Vedi CICLADICA, Arte dell'anno: 1959 - 1994
CICLADICA, Arte
Il gruppo insulare egeo delle Cicladi, interposto tra l'Anatolia e la Grecia continentale, per la sua posizione geografica costituisce un ponte tra l'Asia e l'Europa attraverso la via marittima. Per questa ragione evidentemente le isole Cicladi, nell'insieme prive di quelle caratteristiche ambientali atte a favorire gli insediamenti stabili di comunità agricole per lo sviluppo di un'economia autosufficiente, ebbero condizionato il loro sviluppo dall'impianto delle società urbane in Asia e nella Valle del Nilo e dalla richiesta di materie prime da parte dei centri più avanzati del Mediterraneo orientale. Si può dire che l'autonomia e la peculiarità raggiunte dalla civiltà c. già sul finire del III millennio a. C. furono dovute ad una combinazione di risorse minerarie (ad esempio l'ossidiana di Milo, il marmo di Paro e Tinos, il rame di Sifno e Paro) con l'attività dei traffici marittimi euro-asiatici, che trovarono nelle Cicladi scali appropriati.
La civiltà c., considerata nei suoi più caratteristici lineamenti culturali, ivi incluse le manifestazioni di arte plastica e la ceramica, assume una sua spiccata individualità nel primo periodo (Cicladico Antico), corrispondente in generale all'Antico Elladico e all'Antico Minoico, e che non scende comunque oltre il primo quarto del II millennio a. C. Con gli inizi del Medio Minoico II, la prosperità dei gruppi "signorili" in Creta sembra aver contrastato i traffici cicladici assorbendoli gradualmente nell'orbita del proprio monopolio marittimo. Culturalmente, durante il Medio e Tardo Cicladico, la civiltà delle isole a N di Creta mostra di aver perduto la propria autonomia, decisamente compenetrata dal predominio minoico e da quello miceneo (v. minoico-micenea, civiltà).
Tale passaggio da un tipo di civiltà elaboratasi in forma autonoma (sia pure di presumibile origine anatolica), a quella di emanazione cretese, è osservabile in uno dei complessi archeologici meglio studiati, in località Phylakopi, sulla costa orientale dell'isola di Milo. Il ruolo che l'isola svolse nei traffici marittimi dell'Egeo fu assai importante. La consapevolezza dell'esistenza del metallo, in uno con la sua rarità, concorsero a segnare il successo dell'ossidiana (roccia vulcanica compatta, vetrosa, la cui frattura si presta alla fabbricazione di lunghi coltelli assai taglienti) specialmente presso quelle popolazioni agricole la cui pacifica attività non richiedeva l'uso di armamentario d'offesa. L'ossidiana veniva estratta in Milo ed esportata sotto forma di nuclei e lame nelle altre isole e nei territorî continentali del Mediterraneo orientale.
Gli scavi di Phylakopi hanno mostrato l'esistenza, sopra un primitivo insediamento capannicolo, di tre cittadelle successive, di cui la più antica (di periodo Antico Cicladico) non presenta fortificazioni, indice di sicurezza e dell'assenza di un antagonismo all'affermarsi indipendente della civiltà cicladica. Dopo la ricostruzione di Phylakopi II, cinta da massicce mura (come Phylakopi III ed altri centri a Syros e Paro), la ceramica policroma cretese del Medio Minoico e quella "minia" di emanazione continentale appaiono negli strati archeologici. Le vaste necropoli esplorate nelle isole (Paro, Syros, Despotikon) mostrano varietà di struttura e di concezione nelle singole tombe. In realtà non tutte appartengono all'Antico Cicladico, ma le suppellettili di molte di esse, con esemplari caratteristici che riappaiono, come oggetti d'importazione, in strati assegnabili all'Antico Elladico nella Grecia continentale, a Creta (Antico Minoico), nell'Egitto predinastico, nei livelli di Troia II e di Thermos I-III, rendono possibile, per correlazione, di ritenere che la civiltà c. aveva raggiunto il suo momento di maggiore espansione e caratterizzazione anteriormente al 2000 a. C.
Il gruppo meridionale delle isole (Paro, Antiparo, Milo, Amorgo, Despotikon, ecc.) si differenzia da quello settentrionale (Andro, Syros, Sifno, Eubea, ecc.) per precipue articolazioni culturali, specialmente per quanto riguarda i tipi di tombe, differenze che vengono ad annullarsi nella compenetrazione osservabile nell'isola di Nasso. Le isole del S mostrano che il tipo di tomba generalizzato era quello a cista trapezoidale, che è da ritenere il più antico (Milo), con tendenza spiccata al seppellimento collettivo; mentre nel gruppo settentrionale erano specialmente in usò le tombe a grotticella artificiale (v. catacomba, tombe a) con pozzetto di accesso, specialmente in Eubea, o le camere rettangolari scavate nella roccia con copertura a falsa vòlta e lastroni (tipiche quelle del sepolcreto di Chalandriani a Syros), nelle quali si praticava esclusivamente il seppellimento individuale.
La diversità di ideologia funeraria, che rispecchia probabilmente una distinta provenienza dei primitivi occupanti dei due gruppi insulari, ha il suo corrispettivo in una maggiore accentuazione anatolica (troadica) nella produzione vascolare delle isole del N. La ceramica scura lucidata è molto comune, con l'impiego della tecnica decorativa a incisione o ad excisione (v.), con motivi geometrici rettilinei (triangoli, spine di pesce) o con spirali variamente congiunte. Ma è nella forma dei vasi soprattutto che il richiamo alla Troade è piu vivo (pissidi, brocche a becco obliquo, cosiddette "salsiere", askòi). La pisside globulare o cilindrica è variamente ornata, in genere con spirali ricorrenti. Una foggia caratteristica delle Cicladi è rappresentata da un oggetto fittile discoidale (cosiddetta "padella"), munito da largo manico bipartito, la cui destinazione è incerta. Tuttavia la elaborazione decorativa che in questi oggetti generalmente si persegue (triangoli radiali e complessi sviluppi della tematica spiraleggiante) in cui non mancano elementi figurativi (navigli, pesci) conferisce un carattere di eccezionalità a questi fittili singolari, forse connessi a particolari pratiche rituali (piatti da offerta ?). La decorazione dipinta, nei più antichi vasi cicladici (semplici motivi geometrici in bianco su fondo scuro, sostituiti ben presto da motivi in nero su un'ingubbiatura chiara) si riallaccia piuttosto a quella grecocontinentale (Antico Elladico III).
Esemplari di vasi di pietra, di squisita fattura, sono realizzati con la tecnica in cui furono esperti i Cicladici e che sta alla base dello sviluppo della loro particolare arte figurativa. L'abrasione e il graduale polimento del marmo creano in questi vasi superfici sobrie, nelle quali le angolarità si attenuano in morbidi trapassi. La produzione dei vasi di pietra costituiva, insieme a quella degli idoli di marmo, la fonte principale per i traffici cicladici intermediterranei.
L'arte c. si esprime essenzialmente in questi "idoli" ricavati da blocchi di marmo di Paro o di Nasso, che riproducono in una propria interpetrazione stilistica la figura umana (quasi sempre femminile). Le dimensioni degli idoli sono varie, generalmente piccole, ma non mancano esemplari vistosi come quello del museo di Atene che raggiunge l'altezza di m 1,50, e teste di notevoli proporzioni (Louvre e Amorgo). Il favore che gli idoli cicladici riscossero nel mondo mediterraneo è testimoniato dalle importazioni a Creta (Antico Minoico III) a Troia II, a Lesbo, ma soprattutto è rispecchiato da una tendenza stilistica molto diffusa, dal tentativo di imitarne i tratti essenziali in produzioni locali, sì che a volte appare assai difficile riconoscere quali sono gli esemplari genuinamente cicladici in idoli come quelli sardi (Senorbi, Portoferro, Marinaru, Anghelu Ruju). In realtà, l'interpetrazione cicladica degli idoli femminili si inserisce in un mondo ideologico assai vasto in cui il concetto di fecondità-fertilità, connaturato con la pratica dell'agricoltura nelle regioni euro-asiatiche e mediterranee, si era espresso nelle forme plastiche più realistiche di una "dea-madre" in cui l'accentuata adiposità era il carattere precipuo. Tecnicamente, la realizzazione cicladica della figura femminile sembra prendere le mosse dal ritaglio su placche di marmo di una linea di contorno, di cui l'espressione estremamente semplificata è rappresentata dall'idolo "a sagoma di violino". La conquista della dimensione, in una lavorazione su pietra così complessa come quella offerta dalla semplice abrasione, non può essere disgiunta da un progressivo raffinamento tecnico. Così le figure sedute di arpisti di Thera e di Keros sono da molti autori considerate come esempi tardi della plastica protocicladica: il rigore infatti dei tipici "idoli" viene in queste figure sostituito da una virtuosa ricerca di piani tridimensionati e dell'isolamento degli elementi plastici nello spazio.
Il rimanente della produzione figurativa cicladica (salvo rare eccezioni, come il "suonatore di doppio flauto" da Keros), pur nelle particolari caratterizzazioni stilistiche e nella varia esigenza di corporeità, reca un impronta inconfondibile di essenzialità nella linea ovo-triangolare dei volti marcati soltanto dal rilievo del naso, nella posizione eretta delle teste superiormente affinate, nella severa compostezza delle figure le cui braccia spesso sono ripiegate e conchiuse sotto i seni accennati in tenue rilievo; sì che il termine di "arte cicladica", fuori di ogni formula artigianale, viene ad assumere un suo significato precorritore nelle esigenze estetiche in direzione di una sintesi estremamente raffinata perseguita nell'ambito della stessa organicità figurativa.
(S. M. Puglisi)
È presumibile che gli aspetti più caratteristici dell'arte c., ceramica e lapidaria, abbiano avuto un periodo di persistenza tradizionale, prima di dissolversi completamente nell'orbita minoica. Ma, specialmente nella ceramica, nel periodo Medio Cicladico, l'influenza cretese si manifesta in una quantità di motivi curvilinei che tendono a staccarsi dalla decorazione geometrica e ad avvicinarsi ad un maggior naturalismo. I tipi di vasi maggiormente usati sono le oinochòai, gli sköphoi, i pìthoi, le anfore dal corpo ovoidale e dal collo corto, le anfore dal corpo globulare e il forte becco orizzontale (holemouthed-jar). Molti elementi rettilinei si trasformano: gli spigoli della losanga vanno sempre più arrotondandosi. I motivi curvilinei direttamente importati sono i cerchi isolati e concentrici, alcune linee curve racchiuse in linee parallele (trecce) e, più importante di tutti, la spirale che diviene l'elemento favorito della decorazione, studiato con gusto ed al quale sono date le forme più diverse. Molti i motivi naturalistici, come foglie a ventaglio, palmette, uccelli (che rivelano un grande progresso sulle raffigurazioni precedenti), pesci, grifoni, animali fantastici. La figura umana presenta la stessa stilizzazione geometrica già notata, ma il corpo che dalle spalle si allarga fino alle anche, da cui si staccano le gambe, rivela uno sforzo verso nuove creazioni che non siano sole e pure composizioni di linee diritte. Un gruppo di vasi, caratterizzato da una decorazione in rosso vivo che serve solo in alcune parti accessorie, presenta ancora in maggior numero motivi naturalistici. Un supporto di lampada di questo periodo è decorato con una processione di pescatori: le foglie che inquadrano in alto la composizione testimoniano il progresso dell'influenza cretese; gli uomini sono dipinti in rosso con linee di contorno nere; le linee del corpo sono sottili, si sente lo sforzo di rendere l'anatomia dei muscoli; il profilo della testa, nel quale s'inserisce un grande occhio, è sommario, ma in tutto è evidente la liberazione dallo schema triangolare della figura umana. Tutta la composizione richiama le figure degli affreschi cretesi: c'è nella concezione di questa pittura un'ampiezza nella quale sentiamo l'influenza di un'arte abituata a decorare vaste superfici. I vasi di questa categoria appartengono al periodo Medio Minoico II, tra il 1900 ed il 1700 a. C.
La più intensa influenza cretese cade nel periodo 1600-1200 e corrisponde al periodo pienamente naturalistico della ceramica di Creta che s'impone in tutto l'Egeo. Le Cicladi sono tra le prime a risentire quest'influenza; causa di ciò è anche una ragione economica di concorrenza che dava a questa ceramica il primo posto nell'Egeo. L'influenza cretese si manifesta pnncipalmente nella forma dei vasi che imitano i tipi cretesi (rhytà, kàlathoi, pìthoi molto grandi con tre anse nelle spalle) e nella tecnica e nel repetorio decorativo con l'introduzione di molti motivi minoici. La decorazione rettilinea cede il posto a quella curvilinea: la spirale è uno dei motivi principali; è composta di un gran numero di giri, occupa la zona della pancia e della spalla del vaso, disposta secondo varie combinazioni tutte d'origine cretese. Da motivi cretesi derivano: la linea serpentina, alcuni elementi naturalistici come i rami d'albero, le foglie d'edera, le piante acquatiche, i fiori di giglio e di croco. Rari sono i motivi animali. Ma l'azione dell'industria cretese non vince la tradizione locale che mantiene sempre un gusto particolare per la stilizzazione, effetto persistente di una lunga pratica di decorazione geometrica. L'ammirazione per l'arte cretese non è senza riserve, tanto che i motivi cretesi decorano le zone minori del vaso, la cui composizione è data da zone orizzontali sovrapposte, zone arcolari e zone disposte liberamente. Solo nei vasi di piena intonazione cretese la decorazione tende a coprire tutta l'intera superficie del vaso.
Tra il 1400 ed il 1200 la ceramica d'influenza cretese scompare. La civiltà cretese decade ed anche le Cicladi risentono di questa decadenza: Milo da centro di commercio internazionale diviene un piccolo centro simile alle altre isole. Il periodo di arresto è piuttosto lungo.
Per la sua posizione geografica Milo continua ad esser il centro delle Cicladi, ma il commercio si sposta a Calcide. Da questo momento la ceramica cicladica non presenta più l'originalità che ha costituito la sua bellezza in passato, ma ripete motivi e schemi che rientrano nella corrente più vasta della ceramica greca continentale. Per l'Età del Ferro v. cicladici, vasi.
(L. Rocchetti)
Bibl.: D. Mackenzie, T. D. Atkinson, L. C. Edgar, Excavations in Melos 1899, in Annals Br. Sch. Athens, V, 1898-99, p. 3 ss.; D. Mackenzie, Smith, Edgard, Excavations at Phylakopi in Melos, Londra 1904; R. Dussaud, La civilisation préhellénique, Parigi 1910, pp. 65, 96; H. R. Hall, Aegean Archaeology, Londra 1915; O. Montelius, La Grèce préclassique, Stoccolma 1924, p. 93 ss.; M. Hoernes-O. Menghin, Urgeschichte der bildenden Kunst in Europa, Vienna 1925; H. R. Hall, The Civilization of Greece in the Bronze Age, Londra 1928; S. Casson, The Technique of Early Sculpture, Oxford 1933, pp. 15-23; K. Majewski, Figuralna plastyka cykladzka (Sulle figurine della plastica delle Cicladi), Lwow 1935; A. Furumark, The Mycenean Pottery, Stoccolma 1941, pp. 217-222; V. Gordon Childe, The Dawn of European Civilization, Londra 1947, p. 48 ss.; G. Glotz, La civilisation Égéenne, Parigi 1952; E. Matz, Kreta, Mykene, Troja (Grosse Kulturen der Frühzeit), Stoccarda 1956, p. 30 ss. (con bibl. prec.); Ch. Zervos, L'art des Cyclades, Parigi 1957.
(S. M. Puglisi - L. Rocchetti)