il quale "l'arte applicata è un'attività di progettazione e costruzione di un oggetto elaborata ed eseguita dalla stessa persona", si nega tutta una tradizione che ha sempre previsto la collaborazione tra artista e artigiano. Vi sono esempi storici che legano le due realtà. Il lavoro dell'artista si trasforma in attenta partecipazione alla concreta realizzazione dell'opera effettuata da esperti del settore con i quali si crea sempre un importante dialogo: infatti un rapporto speciale di fecondi scambi ha sempre orientato il settore delle arti applicate. Gli artigiani capaci di lavorare la materia grazie a una conoscenza approfondita e di risolvere problemi tecnici danno forma a oggetti che rispondono alle nuove idee e ai segni pensati dall'artista. Proprio per il loro ruolo fondamentale si tratta di artigiani che non rimangono anonimi esecutori, ma sono sempre più conosciuti e citati per l'alta qualità professionale. Un esempio è quello di D. Servadei, che nella sua storica bottega Gatti a Faenza ha creato nel tempo diversi sodalizi con artisti come E. Baj, G. Fioroni, G. Strazza, L. Ontani, M. Paladino, P. Echaurren, U. Nespolo, G. Cerone. Passando all'ambito del vetro soffiato, nomi illustri sono quelli di P. Signoretto, L. Tagliapietra, A. Zilio dalle cui fornaci escono le opere di importanti artisti italiani e internazionali.
Naturalmente è giusto che l'artigianato recuperi e abbia una sua autonomia progettuale - i nomi citati appartengono alla categoria di artigiani che si presentano anche come autori - ma il suo percorso dovrà sempre avere uno sguardo rivolto al mondo artistico.
In ambito internazionale le a. a. trovano un'ampia produzione nel Word Craft Council International, un'organizzazione fondata nel 1964 che si occupa dello sviluppo delle attività artistiche e dell'artigianato di design ed è presente con cinque organismi in Africa, Asia, Europa, America Latina e America Settentrionale. In Europa, il Word Craft Council, che ha le sue sezioni in Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Olanda, Romania, Svezia, Svizzera e Regno Unito, tra le varie attività organizzative ha istituito anche importanti premi quali il WWC - Europe Award per l'Artigianato Contemporaneo e l'European Prize per le Arti Contemporanee e l'Artigianato di Design.
bibliografia
Arti minori, prolusioni di L. Castelfranchi Vegas, C. Piglione, Milano 2000 (in partic. A. Menichella, Arte e industria: la nascita del design, pp. 55-63).
M. Vitta, Il progetto della bellezza. Il design fra arte e tecnica, 1851-2001, Torino 2001Dal merletto alla motocicletta. Artigiane/Artiste e designer nell'Italia del Novecento, a cura di A. Pansera, T. Occleppo, Ferrara, Palazzo Massari, Cinisello Balsamo 2002 (catalogo della mostra); Masterpieces/Capolavori. L'artista artigiano tra Picasso e Sottsass, a cura di E. Biffi Gentili, A. Leclercq, Torino, Palazzo Bricherasio, Torino 2002 (catalogo della mostra); NuovoAntico. Dalla materia all'artefatto, a cura di F. C. Drago, Torino, Palazzo Carignano, Roma 2002 (catalogo della mostra).