MOSANA, Arte
Il fiume Mosa, che nasce sul Plateau de Langres nella Francia orientale e sfocia nel mare del Nord nei Paesi Bassi, costituì nel Medioevo un'importante via di traffico dalla costa olandese verso l'interno: dal centro dei Paesi Bassi attraverso la parte orientale del Belgio, in direzione della Francia nordorientale, sorsero numerose città portuali lungo il percorso fluviale che conduceva da quest'ultima e dalla regione renana verso l'Inghilterra (Verdun, Mezières, Dinant, Namur, Huy, Liegi, Maastricht, Roermond, Venlo). I territori fra Dinant-Namur e Maastricht-Roermond, costituenti la c.d. regione mosana, ebbero complessivamente, in particolare dal sec. 11° al 15°, un grande sviluppo in campo economico e artistico.Il termine di arte m. fu introdotto dall'archeologo francese Charles de Linas in occasione dell'organizzazione della prima grande mostra di arte antica della regione di Liegi (Exposition, 1881); successivamente un'ampia serie di esposizioni nella città belga (Exposition, 1905; Catalogue, 1930; Art mosan, 1951) presentò l'arte m. al pubblico. Gradualmente questo termine fu utilizzato più specificamente per l'arte medievale, e ancora più in particolare per l'arte romanica della regione mosana.Attività artistiche in diversi campi - basate su tradizioni più antiche, ma non al di fuori di una continuità della produzione romana, merovingia e carolingia nella regione della Mosa - si svilupparono in quest'area alla fine del 10° e nell'11° secolo. I tesori delle chiese e dei monasteri custodiscono ancora oggetti d'arte che costituiscono i modelli su cui si basò l'arte mosana. Non si tratta solo di materiali di provenienza occidentale, ma anche orientale, fra cui tessuti bizantini come quello con i Dioscuri, del sec. 7°- 8°, nella chiesa di S. Servazio a Maastricht e quello con la Quadriga a Munsterbilsen (Kerkschat van de Kerk van Onze Lieve Vrouw Tenhemelopneming). Forse è databile alla seconda metà del sec. 6° o al 7° uno smembrato dittico d'avorio con S. Pietro (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire) e S. Paolo (Tongeren, Schatkamer van de Onze-Lieve Vrouwebasiliek), ricordato nel sec. 10° a Tongeren e proveniente probabilmente dalla Gallia nordorientale, ispirato alla cattedra eburnea di Massimiano a Ravenna (Mus. Arcivescovile), della prima metà del 6° secolo. Nella regione mosana, forse proprio a Liegi, venne invece eseguito, verosimilmente intorno al 770-800, il dittico (in realtà due piatti di legatura) proveniente dalla chiesa di Saint-Martin di Genoels-Elderen presso Tongeren (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire).Quanto al tesoro del Capitolo di S. Servazio, esso comprendeva diversi oggetti di epoca carolingia, alcuni dei quali ritenuti di proprietà personale del santo, quali il c.d. Arcus Einhardi, un reliquiario a forma di arco di trionfo, perduto e noto solo attraverso un disegno del sec. 17° (Parigi, BN, fr. 10440, c. 45), la chiave di s. Servazio, realizzata in argento all'inizio del sec. 9° e ascritta al santo a partire dall'11° (Maastricht, Schatkamer van de Sint-Servaasbasiliek) e una pisside in avorio (Londra, British Mus.).L'influenza esercitata sull'arte m. dall'ambiente della corte di Aquisgrana e dalla circolazione dei manufatti bizantini in Occidente sin dall'epoca carolingia dovette dunque essere considerevole, per poi aumentare anche in seguito al matrimonio di Ottone II (973-983) con la principessa bizantina Teofano nel 972. Il partito decorativo dei tessuti venne imitato per es. nella produzione degli scriptoria di Echternach e di Liegi, così come oggetto di imitazione furono le miniature contenute in manoscritti liturgici orientali.Le crociate costituirono un ulteriore tramite al passaggio in Occidente di manufatti di provenienza bizantina destinati a fungere da modelli, in particolare all'inizio del sec. 13°, come nel caso dei vari reliquiari che entrarono in possesso del Capitolo della chiesa della Vergine a Maastricht (Schatkamer van de Basiliek van Onze Lieve Vrouwe).Gli specifici presupposti per lo sviluppo di un'arte m. vennero creati tuttavia dal vescovo di Liegi, Notgero (972-1008), che intrattenne con la corte ottoniana e gli ambienti culturali e artistici dell'Italia bizantina stretti rapporti personali, destinati a svolgere un ruolo fondamentale per il determinarsi di uno stile mosano fra la fine del 10° e l'11° secolo. Fu questo vescovo che chiamò Leone di Calabria a insegnare il greco a Liegi e che mantenne frequenti contatti con il coltissimo Gerberto di Aurillac (ca. 940-1003), arcivescovo di Ravenna (998) e dal 999 papa con il nome di Silvestro II.Improntata su valori compositivi e formali di grande eleganza, oltreché di virtuosismo tecnico, la lavorazione dell'avorio a Liegi nei secc. 10° e 11°, nel porsi sostanzialmente in linea di continuità con la tradizione carolingia di Metz, sembrerebbe, allo stesso tempo, aver risentito dell'influenza delle opere bizantine, come attesta la famosa legatura dell'Evangeliario di Notgero (Liegi, Mus. d'Archéologie et d'Arts Décoratifs, Mus. Curtius), del 980-1000, dall'evidente carattere classicheggiante.La produzione libraria dell'area di Liegi intorno al Mille, inoltre, appare risentire da un lato dello stile di quella della Francia settentrionale e di quella anglosassone, e dall'altro, specie nel corso del sec. 11°, dell'influenza dei programmi iconografici di centri più lontani, come la Reichenau.Al tempo di Notgero e del suo successore Balderico II (m. nel 1018), fu attivo a Liegi il pittore italiano Giovanni, forse chierico della locale abbazia benedettina di Saint-Jacques, dove venne poi sepolto: stando alla Vita Balderici, del 1050 ca. (MGH. SS, IV, 1841, pp. 729-730), egli avrebbe dipinto su incarico dell'imperatore Ottone III (983-1002) i cicli di alcune cappelle palatine, o almeno di quella di Aquisgrana.Il vescovo Notgero si fece inoltre promotore della costruzione di tre chiese a Liegi (Saint-Jean-l'Evangéliste, SainteCroix, Saint-Denis), rinnovò la cattedrale di Saint-Lambert, la ampliò con chiostri e con un palazzo vescovile e circondò l'intero complesso con un muro di cinta. All'inizio del sec. 12° la città episcopale contava quasi trenta chiese e poteva essere considerata un centro fiorente dal punto di vista artistico e culturale, tanto da essere definita 'Atene del Nord' già nel sec. 11°, da un monaco di nome Gozechin (Art mosan, 1951, p. 24; Rhein und Maas, 1972-1973, I, p. 28).Nel secondo quarto del sec. 12° fu il benedettino Vibaldo di Stavelot (1098-1158) a giocare un ruolo importante come elemento di contatto fra l'impero germanico e Bisanzio: anch'egli si rivelò, come Notgero, un grande mecenate, soprattutto nel campo dell'oreficeria e, indirettamente, anche della miniatura. Divenuto abate di Stavelot e di Malmédy nel 1130, di Montecassino nel 1137 e di Corvey nel 1146, fu in molte occasioni consigliere dei vescovi di Liegi e, in qualità di fervente fautore della riforma monastica, prese parte a diversi concili (Pisa, 1135; Reims, 1148). Nonostante la ricchezza del suo epistolario conservatosi in buona parte, il Codex epistolaris Wibaldi abbatis (Liegi, Arch. de l'Etat), degli anni 1147-1154, poche informazioni emergono sui caratteri della sua committenza o sui contatti che ebbe con gli artisti: un'eccezione è costituita da una famosa lettera del 1148 (Lehmann-Brockhaus, 1938, nr. 3026) riguardante un'opera non finita indirizzata a un aurifaber G, da molti identificato con Godefroid de Huy. Tra le più importanti opere fatte realizzare da Vibaldo per Stavelot va annoverata la testa-reliquiario di papa Alessandro I (109-116), collocata il venerdì santo del 1145, in argento sbalzato, cesellato e parzialmente dorato, che sembra essere stata ispirata direttamente dai ritratti imperiali romani (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire). Per la chiesa abbaziale di Stavelot egli fece ancora eseguire tre importanti opere: la prima, perduta, era caratterizzata da rilievi in oro sbalzato con raffigurazioni della Passione, finanziati da Federico I Barbarossa (1152-1190) e da Manuele I Comneno (1143-1180; Collon-Gevaert, 1951, pp. 157-159); l'altra, in argento, era una pala per altare oggi frammentaria (smalto con la raffigurazione dell'Operatio, Berlino, Staatl. Mus., Kunstgewerbemus., già Basilea, Coll. Hirsch; smalto con raffigurazione della Fede del battesimo, Francoforte sul Meno, Mus. für Kunsthandwerk), che coronava il reliquiario di s. Remaclo, come è desumibile da un disegno del 1661 (Liegi, Arch. de l'Etat); la terza, sempre in argento, è un piccolo trittico con scene della leggenda della Vera Croce (New York, Pierp. Morgan Lib.), realizzato forse per custodire due stauroteche bizantine presumibilmente donate a Vibaldo da Manuele I Comneno nel 1155-1156; quest'opera, chiaramente ispirata a esempi bizantini, fu a sua volta modello per altri reliquiari della Vera Croce.Durante il regno di Federico I Barbarossa i legami fra il principato vescovile di Liegi e l'impero germanico furono molto saldi e i vescovi di Liegi Enrico II (1145-1162), Alessandro II (1164-1167) e Rodolfo di Zähringen (1167-1191) si posero al fianco dell'imperatore nella lotta per le investiture. Resta inoltre testimonianza del fatto che lo stesso abate Vibaldo fece realizzare da un orafo mosano alcuni sigilli e bolle imperiali per Federico (Déer, 1961, pp. 73-77).Gli ambiti artistici grazie ai quali le manifatture mosane raggiunsero fama maggiore furono l'oreficeria e la tecnica della fusione del bronzo. Il fonte battesimale (Liegi, Saint-Barthélemy) che Renier de Huy eseguì, su commissione dell'abate Hellin (1107-1118), per la chiesa di Notre-Dame-aux-Fonts di Liegi mostra infatti la padronanza di una tradizione di conoscenze professionali risalente direttamente all'età romana. Dalla cerchia di artisti vicini a Renier de Huy è possibile che siano stati realizzati, oltre a un'ampia serie di piccoli crocifissi bronzei - come quelli di Colonia (Schnütgen-Mus.) e di Bruxelles (Mus. Royaux d'Art et d'Histoire) -, anche quattro rilievi raffiguranti scene della Vita di s. Adelino, posti in opera in una cassa-reliquiario (Visé, Saint-Martin) commissionata per l'abate di Celles, presso Dinant, ma già parzialmente rimaneggiata intorno al 1130-1150.Medesimo carattere mostrano anche le figure dei quattro evangelisti fusi in bronzo a tutto tondo, collocate agli angoli dell'altare portatile di Stavelot, del 1150-1160 (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire), decorato con smalti champlevés e vernice bruna. Con la fusione del piede della croce di Saint-Bertin, del 1150-1160 (Saint-Omer, Mus. Sandelin), e in particolare degli evangelisti e dei relativi simboli, l'opera di Stavelot risulta ormai superata in plasticità.Nella cassa-reliquiario di s. Servazio (Maastricht, Schatkamer van de Sint-Servaasbasiliek), posta nel 1167-1168 sull'altare principale della chiesa di S. Servazio a Maastricht - insieme a quattro reliquiari complementari di dimensioni minori (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire) -, accanto al retaggio di Renier de Huy appaiono riconoscibili nuovi spunti stilistici destinati a maturare in opere successive, come gli scrigni di Carlo Magno, del 1200-1215, e della Vergine, del 1215-1237, oggi ad Aquisgrana (Domschatzkammer).Ben poco è rimasto dell'oreficeria su grande scala. Il Pinksterretabel (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny), del 1160 ca., probabilmente appartenuto anch'esso alla chiesa abbaziale di Stavelot, con Cristo e i dodici apostoli in rame dorato e sbalzato, mostra ancora in parte lo splendore dei complessi degli altari mosani.Fra le personalità artistiche più rilevanti nell'ambito della produzione orafa m. della fine del sec. 12° e del 13° vanno menzionati Nicola di Verdun (v.) - inquadrabile in un'area culturale di confine con la regione renana per quanto attiene alla formazione stilistica e all'influenza che le sue opere avrebbero poi esercitato - e il monaco e orafo Hugo di Oignies (v.), che, con la sua scuola, promosse negli anni 1230-1260 una vasta produzione in campo suntuario nelle regioni dei fiumi Mosa e Sambre, che perdurò fino al Tardo Gotico.La scultura del sec. 12° comprende opere in pietra e in legno, per le quali manca tuttavia una visione globale sufficiente, a causa dell'esiguità delle testimonianze superstiti della plastica monumentale del periodo tardoromanico.Di grande importanza sul piano iconografico e stilistico è la Vergine detta di Dom Rupert (Liegi, Mus. d'Archéologie et d'Arts Décoratifs, Mus. Curtius), un altorilievo in arenaria databile al 1149-1158 e proveniente dall'abbazia di Saint-Laurent a Liegi; l'opera, raffigurante la Vergine che allatta incorniciata da un testo del profeta Ezechiele, fu oggetto di esegesi da parte di Rupert, teologo, monaco a Saint-Laurent e più tardi abate di Deutz (1075-1129). Alla fine del sec. 11° va datata la Notre Dame di Walcourt (Walcourt, Saint-Materne), un'immagine votiva in legno e argento con Maria e il Bambino, raffigurato seduto di traverso sul grembo della madre nell'atto di avvicinarsi al suo seno, secondo un caratteristico modulo iconografico.L'influsso dell'oreficeria m. sulla plastica monumentale e la graduale penetrazione dello stile gotico giungono a palesarsi chiaramente nella Sedes sapientiae di Saint-Jean-l'Evangéliste a Liegi, una grande statua policroma in legno di quercia proveniente probabilmente da un'altra chiesa cittadina, ascrivibile agli anni 1235-1245.Altri esempi della statuaria lignea di area mosana risultano inoltre alcuni gruppi della Crocifissione, le c.d. croci di trionfo, comprendenti spesso, oltre al Crocifisso, anche le figure dolenti di Maria e di s. Giovanni Evangelista; le più antiche immagini di santi risalgono invece a non prima del 13° secolo.Fra le sculture in pietra conservate figurano, insieme a fonti battesimali romanici - elaborati in base a schemi formali di impianto relativamente semplice -, vari esempi di scultura architettonica (capitelli, timpani, rilievi) di qualità assai variabile. Un buon livello esecutivo rivelano a Maastricht i capitelli della chiesa di S. Servazio, quelli del coro in particolare, e della chiesa della Vergine, alcuni capitelli rinvenuti a Liegi (Mus. d'Archéologie et d'Arts Décoratifs, Mus. Curtius), nonché le sculture della chiesa di Saint-Germain a Tirlemont e dell'abbazia di Rolduc, presso Kerkrade. Particolare importanza acquista, anche per la possibile interpretazione in chiave imperiale, nella chiesa di S. Servazio di Maastricht il rilievo doppio in pietra da taglio, del 1167-1168, con le raffigurazioni di Cristo in trono in atto di incoronare s. Pietro e s. Servazio e della Vergine in trono con il Bambino.A partire dal 1210, l'arte romanica venne soppiantata a livello regionale dal Gotico francese, la progressiva assimilazione del quale intorno al 1275 appare già sostanzialmente compiuta. Segna il passaggio il Bergportaal ('portale della Montagna') sul lato meridionale della facciata di S. Servazio a Maastricht, del secondo quarto del Duecento; l'opera, partecipe ancora del Romanico nello stile dei capitelli e tuttavia già aperta ai moduli del Gotico nel timpano, negli archivolti e nelle statue-colonna, è inconfondibilmente esemplata su modelli francesi adattati, nella resa complessiva, a influssi di provenienza tedesca.Alla raffinatezza manieristica della produzione gotica del sec. 14° contribuì inoltre l'impiego, per la plastica di medie dimensioni, del marmo bianco, probabilmente proveniente da Carrara. Nel battistero del duomo di Carrara si trova un gruppo dell'Annunciazione opera di uno scultore mosano, forse di Liegi, il Maestro delle Madonne in marmo mosane. Allo stesso scultore possono essere attribuite la perduta Madonna di Pisa (già Berlino, Staatl. Mus.) e l'elegante Madonna con il Bambino, del 1330-1340, della cattedrale di Anversa, presumibilmente proveniente dalla cattedrale di Saint-Lambert a Liegi.Meno rinomata rispetto all'oreficeria e alla scultura appare la produzione pittorica m., sviluppatasi, ciò nondimeno, secondo direttrici autoctone. Nel corso dei secc. 11° e 12° si delineò infatti un'arte miniatoria con caratteristiche locali, nella quale la tradizione carolingia appare sopravvivere accanto a influenze della scuola di Reims e dell'arte anglosassone. L'apporto bizantino non tardò tuttavia a manifestarsi, come è evidente nella pagina dedicatoria di un manoscritto con opere di Gregorio Nazianzeno (Bruxelles, Bibl. Royale, II.2570), proveniente dall'abbazia di Stavelot, dove, nella prima metà del sec. 11°, forse l'opera fu realizzata. Capolavoro di questo periodo può essere considerata la Bibbia di Stavelot (Londra, BL, Add. Ms 28106-28107), in due volumi, terminata nel 1097 da Goderan ed Erneston con i loro collaboratori, nella quale a influssi tardoantichi si mescolano caratteri stilistici dell'arte ottoniana. La Bibbia di Floreffe (Londra, BL, Add. Ms 17737-17738), prodotta in area mosana nel 1172 ca., costituisce un esempio rappresentativo per il 12° secolo.Nel sec. 13°, nonostante la generale sopravvivenza nella miniatura delle singole tradizioni regionali, l'influsso della Francia si fece più sensibile; iniziò la produzione di libri a scopo commerciale e, a partire dal 1265 ca., risultano attestate anche a Liegi botteghe che si dedicavano a quest'attività, pur continuando a esistere gli scriptoria nei monasteri. La tipologia dei manoscritti miniati si andò ampliando e fu realizzata, oltre a bibbie e salteri, una grande varietà di libri liturgici e di argomento religioso, ivi compresi, a partire dall'inizio del sec. 14°, testi di preghiere per beghine e committenti laici.La produzione di manoscritti tardomedievali, ancora poco indagata a livello critico, si pose durante i secc. 14° e 15° lungo una linea di sostanziale continuità rispetto alla tradizione tardogotica, sia pure all'interno di singole declinazioni regionali.Fra i rari esempi di pittura murale nella regione della Mosa ascrivibili al sec. 13° possono essere citati le tracce di affreschi nella chiesa dedicata a s. Anna dell'abbazia di Aldeneik, presso Maaseik, nella regione del Limburgo, e il ciclo, ridipinto, nella volta del coro della chiesa di S. Servazio a Maastricht. Un notevole insieme forma il coro romanico-gotico della piccola chiesa di S. Salvio a Limbricht, all'interno del quale le pitture sulla volta, databili intorno al 1300, mostrano l'influsso dei modi pittorici dell'area di Colonia. Al 1337 data invece un dipinto murale, oggi molto danneggiato, nella chiesa dei Domenicani di Maastricht, comprendente varie scene, fra cui alcune relative alla Vita di s. Tommaso d'Aquino. Un ciclo abbastanza integro di pitture della fine del sec. 14°, o del 15°, è stato inoltre rinvenuto nel 1908 nella chiesa romanica di Saint-Lambert a Bois-et-Borsu.Il più antico esempio conservato di pittura su tavola è lo scrigno di quercia di s. Odilia (Kerniel, abbazia cistercense di Kolen), del 1292 ca. ma ampiamente ridipinto nei secc. 15°-16°, realizzato per la città di Huy, dove forse fu anche prodotto, in occasione dell'acquisizione delle reliquie della santa.Non molto numerose risultano le opere mosane su tavola dell'epoca gotica. Un frammento superstite (Bruxelles, Mus. Royaux des Beaux-Arts de Belgique) di un antependium, o forse di una predella, in legno di noce con scene della Vita della Vergine, mostra la rielaborazione locale, nel tardo sec. 14°, del Gotico internazionale. Di buona qualità sono infine due pannelli di quercia molto deteriorati, databili anch'essi alla fine dello stesso secolo, con l'Annunciazione e la Visitazione (Namur, Mus. Archéologique).
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