Vedi STEPPE, Arte delle dell'anno: 1966 - 1997
STEPPE, Arte delle
I. Le origini. - Le steppe coprono una vasta zona che si stende dal fiume Giallo e dalla foresta manciuriana a Budapest, dall'Oceano Glaciale Artico al Caucaso. Questo immenso territorio era abitato da tribù di cacciatori e di allevatori nomadi, cavalieri nati, che si spostavano in incessanti trasmigrazioni alla ricerca di erbe adatte alle loro mandrie, e si aggiravano agli orli dei vecchi imperi sedentari, prelevandone i tributi o depredando le città in violente razzie.
Il grande fatto della storia antica delle steppe è la formazione di un'arte animalistica progressivamente stilizzata, profondamente originale, che attendeva a ornare lamine da bardatura e da applicazioni, in bronzo, argento e oro, adoperate dai nomadi. Le recenti scoperte archeologiche effettuate nell'Asia nord-orientale hanno dato elementi nuovi circa quest'arte (v. altai; siberia).
Vi era la tendenza a credere che la tecnica del bronzo fosse venuta alla Cina dal focolaio siberiano, ma gli ultimi lavori russi, riassunti da Kisselev, mostrano che la prima civiltà siberiana, quella di Afanasevo, che si è irradiata sulla regione di Minussinsk (v.), l'alto Jenissei e l'Altai, nel III millennio e al principio del II, era una civiltà puramente eneolitica nella quale il metallo non compare, a fianco della pietra levigata, che alla fine, sotto le specie di làmine e anelli di rame. È nel periodo seguente, detto di Andronovo (verso 1700-1200 a. C.) che il bronzo fa la sua apparizione; è però raro e si manifesta soltanto sotto la specie di alcune teste di frecce, aghi e lame. Per contro in Cina, a Anyang (v.), dalla metà della dinastia Shang, a partire dal 1300 a. C., secondo la cronologia più recente di B. Karlgren, l'arte del bronzo è al suo apogeo; anche la perfezione della tecnica costringe ad ammettere un periodo di elaborazione anteriore che ci porta a scartare l'origine siberiana del bronzo cinese. È ormai più logico pensare che la conoscenza del bronzo si fosse propagata in Cina attraverso il Turkestan e l'Asia Anteriore, dove la Siria e la Mesopotamia utilizzavano già correntemente questa lega alla fine del III millennio. La padronanza della materia e il realismo impressionante degli animali rappresentati nei bronzi dell'epoca Shang hanno condotto gli studiosi russi ad ammettere che furono i Cinesi a creare l'arte animalistica, arte che diverrà in seguito, sotto una forma più o meno stilizzata, "l'arte delle steppe". Infatti, gli animali di Karassuk in Siberia (tra il 1200 e il 700) sono pesanti e mal compresi, mentre abbiamo, dall'epoca Shang (tra il 1300 e il 1028 a. C.), coltelli leggermente incurvati, e teste di cervidi, e di equini, o dei cerbiatti in tutto tondo, ritti, con le zampe giunte, pronti a saltare, con stupefacente dinamismo; in questi ultimi bronzi la patina verde, rugosa, e gli occhi incrostati di turchesi ci testimoniano la loro origine: Anyang. È dunque verosimile che il tipo animalistico cinese abbia preceduto il tipo siberiano.
L'arte animalistica stilizzata fu trasmessa dalla Cina alle popolazioni altaiche dell'Ordos (v.), dell'alta Mongolia e della regione del Minussinsk (v.): lo attestano le asce piatte. Ma l'arte animalistica si acclimaterà tanto bene nell'Ordos e nell'alta Mongolia che vi sarà come creata di nuovo, cosicché vi diventerà presto "l'arte delle steppe" nel senso ormai classico della parola.
Secondo la cronologia di B. Karlgren, l'arte dell'Ordos (v.) avrebbe raggiunto il suo apogeo nei secoli IV-III a. C. Lo stadio di civiltà successivo a quello di Karassuk, l'epoca di Tagar, è da collocarsi tra il 700 e il 100 a. C.: Tagar I, periodo del bronzo (700-400) e Tagar II (400-100) che rappresenta il trionfo del ferro siberiano. Alle rappresentazioni di bestie rampanti e pesanti di Karassuk ne succedono altre di animali (linci, orsi, tigri, cervidi, stambecchi, cinghiali) dai movimenti agili e rapidi, d'uno straordinario dinamismo ma trattati con una stilizzazione molto netta (avvolgimenti in rosoni, animali collegati gli uni agli altri, estremità terminanti in riccioli o in spirali), gusto crescente per le lamine di bronzo traforato. È nel periodo II di Tagar che compaiono i cervidi e gli stambecchi galoppanti, con la testa girata sul dorso, gli zoccoli congiunti; motivi che passavano, secondo afferma Kisselev, dall'arte di Tagar nell'arte dell'Ordos, poi nell'arte cinese dei Regni Combattenti. Il felino che assale un cervide o un equino sarebbe ugualmente originario di Tagar, donde questo motivo avrebbe raggiunto l'Ordos, poi la Cina dei Regni Combattenti. Fu infatti all'epoca di Tagar che l'arte delle steppe reagì sull'arte cinese, specialmente sugli stili dei Regni Combattenti e Ch'in (600-207 a. C.) e allo stile Han (206 a. C.-220 d. C.).
Nella sua estremità occidentale, l'impero delle steppe si presenta come arte scitica (v.). Orde scite, originarie del N del Mar Nero alla metà dell'VIII sec. a. C., cacciavano i Cimmeri. L'arte della regione cimmeria, dopo l'invasione degli Sciti, presenta motivi naturalistici assiro-babilonesi e greci, di animali con bei cervidi trattati in maniera realistica, "a galoppo volante", già specificamente sciti; ed è da notare che influenze mesopotamiche erano in epoca molto precedente penetrate a S del Caucaso, come provano le scoperte di Maikop (circa 1300-1100 a. C.).
Tranne i pezzi di oreficeria greco-scita, opere di artisti greci che lavoravano per le colonie ellenistiche della Crimea o anche per i re della steppa, l'arte scitica propriamente detta è carattenzzata da animali ridotti a un geometrismo sistematico per solo scopo ornamentale. Le corna dei cervidi, le criniere degli equini, le grinfie dei felini si ramificano e fioriscono in riccioli e in spirali che raddoppiano talvolta l'altezza dell'animale; la stessa arborescenza si ritrova nel tesoro di Pietro il Grande proveniente dalla Siberia occidentale, di epoca sarmata (circa la nostra èra) o nell'arte unnica di Transbaïkalie, della stessa epoca. Quanto alla cronologia dell'arte propriamente scitica della Russia meridionale, K. Schefold l'ha stabilita basandosi su felici accostamenti con la numismatica e la ceramica greca.
Così la tomba scita di Temir-Gora, presso Kerč, può essere datata al primo venticinquennio o alla metà del VII sec. a. C., per la presenza di una oinochòe nello stile di Kamiros. La maggior parte dei pezzi di Kelermes e il gruppo kubaniano di Melgunov, Kostromskaya e Oul discendono al secondo venticinquennio del VI sec.; lo Schefold fa anche notare che alcuni pezzi isolati del gruppo di Kelermes, come la famosa coppa d'oro con un leone e una capra, non possono essere anteriori ad alcune monete greche di Theos, del 544. I pezzi più antichi di Oul sarebbero della metà del VII sec., gli altri non sarebbero anteriori al 480; gli oggetti trovati a Kastromskaya e a Melgunov appartengono all'inizio allo stesso insieme; quelli scoperti nel tumulo dei Sette Fratelli sarebbero del V secolo (470-420-400); e circa il 400 quelli di Elisavetinskaya. I pezzi di Kul ᾿Oba potrebbero discendere, almeno gli ultimi, fino verso il 360; quelli di Solocha sono collocati attorno al 430-410. Il pettine d'oro di fattura del tutto ellenica sarebbe del 394 circa; Čertomlyk ci porta verso il 380-360, e con Alessandropoli siamo alla fine del IV secolo.
Nuove scoperte effettuate a Ziwiyé, presso Sakkiz, a S del lago Urmiya, hanno apportato elementi nuovi relativi alla costituzione dell'arte scita. Esse propongono anche un nuovo problema: un pettorale d'oro e alcuni pezzi di oreficeria hanno rivelato, accanto a motivi assiri (cherubini, leone e arieti alati e personaggi caratteristici) la presenza di motivi nettamente scitici, specialmente cervidi al "galoppo volante" assolutamente identici, ad esempio, a quelli dell'ascia di Kelermes nel Kuban.
R. Ghirshman ricorda a questo proposito i testi assiri e il racconto di Erodoto sull'invasione dell'Asia Anteriore da parte degli Sciti nel sec. VIII a. C. Vediamo da questo che il re scita Partatova ha dominato il Manai (parte dell'attuale Azerbaigian, a S del lago di Urmiya) all'epoca del re d'Assiria Assarhaddon (a partire dal 653), poiché suo figlio, il Madyès di Erodoto, fu ucciso dai Medi e che l'occupante scita fu così cacciato dalla Media e dal Maraf alla fine del regno del re assiro Assurbanipal (625). La presenza, nell'oreficeria di Ziwiyé, di un complesso decorativo scito-assiro segnerebbe il ricordo di questa dominazione scita nel paese in un'epoca in cui i re sciti ricercavano l'amicizia degli assiri Sargonidi.
Riassumendo, la costituzione dell'arte delle s. sarebbe dunque omogenea e il suo sviluppo sarebbe continuo dall'E all'O attraverso l'Eurasia settentrionale. Sorta attorno all'anno 1000 a. C. ai confini sibero-mongolici, sotto l'influenza postuma dell'arte cinese degli Shang, sarebbe stata importata dalla Russia asiatica verso la Russia europea con la migrazione degli Sciti (VIII sec. a. C.), che l'avrebbero momentaneamente introdotta in Azerbaigian nel VII secolo.
(† R. Grousset)
II. Gli aspetti. - Le sconfinate pianure steppose, divise in grossi complessi territoriali da potenti fiumi, che nella parte europea dell'U.R.S.S. scorrono da N a S, e da S a N nella parte asiatica, si stendono dai Carpazi fino allo Jenissei. Al N sono limitate da impenetrabili foreste e al S da alte catene montuose e da mari. Ricche di erba, di acqua e solo qua e là, nel S, trasformate in aridi deserti sabbiosi, fino dai tempi antichi furono abitate da tribù nomadi dedite all'allevamento. Simili per il tipo di economia e il genere di vita, mobili e bellicose, queste tribù ebbero sempre contatti e si mescolarono fra di loro. Le conquiste di civiltà che erano apparse in una sola parte, molto presto si diffusero per tutta l'immensità della steppa. Perciò nella civiltà delle popolazioni nomadi delle steppe, a parte l'esistenza di alcune particolarità etnografiche marginali, vi fu sempre una grande unità e nei diversi periodi del suo sviluppo essa è caratterizzata da molti tratti comuni o affini.
La prima civiltà dei nomadi delle steppe fu, in ordine di tempo, la cosiddetta civiltà degli Sciti diffusa del resto anche fra le popolazioni vicine alle steppe, non nomadi e dedite all'agricoltura. Alcune di queste tribù agricole furono sottomesse dai nomadi e le altre furono legate strettamente ad essi da vincoli economici (v. scitica, arte).
Etnicamente la popolazione delle steppe era eterogenea. Nel periodo degli Sciti (VII-III sec. a. C.) gran parte degli abitanti della metà occidentale della steppa, senza dubbio, usavano lingue appartenenti al gruppo iranico (sciti, sarmati, massageti, saka); quelli della parte orientale della steppa asiatica erano turco-mongoli. Tutte le tribù della steppa erano unite in una precaria e volubile alleanza militare con rudimenti più o meno sviluppati di statalità di tipo democratico-militare; alla testa di queste tribù stavano capi ereditari (i re) controllati da un consiglio di anziani e da un'assemblea popolare. Base della prosperità erano il bestiame e il bottino di guerra, compresi i regolari tributi delle tribù assoggettate. Gli schiavi venivano impiegati nell'economia domestica. Le differenze sociali ed economiche erano già molto notevoli il che, soprattutto, è testimoniato in modo convincente dalla enorme diversità fra le semplici ed umili tombe dei subalterni e i ricchissimi sepolcri, sotto alti tumuli, della aristocrazia tribale.
Sulla struttura dell'arte del periodo scitico, insieme alle tradizioni locali, ebbe moltissima importanza l'antico Oriente e in seguito la Grecia. Antichissimi monumenti della civiltà scitica, noti nel Caucaso settentrionale, sono saturi di elementi di origine urartea (v. urartu) con cui ben presto si mescolarono forme di stile greco-ionico (tumuli di Kelermes, tesoro di Melgunov). Tuttavia qui già intervengono anche motivi locali originali in modelli di grande forza e di enorme espressività. In qualità di esempio dell'ultimo genere si può portare la cosiddetta pantera di Kelermes e il cervo della stanica di Kostromà. Si tratta di massicce immagini di animali, colate in oro che erano usate quale ornamento degli scudi (v. scitica, arte). Esse si distinguono per la grande vitalità degli elastici corpi, saturi di movimento trattenuto, e la precisa riproduzione di forme reali, sottilmente osservate malgrado la generalizzazione e la convenzionalità nel trattamento delle forme dell'animale, che testimoniano come i metodi di stilizzazione che le caratterizzano siano stati elaborati nell'intaglio sul legno. Sono noti numerosi altri oggetti in metallo, in osso e pure in legno con elementi di quello stesso stile originale, perfettamente differente dallo stile dell'arte orientale o greca, benché alcuni motivi di arte scitica possiedano chiaramente provenienza non locale, ma dell'Asia Anteriore o greco-ionica.
L'arte scitica si distingue per la meravigliosa decoratività, per la perfetta abilità di inscrivere l'immagine nella forma prestabilita dell'oggetto di cui diventa ornamento per unirla organicamente a questo e trasformare quest'ultimo in conformità con i fini figurativi di elementi decorativi non venendo meno allo scopo pratico dell'oggetto stesso.
L'arte scitica raffigurava di preferenza animali o parte di questi; talvolta l'immagine di un solo animale si complicava con l'aggiunta di altre bestie, o parti di esse, fuse nella forma dell'immagine fondamentale in modo da sottolineare questa o quella parte e con ciò stesso rafforzare la sua espressività (corna assomiglianti a becchi di uccello, zampe a forma di belva raggomitolata, ecc.).
La preferenza per la raffigurazione di animali - lo "stile animalistico" (v.) - con tutta probabilità è legato a forme di culto totemico di antenati-animali (è particolarmente chiaro che il cervo aveva questa funzione) che incarnavano concetti antagonistici e idee dell'ordine morale e cosmico: luce e tenebre, vita e morte, bene e male, ecc. Con questi loro significati semicoscienti le immagini di singoli animali e ugualmente le frequenti scene di lotta fra belve, dove l'idea della lotta dei principi antagonistici ricevette una espressione particolarmente chiara, ebbero un ruolo di talismano, di scongiuro e vennero impiegate largamente ad ornare armi, abiti e bardature di cavalli.
Fra l'Asia Centrale e il Caucaso nelle steppe dell'Eurasia penetrarono, affini per contenuto e forma, modelli dell'arte dell'Iran degli Achemènidi (v. achemènide, arte; iranica, arte); nella parte occidentale del litorale settentrionale del Mar Nero si diffusero oggetti di provenienza greco-tracica. Dalla seconda metà del V sec. a. C. entrano sempre più nell'uso quotidiano delle tribù indigene le opere create nelle città greche delle zone settentrionali del Mar Nero. Il Bosforo con la sua capitale Panticapeo (v.) svolse una funzione particolarmente importante nella fabbricazione di oggetti rispondenti alle necessità e al gusto della nobiltà barbarica. Là si preparavano per i barbari oggetti artistici come il famoso vaso di Čertomlyk, le coppe di Kul'Oba e Voronež, i recipienti con scene di caccia di Solocha, e il meraviglioso pettine d'oro di quello stesso sepolcro (v. vol. v, fig. 786). In buono stile greco classico su tali oggetti sono raffigurati gli Sciti in scene della loro vita, figure di animali corrispondenti ai soggetti preferiti dell'arte scitica. In alcune opere gli artisti greci tentarono di riprodurre non soltanto i soggetti, ma anche le forme dell'arte scitica (cervo di Kul'Oba). Su modelli greci si formarono immagini antropomorfiche di divinità e eroi sciti (per esempio le dee con le gambe di serpente sul frontale da cavallo di Cimbalka).
In conseguenza della larga diffusione dei prodotti delle città greche l'arte indigena nel litorale settentrionale del Mar Nero decade e perde la caratteristica della sua vitalità e del suo realismo. Nel IV-III sec. a. C. occuparono un posto preminente le forme ornamentali schematizzate, in cui, soltanto a fatica, si coglie la forma reale dell'animale che è alla base. Soltanto nella profondità delle steppe, là dove l'influenza greca quasi non penetrò, nella Siberia occidentale e nell'Altai (v.) ancora continuò a vivere un'arte completamente vitale, che sviluppa la tradizione locale. Tale arte si diffuse nel lontano Oriente, nelle steppe della Mongolia e della Cina settentrionale e, negli ultimi secoli avanti Cristo, comparve insieme ai Sarmati nelle zone settentrionali del Mar Nero suscitando anche qui il nuovo fiorire di uno "stile animalistico" barbarico.
Nell'arte del periodo sarmatico (v. sarmatica, arte), dal III sec. a. C., la tendenza esistente anche in precedenza a complicare l'immagine di un animale con forme supplementari, riceve un ulteriore sviluppo. Le belve acquistano non di rado un aspetto fantastico. Le scene di lotta fra animali occupano un posto molto evidente e presentano una bizzarra fusione nel ritmo ornamentale del corpo degli animali e di fantastici esseri. Appaiono figure umane sulle scene ispirate da leggende epiche. Le forme si schematizzano e sempre più sono sovraccariche di variopinti intarsi di vetro e di pietra. Grande diffusione riceve l'intricato ornato geometrico intarsiato a colori (intarsio policromo).
Eccellenti esempi dello stile descritto all'inizio della sua fiorituta hanno dato i tumuli di Pazyryk (v.), dove, nei sepolcri coperti di ghiaccio eterno, si sono conservati oggetti plastici di legno e rarissime applicazioni sagomate di feltro colorato, di pelle e di corteccia di betulla che rappresentano quel più diffuso settore della creazione artistica degli antichi nomadi. La famosa collezione siberiana dell'Ermitage (v. leningrado), formata da oggetti provenienti dai tumuli della Siberia occidentale, conserva numerosi oggetti d'oro di questo stile e di una sua più tarda fase di sviluppo. Noin-Ula in Mongolia e il tesoro di Novocěrkassk sul Don ci danno i più chiari esemplari della fase più tarda di questo stile nei punti estremi della sua diffusione. Gli intarsî geometrici policromi sono rappresentati particolarmente dai ritrovamenti effettuati nella regione bosporana. Ondate di barbari sommersero quelle coste settentrionali del Mar Nero; dietro ai Sàrmati arrivarono i Goti e gli Unni. Tuttavia il Bosforo (Panticapeo) anche nell'epoca della grande migrazione dei popoli e delle invasioni barbariche conservò la sua importanza come centro artistico-artigiano, il più significativo di tutta la costa settentrionale del Mar Nero. Le tradizioni artistiche delle steppe d'Eurasia con i Goti e gli Unni vennero diffuse in tutta l'Europa occidentale e furono una delle basi dell'arte teratologica dell'alto Medioevo.
(M. J. Artamonov)
Bibl.: Per la bibliografia v. anche le voci: altai; animalistico; stile; pazyryk; sarmatica, arte; scitica, arte). In particolare: K. Schefold, Der Skytische Tierstil in Südrussland, in Eurasia Septentrionalis Antiqua, XII, luglio 1938; S. V. Kisselev, La Mongolie dans l'antiquité, in Bulletin de l'Académie des Sciences de l'U.R.S.S., 1947; R. Grousset, L'Empire des Steppes, Parigi 1938; K. Jettmar, The Karasuk Culture and its South-Eastern Affinities, in Bulletin of Far-Eastern Antiquities, Stoccolma, n. 22, 1950; S. V. Kisselev, Histoire ancienne de la Sibérie méridionale, Mosca 1949-1950.
(R. Grousset, M. J. Artamonov)