Penn, Arthur
Regista cinematografico, televisivo e teatrale statunitense, nato a Filadelfia il 27 settembre 1922. Intellettuale appassionato e militante, P. non si è mai stancato di utilizzare il cinema, la televisione e il teatro come luoghi dove mettere a fuoco e rivelare le contraddizioni contemporanee e, in particolare, i nodi che travagliano la società statunitense. Autore che tiene in eguale misura alla Storia e alle storie, al piacere dello spettatore e alla responsabilità sociale e politica del regista/narratore, P. è stato, dalla fine degli anni Cinquanta, uno dei registi più rappresentativi dell'Actors Studio e tra coloro che meglio hanno riletto e interpretato il 'metodo' di Lee Strasberg. Già dal suo primo film, The left-handed gun (1958; Furia selvaggia ‒ Billy Kid) il suo stile personale fu immediatamente amato dai critici dei "Cahiers du cinéma".
Segnato dal divorzio precoce dei genitori, alla morte del padre P. si trasferì a New York. Arruolatosi nell'esercito, nel 1943 fu inviato a combattere contro i nazifascisti in Germania e poi in Italia. Già in quel periodo era entrato a far parte della compagnia teatrale dell'esercito, collaborando con il regista Joshua Logan. Rientrato negli Stati Uniti, riprese gli studi conseguendo nel 1946 il diploma in recitazione. Assunto nel 1951 dalla NBC, partecipò al programma Colgate comedy hour al fianco di Dean Martin, Jerry Lewis, Bob Hope, Eddie Cantor e Denny Thomas. L'anno successivo, a Hollywood, lavorò alla produzione del Dean Martin and Jerry Lewis show. Nel 1953 gli venne commissionata la regia dei drammi televisivi 'in diretta' per la serie di grande successo Philco television playhouse. L'esperienza televisiva proseguì ancora con Producer's showcase (1954) e con le serie Goodyear television playhouse e Playwrights (entrambe del 1955). Nel 1957 P. passò alla CBS, per la quale firmò le regie della serie Playhouse 90.Tra il 1952 e il 1953 era entrato in contatto con l'Actors Studio, di cui sarebbe in futuro divenuto membro onorario e, dal 1995 al 1999, presidente. Già unanimemente considerato una delle figure di maggior spicco della televisione statunitense, dal 1958 iniziò a ottenere come regista i suoi primi grandi successi teatrali sulle scene di Broadway: diresse Anne Bancroft e Henry Fonda in Two for the seesaw di W. Gibson, uno spettacolo che rimase in scena per oltre due anni, seguito, tra gli altri, da The miracle worker (1959) e All the way home (1960) che gli valse il premio Pulitzer per la migliore regia.Nel 1958 esordì dietro la macchina da presa con The left-handed gun, con il quale si collocò all'interno di un classico genere cinematografico come il western, sabotandone quasi interamente i codici e le convenzioni, mentre reinventò il personaggio di Billy the Kid (Paul Newman), soffermandosi sulla sua istintiva rabbia, sulle motivazioni che lo spingono a uccidere, sul suo malessere e dolore perpetui. Con The miracle worker (1962; Anna dei miracoli), dal testo di W. Gibson che P. aveva già messo in scena a teatro, volle lasciar emergere, come in gran parte dei suoi film, la fisicità di personaggi 'isolati'. Sia la ragazza cieca sia l'istitutrice che non si toglie mai gli occhiali scuri rappresentano altre figure di emarginati come Billy the Kid, personaggi che si muovono al buio e che nei loro movimenti mostrano di privilegiare il tatto alla vista. Dopo Mickey one (1965) sulla depressione e sulle manie di persecuzione di un brillante intrattenitore di nightclub, girò The chase (1966; La caccia), scritto da Lillian Hellman e tratto dal romanzo di H. Foote. L'opera utilizza in apparenza le strutture del poliziesco (la fuga dell'evaso) e del western (la rappresentazione della cittadina del Texas), ma in realtà si rivela essenzialmente lo spietato ritratto di uno spaccato di umanità, mettendo in luce i rancori, le ipocrisie e l'arroganza di molti abitanti del luogo. Bonnie and Clyde (1967; Gangster story) costituì invece un film fondamentale per la nascita di quel 'cinema di fuga' (con l'utilizzo degli esterni e la fisicità della violenza) che avrebbe caratterizzato la nuova produzione hollywoodiana degli anni Settanta. Nelle figure e nelle azioni della coppia di fuorilegge che agisce negli ampi spazi dell'America degli anni Trenta, l'opera sembra riprendere il modello del gangster film filtrato però attraverso la libertà formale della Nouvelle vague. Diresse poi Alice's restaurant (1969), altro potente 'film di protesta' su un cantante folk che stringe amicizia con due proprietari di un ristorante, finanziatori di un gruppo di hippies insediati in una chiesa sconsacrata, e soprattutto Little big man (1970; Piccolo grande uomo), dal romanzo di T. Berger, sulla vita leggendaria di Jack Crabb (Dustin Hoffman), un bianco cresciuto tra i Cheyennes. Ancora una volta il genere western costituisce il contesto in cui viene delineata un'ennesima figura di emarginato, un individuo senza identità (non è un indiano ma non è neanche un bianco), accanto al quale compaiono altri personaggi al confine tra Storia e Mito (il generale Custer, Wild Bill). La stessa ambientazione risulta un pretesto per alludere al presente: nella battaglia di Little Big Horn appaiono infatti evidenti i riferimenti alla guerra in Vietnam. Dopo Vision of eight (1972; Quello che l'occhio non vede), documentario sulle Olimpiadi di Monaco del 1972, P. diresse Night moves (1975; Bersaglio di notte), uno struggente, e malinconico noir, e The Missouri break (1976; Missouri), anomalo western ambientato nel Montana di metà Ottocento, in cui si sottolinea ancora una volta il contrasto tra due mondi differenti, quello cui appartiene un ladro di cavalli (Jack Nicholson) e quello di uno specialista nella difesa degli interessi dei proprietari di bestiame (Marlon Brando).
Ha poi ripreso l'attività teatrale prima di tornare dietro la macchina da presa con Four friends (1981; Gli amici di Georgia), intenso spaccato generazionale in cui la Storia degli Stati Uniti si incrocia con la storia privata dei quattro protagonisti. Si è quindi confrontato con il film di spionaggio (Target, 1985, Target ‒ Scuola omicidi), il thriller (Dead of winter, 1987, Omicidio allo specchio) e con la commedia avventurosa (Penn & Teller get killed, 1989, Con la morte non si scherza), prima di dedicarsi intensamente al teatro, fondando per un breve periodo di tempo l'Actors Studio Free Theatre, uno spazio di ricerca e produzione teatrale destinato ad affiancare i seminari dell'Actors Studio. Per la televisione ha diretto ancora The portrait (1993; Ritratti), Inside (1996), e nel 2001 l'episodio The fix della serie 100 Centre Street. *
R. Wood, Arthur Penn, New York 1969.
F. Carlini, Arthur Penn, Milano 1977.
G. Haustrate, Arthur Penn, Paris 1986.
P. Vernaglione, Arthur Penn, Milano 1988.
Arthur Penn, a cura di L. Gandini, Milano 1999.