Vedi CELTICA, Arte dell'anno: 1959 - 1994
CELTICA, Arte (v. vol. II, p. 457)
Vengono così definite in genere le forme originali di espressione figurativa proprie dei «Celti storici», che caratterizzano la cultura della seconda Età del Ferro, la c.d. fase La Tène. Gli esordi di tale arte vengono pertanto a coincidere con le prime menzioni sicure dei Celti negli autori greci del V sec. a.C., mentre la sua fine corrisponde all'occupazione dei loro territori da parte dei Romani, dei Germani e dei Daci, oppure, nelle regioni insulari che avevano mantenuto la propria indipendenza, all'introduzione del cristianesimo, alcuni secoli più tardi.
L'uso comune del termine «arte c.» o «arte c. antica» è dunque restrittivo, in quanto non comprende la totalità delle forme artistiche che vennero sviluppate e adottate dalle popolazioni di lingua c. nel corso di tutta la loro esistenza. Nulla al momento attuale consente di distinguere uno «stile c.» dotato di caratteri peculiari all'interno delle manifestazioni artistiche geometriche anteriori al V sec. a.C.; l'aggettivo «gallo-romano» esprime perfettamente la natura dell'arte provinciale posteriore alla conquista; il termine «arte irlandese» viene generalmente usato per definire le realizzazioni più alte nel campo delle arti figurative elaborate dai Celti cristianizzati.
L'evoluzione dell'arte c. può essere utilmente suddivisa in quattro grandi periodi, di cui i primi due comprendono i cinque stili, scaglionati nel corso di tre secoli, a suo tempo individuati nella classificazione elaborata da P. Jacobsthal.
La formazione. - I più recenti studi hanno confermato in pieno il legame esistente tra la nascita di un'arte c. di natura non geometrica - una delle caratteristiche più evidenti della cultura La Tène - e l'intensificarsi dei contatti tra le popolazioni transalpine e il mondo mediterraneo, dovuti soprattutto all'attività dei mercanti greci ed etruschi e dei centri etrusco-italici dell'Etruria padana. È nel quadro di questo ambiente composito, nel quale la tradizione orientalizzante risultava ancora viva nel V sec. a.C., che l'arte c. attinse le innovazioni che avrebbero condotto alla sua fioritura. Risulta ormai evidente che l'introduzione di temi o di motivi figurati di origine orientale non è casuale, ma corrisponde alla ricerca di una nuova iconografia per concetti religiosi che purtroppo ci sfuggono, ma che dovevano essere ben strutturati e radicati nella cultura di La Tene in tutta la sua estensione e per tutta la sua durata. Ciò spiega la straordinaria compattezza iconografica dell'arte c., e il fatto che la trasformazione di modelli diversi in diverse regioni e in epoche differenti conduca a risultati ovunque analoghi.
Un'ulteriore innovazione della fase iniziale consiste nella generalizzazione dell'uso del compasso, sia per incidere direttamente i motivi decorativi, sia per costruire composizioni complesse, le più elaborate delle quali si fondano sul richiamo stilizzato a forme naturalistiche (fiori di loto, palmette) e sul rapporto equivoco che si viene a creare tra la decorazione e il suo sfondo. Tale ricerca di possibilità di letture multiple è destinata a rimanere uno dei tratti fondamentali dell'arte celtica. La propensione degli artisti celtici a scomporre le forme naturalistiche non costituisce peraltro soltanto un gioco formale: l'analisi della trattazione del volto umano dimostra, già a partire dal V sec. a.C., che si tratta di un procedimento del tutto particolare che consiste nel reinterpretare un modello mediante la sua ricostruzione, a partire da un repertorio limitato di segni, come le S o le foglie terminanti in volute, a loro volta carichi di significato. L'attributo diviene in tal modo un elemento significativo dell'immagine che esso ci consente di identificare.
L'arte c. si basa, sin dai suoi esordi, su atteggiamenti e processi mentali del tutto originali, che si distinguono nettamente da quelli che caratterizzano l'arte dell'antichità classica. L'analisi del repertorio e dei meccanismi di trascrizione dei modelli mediterranei rivela un'unità di fondo, anche se la varietà degli oggetti e delle tecniche usate, così come la fattura che muta a seconda degli artigiani e delle botteghe, conferiscono alla produzione un'apparente diversificazione.
La maggior parte delle opere è costituita da oggetti in metallo, quali bardature per i cavalli, elementi di carri, foderi decorati, brocche per il vino, parures personali. Decorazioni complesse compaiono però - in talune regioni - anche sulla ceramica; si conoscono una dozzina di sculture in pietra. La principale area di diffusione corrisponde alla zona compresa tra le pianure settentrionali e le Alpi, dalla Champagne al limite occidentale del bacino carpatico.
Il periodo della fioritura: inizio IV sec. a. C.-inizio II a. C. - Lo stabilirsi di contingenti transalpini nell'Etruria padana e nei territori circostanti pone le basi per un contatto diretto tra i Celti e i centri greci ed etruschi dell'Italia. Una delle conseguenze, determinante per l'ulteriore evoluzione dell'arte c., fu l'assimilazione di parte del repertorio dei bronzisti e degli orafi greci che sino a tale momento era stato privo di un'influenza particolare. Le maggiori innovazioni di tale fase consistono nel sostituire, all'interno della composizione, una semplice giustapposizione di motivi con la loro concatenazione continua, e nella comparsa di principi dinamici nell'accostamento dei varí elementi (simmetria per rotazione).
La nascita del nuovo stile è attestata da alcuni oggetti rinvenuti in Italia (torques e fodero di Filottrano, fodero di Moscano di Fabriano, elmo di Canosa): considerati sino a tempi recenti importazioni, in realtà essi costituiscono gli elementi iniziali delle serie e sono anteriori alla metà del IV sec. a.C. L'espansione di questa nuova fase celto-italica è attestata da oggetti di prestigio ritrovati soprattutto in Svizzera (fibule), in Francia (elmi di Amfreville e di Agris, materiali di sepolture con carro nella Champagne, brocche di Basse-Yutz) e in alcune località più a oriente (Waldalgescheim, Dürrnberg). Gli oggetti in metallo continuano a costituire la schiacciante maggioranza del materiale. La principale applicazione del nuovo stile alla ceramica è rappresentata da una serie di vasi a decorazione risparmiata, secondo la tecnica della ceramica a figure rosse, rinvenuta nella Champagne.
Contrariamente a un'opinione diffusa, il prevalere dei motivi d'ispirazione vegetale non conduce alla totale scomparsa delle rappresentazioni umane e animali. In realtà si sviluppa una nuova forma di figurazione allusiva, attestata in particolare dal caso della palmetta, che sottili ritocchi trasformano in un elemento che richiama un volto umano. Per questo tipo di rappresentazione «equivoca» è stata coniata la locuzione di «metamorfosi plastica», la quale sta a significare che nel passaggio da una forma all'altra - vegetale, animale, umana, astratta che sia - l'equilibrio non è stato ancora infranto e nessuna di esse s'impone in modo preponderante.
L'assimilazione e la diffusione delle nuove tendenze stilistiche risultano favorite dallo sviluppo di una produzione su larga scala di parures e di armi decorate, destinate a soddisfare le crescenti necessità della classe militare. Di pari passo con l'inserimento capillare dell'arte La Tène nella società c. si va attuando la rottura definitiva dei legami formali che univano ancora tale arte a quella mediterranea. Si è ormai costituito un linguaggio plastico autonomo e perfettamente coerente che imprime all'arte c. della fine del IV sec. a.C. e del secolo successivo un carattere assolutamente unitario.
L'iconografia, resa sempre più allusiva ed esoterica mediante la fusione di elementi isolati dal loro contesto e dal gioco formale di volumi (Plastic Style di Jacobsthal) o di linee (Hungarian Sword Style), non differisce sensibilmente nella struttura da quella del V sec. a.C.: un repertorio di attributi o di segni (palmette, S, foglie terminanti in volute) associati ad alcune rappresentazioni umane, animali e mostruose.
Il III sec. a.C. corrisponde alla massima espansione dell'arte c.: importanti centri di produzione sono attivi in tale periodo non soltanto nell'antica area di cultura La Tène (Champagne, Boemia, Germania meridionale, Austria), bensì anche in regioni di più recente espansione, quali l'Ungheria, la Serbia, la Croazia e la Slovenia, la Romania.
L'arte degli «oppida» e la diffusione dell'arte delle immagini monetali: inizio II sec. a.C.-seconda metà I a.C. - Il mondo celtico avvia nel II sec. a.C. quella trasformazione profonda dell'ordinamento economico e sociale che nel corso del secolo successivo porterà alla comparsa di agglomerati di tipo urbano: gli oppida.
L'arte che caratterizza la nascita di tali agglomerati è conosciuta assai male, dal momento che l'evoluzione delle usanze funerarie si traduce in un generalizzato impoverimento dei corredi e che il materiale raccolto negli scavi degli abitati - piccoli oggetti smarriti o gettati via - non può fornircene che un'immagine incompleta e squilibrata. Le serie più rappresentative e più numerose sono costituite, allo stato attuale, da ceramiche dipinte con motivi zoomorfì, da elementi metallici di decorazione per recipienti e da statuette con probabile destinazione votiva. Le lamine sbalzate in argento del bacile rituale di Gundestrup sono ormai considerate un'opera creata in ambiente periferico, probabilmente un'officina del bacino dei Carpazi o del basso Danubio. La scultura in pietra della Provenza rappresenta a sua volta, senza dubbio, una derivazione periferica della scultura ellenistica, in un ambiente profondamente e lungamente impregnato di influenze greche. La scultura c. vera e propria è meglio illustrata dalla testa di Mšecké Žehrovice (in Boemia) e dagli animali in legno di Fellbach-Schmiden (Germania meridionale), che facevano parte di un tipico gruppo raffigurante il «Signore degli animali».
Gran parte della documentazione è fornita dalle immagini su monete: se ne contano a migliaia (particolarmente numerose e variate sono quelle della Gallia) e costituiscono una testimonianza di prim'ordine sulla ricchezza dell'arte di La Tène di questo periodo. Ispirate a modelli mediterranei, esse dimostrano che tali modelli vennero manipolati in forma analoga a quanto si era verificato nei periodi più antichi: l'aggiunta di elementi assenti nei prototipi, la modificazione delle proporzioni originarie e gli altri ritocchi e alterazioni che vi si possono osservare non mirano unicamente a ottenere una semplice stilizzazione decorativa, bensì ad appropriarsi dell'immagine imponendole un nuovo significato. I creatori delle monete celtiche non furono dunque degli imitatori più o meno abili - barbari che avrebbero cercato a tentoni la via dell'immagine realistica - ma degli interpreti che volevano adattare l'immagine a un nuovo contenuto e integrarla nel loro proprio sistema di convenzioni figurative. Risulta estremamente rivelatore a questo proposito il fatto che l'iconografia monetale non sia fondamentalmente diversa da quella che, a partire dal V sec. a.C., è documentata dalle altre categorie di oggetti: vi si ritrovano le medesime rappresentazioni umane associate ad attributi e a segni tradizionali e i medesimi caratteristici mostri, come il cavallo a testa umana o il serpente a testa di ariete.
Lo studio comparativo di queste rilevanti testimonianze dell'arte dei Celti continentali, tuttavia, è reso spesso difficile dall'impossibilità di esaminare la composizione nella sua interezza, a causa della coniazione incompleta di moltissime monete. Inventato da circa una ventina d'anni, il metodo della «sintesi grafica» consente oggi di ricostruire l'immagine originale, quale era incisa sul conio. Il metodo va ritenuto sicuro, anche se laborioso: ma la sua applicazione è appena agli inizi, cosicché lo studio stilistico e iconografico della stragrande maggioranza delle immagini monetali resta ancora da farsi.
La specificità e l'autonomia dell'arte c. sembrano attenuarsi progressivamente a partire dagli inizi del I sec. a.C. Si vedono comparire in tale momento rappresentazioni che si rifanno pienamente alle convenzioni figurative greco-romane sia per esecuzione formale che per ispirazione. Il recupero delle influenze mediterranee tocca in apparenza un ambiente in cui la capacità di trasformazione e di integrazione degli apporti esterni si è indebolita. Forme di espressione tradizionali persistono accanto alle nuove influenze, ma la loro proporzione appare ridotta e il loro impatto limitato. La fine dell'indipendenza dei Celti continentali coincide con l'estinzione naturale di un'arte c. autentica e indipendente.
Le sopravvivenze insulari: seconda metà I sec. a. C.- inizio V sec. d. C. - L'arte dei Celti insulari presenta sin dalle origini caratteri del tutto particolari, anche se è strettamente legata, dal V al I sec. a.C., a quella continentale. Le principali manifestazioni di quest'ultima vi trovano un'eco riconoscibile, anche se parziale e non esente da deformazioni. Dopo l'interruzione, all'apparenza brutale, della produzione artistica dei Celti continentali, toccò agli artigiani insulari perpetuare, talvolta esaltandoli, i principi fondamentali dell'arte La Tène del periodo anteriore alla formazione degli oppida: adattamento perfetto della decorazione alla forma dell'oggetto cui è applicata, utilizzazione sistematica e sapiente del compasso, rapporto equivoco tra l'elemento decorativo e lo sfondo, rappresentazione per allusioni, onnipresenza dei segni curvilinei. Grazie allo smalto multicolore, alcune delle loro creazioni in metallo raggiungeranno una ricchezza cromatica mai conosciuta in precedenza.
L'arte, applicata soprattutto a oggetti mobili, resta l'espressione privilegiata di un ambiente sostanzialmente rurale, debolmente influenzato dalle mode romane e fortemente attaccato alle proprie tradizioni. Anche dopo la parziale conquista della Gran Bretagna, artisti locali continueranno a perpetuare le acquisizioni formali dell'arte insulare, conferendo ai prodotti artistici romano-britannici un carattere del tutto particolare che non ha equivalenti nelle altre provincie celtiche. Quanto all'Irlanda, essa non venne toccata né dallo sviluppo urbanistico né dalla conquista romana e l'eredità dell'arte c. La Tène costituirà qui il fondamento per un'arte cristiana di potente originalità.
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