ARTASERSE
. È il nome grecizzato ('Αρταξέρξης) di alcuni sovrani persiani della dinastia degli Achemenidi; nel persiano delle iscrizioni cuneiformi il nome suona aṛtaχšaåā; significa "colui la cui signoria è la Legge".
Artaserse I, soprannominato Longimano. - Succedette nel 465 a Serse, suo padre, che insieme con il figlio maggiore Dario era stato ucciso per opera dell'eunuco Aspamitre e del comandante della guardia del corpo, Artabano. Il giovane A. avrebbe fatto la stessa fine, se non si fosse opposto con le armi ad Artabano; questi, dopo essere stato reggente per circa sette mesi, sembra in nome di Istaspe, altro fratello di A., pretendente al trono, fu costretto a ritirarsi. Istaspe, che s'appoggiava sui Battriani di cui era satrapo, dopo due battaglie venne vinto e ucciso (462). Al pari dei suoi due predecessori, A. iniziò il suo regno combattendo una minacciosa rivolta scoppiata in Egitto e capeggiata da un libio, Inaro figlio di Psammetico. Questi aveva battuto e ucciso il satrapo Achemene, e aveva costretto, con l'aiuto di navi ateniesi, la guarnigione persiana a rinchiudersi nella rocca bianca di Menfi. Un esercito comandato dal satrapo di Siria Megabizo, con l'aiuto di navi fenicie, soffocò la rivolta e catturò Inaro, ucciso cinque anni più tardi da Amestri, di cui Achemene era figlio. Sulla costa nelle regioni del delta il faraone Amirteo riuscì a respingere i Persiani.
Con Atene, che a seguito di un armistizio con Sparta aveva potuto inviare Cimone a guerreggiare contro i Persiani, A. venne a trattative in base alle quali fu posta come limite all'attività delle due flotte la rada di Faselide (pace di Cimone, 449). Lo scoppio della guerra peloponnesiaca risparmiò ad A. ulteriori contrasti con i Greci, ma le ribellioni dei satrapi e soprattutto quella del satrapo di Siria, Megabizo, non gli consentirono di deporre le armi. Megabizo sconfisse due volte il gran re e gl'impose la pace.
A. morì nel marzo del 424, lo stesso giorno che moriva sua moglie Damaspia. Di lui rimane soltanto una breve iscrizione in cuneiformi a Persepoli, in cui egli afferma la sua proprietà sul palazzo reale edificato da Serse.
Artaserse II, soprannominato dai Greci Memnone per la forte memoria di cui era dotato. - Salito sul trono nel 404, si trovò presto impegnato nella lotta con il fratello Ciro, il quale, forte delle truppe che la fine della guerra peloponnesiaca aveva rese disponibili, muoveva alla conquista dell'impero. A Cunassa presso Babilonia i due eserciti si scontrarono in un'aspra battaglia (settembre 401) in cui Ciro venne ucciso e lo stesso A. fu ferito. I Greci che avevano partecipato alla spedizione ritornarono in patria guidati da Senofonte che descrisse nell'Anabasi la perigliosa ritirata.
Il regno di A. fu travagliato da continue lotte con i Greci, con l'Egitto, con i satrapi ribelli. Tissaferne, generale del gran re, venne battuto in due battaglie da Agesilao e fu punito da A. con la morte. D'allora in poi i Persiani, consci della loro inferiorità militare, cercano di mantenere il predominio sul mare. La flotta ateniese si unisce a quella dei Persiani e sotto il comando nominale di Farnabazo e quello effettivo di Conone batte l'ammiraglio spartano Pisandro, cognato di Agesilao (394). Ma l'accordo con Atene non durò molto, e i satrapi persiani dell'Asia Minore con l'aiuto dei Peloponnesî dovettero fare un grande spiegamento di forze per indurre Atene e i suoi alleati ad accettare la pace cosiddetta di Antalcida (387) che, a seguito della ribellione del re Evagora di Salamina, il gran re aveva imposto alle popolazioni greche dell'Asia Minore, appoggiandosi questa volta su Sparta.
Atene dovette rinunciare alle sue conquiste, e la pace conclusa fu la base dei rapporti fra i Greci e l'impero persiano sino all'intervento di Alessandro. In Egitto l'azione di A. fu meno fortunata, perché un nipote di Amirteo, di nome pure Amirteo, riuscì a respingere nel 405 le guarnigioni persiane e a proclamare l'indipendenza del paese. In Asia Minore la rivolta dei satrapi capitanati da Ariobarzane, satrapo di Frigia e di Misia, fu soffocata più con il tradimento che con le armi.
Intanto gravi lutti colpivano la famiglia reale. Il figlio Dario, che A. aveva avuto da Statira, credendo che gli preferisse il figlio cadetto Oco, attentò alla sua vita e venne punito con la morte. Ariaspe, altro figlio di Statira, si uccise per timore del padre. Un altro figlio, Arsame, avuto da una concubina e il più caro ad A., venne assassinato. A. ne morì di dolore (358).
Nelle iscrizioni di A. appaiono per la prima volta invocati i nomi di Mithra e di Ānahita insieme con Ahura Mazdāh. In onore di questi dei egli fece innalzare templi ed erigere statue, discostandosi in tal modo dalla schietta dottrina zarathustriana.
Artaserse III, detto Oco (῏Ωχος), figlio di Statira. - Salito sul trono nel 358, fece uccidere tutti i membri della famiglia reale per inpedire che sorgessero altri pretendenti, iniziando un sistema che nella Persia, e nell'Oriente in generale, avrà largo seguito. Regnò sino al 337, anno in cui morì avvelenato dall'eunuco Bagoa, che aveva tenuto nelle sue mani la politica dell'impero e che si vedeva minacciato da un partito di corte. Anche il regno di A. non fu tranquillo. Anzitutto egli combatté in Asia Minore con il karanos Artabazo; questi, alleatosi con Oronte, riuscì a battere le truppe del gran re, ma poi, privo dell'aiuto degli Ateniesi, cedette le armi e si rifugiò presso Filippo di Macedonia. Poi A. mosse contro l'Egitto che rinfocolava sotto mano tutte le ribellioni contro la Persia. Fallita una prima spedizione nel 353, un esercito al comando dello stesso A. mosse contro Tabnit, re di Sidone, che aveva battuto già due satrapi con l'aiuto di truppe mercenarie greche. Tabnit, intimorito, cedette la città ma fu giustiziato ugualmente con coloro che l'accompagnavano. I mercenarî greci, al comando di Mentore di Rodi, dal soldo egiziano passarono a quello persiano e aiutarono A. nella conquista dell'Egitto, che venne ancora una volta ridotto a provincia persiana (345), e nella riconquista dell'Asia Minore.
Bibl.: v. grecia: Storia; persia; Storia.