Vedi SIRIANA, Arte dell'anno: 1966 - 1997
SIRIANA, Arte
Nella moderna storiografia artistica della Siria preellenistica il consueto prevalere del criterio di attribuzione di diversi aspetti della civiltà figurativa a complessi etnici distinti, ha impedito l'affermarsi coerente di una terminologia fondata sulla considerazione dei centri di cultura come realtà geografiche dalla complessa struttura etnica. Ciò nonostante, quando ancora non sono noti i caratteri distintivi che individuino precise unità culturali autonome, con la designazione di arte s., deve intendersi il complesso di opere create in Siria dai tempi preistorici agli inizî dell'ellenizzazione. Ad una tale considerazione unitaria si oppongono le correnti teorie, che attribuiscono ai Hurriti, per il II millennio a. C., l'arte delle regioni interne della Siria settentrionale e dell'alta Mesopotamia, in cui si tende a riconoscere affinità con la tradizione hittita d'Anatolia, e ai Fenici l'arte del litorale siriano e libanese, ove più evidente appare il ruolo della tradizione figurativa egiziana; per il I millennio a. C. si mantiene generalmente l'opposizione tra arte del litorale e arte delle regioni interne, attribuendo la prima ai Fenici e la seconda ai Neohittiti e agli Aramei. In una simile interpretazione, fondata su postulati etnici, la cui realtà culturale in linea di principio nel quadro complesso dell'Asia Anteriore appare assai dubbia, sono emerse gravi difficoltà dall'individuazione di taluni elementi di continuità della civiltà figurativa siriana, cui non si adeguano i vecchi schemi etnici; la frammentazione dell'arte s. in molteplici attribuzioni etniche, correnti nell'attuale storiografia, impedisce una consistente interpretazione storica della civiltà figurativa siriana. E ciò soprattutto in quanto gli schemi etnici rendono generalmente più accettabile la corrente considerazione dell'arte s. come costantemente condizionata dagli influssi ricorrenti delle culture vicine e come frammentata in un inorganico giustapporsi di maniere locali. In tal modo si nega usualmente il costituirsi di una tradizione figurativa siriana, di cui pur si hanno indizî di qualche rilievo per la Siria del II millennio a. C., non forse più inconsistenti di quelli in nostro possesso per la Mesopotamia contemporanea, e quel che è più, ci si preclude l'individuazione in senso realmente storico, delle correnti di gusto che sono state motivo del costituirsi della civiltà artistica siriana. Una impostazione problematicamente unitaria della storia dell'arte della Siria appare quindi indispensabile proprio al fine di individuare le correnti di gusto e di inserirle nel vario e complesso quadro storico, archeologico, etnico e, in definitiva, culturale di una regione la cui autonomia geografica è peraltro ben determinata. Nell'àmbito di questa autonomia si determinano aree dove la produzione artistica è documentariamente più considerevole (Siria settentrionale) di contro ad altre in cui la carenza di monumenti è piuttosto costante anche in rapporto all'elevata intensità di ricerche archeologiche (Palestina), sia che ciò sia dovuto ad una certa arretratezza culturale della regione meridionale, sia che dipenda, come è stato supposto, da precise tendenze antifigurative attive in Palestina anche prima della penetrazione israelitica.
La postulata situazione documentaria si può constatare già nel periodo dell'Antico Bronzo, la cui produzione artistica anticipa nei caratteri il più ampio e differenziato materiale riferibile al Medio Bronzo. Un busto di Hama, dalle poverissime qualità formali, e gli idoli in forma di occhio di Tell Brak rivelano già attivo quel violento gusto espressionistico che nella prima metà del II millennio a. C. si palesa operante in tutta una serie di idoli litici dalla sommaria configurazione antropomorfa (Tell Nebi Mend, Diarbekir, Tell Açana, Tell Brak, ecc.). Ancor più per quanto concerne il rilievo, se le stele di Gebelet el-Beyda possono ritenersi opere maturate nell'ambito dell'arte provinciale mesopotamica e tuttavia presentano elementi caratteristici della tipologia divina siriana, le stele di Rumkale (comunemente attribuite al III millennio a. C.) rivelano già presenti moduli iconografici che si ritrovano agli inizî del I millennio a. C. nella stele di Tukulti-Ninurta Il da Tell Ashara. Riguardo alla statuaria in bronzo, le statuette di Tell Giudeyde sono i primi documenti di un'arte fiorente che nel II millennio a. C. caratterizza la produzione siriana, mentre i reperti glittici sporadicamente rinvenuti per lo più nella regione antiochena, a Biblo e in Palestina non consentono se non di individuare i tipi caratteristici nel sigillo a stampo e in cilindri con teorie di animali in stile assai arcaico.
Agli inizî del II millennio a. C. i tipi ceramici e alcune iconografie della statuaria in bronzo - la divinità eretta sul toro e le forme più arcaiche dell'idolo seduto documentate a Rās Shamrah e a Boǧazköy - forniscono indizî preziosi di una qualche unità artistica siro-anatolica o comunque di fecondi intercambi. Poco più tardi nel XVIII sec. si hanno i primi monumenti che attestano l'operosità di scultori siriani. Una mirabile testina principesca di Alalakh VII (circa 1700 a. C.) e numerosi frammenti di statuette in pietra della stessa località costituiscono preziosi documenti dell'attività di una scuola nord-siriana, il cui gusto aulico si esprime in un'intellettualistica visione che, rifuggendo da tentazioni narrative, concepisce le immagini entro schemi geometrici dalle meditate proporzioni.
Opere contemporanee dei reperti di Alalakh VII sono la statua acefala di Ugarit con la caratteristica iconografia del mantello a bordi plasticamente rilevati e una testina in cui, non del tutto a ragione, si sono voluti riconoscere tratti egittizzanti. Persistenze di questa tradizione aulica, di cui ancor rare sono le testimonianze, si hanno in Alalakh IV (1500-1400 a. C.) soprattutto in un notevole vaso scolpito in forma di testa di ariete: la tipologia del pezzo è estremamente interessante perché si ritrova, in un reperto analogo, ma di assai minor pregio, di Gerico del Medio Bronzo. Tuttavia la più ampia documentazione dell'arte degli ambienti aulici siriani del II millennio a. C. è costituita dalla glittica di Alalakh VII-IV, la cui riconosciuta posizione stratigrafica ha permesso di valutare un aspetto della civiltà figurativa della Siria nel suo sviluppo diacronico. Proprio da un esame delle impronte di sigilli e dei cilindri dell'importante tell della regione antiochena è risultata l'infondatezza della troppo rigida classificazione di H. Frankfort in tre gruppi siriani, il cui carattere iconografico non può essere felicemente trasposto sul piano cronologico. Lo studio della glittica di Alalakh non ha, tuttavia, soltanto permesso una severa critica di precedenti tentativi classificatori, ma ha rivelato una serie di elementi del maggiore interesse. Dai rinvenimenti sul Tell Açana è infatti risultato che il cosiddetto "bello stile" siriano, antecedentemente attribuito alla metà del II millennio a. C., è pienamente fiorente durante il periodo paleobabilonese; donde la denominazione che oggi si va affermando di stile paleosiriano per definire cronologicamente l'arte glittica dell'età di Yarim-Lim di Alalakh (fine XVIII sec. a. C.). Peculiari di questo stile glittico sono un patrimonio iconografico tipicamente siriano, i cui elementi, se sono assai più diffusi nella Siria settentrionale, non possono affatto dirsi estranei alla Palestina, e un linguaggio stilistico pienamente maturo che pongono i sigilli dei centri siriani in piena autonomia di fronte ai contemporanei prodotti paleobabilonesi. Già nel XVIII sec. sono presenti ad Alalakh sigilli cosiddetti "mitannici", che divengono sempre più numerosi più tardi; tale glittica viene in tal modo ad essere documentata nella regione antiochena in epoca anteriore a quella cui si riferiscono i sigilli "mitannici" della presunta area di origine (Mesopotamia settentrionale). Comunque debba risolversi il problema dell'origine della glittica "mitannica", le cui varietà peraltro sono notevolissime nelle diverse aree di diffusione, è indubbio che i numerosi pezzi siriani costituiscono una produzione a livello artigianale dalla tematica elementare e stilisticamente assai povera.
In una considerazione unitaria dell'arte s. del II millennio la glittica, per l'abbondanza stessa della documentazione, indica alcuni elementi sulla cui base si riescono ad individuare i caratteri dell'ambiente artistico e ad intuire le linee di un processo storico. Un'arte aulica, di cui è caratteristica una piena maturità formale, si esprime nei prodotti di diverse scuole (ad esempio Alalakh, Tuba, Qatna, Lakish) dalle esperienze varie in una sostanziale pluralità di interessi e di tendenze riferibili alle botteghe delle corti dei singoli principati; un'arte, la quale è il prodotto di un gusto narrativo che si traduce in un espressionismo solo a tratti felice, appare invece nella glittica cosiddetta "mitannica", cui è innegabile una sostanziale unità stilistica. Riconducibili a questo gusto narrativo sono prevalentemente i bronzetti raffiguranti schematicamente un idolo eretto di spessore ridotto (i cosiddetti "idoli piatti") databili nella gran maggioranza al Medio Bronzo (tra il 1900 e il 16oo a. C.) e le più antiche figurine di dèi seduti, la cui produzione si estende, con caratteri diversi ma difficilmente precisabili in uno schema cronologico, fino alla fine del Tardo Bronzo (intorno al 1200 a. C.).
Nelle diverse espressioni dell'arte s. del II millennio a. C. un ruolo predominante delle tradizioni figurative dei paesi vicini è ben individuabile in certi casi in cui esse svolgono una funzione di stimolo verso la conquista di un linguaggio espressivo aulico e raffinato. È comunque estremamente difficile ritenere che le influenze mesopotamiche, egiziane ed anatoliche siano giunte ad ondate successive non consentendo il ricostituirsi di una tradizione figurativa siriana, spesso non originale nelle origini bensì negli sviluppi, di cui vi sono tracce abbondanti nella continuità dei motivi iconografici dalla glittica del II millennio al rilievo monumentale e agli avorî dei primi secoli del I millennio a. C. Tale ruolo delle civiltà figurative dei paesi limitrofi è, da un punto di vista strettamente artistico, poco rilevante nella più antica glittica siriana (databile tra il 1750 e il 1500 a. C.) e in particolare nel periodo di Hammurapi quando più stretti erano i vincoli politici tra Mesopotamia e Siria, se si escludono contributi mesopotamici alla cultura materiale siriana (ad esempio il sigillo cilindrico, la cui assunzione nei paesi ad O dell'Eufrate è molto probabilmente più antica del 18oo a. C.). La tradizione egiziana appare, d'altro lato, attestata saldamente a Biblo, ove sembra attiva fin dal III millennio a. C., ma non sembra che lo fosse altrettanto in altri centri costieri (si pensi soprattutto ad Ugarit e ai sondaggi sul Tell Simiriyan), mentre all'interno non deve essere penetrata mai efficacemente se non in alcune zone meridionali della Palestina. Tuttavia è indubbio che alcune tipologie egittizzanti di bronzetti si diffusero nella seconda metà del II millennio a. C. da centri costieri, come Biblo, verso l'interno: un caso tipico è quello delle statuette di Ba‛al o Reshef, rappresentanti un personaggio maschile incedente con un braccio levato in alto come per brandire una mazza o un arco proteso in avanti. Tale tipologia, dagli indubbi caratteri egittizzanti, fin dal 1800 a. C. sembra affiancarsi, nella sua diffusione nelle regioni interne della Siria e della Palestina ad un'iconografia analoga locale probabilmente relativa al dio Ba‛al. Un ruolo notevole deve aver avuto la tradizione egiziana anche nella formazione delle scuole siriane di intagliatori d'avorio; un'ipotesi assai plausibile vorrebbe che la forte impronta egittizzante di alcuni avorî di Ugarit del XIV sec. a. C., in cui si è visto giustamente l'opera di artisti assai vicini al "Maestro di Ramose", e la coerenza di avorî intagliati anteriori al 1400 a. C., dipendano da una specie di monopolio che l'Egitto avrebbe esercitato sull'avorio di Siria. In tal modo si spiegherebbe agevolmente l'eccezionale perizia tecnica degli intagliatori siriani di Megiddo (intorno al 1200 a. C.), i cui maestri avrebbero appreso in Egitto la loro arte. In seguito, tuttavia, si sarebbero create delle botteghe, le cui tendenze stilistiche sono di eccezionale interesse in quanto mostrano come vivace fosse l'ambiente siriano per la pluralità d'interessi in esse rappresentati: nel XIII e agli inizî del XII sec. a. C. le scuole di Tell Fekheriyye in Siria e di Megiddo in Palestina creano rilievi il cui repertorio iconografico appare quanto mai composito e di diverse provenienze, seppur con taluni palesi precedenti nella più antica tradizione siriana rappresentata dalla glittica (XVIII sec. a. C.), ma le cui esperienze stilistiche sono indubbiamente pregevoli.
Nella complessa problematica che presenta l'arte siriana del II millennio a. C. la semplicistica attribuzione di repertori iconografici e di caratteri stilistici a gruppi etnici (Hittiti, Hurriti, Fenici), oltre che essere metodologicamente assai dubbia, non crea una ricostruzione storica consistente ed efficace, bensì pone insolubili problemi, poiché prescinde dalla reale dislocazione delle genti storicamente individuabili. Inoltre, il quadro culturale complesso della Siria settentrionale nel II millennio a. C. non consente affatto di ritenere che ad unità etniche, per noi oggi identificabili prevalentemente in base alla lingua, corrispondessero unità culturali in senso lato. Le attribuzioni etniche tendono quindi a rendere più complesso il problema dell'individuazione di correnti di gusto e di scuole e pongono la problematica artistica al di fuori della realtà storica.
La continuità della tradizione figurativa siriana nel passaggio dall'Età del Bronzo all'Età del Ferro si pone come questione essenziale al fine di valutare proprio la consistenza degli elementi cui si è fatto cenno per delineare un quadro della storia dell'arte nel II millennio a. C. Invero ad un'attenta considerazione si può osservare una notevole continuità iconografica tra la tematica delle arti minori del II millennio a. C. e il rilievo monumentale che si afferma agli inizî del I millennio a. C. nei principati della Siria settentrionale per la decorazione dei palazzi e degli accessi monumentali delle cittadelle. Lo iato nella documentazione artistica tra fine dell'Età del Bronzo è inizio dell'Età del Ferro, che si è voluto talora colmare alzando la datazione di complessi monumentali degli inizî del IX sec. a. C. (Tell Halaf), non può perciò intendersi come una frattura cronologica nella storia di una tradizione. Vero è che lo iato documentario di circa due secoli sussiste e deve spiegarsi indubbiamente per il concorrere di eventi storici di particolare gravità (Popoli del Mare), connesso al mutamento delle condizioni storiche e al dissolversi delle antiche supremazie egiziana, mitannica e hittita; è senz'altro il fiorire di un'arte monumentale di cui non si hanno testimonianze per il II millennio a. C. Si deve anche far osservare che l'emergere del rilievo monumentale in Siria nel IX sec. a. C., se è assai dubbio che sia connesso in qualche modo con le grandi decorazioni parietali di Assurnasirpal II, di carattere profondamente diverso, è da connettere con una più salda coscienza storica dei principi siriani nella loro lotta contro gli Assiri. L'iconografia dei rilievi siriani riproduce in gran parte la tematica dei motivi ornamentali della glittica del II millennio a. C., ma ad essa si affianca il prevalente gusto descrittivo delle varie attività umane (raffigurazioni di cacciatori, pescatori, musici, guerrieri, sacerdoti); rilievi in cui siano riprodotte scene della vita pubblica con il sovrano, le lunghe teorie di guerrieri, i sacrifici, i banchetti, la presentazione dei principi ereditari, le cacce, le guerre, sono meno frequenti e mostrano un'iconografia del tutto diversa da quella dei rilievi assiri. Nell'arte dei centri della Siria settentrionale (Karkamiş, Zincirli, Tell Halaf, Maraş, Neyrab, Karatepe, Sakçagözü) il ruolo della tradizione anatolica è assai più limitato di quanto possa far intendere la consueta attribuzione di quest'arte alla cosiddetta tradizione "neohittita" (alla quale in realtà appartengono opere assai diverse come i rilievi di Maltaya), mentre l'influsso assiro è circoscritto nel tempo e non può considerarsi operante a Karkamiş, né a Zincirli (tranne che nelle lastre del tempo di Barrakib, circa 730), né a Tell Halaf, né a Karatepe. Le profonde differenze formali che si notano, ad esempio, tra la nobile impostazione volumetrica dei rilievi di Karkamiş, e il gusto descrittivo e ornamentale di uno dei maestri (A) di Karatepe devono intendersi come risultanti della notevole varietà di interessi stilistici delle scuole probabilmente connesse ai singoli principati. Tuttavia da varî indizi risulta che i maestri dei primi secoli del I millennio a. C. dovevano trasferirsi facilmente con le loro maestranze per decorare i palazzi dei signori locali; questa situazione spiega la sostanziale unità di concezioni compositive pur nella notevole varietà delle soluzioni formali. I livelli più alti di quest'arte sono raggiunti dagli artisti di Karkamiş, nelle cui opere, dai rilievi più antichi del "Long Wall of Sculpture" alle più tarde lastre del re Araras (prima metà dell'VIII sec.), è sempre presente un dominante gusto volumetrico che organizza le scene entro schemi dall'accurata definizione geometrica e che non indulge al narrativismo così proprio della scuola di Tell Halaf e addirittura prevalente a Karatepe. Elementi di una sensibilità assai prossima a quelli dei maestri di Karkamiş si ritrovano a Maraş, così come un'opera molto vicina alle statue di Tell Halaf è stata rinvenuta a Merdin. L'originalità di questa tradizione siriana settentrionale si afferma proprio nell'emergere di siffatti caratteri di continuità nell'ambito di singole scuole di cui si riescono ad individuare i caratteri e di cui si tenta di precisare l'attività.
Tematica analoga a quella dei rilievi monumentali si rinviene anche nell'incisione in avorio, di cui ampia documentazione è stata raccolta a Nimrud, dove i re assiri devono aver trasportato i bottini fatti nelle regioni occidentali, a Arsian Taş, dove è venuta alla luce una notevole collezione proveniente forse da Damasco, a Zincirli, a Tell Halaf e infine a Samaria, la capitale del regno di Israele. I caratteri iconografici e stilistici di queste diverse collezioni di avorî non sono unitari per la presenza di una componente derivante dalla tradizione egiziana. Gli avorî con caratteri pronunciatamente egittizzanti devono essere connessi con botteghe delle città costiere, la cui arte in alcuni centri fin dal III millennio (Biblo in particolare) era sotto forte influenza egiziana. È plausibile che nei primi secoli del I millennio a. C. sotto il forte impulso commerciale le botteghe delle città costiere, propriamente fenicie, abbiano ampliato la loro attività anche verso l'interno e comunque siano riuscite ad influenzare le scuole di intagliatori delle zone interne nei cui repertori iconografici si riconosce la tradizione della glittica del II millennio e degli intagliatori di Tell Fekheriyye e di Megiddo del Tardo Bronzo.
Nella glittica la scomparsa dei sigilli cilindrici con gli inizî dell'Età del Ferro e l'ampio uso di sigilli a stampo di forma scaraboide impongono un mutamento della struttura compositiva, che si attua attraverso la sua riduzione ad una sola figura - prevalentemente sfingi, leoni, capridi, dèmoni alati e simboli religiosi - e l'usuale inserzione dell'iscrizione menzionante il proprietario. Anche l'iconografia della glittica riecheggia in parte la tematica dell'arte monumentale, mentre la frequente presenza di motivi egittizzanti è da connettere all'ambiente artigianale fenicio e alle botteghe dei regni di Israele e di Giuda che fortemente ne sono influenzate.
La tradizione artistica siriana, che appare assai notevole fino agli inizî del VII sec. a. C., sembra profondamente legata all'esistenza dei principati, indipendenti o vassalli, della Siria settentrionale. Quando quegli stati sono assoggettati dall'Assiria le scuole siriane sembrano ancora attive sebbene nella loro produzione un ruolo rilevante abbia ormai la conoscenza dell'arte aulica assira; ma dopo il VII sec. a. C. le tradizioni locali rappresentate dalle scuole annesse ai palazzi si spezzano. Mentre nella regione costiera la maniera egittizzante propria della Fenicia si sviluppa ampiamente con notevoli apporti ciprioti, il gusto narrativo di ispirazione popolaresca che si è visto prevalentemente attivo nelle opere del II millennio a. C. appare operante ancora nei centri culturali siriani nel I millennio a. C., dove le tipologie caratteristiche dei grandi dèi siriani vengono tramandate all'iconografia dell'arte provinciale romana. In quest'ultima sopravvivono così elementi sporadici della più antica tradizione siriana nelle forme in cui si erano venuti fissando nell'arte monumentale dei IX-VIII sec. a. C.
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