INDONESIANA, Arte
, A Preistoria. − Le culture pleistoceniche dell'arcipelago indonesiano non documentano sino ad oggi alcuna pratica d'arte. Le manifestazioni più remote di cui si abbia testimonianza rimandano a contesti dell'èra attuale e si pongono in riferimento con culture mesolitiche ad industria su scheggia e su lama.
Di recente sono state scoperte in alcune caverne di Celebes, di Kei e di Ceram, pitture rupestri a figure singole o in composizioni di varî elementi figurativi e schemi geometrizzanti. Nella caverna Patta di Celebes (Maros orientale) appare dipinto un cinghiale. È tratteggiato nelle sole linee di contorno di un color rosso scuro e sembra colto nell'atto di spiccare un balzo. Altrove non ritroviamo il naturalismo veristico seppure schematico di tale composizione. Una accentuata stilizzazione di temi figurativi elementari è visibile nelle pitture rupestri dell'isola di Kei e di Ceram. È indicativo in esse il sommario tratteggio di figure umane con scudo o con le braccia alzate, di maschere rese nei contorni essenziali, di pesci, lucertole, motivi zoomorfici e barche, accanto ai quali ricorrono spesso contorni di mani o impronte vere e proprie. Si tratta in conclusione di tutto un complesso di temi figurativi che si ricollega ad analoghe manifestazioni d'arte delle culture paleo e mesolitiche euro-afro-asiatiche.
Età neolitica. − Il quadro culturale del Neolitico indonesiano si presenta con carattere eterogeneo. Molteplici apporti ed influenze pervennero nell'arcipelago dal continente attraverso l'Indocina e la Malesia o attraverso Formosa e le Filippine. Una fusione di elementi dovette costantemente operarsi.
Già gli strati superiori del Mesolitico locale rivelano la presenza di una ceramica lavorata in fogge a paniere, dovuta probabilmente a contatti con una prima cultura neolitica penetrata forse nell'arcipelago dalla Malesia.
Numerosi complessi neolitici sono stati individuati in molte parti dell'arcipelago. La varietà dello strumentario che li caratterizza, consente, con criterio tipologico, una distinzione di culture: quella dell'ascia a solco, dell'ascia a sezione ellittica, dell'ascia quadrangolare e dell'ascia a spalla.
Di importanza determinante per il Neolitico avanzato fu la cultura caratterizzata dall'ascia quadrangolare. La sua diffusione nell'arcipelago sarebbe avvenuta, attraverso l'Indocina e la Malesia, fra la seconda metà del III millennio e la prima metà del II. Non sono però improbabili altri insediamenti successivi. Irradiatasi in quasi tutte le isole dell'arcipelago, raggiunse maggior grado di evoluzione in Giava e nel meridione di Sumatra. Il periodo di più rilevante sviluppo suole segnarsi fra la metà del II millennio ed il V-IV sec. a. C. Oltre tale data, pur con la comparsa del metallo, perdurò in centri periferici e località dell'interno. L'azione di influenza esercitata dalle culture sopraggiunte nell'arcipelago concorse ad un trapianto di elementi nuovi di cultura e di arte, grazie ai quali trassero sviluppo degli orizzonti tardivi, il cui protrarsi nel tempo è documentato fino a tutto il I millennio dell'èra cristiana. Al 1000 d. C. è stata infatti datata la celebre stazione neolitica di Kalumpang, nella parte centro-occidentale di Celebes. La fine del Neolitico in Indonesia varia, quindi, da regione a regione. Nell'isola di Engano una facies neolitica è risultata ancora esistente nel XVIII secolo.
Si ritiene che alla cultura dell'ascia quadrangolare spetti l'introduzione nell'arcipelago dell'agricoltura a coltivazioni di riso e di miglio e dell'allevamento del bestiame, in particolare maiale e bufalo. Le genti vivevano riunite in villaggi ed abitavano case di pianta quadrangolare rialzate su pali. Oltre l'agricoltura, praticavano attività sussidiarie di caccia e di pesca. La frequenza e l'abbondanza dei rinvenimenti avuti indicherebbe in questa epoca una popolazione relativamente densa, mentre la scoperta di numerose officine litiche indurrebbe a supporre un alto grado di industrializzazione; ma la lavorazione della ceramica, l'intaglio del legno e la fabbricazione di vesti con cortecce d'albero battute, si rivelano ancora attività a carattere specificatamente domestico.
La ceramica si presenta dapprima con fogge vascolari semplici e carenate, prive o quasi di ornamentazione. Soltanto in alcuni esemplari ricorrono impronte a maglia eseguite forse con fibre vegetali intessute. In uno stadio più avanzato, quale ci appare dalla stazione di Minango Sipakko nella parte centro-occidentale di Celebes, una ceramica a superficie rossa levigata esplica una decorazione incisa a motivi lineari, bande riempite da puntuazioni, fasce a reticolo. Nella fase recente di Kalumpang, la ceramica appare riccamente decorata ad incisione con motivi prevalentemente geometrici: quadrati, rettangoli, cerchi, zig-zag, meandri, spirali. Ricorrono pure rosette e quadrifogli. Palesi le somiglianze con la produzione indocinese di Sam-rong-sen, si è dedotta una derivazione dal repertorio ornamentale dell'arte del bronzo.
Al Neolitico della cultura ad ascia quadrangolare si riallaccerebbero nell'arcipelago le prime manifestazioni del megalitismo. Quantunque nessuna costruzione si sia potuta ancora con certezza datare a quest'epoca, alcuni studiosi ne hanno additato la probabilità per delle piattaforme e terrazze di pietra, tratti di pavimentazioni, luoghi di riunione, costruzioni sepolcrali, strutture piramidali a gradoni, dolmen, menhir, cippi funerarî, ecc. In base ad esami e confronti con materiali rinvenuti associati, e a constatazioni sulla distribuzione geografica presentata da queste manifestazioni iniziali del megalitismo, non si sono potute negare delle relazioni con la cultura ad ascia quadrangolare.
Alcuni studiosi (tra i quali Th. van der Hoop e T. Harrisson), hanno riconosciuto appartenenti al Megalitico Antico una serie di strutture scoperte in Sumatra, sull'altipiano di Pasemah, e nella parte centrale del Borneo. Altri monumenti datati a questa epoca sono quelli di Giava, sui monti di Argapura: consistono in prevalenza in strutture di terrazzamento: come il cosiddetto "santuario IV" costituito da tre grandi terrazze degradanti, provviste di gradinate centrali. La terrazza mediana consiste in un'ampia spianata, nella cui parte centrale, in fondo, è un recinto in muratura che isola due vani ipetrali. Sulla terrazza superiore sorge al centro un altare che è sormontato da un menhir ed affiancato da una nicchia che circonda una solfatara. La presenza di quest'ultima, che si vuole sia stata intesa come ingresso al regno degli antenati, ha indotto alcuni studiosi a ritenere questo tipo di costruzione come un sacrario per il culto ancestrale. Si ritrovano strutture del genere nella parte occidentale di Giava, a Kosala e a Penampihan. Lo Stutterheim pose in rilievo le somiglianze che esse presentano con gli ahus e i maraes della Polinesia.
In molte isole dell'arcipelago, inoltre, per il Megalitico Antico si documenta l'impiego della pietra per una primitiva statuaria in cui predomina la figura umana, sia maschile che femminile, resa con pesantezza e rigida frontalità. Immagini chiaramente steatopigiche si accompagnano a figure umane nelle quali sempre appaiono più o meno accentuati gli organi sessuali. Intenti zoomorfici si riscontrano in alcune figure maschili con la testa sormontata da due corna. Un simbolismo legato a credenze di fertilità e di magia sembra palese. Lo si ritrova espresso in altre opere, in cui gli attributi di fecondità si affiancano a simboli del sole e della luna, incisi o dipinti su pietre infitte ove talora ricorrono anche teste di animali e motivi geometrici.
Età del Bronzo e del Ferro. − Si ritiene che la diffusione del metallo nell'arcipelago sia avvenuta inizialmente fra il IV-III sec. a. C. L'associazione del bronzo e del ferro, riscontrata frequentemente negli stessi contesti, deporrebbe a favore di una introduzione più o meno contemporanea di entrambi i metalli, per cui si evita di parlare di un'Età del Bronzo distinta da un'Età del Ferro.
Il metallo giunse in Indonesia a seguito di un'espansione dai centri dello Yunnan e del Tonkino, lungo le vie costiere dell'Annam, e fu diffuso dal complesso culturale della civiltà di Dong-so'n (v. indocinese, arte). L'Indonesia risulta così strettamente legata anche per questa epoca con l'Indocina; un eguale patrimonio di cultura e di arte unisce tutte le regioni marittime e continentali del S-E asiatico in un'unica sfera di influenza che fa capo probabilmente alla Cina. L'introduzione del metallo consisté dapprima in una diretta importazione di oggetti manufatti dal continente; più tardi, divenute note le tecniche di estrazione mineraria e di fusione, una metallurgia locale ebbe inizio, ma l'esiguità delle risorse minerarie, impedendo una produzione su vasta scala, non fece mai venir meno l'importazione diretta. Un complesso di fattori valse, quindi, a conservare il metallo monopolio delle classi abbienti. La popolazione restante continuà per molto tempo ancora a servirsi come in passato di un'attrezzatura materiale prevalentemente litica.
Lo strumentario di bronzo annovera daghe, punte di lancia, asce, vasi, monili ed ornamenti, tamburi, statuette ed altri oggetti ancora. Le asce ricorrono in due tipi: l'uno con lama curvilinea a margini rialzati e codolo tubolare spesso con estremità a coda di rondine; l'altro, di uso eminentemente cerimoniale, con lama discoidale impostata su lungo manico di bronzo, o con lunga lama ricurva ad impostazione asimmetrica su breve impugnatura. La decorazione, che sul primo tipo ricorre solo in alcuni esemplari con disegni di maschere, occhi e motivi geometrici, si fa invece frequente nel secondo tipo, ricoprendo parti della impugnatura e della lama. Si esplica a motivi lineari, a bande riempite da tratteggio, a figurine umane, rappresentate anche in gruppi su imbarcazioni a mezzaluna, a immagini di volatili ed altri animali. È insomma il medesimo repertorio ornamentale che si riscontra sugli altri oggetti di bronzo, in una associazione costante di schemi geometrici e di forme naturalistiche stilizzate.
I vasi di bronzo, in prevalenti fogge a fiasca ed ampio collo, esplicano su tutta la superficie una decorazione di motivi curvilinei e a spirale. Spesso un ornato ad andamento verticale compone bande ricorrenti ad J e ad S. Una decorazione di spunto naturalistico appare talvolta in file di animali stilizzati. Alcuni vasi rinvenuti in tombe di Sumatra, Giava e Borneo si rivelano di origine cinese, ed esplicano una decorazione incisa a figurine umane e cavalli, tipica dello stile Han (v. cinese, arte).
I tamburi di bronzo, caratteristici della cultura di Dongso'n, risultano largamente diffusi nell'arcipelago. Eseguiti forse da principio a imitazione di tamburi di legno, ricorrono in molte varianti. Per sostegno hanno due o quattro prese a nastro cordonato. Riccamente decorati su tutta la superficie o molte parti di essa, presentano sul timpano, al centro di un'ornamentazione a fasce alternate di motivi a tratteggio, a cerchielli, a figurine stilizzate di animali, un tondello ornato da una stella a diversi raggi, che è intesa come simbolo solare. Lungo tutta la superficie verticale una decorazione geometrica a fasce parallele o a riquadri (con motivi a tratteggio, cerchielli, denti di lupo, disegni spiraleggianti e meandriformi) si alterna ad una decorazione schematica e stilizzata di spunto veristico: scene di vita giornaliera, episodî di caccia e di festa, disegni di case e di barche. La figura animale appare introdotta anche qui con molta frequenza e varietà di specie: elefanti, cavalli, cervi, tigri, volatili (pavoni, anitre, ecc.).
È palese che nell'evoluzione dei tipi, da un prevalente naturalismo iniziale, si passò di grado in grado ad un'ornamentazione sempre più schematica, che negli esemplari più tardi si limità talora ad esplicarsi in una scelta di temi quasi esclusivamente geometrici. Il rinvenimento di una matrice di pietra nell'isola di Bali prova con certezza una fabbricazione indigena di questi tamburi di bronzo.
Indicativi di un elevato gusto artistico sono anche i bronzetti a figurazioni umane e animali. Guerrieri armati a cavallo, figurine maschili (con copricapo a turbante o ampie acconciature a volute, spesso sommariamente vestite da una banda incrociata all'addome o attorcigliata alle cosce), danzatrici con copriseni a coppelle ed altri ornamenti, figure di atleti, ecc. Immediatezza e vivacità d'espressione, scioltezza e dinamicità di stile sono l'inconfondibile pregio di queste statuette di bronzo.
Megalitico Recente. − Nell'Età del Bronzo e del Ferro si assiste ad una fase ulteriore del megalitismo. Il rinvenimento di oggetti in metallo in molte delle costruzioni megalitiche di Sumatra, Giava e Bali ne ha consentito una datazione a quest'epoca. Altri elementi che inducono a circoscrivere questa seconda fase del megalitismo nell'ambito delle manifestazioni culturali ed artistiche della civiltà di Dong-so'n sono una serie di documentazioni offerte da raffigurazioni di strumenti di bronzo su sculture in pietra, la cui analogia di forme e di tipi col complesso strumentale della Civiltà del Bronzo e del Ferro risulta assoluta. Si è dedotto, quindi, che questa fase ulteriore del megalitismo, nota come Megalitico Recente, coincida strettamente con la Civiltà del Bronzo e del Ferro.
Allo stato attuale delle conoscenze non può precisarsi ancora la relazione che intercorre fra il Megalitico Antico ed il Recente. Una sopravvivenza del primo è indiscussa. Ad uno sviluppo locale può essersi affiancato un trapianto di altre e più evolute tradizioni megalitiche.
Particolarmente documentato nelle isole di Sumatra, Giava, Bali, Borneo, Celebes, il Megalitico Recente presenta come carattere distintivo dall'Antico una serie molto più ridotta di strutture, che risultano di tipo specificatamente funerario: tombe dolmeniche e a cista, queste ultime forse di derivazione cinese, panchine e sarcofagi di pietra, sostenuti talvolta da pilastri scolpiti. La varietà delle pratiche sepolcrali in uso è documentata anche dalle tombe a camera e a grotticella scavate nella roccia, dalla consuetudine dei campi di urne, diffusi nella parte centrale di Celebes ed in Sumbawa, nonché infine da sepolture in grandi doli, con scheletri rannicchiati o incompleti (seppellimenti secondarî). Quest'ultima pratica sepolcrale, particolarmente diffusa in Giava ed in Sumbawa, attesta come corredo funebre tazze e vasi globulari di terracotta, con decorazioni incise di motivi geometrici, di figurine umane stilizzate, di maschere e volti. Fa parte pure del corredo funebre una molteplicità di oggetti ornamentali, come pendenti di bronzo a figurine umane stilizzate e pendagli a raffigurazioni animali, che si presentano analoghi per esecuzione e per stile alle statuette di bronzo.
Il Megalitico Recente riveste tuttavia grande importanza soprattutto per la scultura. Una plastica quasi libera e a tutto tondo si accompagna frequentemente ad una tecnica di bassorilievo. Ricorrono rappresentazioni singole e a gruppi. In ambedue il tema della figura umana prevale. Pietre gigantesche presentano sbozzate teste umane o immagini a figura intera; e le rappresentazioni di gruppo, predominanti sui bassorilievi, ritraggono uomini e donne talvolta in compagnia di fanciulli; ed i fanciulli talora a cavalcioni di elefanti e bufali. Generalmente prevale il personaggio maschile in veste di guerriero, spesso armato di daga ed il capo coperto dall'elmo, che monta un elefante o un bufalo. Altrove, con questi stessi animali e con serpenti, sono raffigurate scene di lotta.
In questa scelta di temi tratti dalla realtà la scultura di quest'epoca si caratterizza pienamente. Con coerenza ai soggetti, anche le forme si vogliono naturalistiche, e si perseguono ovunque effetti di caratterizzazione. Il limite della visione frontale viene superato, si dà movimento alla figura e si ricerca finanche lo scorcio. Ma il mezzo tecnico è ancora rudimentale, e spesso non risolve adeguatamente le difficoltà che comportano realizzazioni così complesse, ricorrendosi talora a schemi artificiosi.
Uomini e animali presenti nelle scene, hanno dimensioni pressocché uguali: le proporzioni dei corpi non esistono, il senso dello spazio e del volume non è avvertito, il dettaglio anatomico manca, le forme prevalgono duramente incise o sbozzate, ritagliate spesso su piatti rilievi. Non mancano invece descrizioni dettagliate dei particolari di corredo delle figure: il disegno delle vesti, dei copricapi, delle armi, degli ornamenti, ecc., che si dispiega spesso in una precisa ed accurata opera di incisione. Sembrerebbe che questa scultura derivi più da esperta arte del disegno che da una matura tradizione plastica. Anche la ricercata caratterizzazione dei volti parrebbe confermare quest'impressione. L'accentuata stereometria, le cavità orbitali molto spesse, le arcate sopraccigliari accentuate, le orecchie grandi, le labbra prominenti, palesano la ricerca di una espressione vigorosa e brutale che è forse attentamente studiata, ma resa con difficoltà sulla pietra, per cui talvolta riesce tanto sovraccarica da cadere nel caricaturale e nel grottesco. È tuttavia una plastica che dispiega un linguaggio figurativo proprio, in cui l'intento naturalistico del dato formale aderisce strettamente ad un naturalismo di contenuti.
In questa visione naturalistica, in questo superamento dei principî frontali, in questa ricerca del movimento, si individuano influenze dirette dall'arte cinese del periodo dinastico dei Han (206 a. C. - 220 d. C.), cui pure si ricollegano alcune pitture su pareti interne di tombe a cista rinvenute a Pasemah (Sumatra).
Eseguite in colori di bianco, giallo, rosso e nero, queste pitture documentano una scelta di temi figurativi analoghi a quelli della scultura in pietra ed un identico stile di esecuzione. Anche qui il movimento è violento, la contorsione dei corpi drammaticamente accentuata, l'espressione dei volti grottesca e caricaturale. Talvolta però l'ispirazione naturalistica si attenua, i colori si ripartiscono in zone con ricercati effetti di contrasto, e l'insieme della composizione, prescindendo da intenti narrativi, astrae verso pure concezioni cromatiche e valori di decorativismo.
L'influenza cinese, che è ravvisabile in gran parte della produzione artistica dell'arcipelago, dovette rivelarsi d'importanza essenziale per lo sviluppo artistico dell'Indonesia. Fu quest'esperienza altamente figurativa che preparò il terreno all'assimilazione imminente dell'arte indiana.
Intorno ai primi secoli dell'èra volgare, brahmanesimo e buddismo furono introdotti nell'arcipelago, ed i centri maggiori di cultura si rinnovarono radicalmente a contatto del patrimonio culturale ed artistico dell'India. L'arte fu di ispirazione eminentemente religiosa, e le corti ed il clero se ne riservarono inizialmente il privilegio. Artisti vennero dal continente ed opere d'arte furono importate direttamente dall'India e da Ceylon.
Documenti anteriori al VI sec. se ne sono però rinvenuti pochi nell'arcipelago. Una serie di epigrafi in sanscrito, di contenuto storico e religioso, ed alcune statue di Buddha di pietra e di bronzo da Sumatra, Giava, Borneo e Celebes, costituiscono i soli dati attualmente in nostro possesso.
Questa prima statuaria rivela il ricorrere di due stili: l'Amarāvatī ed il Gupta (v. indiana, arte). Per alcune di esse si suppone un'importazione diretta, per altre una rielaborazione locale; ma in tutte è un'aderenza assoluta ai canoni iconografici e stilistici della più pura tradizione indiana. Tuttavia sin da questa prima fase di influenze, in cui una dipendenza assoluta si rivela alle concezioni dell'India, già si preannunciano i primi segni della formazione di quel movimento culturale ed artistico indo-giavanese che tanta parte ebbe in una nuova ed originale esperienza d'arte, ma il cui svolgimento cade al di fuori dei limiti cronologici della presente opera.
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