SARMATICA, Arte
I Sarmati compaiono nelle fonti antiche, con il nome di Sauromati, come vicini orientali degli Sciti. Più tardi si spingono verso occidente al di là del Don, fino a che alla fine, a partire dal Il sec. a. C., occupano quasi per intero lo spazio vitale che fu già degli Sciti. Sono descritti come cavalieri n6madi, ai quali i carri servono come abitazione permanente. La loro forza d'urto risiede nella loro eccellente tattica appoggiata su un armamentario costituito da una lancia e lunga spada. Organizzati in potenti tribù essi rivestono ancora, anche all'epoca del predominio germanico e unno, una grande importanza nell'àmbito del territorio pontino. Alcuni gruppi vengono spinti, con la migrazione dei popoli, fino nell'Europa occidentale e addirittura fino nell'Africa settentrionale. Dai gruppi degli Alani sarmatici, scacciati dal Caucaso, originarono gli Osseti che conservano fino ad oggi una lingua iranica. È probabilmente dovuto alla vita prevalentemente nomade dei Sarmati il fatto che le ricerche debbano iniziare soprattutto dalle necropoli.
Già subito dopo la prima guerra mondiale P. Rau riuscì a disporre in senso cronologico il materiale reperito nella zona centrale fra il Volga e il Don. Oggi si distinguono un livello sauromatico (VI-IV sec. a. C.), uno protosarmatico (IV-II sec. a,. C.) uno mediosarmatico (I sec. a. C.-II sec. d. C.) e uno tardosarmatico che arriva fino al IV sec. d. C.
Nei sepolcreti dello stadio sauromatico compare uno stile animalistico (v.) molto marcato che, nei suoi tratti essenziali (grande forza espressiva e tensione, malgrado la schematizzata resa dei particolari; nesso zoomorfo) si accorda con lo stile protoscita (v. scitica, arte). Tutto l'armamento e i finimenti stanno nella stessa connessione tipologica. L'assenza di tipi importati dalla Grecia, la predilezione per alcune figure di animali non usuali nel Ponto e infine lo stesso rituale funerario, mostrano però che abbiamo a che fare con un altro popolo. Sepolcreti di donne armate, posti in posizione preminente nel mezzo delle necropoli, danno una conferma del diritto matriarcale di cui già parla Erodoto per questi territorî.
Negli stadî successivi la utilizzazione di motivi animalistici sembra diminuire rapidamente. Le armi mostrano forme funzionali stereotipate, qualche volta le guaine delle spade in oro recano motivi astratti (Prochorovka, Buerovaja, Mogila).
Nei secoli seguenti all'inizio dell'èra volgare compare nuovamente uno stile animalistico, limitato quasi esclusivamente ai sepolcreti ricchi. Le forme diventano barocche, spesso confuse, a volte pesanti. Solo di rado ritroviamo ancora la vecchia tecnica del taglio obliquo dei contorni derivabile da modelli in legno e in osso. Ora si usa il modellato. Soprattutto però colpisce una manifesta predilezione per la policromia.
Rappresentativi sono i lavori forgiati in lamina d'oro del kurgan di Chochlac, il cosiddetto tesoro di Novočerkassk. Contiene fra l'altro alcuni diademi, uno dei quali adornato di gemme ellenistiche. Il bordo superiore è coronato da cervi di forma arcaica fra simboli totalmente atipici di alberi (v. vol. iii, fig. 11i6, s. v. diadema).
Lo stile animalistico nella sua nuova edizione è soltanto una tendenza artistica fra altre. Lastrine d'oro destinate ad esser cucite sui vestiti di parata sono bordate in modo esclusivamente geometrico. In alcune lastre ornamentali si riconosce già il pesante realismo che sarà tipico dell'arte sassanide. L'evidente contrasto fra la dura severità delle opere scite e sauromatiche e queste ultime creazioni del periodo di trapasso di una èra fu utilizzato dal Rostovtzev e da altri studiosi per proporre una fase sarmatica dello stile animalistico. Come limite si considerava l'inizio del II sec. a. C. A questa fase furono poi attribuiti numerosi ritrovamenti effettuati nella immensità delle steppe asiatiche e soprattutto gli oggetti d'oro conservati all'Ermitage provenienti da saccheggi di tombe dell'inizio del XVIII sec., il cosiddetto tesoro di Pietro il Grande (v. vol. iv, fig. 640). Questo stile animalistico sarmatico pareva confluire in modo diretto nell'arte degli Unni. Così si lasciavano interpretare le applicazioni policrome in feltro sul tappeto di Noin-Ula. Lo stile animalistico sarmatico veniva considerato anche come una fonte essenziale dell'arte germanica.
Oggi simile concezione non si regge più. I pezzi migliori del tesoro di Pietro il Grande appartengono, malgrado le decorazioni con pietre colorate, già al IV-III sec. a. C. Altre testimonianze essenziali per la concezione del Rostovtzev, come la cosiddetta cintura di Maikop, si sono dimostrate delle falsificazioni. La comparsa della policromia nei territorî delle steppe asiatiche non ha niente a che vedere con i Sarmati. Fu prodotta tramite influenze provenienti dall'Asia Anteriore che sono afferrabili sporadicamente anche nell'arte protoscita della Russia meridionale. Nell'Asia centrale simili tendenzze si sono conservate più a lungo, insieme allo stile animalistico.
Quando iniziarono le migrazioni verso occidente, che ebbero ripercussioni anche sul rituale funerario, esse ebbero come conseguenza una "rinascita" policroma dello stile animalistico a occidente del Volga. Essa però non durò affatto così a lungo, né ebbe in nessun modo tutte le conseguenze che supponeva il Rostovtzev.
Il fatto che ancora secoli appresso compaiano motivi "simili allo stile animalistico" nell'arte àvara, dovrebbe ugualmente essere riconducibile a influenze esercitate da residui centroasiatici.
(K. Jattmar)
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