TRACIA, Arte
La fascia orientale della penisola balcanica, nei millenni VII-IV a.C., costituisce una delle regioni più evolute nell'ambito della civiltà neolitico- eneolitica dell'Europa; fruisce, infatti, ed è contemporaneamente partecipe, delle esperienze culturali dell'Anatolia, dell'Asia anteriore, del Mediterraneo orientale, delle steppe pontiche e dell'Europa centrale. La fase finale di questa civiltà è qui splendidamente rappresentata dai rinvenimenti della necropoli eneolitica di Varna (Bulgaria orientale). Le 281 tombe finora riportate alla luce evidenziano l'esistenza di una gerarchia sociale, facendo luce così sulla struttura dell'antica comunità patriarcale e sulla fusione, qui in atto, del potere reale e sacerdotale. Gli «ori di Varna», tra i più antichi al mondo lavorati in tali proporzioni, forme e tecniche, comprendono applicazioni e gioielli, figure appiattite di toro, incrostazioni su ceramica e placchette utilizzate per maschere funebri di terracotta.
Anche se la continuità etnico-culturale fra Eneolitico ed Età del Bronzo non è affatto sicura, dato che nel periodo di transizione tra le due epoche sono attestate nell'Europa sud-orientale tracce di presenze di nomadi delle steppe, si parla però di continuità socio-culturale come base del processo di indoeuropeizzazione qui già avviato. I portatori della cultura del bronzo vengono pertanto considerati, sin dall'inizio del III millennio, «Prototraci». A questi ultimi vanno riferiti prodotti d'arte di grande valore, tra cui il servizio destinato al culto reale-sacerdotale (12,5 kg di oro) rinvenuto nei pressi di Vălčitrăn (Bulgaria settentrionale). Questo tesoro, datato a periodi diversi nell'ambito della tarda Età del Bronzo, dopo il XVI sec. a.C., rimane tuttavia una testimonianza chiave nella storia dell'arte t.; i suoi elementi decorativi preannunciano la comparsa in Tracia, dopo il XII sec. a.C., dello stile geometrico.
La continuità areale e tipologica attestata in Tracia tra l'Età del Bronzo e l'Età del Ferro è un fenomeno naturale per un contesto etnico-culturale che per oltre 2000 anni ha la possibilità di svilupparsi senza sconvolgimenti provocati dall'esterno. Dopo le guerre di Troia, quando i popoli dell'Egeo settentrionale per la prima volta, nell'Iliade di Omero, vengono denominati «Traci», nell'Europa sud-orientale gradualmente si giunge a una canonizzazione stilistico-tematica che sembra ispirarsi al sistema decorativo submiceneo. Il geometrismo nell'arte t. (v. infra) non si impone definitivamente, però, se non tramite le botteghe e i mercati delle colonie elleniche situate lungo le tre coste tracie (Egeo, Propontide, Ponto). Dopo il VII- VI sec. a.C. le più attive e ricche apoikìai in Tracia sono Histria (alla foce dell'Ìstros, oggi Danubio), Apollonia Pontica (Sozopol), Byzantion, Enos (l'odierna Enez, alla foce dell'Hèbros, oggi Marizza), Maronea, Abdera (alla foce del Nèstos, oggi Mesta) e Amfipoli (nell'area del corso inferiore dello Strìmon, oggi Struma). Si tratta di centri con una ben documentata vita artistica, la quale, recepita in varî modi dalla realtà tracia, agisce sempre in maniera determinante sullo sviluppo dell'arte locale. Nel V sec. a.C. in Tracia nascono organizzazioni statali ampie e relativamente potenti e quella degli Odrisi, a SE, gioca un ruolo storico di grandissimo rilievo. I coloni ellenici e la più importante potenza marittima dell'Eliade, Atene, instaurano con i Traci importanti scambi anche relativi alla produzione artistica.
Fra gli oggetti eseguiti su commissione o importati che entrano in questo periodo a far parte dei tesori e dei corredi funebri dei re, si segnala per importanza un gruppo di vasi di un servizio sacrificale in oro, importato in Tracia per la dinastia degli Odrisi e rinvenuto nei pressi di Panagjurište (Bulgaria meridionale). Il servizio va messo in relazione con la produzione di Lampsaco, sulla costa dell'Asia Minore e datato al IV sec. a.C. La circolazione di simili oggetti, talvolta anche frutto di saccheggio o di rapina, pone comunque in rapporto con un certo tipo di cultura aristocratica. I maestri traci sono soliti assimilare, direttamente o per azione intermediaria, soggetti, schemi iconografici, tecniche stilistiche, sia dall'Eliade, sia dall'Asia Minore, dall'Iran, dall'Etruria, dall'Italia meridionale e dalla Scizia, cosicché si ritrovano fusi nei loro prodotti differenti linguaggi figurativi: in particolare, un esempio di assimilazione del linguaggio figurato ellenico si ha nella scena principale del fregio che orna la tomba del sovrano odrisio Seute III, rinvenuta nei pressi della sua residenza fortificata, Seuthopolis (v.), vicino all'odierna Kazanlăk (Bulgaria meridionale). Lo schema è quello ampiamente diffuso del «banchetto funebre», caricato però di un valore semantico legato alla realtà locale, cosicché diviene espressione del legame stabilito, attraverso le nozze sacre, tra la Grande Dea Madre e suo figlio. Fenomeni analoghi si colgono anche in altri monumenti, p.es. nella tomba di un sovrano getico, rinvenuta di recente a Sve štari, nei pressi di Isperikh (Bulgaria nord-orientale); finemente decorata, con affresco e cariatidi, essa si data, come quella di Kazanlăk, al primo ellenismo. Dopo il VI-V sec. a.C., l'Europa sud-orientale risulta infatti pervasa da un processo di profonda ellenizzazione.
Queste tendenze sincretistiche sono ancora vive in Tracia nella fase iniziale dell'età imperiale romana. Componenti elleniche, romane e dell'Asia Minore si fondono nell'iconografia del dio-cavaliere trace (v. cavaliere trace). Le stele funerarie, in cui appare quest'immagine, debbono essere poste in rapporto con il culto greco-romano del defunto eroizzato; nei rilievi votivi si ritrova invece, fino al III sec. d.C., la semantica del pensiero mitico-rituale e religioso tracio. Quest'immagine della divinità, che può essere considerata il simbolo della cultura tracia, verrà più tardi assimilata dal repertorio figurato della Chiesa ortodossa bulgara e se ne ritroverà traccia nelle figure di San Giorgio e San Demetrio.
L'orizzonte religioso dei Traci è incentrato soprattutto sulle figure della Grande Dea Madre, del Sole e del re, loro «figlio dottrinale», che assume i ruoli di progenitore, demiurgo, eroe culturale; tale orizzonte ha forti influssi sulla produzione artistica. La variante locale tracia dell'arte geometrica, nell'Europa sud-orientale, è rappresentata da una serie di prodotti della piccola plastica (applicazioni, ornamenti di bardature di cavalli, figurine di cavalli, cervi e uccelli, amuleti a forma di asce-martelli e altri). Essi riproducono sia figure zoomorfe (o loro parti), sia composizioni fantastiche di immagini (o di loro parti). Coeve ai dolmen traci dell'ultima fase e alla comparsa delle tombe di pietra (a cupola, forse reminiscenze di quelle micenee, o rettangolari, legate geneticamente ai dolmen) le immagini zoomorfe sono frammenti di un tipico soggetto «barbarico». Esse rappresentano, in altri termini, «mitologemi», in cui le forze cosmiche sono zoomorfizzate, mentre la lotta tra loro è solo suggerita.
Episodî di questa lotta fanno la loro prima comparsa nell'arte t. del V sec. a.C., periodo in cui vanno assumendo una loro forma canonica sia il racconto a soggetto e, in esso, le fondamentali identificazioni figurate (leone, lupo-cane, cervo-daino, orso, aquila, serpente, grifone e altri) sia lo stile. Questo stile, ampiamente noto come «animalistico», deriva in effetti da quello geometrico e si sviluppa attraverso schematizzazioni, in cui però alcuni elementi sono marcatamente accentuati. Fra i tanti mezzi adottati dal maestro-toreuta a questo scopo, il più efficace è quello della doratura di un organo o di una parte dell'animale sullo sfondo d'argento dell'intera immagine. Questo tipo di schematizzazione è un espediente derivato dall'arte iranica e adattato alle esigenze di quella tracia.
Le conseguenze dei contatti così intensi che i Traci stabiliscono con altre cerchie culturali incominciano a farsi sentire contemporaneamente anche a nord-est e a nord-ovest, zone aperte rispettivamente al mondo degli Sciti e a quello dei Celti: verso la fine del V sec. a.C. quest'area si può considerare intermediaria tra Oriente e Occidente.
Il periodo di splendore dell'arte t. si colloca tra la fine del V e i primi decenni del III sec. a.C. È l'epoca in cui, come documentano i tesori e i corredi funebri rinvenuti nell'area compresa tra le Porte di Ferro, sul Danubio, e l'Ucraina meridionale, i Carpazi e il retroterra egeo, si raggiunge una certa generale omogeneità nell'iconografia e nello stile. Nell'immenso territorio in cui si sviluppa l'arte t. possono essere localizzate per ora almeno quattro scuole locali: nella Tracia nordoccidentale o «triballica», dal nome dell'organizzazione politico-militare dei Triballi; nella Tracia nord-orientale o «getica», dal nome di quella dei Geti; nella Tracia sud-orientale o «odrisia» (ma più verosimilmente a E dell'Hebros con il retroterra della Propontide); e in quella sud-occidentale, denominata talvolta «tracio-macedone», la cui produzione deve il suo sviluppo in gran misura allo sfruttamento delle miniere del Pangeo.
Il fatto più importante registrato nel periodo di massima fioritura è la comparsa del volto e della figura umana. Il volto della Grande Dea Madre è, p.es., raffigurato sullo schiniere d'argento dorato del corredo della sepoltura reale nel tumulo Mogilanska, a Vraca (Bulgaria nord-occidentale). La figura umana entra nell'arte t. probabilmente per influsso stilistico greco; la necessità dell'immagine a contenuto narrativo è però conseguenza ideologica del consolidamento delle posizioni delle famiglie dinastiche.
Le vecchie categorie mitologiche del pensiero e del comportamento di tipo aristocratico devono naturalmente ora essere anche moralmente fissate per l'intera società. Per questo l'eroe mitologico (il re-sacerdote) diventa figura centrale in scene, di cui due sono le fondamentali. Una è «la caccia reale» o la grande prova a cui l'eroe si sottopone nelle lotte contro le qualità morali inferiori, che risultano zoomorfizzate. Tra i 165 vasi d'argento del tesoro rinvenuto di recente a Rogozen (v.), nei pressi di Vraca, si trova una brocca su cui è rappresentata proprio una caccia al cinghiale di questo tipo. L'uccisione della bestia feroce (il superamento della prova) assicura all'eroe il privilegio di raggiungere la perfezione, la cui conclusione dottrinale è la ierogamia, concetto centrale del c.d. orfismo tracio assai diffuso tra gli aristocratici.
Il linguaggio figurativo di questo tipo di arte è immediato ed enunciativo, motivo per cui la scena di ierogamia è rappresentata apertamente sull'applicazione destinata alla bardatura di un cavallo nel Tesoro di Letnica, nei pressi di Loveč (Bulgaria settentrionale).
Dopo il III sec. a.C. l'arte t. va inquadrata nella generale decadenza della vita spirituale, registrata nell'Europa sud-orientale. La crisi, che la periferia settentrionale del mondo ellenistico vive, e la comparsa di altri popoli nomadi sulla scena della storia, sono le cause che portano a una nuova canonizzazione dei mezzi espressivi nell'arte delle società illetterate. L'intensità semantica delle composizioni figurate, delle forme e della decorazione verosimilmente non diminuisce, le soluzioni tematico-stilistiche invece si impoveriscono. Questa canonizzazione è documentata in Tracia con una certa consistenza dal punto di vista archeologico. Un monumento tra i più famosi è il tesoro rinvenuto a Jakimovo, nei pressi di Mikhailovgrad (Bulgaria nord-occidentale), datato al II-I sec. a.C., a cui si può aggiungere anche il calderone argenteo di Gundestrup nello Jütland (Danimarca); la sua decorazione a piastre applicate sul corpo potrebbe essere opera di maestri traci della stessa epoca.
Arte per i Traci. - Essa è concentrata nelle botteghe delle colonie, centri a cui si deve la diffusione e, in parte, l'assimilazione della pittura e dell'architettura ellenistiche in Tracia. Si sono probabilmente formati qui gli scultori traci, le cui opere, per ora rinvenute in numero piuttosto limitato, sono fortemente espressive. Un guerriero tracio dall'abbigliamento caratteristico, con due lance, è raffigurato su un vaso a figure rosse di Apollonia. Queste immagini sono frequenti nella pittura attica della metà del VI-metà del V sec. a.C.: cavalieri che rappresentano l'aristocrazia tracia o armati alla maniera tracia, peltasti traci, schiave tracie, menadi della Tracia. Il quadro è arricchito notevolmente dai personaggi mitologici nati nella regione o messi in relazione con essa. La produzione vascolare più antica illustra le tre fondamentali idee tracie: l'idea dell'equilibrio ctonio-solare del Cosmo raggiunto attraverso la musica (Orfeo), della insaziabile ferocia della guerra (Ares) e della fede nell'immortalità (Dioniso) che si raggiunge non attraverso la solitudine dell'orfico, ma attraverso il sacrificio collettivo al dio, evento che proprio per gli Elleni costituisce il raggiungimento del puro misticismo. Si tratta di concetti che infatti non risultano estranei alla mentalità greca. Il cratere a figure rosse attico (databile intorno al 440 a.C.) di Gela rappresenta Orfeo seduto su roccia, in abbigliamento greco, mentre canta e suona la lira. Leggermente ellenizzati, a piedi nudi e corpo nudo sotto lo zeirà tracio, lo ascoltano estasiati quattro guerrieri. Proprio questo elegante sincretismo allude forse in maniera precisa al posto che la Tracia occupa nel quadro dell'Europa sud-orientale di questo periodo.
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(A. Fol)
Monetazione. - Una peculiare forma di produzione artistica (rilevante peraltro non solo per i suoi aspetti iconografici e stilistici, ma anche per i risvolti storici ed economici) è costituita dalle monete. I numerosi rinvenimenti effettuati in area tracia consentono di seguire lo sviluppo di tre gruppi di coniazioni locali: delle città greco- coloniali, delle tribù tracie, dei sovrani.
Le città greco-coloniali del versante meridionale (Thasos, Abdera, Maronea, Eno, Bisanzio, Chersoneso Tracio) e di quello orientale (Apollonia, Histria, Mesambria) battono moneta a partire dalla fine del VI sec. a.C. Thasos emette due serie: la prima (fine VI - fine V sec. a.C.) reca l'immagine di un Sileno che rapisce una Menade, e ha ampia diffusione; la seconda, con una splendida immagine di Eracle che tende l'arco, gode di diffusione minore. Più numerose le serie coniate ad Abdera (tutte caratterizzate però dall'immagine di un grifone), Maronea (numerosi nel IV sec. a.C. i tesori di monete di bronzo), Eno (raffinato il profilo di Eracle sul diritto), e, dopo il 350 a.C., Bisanzio con il Chersoneso Tracio: le piccole monete d'argento di quest'ultimo centro, caratterizzate da una protome di leone, sono attestate (insieme con le monete di Parion) in una trentina di tesori della Tracia meridionale. Apollonia, dalla fine del VI sec. a.C., batte monete d'argento con raffigurazione di un'ancora, e, nella prima metà del IV, dracme con testa di Medusa; ma usa anche punte di freccia di rame nei commerci con le tribù tracie dell'interno. Ben diffuse nel Basso Danubio sono le dracme d'argento di Histria, con teste di giovani contrapposte (diritto) e aquila e delfino (rovescio); mentre le monete di Mesambria recano un elmo corinzio e una ruota radiata.
La sottomissione a Filippo II di Macedonia (340 a.C.) e la trasformazione della Tracia in strategia macedone, con l'introduzione di monete macedoni e asiatiche, portano a una drastica riduzione delle emissioni delle città costiere tracie.
Notevoli restano però, p.es., i tetradrammi di Apollonia (testa di Apollo); nel Chersoneso comincia a battere moneta d'oro Lisimachia, fondata nel 309 da Lisimaco. La morte di quest'ultimo (281 a.C.), la susseguente riappropriazione dell'autonomia politica, lo sforzo di mantenere strette relazioni commerciali con le città di Asia Minore inducono Callatis, Odessus, Mesambria e poi Tomis a battere monete d'argento derivate da quelle di Alessandro Magno, recanti, rispettivamente sul diritto e sul rovescio, Eracle e Zeus, oppure Atena e Nike. La produzione si incrementa nel II sec. a.C. e all'inizio del I; sono stati rinvenuti tetradrammi in molti tesori della Tracia nordorientale. Si battono in gran quantità anche monete di bronzo, soprattutto a Mesambria (elmo sul diritto, Atena Alkìs sul rovescio).
Sulla costa della Propontide e dell'Egeo, le numerose emissioni d'oro e d'argento di Bisanzio, con i tipi di Lisimaco (diritto: testa di Alessandro Magno; rovescio: Atena Nikephòros), che si collocano fra fine del III e inizio del I sec. a.C., e, a partire dal 180 a.C., le monete di Thasos e di Maronea (testa di Dioniso, figura di Eracle) conoscono un notevole impulso, e costituiscono il principale mezzo di scambio per la parte orientale della Penisola Balcanica; anzi, alcuni studiosi ipotizzano che queste monete siano state coniate in zecche romane per il pagamento di mercenari balcanici. Grande sviluppo sembra avere comunque, con quella di Mesambria, la zecca di Cabile.
Le monete delle tribù tracie, che si definiscono in genere tracio-macedoni (Deroni, Oreschi, Risalti, Tinteni, Ihni, Zeeli, Lei) e che abitavano la regione del Monte Pangeo, alla foce dello Strimon, nella Tracia sud- occidentale, fanno la loro apparizione alla fine del VI- prima metà del V sec. a.C. Insieme con le monete di Thasos e di Abdera, e con altre macedoni, attiche, italiche, sono attestate in tesori d'Asia Anteriore e d'Egitto, a testimonianza di un traffico commerciale comune fra Mediterraneo settentrionale e Oriente: un traffico sviluppatosi verosimilmente dopo le guerre persiane. Per la maggior parte delle tribù, se si eccettuano alcuni tipi con Hermes o Ares, il soggetto più diffuso è reso accanto al suo cavallo: ha qui origine il filone del cavaliere- condottiero, caratteristico delle più tarde monete reali tracie e macedoni.
Il terzo gruppo di monete, quello che reca il nome dei sovrani traci (Spartoco, Seute I, Saratoco, Bergej, Kekriporis, Amadoco I e II, Hebrizelmis, Coti, Cersoblepte), si sviluppa a partire dalla seconda metà del V sec. a.C., con i re e i dinasti del regno degli Odrisi, stato sorto dall'unione di numerose tribù. I temi sono spesso ripresi da quelli delle zecche greche, o delle città greco-coloniali del versante meridionale; assumono però un particolare significato propagandistico le raffigurazioni del sovrano cavaliere, che sottolineano l'autorità militare del re e si sostituiscono alle raffigurazioni a carattere cultuale proprie delle emissioni del Pangeo.
In alcuni casi, in analogia con quanto si riscontra nelle emissioni di Filippo II di Macedonia, o anche in quelle dei satrapi di Asia Minore, si introduce una sorta di «proto-ritratto» del sovrano al potere o del fondatore della dinastia. Le monete reali odrisie si pongono in relazione con le colonie greche costiere con una certa autorevolezza negli scambi commerciali e negli assetti militari e politici.
L'annessione della Tracia al regno macedone comporta la sottomissione di molti dei re traci; ma con alcuni, specie nell'area nord-orientale, Filippo II instaura rapporti di alleanza. Fra 340 e 270 a.C. sono attestate tre dinastie autonome. A Seuthopolis regnano Seute III (330- 300 a.C. c.a) e (fino al 275 a.C.) i suoi eredi: a questa dinastia sono da attribuire sette emissioni in bronzo, tutte con il nome di Seute; ed è da ricordare soprattutto il tipo coniato dopo la sua morte, con un ritratto in cui il re è raffigurato coti corona d'alloro, e perciò come fondatore eroizzato della sua dinastia. A Cabile, le rare monete bronzee del re Sparatoco (fine IV-inizio III sec. a.C.) recano un suo eccezionale ritratto di profilo verso sinistra.
Fra i suoi successori, Skostoco (275-270 a.C. circa) amplia notevolmente il suo territorio dopo la morte di Lisimaco: le sue emissioni in oro e argento si ricollegano con quelle, assai raffinate, di Lisimaco stesso, ma quelle in bronzo presentano la testa di Apollo e il sovrano raffigurato come cavaliere.
Alcuni esemplari «barbarizzati», sono noti attraverso un grande tesoro rinvenuto a Plovdiv. A Cipsela, dove regna una dinastia di origine greco-macedone, si hanno emissioni in funzione del mercato locale. La frequente raffigurazione, su tutte queste monete, della testa di Alessandro Magno o dei suoi emblemi caratteristici (stella, clava) sta a indicare l'aspirazione di questi sovrani a godere degli stessi diritti degli eredi di lui; la presenza di cavalli (come simbolo di autorità militare) o di ritratti (eco dello sviluppo dell'arte ritrattistica in tutto il mondo ellenistico) costituiscono evidenti temi di propaganda. In alcuni ritratti, comer quelli del già ricordato Sparatoco, compaiono sia il copricapo reale persiano, sia la clava: si sintetizzano quindi elementi del potere del Grande Re e del potere macedone.
Dopo la metà del III sec. a.C. le emissioni reali tracie sembrano subire un rallentamento. Nelle leggende compaiono nomi come Kabar: probabilmente uno dei capi celtici insediatisi dopo l'invasione del 279-277 a.C.; in altre emissioni sono presenti gli dei più venerati a Pergamo (nuova potenza egemone), e cioè Zeus, Hera, Atena Nikephòros. Ma gradualmente si verifica l'espansione di Roma: alcuni sovrani traci perdono l'indipendenza politica, e sulle loro emissioni compaiono elementi tipici della monetazione romana, come il trofeo.
Questi re usano l'autorità di Roma come protettrice, quindi, del loro potere. Remetalce I, II e III, che regnano fra il II sec. a.C. e il 48 d.C. (anno in cui la Tracia diviene provincia romana), emettono monete per il mercato interno tracio che presentano una caratteristica costante: il busto di un sovrano tracio sul rovescio, il busto di un personaggio romano (a partire dell'età di Augusto, il busto dell'imperatore stesso) sul diritto. Il ritratto del re tracio è talvolta accompagnato da quello della moglie, in qualche caso anche il figlio: si può parlare di «ritratto di gruppo». Quanto ai simboli della dipendenza politica da Roma, sono talvolta presenti la sella curulis, l'ascia littoria e lo scettro.
Per tutta la sua durata, la monetazione tracia mantiene la sua ricchezza, la sua varietà, le sue qualità artistiche, e anche la sua stretta relazione con gli eventi politici e con gli sviluppi economici e ideologici. Bisogna però accennare, infine, a un peculiare fenomeno, quello delle c.d. imitazioni barbare.
Gli elementi figurati e le leggende delle monete greche e macedoni vengono talvolta ripresi in maniera approssimativa e impoverita, in emissioni destinate al mercato locale; in qualche caso, però, questo stile «barbarizzato» caratterizza anche le emissioni delle zecche greche. Il fenomeno ha avuto inizio fin dal V sec. a.C., e le monete più imitate sembrano quelle di Thasos e Maronea; più tardi (II-I sec. a.C.), nella Tracia sud-occidentale vengono imitate anche le monete delle città greche dell'Adriatico, Dyrrhachion e Apollonia.
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(K. Dimitrov)